giovedì 13 agosto 2009

C'è da fare una democrazia

Dare ragione a Berlusconi è grossomodo l'ultima cosa che vorrei mai fare nella vita, specialmente su un tema (per lui) scottante come quello dei rapporti e degli equilibri tra i poteri istituzionali.
Però mi sto domandando già da un pò di anni se una democrazia rappresentativa di tipo parlamentare, sistema di origine ottocentesca, sia davvero in grado di funzionare correttamente nell'epoca attuale, e se non sia il caso di pensare a qualcosa di più funzionale (e di più realmente democratico, tanto per sottolineare le cruciali differenze tra me e il Cainano).
Abbozzerò una lista di motivi di scetticismo nei confronti dell'atuale democrazia rappresentativa, con il timore che diventi pericolosamente lunga.

- si suppone che il voto che i cittadini esprimono verso il tale o il tal altro partito o candidato sia frutto di un consenso informato. Da quando gli editori di giornali non fanno più solo gli editori, ma sono impegnati in molte altre attività imprenditoriali, tendono ad alterare le proporzioni relative di diversi livelli di problemi che la società deve affrontare (ad esempio, i problemi di salvaguardia dell'ambiente saranno sempre minimizzati da un editore che ha anche un'attività industriale che inquina e dissipa risorse); ma soprattutto da quando è la televisione, sia essa pubblica o commerciale, la principale fonte di informazioni per la maggior parte degli elettori, le possibilità di un consenso realmente informato si riducono di molto a causa dei diversi tipi di condizionamento (governativo da una parte, necessità di raccolta pubblicitaria dall'altra) a cui il mezzo di informazione è sottoposto. Quello del controllo politico dei mezzi di informazione in tutti i paesi del mondo è un problema molto serio; in Italia è un problema mostruoso.

- molti (forse la maggior parte) degli elettori ignorano completamente il funzionamento delle istituzioni che eleggono. Provate ad intervistare un cittadino qualunque sulla struttura e le funzioni degli organi dello Stato. Se proprio va molto bene, confonde il Parlamento con il Governo.

- da ormai parecchi anni il reale potere decisionale dei governi nazionali viene eroso e limitato da direttive emanate da organismi internazionali (organizzazione mondiale del commercio, banca mondiale, fondo monetario internazionale, ecc.), che sono di fatto fuori da qualsiasi controllo democratico. Controllo democratico che sarebbe come minimo auspicabile, trattandosi dei principali strumenti di coercizione attraverso i quali i paesi ricchi estorcono risorse a basso prezzo dai paesi poveri (sempre grazie all'idolatria dovuta al totem del Libero Mercato). La foglia di fico delle agenzie di emanazione governativa che intervengono nella strutturazione di tali organismi internazionali non riesce a coprire le pudenda dell'azione delle lobbies industriali nell'interesse delle quali quegli organismi agiscono: a due secoli di lotte per far acqusire ai popoli la possibilità di controllare ed indirizzare la gestione della cosa pubblica, i poteri forti del capitalismo (suona antiquato questo discorso ? Bè, non lo è affatto) hanno risposto sottraendosi a tale gestione per controllarla dall'esterno. Prova ne sia che gli unici organismi internazionali dotati di tale potere di indirizzo e condizionamento sull'azione dei governi nazionali, cioè quelli citati sopra con poche aggiunte, sono dediti alla tutela dei diritti delle merci e delle finanze, non delle persone o del benessere collettivo. Una "Agenzia Mondiale per la Pianificazione dell'Utilizzo Sostenibile delle Risorse" che a me piacerebbe tanto, e che mi permetto di considerare come minimo indispensabile, non esiste e se esistesse avrebbe un peso politico molto vicino a zero allo stato attuale delle cose.

- il fatto che il sano esercizio democratico del voto rinnovi ogni quattro, cinque o sei o sette anni i vari organi di governo, induce i governi stessi (locali o nazionali) ad operare solo in funzione della prossima scadenza elettorale. Il mondo deve affrontare problemi di sopravvivenza, e deve ri-progettare il suo futuro in modo drastico, complessivo e a lungo respiro: abbiamo bisogno di pianificare demografia, produzione di cibo e disponibilità di acqua potabile, utilizzo dell'energia, modalità e ritmi di sfruttamento delle risorse (e soprattutto equità nella loro distribuzione) per le prossime centinaia di anni: se sbagliamo queste programmazioni adesso, non avremo un secondo tentativo a disposizione.
Che cosa me ne faccio di un organo di governo, democraticamente eletto, che opera in funzione del consenso da ottenere alla prossima tornata elettorale, semplicemente gestendo l'esistente, e gira la testa dall'altra parte per non affrontare i problemi di programmazione del futuro per le prossime generazioni, che richiederebbero a volte scelte impopolari ma necessarie, ma soprattutto impostazioni difficili e faticose di programmi a lungo termine ? Corrisponde all'interesse della collettività ? Decisamente no: è piuttosto un sistema di non-governo.

Bisogna certamente partire dall'assunto che la democrazia rappresentativa è solo il minore dei mali, e non la soluzione dei problemi; ma come se ne esce (in meglio) ? Vincoliamo la consegna della tessera elettorale al superamento di un esamino di educazione civica su ruolo e funzionamento delle istituzioni perchè il cittadino dimostri almeno di sapere per che cosa sta andando a votare ?
Come fare in modo che i cittadini esercitino un reale e doveroso controllo sugli organi di governo ?
Sicuramente bisgnerà fare in modo che assumano un ruolo più decisivo i comitati spontanei di cittadini informati e attivi su argomenti specifici; ma come fare ad istituzionalizzare una forma democratica partecipativa di questo tipo evitando ulteriori storture e condizionamenti è un problema tutt'altro che semplice.

Non riesco ad intravedere risposte realmente risolutive, so solo che le domande sono cruciali per il futuro. Credo che per il momento, come cura sintomatica, possiamo solo lavorare sul livello culturale degli elettori; migliori coscienza e consapevolezza da parte di chi andrà a votare potrebbero già migliorare un pò il quadro. Intanto, una cultura generale non limitata alle formazioni delle squadre di calcio aiuterà l'elettore a difendersi un pochino meglio anche dalla disinformazione; cercare di far comprendere a tutti la reale portata dei problemi che il mondo deve affrontare, per combattere la piaga del voto (come si potrebbe definire ?) "illusoriamente utilitaristico" ("voto per il nano tricointermittente perchè mi toglie l'ICI" - e l'hai mai letto il bilancio del tuo Comune, pistolone che non sei altro ?); combattere l'ignoranza più devastante e più profonda aiuterà ad attenuare le patologie sociali che solo dall'ignoranza derivano: dalla più grave di tutte, il razzismo, alle più banali e diffuse come il qualunquismo (i "tanto sono tutti uguali...", "tanto è tutto un magna-magna..." tipici di chi non sa un tubo nello specifico). La guerra contro l'ignoranza dovrà essere la nostra sfida quotidiana. Una scuola dell'obbligo funzionante aiuterebbe, se non altro con dei corsi di educazione civica (chi ha incontrato, nella sua carriera scolastica, insegnanti che abbiano affrontato questa materia, ed abbiano spiegato la Costituzione, le istituzioni, come si "fa" una legge, ecc., alzi la mano. Io mi considero fortunato), ma credo che lo smantellamento della scuola pubblica faccia parte del piano: l'ignoranza degli elettori è troppo redditizia politicamente e va coltivata con cura. Quindi è una guerra da combattere quotidianamente in trincea, parlando, discutendo, spiegando e cercando di capire, con i nostri vicini, con il coraggio e la pazienza che (insieme ad argomenti validi) alla fine possono dare i loro piccoli buoni risultati anche sulle teste di granito più inaffrontabili, posto di lavoro per posto di lavoro, tram per tram, bar per bar, condominio per condominio, ed anche blog per blog, per quel poco che si può fare...

Nessun commento:

Posta un commento