martedì 28 settembre 2010

Uso e abuso dei test Q.I. - parte 4 - Il Fato si compie

L'applicazione su vasta scala dei test di Q.I. negli Stati Uniti giunse al suo culmine con l'iniziativa di Robert M. Yerkes di sottoporre a diverse versioni del test di Binet (da lui ulteriormente riarrangiate) 1750000 reclute dell'esercito mobilitate per la prima guerra mondiale, nel 1917. I risultati furono pubblicati in una monumentale (800 pagine) e minuziosa monografia nel 1921, poi ribaditi, con una ulteriore radicalizzazione dell'interpretazione innatista, dal fedele collaboratore Brigham in un testo più riassuntivo del 1923.
Cade qui anche un altro caposaldo di Binet: il test deve essere somministrato individualmente da personale specializzato; le reclute dell'esercito venivano invece ammassate gomito a gomito in grandi stanzoni, con un ufficiale che urlava ordini sui compiti da eseguire e un dimostratore che mostrava esempi alla lavagna, con tempi contingentati al secondo per ogni esercizio.
Non la farò tanto lunga: gli immigrati avevano un Quoziente di Intelligenza più basso degli americani bianchi, in particolare quelli dell'Europa meridionale e orientale risultavano inferiori ai nordici e, manco a dirlo, i negri ottenevano il punteggio medio più basso di tutti. Tutto perfetto.
Superfluo aggiungere che Yerkes, come Goddard e Terman, ritenne di aver misurato un'intelligenza innata e immodificabile, non soggetta a influenze ambientali, e che i suoi risultati dimostrassero differenze di intelligenza reali e caratterizzanti tra gruppi etnici.
L'avere esaminato un campione così ampio gli portava però alla luce qualche fastidiosa discrepanza; Yerkes era vittima di un'ottusità talvolta persino comica e di un pregiudizio accecante, ma era sperimentatore meticoloso e redattore preciso: nei suoi stessi dati si trova quanto basta a smentire le sue conclusioni.
Prima di esporre qualche esempio, occorre aggiungere che già Terman, nel suo ampliamento del test originale di Binet, aveva inserito qualche passaggio piuttosto subdolo, che valutava, più che l'intelligenza, la familiarità con cultura e consuetudini americane: quesiti che vertevano sulle differenze culturali tra pellerossa e coloni bianchi; identificazione di oggetti di uso comune nel nordamerica, ma non necessariamente altrove (una normale lampadina a bulbo, attorno al 1920, non era un oggetto così banale in molte parti del mondo), o l'identificazione, in base all'aspetto, del ruolo dei personaggi raffigurati: un signore in toga e parruccone è riconoscibile come un giudice o un avvocato per gli anglosassoni, e magari per gli europei; per altri risulterà solo un tizio vestito in modo stravagante. Yerkes accentuò ancora di più questa tendenza, inserendo quesiti del tipo:
- Crisco è: - una specialità farmaceutica, - un disinfettante, - un dentifricio, - un prodotto alimentare.
- Washington sta ad Adams come primo sta a . . .
- Christy Mathewson è famoso come: - scrittore, - artista, - giocatore di baseball, - attore.
Io avrei totalizzato un punteggio ben misero se non avessi ripreso questi esempi da Gould, il cui valore come studioso dell'evoluzione può essere avvicinato solo dalla sua competenza sul baseball, per cui ora so che la risposta esatta all'ultima domanda è la terza. Immaginate la recluta Pautasso Gaudenzio da Chivasso, sbarcata in America magari l'anno prima, quanto avrebbe potuto essersi appassionata alle prodezze del signor Mathewson.
Ed eccoci al paradosso: per chi volesse cercare correlazioni tra Quoziente di Intelligenza e condizioni ambientali, il lavoro di Yerkes è una vera miniera.
Assumendo che il successo sociale e lavorativo fosse un effetto dell'intelligenza innata, tentò una suddivisione tra apprendisti, operai e tecnici. Non trovò alcuna correlazione con il Q.I. Concluse che la suddivisione doveva essere errata.
Una correlazione che invece gli ritornava continuamente sotto gli occhi come un incubo, era quella tra Q.I. e livelli di scolarità. Ma se il Q.I. misurava l'intelligenza innata e non l'apprendimento, non doveva essere così; risolse il problema da par suo: "...l'intelligenza innata è uno dei più importanti fattori condizionanti per la continuazione degli studi..."
Ma la correlazione con la scolarità era ancora più accentuata se messa in rapporto alle differenze tra bianchi e negri: Yerkes concluse, ovviamente, che i negri lasciavano la scuola prima dei bianchi perchè erano meno intelligenti. Nessuna ipotesi circa le differenze tra le scuole per bianchi e quelle per negri (con segregazione sancita ufficialmente: siamo nel 1917), o la necessità di andare a lavorare presto.
Negli stati del sud, dove lo schiavismo era ancora fresco, le condizioni sociali dei negri erano peggiori che nel nord. Yerkes organizzò i suoi dati così finemente da mettere in luce gli effetti anche di questa variazione ambientale: i negri del sud avevano un livello di scolarità inferiore ed un Q.I. medio più basso dei negri degli stati del nord. Quale dimostrazione migliore... (che il Q.I. sia un riflesso delle condizioni sociali e culturali ? Ma no, cosa andate a pensare) ...che solo i negri più intelligenti erano stati così in gamba da trasferirsi al nord ?
Un paragrafo che considererei degno di ammirazione, se non fosse per le assurde conclusioni, mette in relazione i valori di Q.I. con i sintomi di alcune malattie; in particolare, malattie legate a condizioni di povertà, sovraffollamento e condizioni sociali difficili, risultarono correlate con valori di Q.I. più bassi rispetto ai non ammalati (in parallelo, sia tra i bianchi che tra i neri). Yerkes è granitico: "Una bassa capacità [intellettiva] innata può determinare tali condizioni di vita da risaltare in un'infezione da anchilostomi." (Gli anchilostomi sono vermi parassiti intestinali: erano detti "vermi dei minatori", non è difficile immaginare le precarie condizioni igieniche all'interno dei pozzi).
Per quanto riguarda gli immigrati, i dati organizzati per paese di origine erano davvero perfetti: i nordeuropei avevano un Q.I. più alto di slavi ed europei meridionali (2 anni di età mentale di differenza media); insorgeva però una fastidiosa difficoltà: l'ondata migratoria di teutonici e scandinavi si era esaurita qualche decennio prima (dopo la metà del XIX secolo era giunta in Europa la peronospora della patata, che aveva provocato carestie disastrose nei paesi in cui questa coltura era la base dell'alimentazione), mentre l'immigrazione di italiani e slavi era nel suo picco massimo in quell'inizio di XX secolo. Ora, il fastidio consisteva nel fatto che emergeva anche un costante aumento del valore di Q.I. degli immigrati in relazione agli anni di permanenza negli Stati Uniti. Le tabulazioni di Yerkes dimostrano che 10 - 15 anni in più di residenza producono un aumento del Q.I. che supera largamente quei fatidici 2 anni, mandando così a monte la comoda e confortante spiegazione razziale. Ecco l'evidenza che il test, così com'era concepito, misurava effettivamente anche la familiarità con le abitudini e gli usi americani.
Ma ormai dovremmo sapere che Yerkes non era tipo da scomporsi: la correlazione con il tempo di permanenza era per lui un artefatto genetico, dato che i nordici superiori erano immigrati prima e i meridionali inferiori erano la massa di più recente acquisizione (trascurando che le differenze erano grossomodo costanti per fasce di 5 anni, le più recenti delle quali erano comunque caratterizzate da immigrazione pressochè esclusivamente meridionale e slava). Ci pensò poi Brigham, nel suo sunto, a lanciare l'allarme: non solo gli Stati Uniti accoglievano la feccia dell'Europa, ma questa si stava presentando in ondate di immigrati di anno in anno sempre più stupidi !

Il clima politico di quegli anni era propizio, e la propaganda battè la grancassa. Per dare un'idea dell'aria che si respirava, nel 1921 si concluse con la sentenza di condanna il processo-farsa a Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, che presero poi la scossa nel 1927.
I dati militari di Yerkes furono decisivi (nel dibattito al Congresso tutti i relatori li citarono) per l'approvazione dell'Immigration Restriction Act del 1924, che fissava quote massime di immigrazione ad un 2 % annuo per ciascuna nazionalità presente negli Stati Uniti in riferimento al censimento 1890. Perchè prendere come parametro i dati di trent'anni prima ? L'abbiamo detto: il 1890 fu lo spartiacque tra l'immigrazione nordica e quella meridionale e slava, e quindi quelle quote permettevano di restringere in particolare l'afflusso degli indesiderabili (credo che si dicesse "popoli mentalmente non idonei").
Eppure i fatti che dimostravano l'inconsistenza delle asserzioni di Yerkes erano accessibili a tutti, seppelliti in una monografia di 800 pagine che nessun uomo politico lesse mai.

Non abbiamo ancora finito. Goddard finì per trionfare su tutto il fronte. Oltre a tenere le popolazioni meno intelligenti lontane dalle coste americane, il movimento eugenetista ottenne i suoi successi anche all'interno. Tra il 1907 e gli anni '30 più di trenta stati degli U.S.A. adottarono leggi che prevedevano la sterilizzazione obbligata per le persone affette da varie forme di ritardo mentale e vari altri difetti "ereditari", che in alcuni Stati comprendevano l'alcolismo e la tossicodipendenza, in altri anche la cecità e la sordità. Ma le raccomandazioni inascoltate dell'Eugenics Record Office si spingevano ben più in là, includendo "... gli inetti, i senzatetto, gli orfani, i vagabondi e gli indigenti."
Vorrei far notare come non vengano immaginati provvedimenti per limitare la riproduzione dei negri, per i quali ci si limita alla segregazione in scuole diverse, in locali pubblici diversi, in autobus diversi da quelli dei bianchi: la manodopera da poter sfruttare è troppo redditizia per pensare a farla diminuire di numero...
Le leggi eugenetiste americane furono continuamente messe in discussione e in molti stati non vennero messe realmente in pratica. California e Virginia le applicarono invece con grande zelo; riserverò a questo il capitolo finale di questa lunga saga, tra qualche settimana. Per quanto questa affermazione possa risultare urticante per alcuni, io considero sia l'Immigration Restriction Act del 1924 che le leggi eugenetiche statali degli U.S.A. una premessa culturale fondamentale per quel che avvenne in Germania poco più tardi; per non parlare delle disposizioni dell'Eugenics Record Office che furono acquisite esplicitamente nell'Erbgesundheitsrecht nazista (375000 sterilizzazioni forzate in Germania).

E a proposito di nazismo, la restrizione all'immigrazione negli U.S.A. non ebbe solo un ruolo nella creazione di un certo clima culturale: il suo effetto di rimbalzo fu ben più diretto e drammatico quando tanti ebrei tentarono di fuggire dall'Italia, dall'Ungheria, dalla Polonia... e trovarono la strada sbarrata verso gli Stati Uniti dalle quote contingentate particolarmente ridotte per questi paesi. Molti di loro non ebbero nessun altro posto dove poter andare, e furono costretti a restare nei luoghi di origine.
Sappiamo che fine fecero.

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