martedì 10 agosto 2010

I nodi vengono al pettine


Un giorno due ricercatrici dell'Università dell'Arkansas notano una piantina di Brassica napus var. oleifera (per tutti gli altri comuni mortali: colza) in un parcheggio di un grande magazzino nel lontano Nord Dakota (mi pare di essere Alberto Sordi che invoca lo Sceriffo del Kansas City: è vero che gli americani ci fregano con i nomi: che interesse avrebbe potuto suscitare una pianta di colza a Lurate Caccivio ? La pianta di colza del Nord Dakota fa tutto un altro effetto). La prelevano e scoprono, come probabilmente avevano sospettato, che si tratta di colza geneticamente modificata, resistente all'erbicida ad ampio spettro glifosate, che viene spesso usato anche per diserbare parcheggi ed aree similari.
Ci potrebbe anche essere poco di strano, dato che la colza geneticamente modificata è ampiamente coltivata nel Nord Dakota: di tutte le coltivazioni OGM del mondo, gli Stati Uniti ne ospitano il 50 %; e il secondo Paese della graduatoria, il Brasile, è appena al 16 %. D'altra parte è già stata documentata in altri paesi (Canada, Regno Unito, Giappone) la fuoriuscita accidentale di piante OGM dalle aree di coltivazione. Il fatto è che in tutti i casi noti, le piante fuoriuscite erano state trovate nelle vicinanze dei campi coltivati; e quel parcheggio di supermercato era veramente lontano da qualsiasi azienda agricola.
Cosa fanno due ricercatrici, e per di più di Ecologia, in un caso del genere ? Ricercano, ed organizzano un piano di campionamento lungo le strade del Nord Dakota. Ogni 8 kilometri ci si ferma e si esamina una parcella di tot metri quadri. Percorrono un bel 2300 kilometri su e giù per lo stato, e campionano 288 parcelle. Quasi la metà delle 288 parcelle conteneva una o più piante di colza. Assicurano che molte si trovavano "nel mezzo di nulla" senza alcuna relazione con la distanza dalle coltivazioni; e, con il caratteristico disprezzo degli statunitensi del sud verso quelli del nord (peraltro ricambiato): "e di nulla c'è n'è davvero un sacco, nel Nord Dakota".
Ebbene, l' 80 % delle piante di colza che crescono ai bordi delle strade risulta geneticamente modificato. Il 41 % presenta resistenza all'erbicida glifosate (Monsanto), ed il 40 % all'erbicida concorrente glufosinate (Bayer). Inoltre, due piante dimostrano di essere risultato di incrocio e presentano la doppia resistenza ad entrambi gli erbicidi (che non sono esattamente la stessa cosa, poichè agiscono su due vie metaboliche diverse: per gli amanti dei dettagli, il glifosate agisce inibendo la sintesi degli aminoacidi aromatici - tirosina, triptofano, fenilalanina - mentre il glufosinate inibisce la sintesi di un altro aminoacido, la glutamina).
Che cosa si ricava da questi dati ?
Intanto, occorrerà fare un ripassino: il più importante degli argomenti contrari alla coltivazione di piante geneticamente modificate con resistenze ad erbicidi o a insetti è il rischio che i vari geni per resistenze introdotti artificialmente possano essere trasmessi orizzontalmente in modo indesiderato attraverso ibridazione con piante simili selvatiche; questo fenomeno di passaggio di geni da una specie all'altra attraverso la formazione di ibridi tra specie diverse ma imparentate fra loro è ben noto nelle piante, ed è chiamato introgressione; non è necessario che l'ibrido sia stabile e che si affermi con un'ampia popolazione; basta una sola generazione ibrida che sia interfertile con le specie parentali per assicurare il passaggio di geni da una specie all'altra.
Il corrispondente argomento di rassicurazione pro-OGM è sempre stato il seguente: le varietà coltivate sono state selezionate per avere caratteristiche che assicurino la massima produttività sotto le cure e le attenzioni dell'agricoltore, ma sono decisamente inadatte a sopravvivere in ambiente selvatico; e quindi anche gli eventuali ibridi avrebbero una sopravvivenza ridotta e pochissime possibilità di arrivare a riprodursi in natura.
Questo può essere vero ad esempio per il mais, o per il pomodoro (che oltretutto almeno qui da noi in Europa non avrebbero neanche parenti selvatici con cui incrociarsi), ma introdurre resistenza ad erbicidi in una coltura piuttosto rustica come la colza, che cresce facilmente anche al di fuori dei campi coltivati, significa esporsi a rischi molto gravi: il fatto che esistano individui con resistenza doppia è la prova provata che le piante transgeniche si sono incrociate tra di loro, e questo significa che vivono allo stato selvatico da più generazioni, e che i caratteri introdotti artificialmente sono stabili in condizioni selvatiche (anzi, presumibilmente aumentano le possibilità di sopravvivenza per quelle piante che vivono in aree periodicamente sottoposte a diserbi come piazzali, scarpate ferroviarie, ecc.).
Della colza si sa già, inoltre, che è in grado di produrre ibridi con almeno altre due specie (e forse fino a otto altre specie) di Brassicacee, e quindi la possibilità di avere specie diverse che diventano resistenti ad uno, o magari due erbicidi, rende l'idea di una ipotetica pianta superinfestante incontrollabile non del tutto fantascientifica.
C'è poi un altro punto da esaminare: come sono arrivate quelle piante così lontane dalle aree di coltivazione ? Se per le normali vie di dispersione delle popolazioni vegetali, cioè semi trasportati da animali, impollinazione a distanza, eccetera, dobbiamo supporre l'esistenza di popolazioni molto diffuse e stabili di piante geneticamente modificate inselvatichite; l'ipotesi alternativa è che l'origine della diffusione siano i semi commerciali che vengono persi dai camion durante il trasporto; se fosse vera questa seconda ipotesi, il fatto di avere eseguito il campionamento lungo le strade produce una valuatazione largamente sovrastimata della frequenza di colza resistente sul territorio in generale. Ma questo è un problema solamente quantitativo, che non modifica affatto l'aspetto qualitativo del rischio che si corre.
Concludo con due tristi ironie: 1) si sa che la Monsanto (ed anche la Bayer, che lo dichiara esplicitamente qui) sta lavorando da anni per mettere a punto piante transgeniche che siano resistenti a due o magari tre erbicidi diversi contemporaneamente: la natura è andata più in fretta dei Centri di Ricerca.
2) Il portavoce della Monsanto John Combest, che ovviamente sposa immediatamente la tesi dei semi dispersi dai camion lungo le strade, dichiara: "Non è mai stata, nè sarà in futuro, politica della Monsanto far valere i propri diritti qualora i caratteri sotto il proprio brevetto siano presenti nei campi come risultato di dispersione involontaria." Dire che il signor Combest ha la faccia di tolla è dire poco. La Monsanto è sempre stata celebre per rivendicare i propri diritti brevettuali da quegli agricoltori che non utilizzavano sementi Monsanto, dimostrando che le loro coltivazioni erano occasionalmente contaminate da piante sotto brevetto Monsanto, molto spesso rovinandoli o costringendoli forzosamente ad acquistare le proprie sementi.

Maggiori informazioni qui e qui

Nessun commento:

Posta un commento