mercoledì 23 settembre 2009

La Presa del Potere


Spero di non essermi reso colpevole dell'innesco, tra i pochi sventurati lettori di questo blog, di vortici onirici a sfondo erotico dominati da Maria Stella Gelmini: credo che non potrei mai perdonarmelo. Tenterò una digressione per il rinsavimento degli internauti.
Fui tra il pubblico, molti anni fa, di un'intervista a Michele Serra, durante una Festa de l'Unità a Bologna. Era un'epoca in cui le feste de l'Unità erano ancora feste de l'Unità, con occasioni di incontro e divertente e intelligente dibattito, le signore che facevano le tagliatelle e i tortellini, il bar cubano e il ristorante della DDR. Non era ancora una specie di seduta di preghiera come oggi.
Era anche il tempo in cui era da poco terminata l'esperienza editoriale di "Cuore", poichè il Settimanale di Resistenza Umana, diretto dal succitato, era stato chiuso dall'editore con un colpo di mano piuttosto sospetto.
Tra le molte vicende, anche giudiziarie, del suo ex-settimanale, l'ormai ex-direttore ricordò una delle poche cause che "Cuore" perse in tribunale. In uno dei tanti (quasi continui) momenti in cui la Fiat da una parte lasciava a spasso i suoi operai, e dall'altra batteva cassa dallo Stato per la difesa dell'Industria Nazionale, in ossequio al principio "pubblicizzare le perdite, privatizzare i profitti", Cuore decise di dedicare la prima pagina, di propria iniziativa, ad una pubblicità della principale concorrente dell'epoca delle utilitarie torinesi, la Renault Twingo, decantandone le qualità ed invitando i lettori ad acqustare la piccola francese piuttosto che le Fiat sanguisughe del denaro pubblico.
La Renault intentò una causa contro Cuore per utilizzazione non autorizzata del marchio commerciale, nonostante si dicesse solo del bene del prodotto (in "se voi foste il giudice" de "la settimana enigmistica" questo sarebbe un caso davvero avvincente): ebbene, nel procedimento giudiziario Cuore fu condannato e dovette pagare un risarcimento alla Renault. Michele Serra spiegava: non si può parlare di una merce senza l'autorizzazione del produttore, neanche per parlarne bene. I giornali possono scrivere nei titoli di prima pagina che il Presidente della Repubblica è rincoglionito, che il Capo del Governo è un corruttore (forse non era questa l'immagne proposta allora, mi è venuta così adesso, spontanea), che il Tizio ha rubato, che il Tal altro ha tradito la moglie. Si può scrivere sui giornali: "Arrestato l'assassino del barista", quando il barista è stato appena ucciso e quindi il processo non è ancora iniziato, quindi quello arrestato non è, a termini di legge, l'assassino, ma al massimo un sospettato.
Si può infamare qualsiasi persona a torto (come nella maggior parte dei casi) o a ragione (come nel secondo degli esempi elencati), e non succederà nulla. Ma se commetti l'errore di fare incazzare Coccolino Concentrato... allora sì che ti cacci nei guai per davvero. Perchè le merci (le imprese che le producono) hanno degli uffici legali che sono delle corazzate. Quasi nessun essere umano in carne ed ossa ha la possibilità di mobilitare tante risorse per la tutela dei propri diritti come un detersivo: la maggior parte di noi, se dovesse incappare in qualche disavventura giudiziaria, si dovrebbe affidare al primo avvocato scalcinato trovato sulle Pagine Gialle.
La Costituzione Europea, abortita nel 2005 per la bocciatura di francesi e olandesi, è stata un prototipo di quadro legislativo interamente rivolto alla tutela dei diritti delle merci e dei commerci, con totale disinteresse alla tutela dei diritti delle persone (basti ricordare l'inserimento delle voci relative a previdenza e assistenza nel capitolo "solidarietà", cioè "elemosine", e non nel capitolo "diritti"), e l'attuale trattato di Lisbona non modifica sostanzialmente nulla. Io credo, anzi voglio sperare, che la bocciatura popolare nei referendum di Francia e Paesi Bassi sia stata dovuta in misura fondamentale al rifiuto di questa visone dell'Europa di mercanti e mercati, anzichè di persone e culture, ma mi pare che i mezzi di informazione abbiano accuratamente evitato di indagare ed approfondire questo aspetto.
Oggi esiste un organismo internazonale con il quale (quasi) nessun Governo al mondo oserebbe entrare in conflitto: non è l'ONU, della quale tutti, a partire dal principale beneficiario storico Israele, si infischiano allegramente: è il WTO (World Trade Organization), l'Organizzazione Mondiale per il Commercio.
Le funzioni del WTO sono quelle di rendere sempre più liberi i commerci internazionali, riducendo progressivamente i dazi e ogni altra forma di protezionismo. Formalmente, tali aperture vengono accettate liberamente a seguito di trattative paritarie tra i rappresentanti delle Nazioni, ma non occorre essere dei geni dell'economia politica per comprendere che i paesi più ricchi hanno, in queste trattative, un potere contrattuale o, per meglio dire, ricattatorio, infinitamente superiore a quello dei paesi più poveri.
Agli Stati Uniti o al Giappone, che hanno, in barba alla retorica liberista, i sistemi doganali più rigidamente protezionistici al mondo, bastano concessioni minime sui propri dazi esorbitanti per ottenere in cambio accesso alle risorse, ad esempio minerarie ed estrattive, dei paesi più poveri, a prezzi irrisori.
Questo meccanismo perverso di (falsamente) libera circolazione delle merci genera un flusso netto di risorse dal terzo mondo ai paesi industrializzati, e permette ai ricchi della terra di diventare sempre più ricchi a spese del sempre più drammatico impoverimento dei più poveri.
Noi accogliamo a braccia aperte questo flusso di risorse che contribuiscono al nostro benessere, ma guai se sono gli esseri umani ad azzardarsi a seguire lo stesso flusso.
Le merci devono poter circolare liberamente e produrre la nostra ricchezza, ma le persone in carne ed ossa non possono inseguire questa corrente di risorse per sfuggire alla povertà a cui li condanniamo. Respinti.

Le merci hanno preso il potere e ci governano.

Uomini, ribellatevi.

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