martedì 23 febbraio 2010

Letizia


E dunque domenica blocco del traffico automobilistico più o meno in tutto lo Sprofondo Nord per "salvaguardare la qualità dell'aria". Egoisticamente, questo renderà più gradevole il mio abituale circolare a piedi; ed in generale non si può dire che fermare le automobili sia un male, ma servirà a qualcosa ? Ovviamente no. Trovo difficile anche interpretarlo come un gesto simbolico di buona volontà. Io che sono maligno ci vedo più che altro una toppa per tirare fuori dai guai l'accoppiata bigotta Moratti - Formigoni sotto indagine per l'inazione di fronte agli sforamenti continui delle soglie di rischio delle polveri sottili.
Affrontare il problema in modo serio necessita di uno sguardo molto più ampio sulla politica dei trasporti. Esempio degli esempi: la quantità spaventosa di risorse che buttiamo via nelle ferrovie ad alta velocità per spostare alcune decine di passeggeri di centinaia di chilometri in poche ore (solo passeggeri, attenzione: ancora qualche riga e poi spiego), e che avrebbero potuto meglio essere utilizzate per rendere più numerosi e confortevoli i trenini locali che spostano migliaia di pendolari tutti i giorni di pochi chilometri e che, se efficienti, sarebbero quelli che realmente tolgono automobili dalla strada. E ritorno al punto: ricordate le grandi fanfare sulla necessità delle ferrovie ad alta velocità "perchè altrimenti l'Italia rimarrà tagliata fuori dalle grandi vie del commercio internazionale" ? Bene, le linee ferroviarie ad alta velocità per treni merci e passeggeri sono diverse, perchè i treni merci sono molto più pesanti, quindi necessitano di strutture ferroviarie molto più robuste che non possano essere deformate da quel peso a quella velocità; e inoltre anche la manutenzione dei binari è più frequente e più costosa; una linea ferroviaria per soli treni passeggeri costa molto meno.
Indovinate un pò i fanfaroni dell' "Italia che non può essere tagliata fuori dai commerci e bla bla bla..." quale soluzione hanno scelto ? I soldi li abbiamo spesi; fuori dalle presunte grandi linee commerciali ci siamo lo stesso, perchè i treni merci ad alta velocità non possono passare; e allora ? Non avremo, putacaso, solo fatto qualche favore a qualche cognato imprenditore che avrà guadagnato quelle due lire dagli appalti dell'ennesima faraonica ed inutile Grande Opera ? Dite che qualche soldino di tangenti qualche politico lo avrà intascato ?
E noi siamo ancora qui a dover considerare "meglio che niente" un blocco del traffico automobilistico fatto di domenica, mentre è tutto l'inverno che respiriamo pm10 a soquante parti per milione, però dobbiamo salvare Moratti - Formigoni da un'imputazione per inadempienza, e intanto su un altro tavolo discutiamo se sia il caso o no di incentivare l'industria automobilistica ? E siamo usciti con le ossa rotte ed il nulla come prospettiva per il futuro dal vertice di Copenhagen, che cosa abbiamo capito da quella lezione, se continuiamo a considerare come norma accettabile un mezzo di trasporto individuale che produce, quando va benissimo, 150 g di anidride carbonica per chilometro ?
Ma la Moratti ha l'asso nella manica. Ha già previsto una misura per la salvaguardia della salute dei milanesi davvero efficace, indubitabile: crocifisso obbligatorio in ogni automobile.

martedì 9 febbraio 2010

Noi eterni bambinoni


Dei 300 saggi che Stephen Jay Gould ha pubblicato puntualmente ogni mese per 25 anni sulla rivista Natural History, uno di quelli che più volentieri si torna a rileggere è quello scritto nel 1978 in occasione dei cinquant'anni di Topolino (pubblicato in italiano con il titolo "Omaggio di un biologo a Topolino" nella raccolta "Il pollice del panda").
Non starò a riportarvi tutti i numeri e i rapporti di lunghezze e le percentuali che Gould trasse dalle sue misurazioni sull'immagine di Topolino nelle sue varie trasformazioni nel corso degli anni (con infinito divertimento, per sua ammissione); la sostanza del suo lavoro fu la dimostrazione numerica di ciò che si può vedere nell'immagine: la testa è diventata più grande in proporzione al corpo; gli occhi sono diventati più grandi in rapporto alla testa (anche grazie all'artificio di trasformare l'occhio originale in una pupilla); gli arti sono diventati apparentemente più corti, conferendo loro un aspetto più tozzo e grassoccio; anche il muso si è fatto meno sottile e appuntito per dargli un'apparenza meno prominente; poichè la testa è sempre rimasta rotonda, non è stato possibile rendere la fronte ancora più bulbosa; quindi si è fatto ricorso all'espediente di spostare all'indietro le orecchie, per dare l'idea di una fronte più arrotondata, e così via. Ma quale significato hanno tutte queste modifiche nell'aspetto fisico di Topolino ?
Nell'ontogenesi umana, la parte cefalica è la prima a svilupparsi nell'embrione e, nell'utero, la testa è la parte che cresce più velocemente; per cui il neonato ha una testa molto grande rispetto al corpo ed arti sproporzionatamente corti; queste differenze di velocità si capovolgono nelle fasi di crescita successive, e con l'avanzare dell'età del bambino gambe e piedi diventano le parti del corpo che crescono più velocemente. Inoltre, dopo i tre anni, il cervello cresce molto lentamente, e la testa bulbosa con la fronte arrotondata tipica della prima infanzia tende a squadrarsi, poichè invece le mascelle continuano a crescere; gli occhi quasi non crescono affatto, per cui appaiono molto grandi nel neonato e poi riducono via via le loro proporzioni relative; inoltre sembrano situati più in basso finchè il volume della scatola cranica è preponderante rispetto allo sviluppo della faccia; con la successiva crescita delle mascelle, la posizione degli occhi rispetto all'insieme della testa sembra spostarsi più in alto. Guardiamoci allo specchio e rassegnamoci: noi adulti assomigliamo alle scimmie antropomorfe molto più dei bambini.
Le modifiche subite dall'immagine di Topolino nel corso della sua lunga vita manifestano quindi la sua doppia fortuna: non solo egli non ha modificato in tutti questi anni la sua età cronologica, prerogativa peculiare dei personaggi dei fumetti; ma ha anche percorso la nostra via di sviluppo individuale in direzione inversa, assumendo via via un aspetto sempre più infantile. E' presumibile che i disegnatori di Walt Disney non abbiano messo in atto questa trasformazione consapevolmente; hanno poco per volta apportato al disegno quelle modifiche che conferivano tenerezza al personaggio. Nel suo primo cartone animato del 1928, Topolino era in effetti decisamente dispettoso e perfino un po' crudele; poi il successo ha aumentato le sue responsabilità nei confronti della gioventù degli Stati Uniti, costringendolo a rettitudine e buona educazione, e di conseguenza ad un aspetto esteriore più simpatico.
Tuttavia, nonostante questa inversione dell'ontogenesi, sotto un altro punto di vista l'eterna giovinezza di Topolino riproduce la nostra storia evolutiva: Homo è infatti un genere neotenico; vale a dire che mantiene nell'età adulta caratteristiche infantili dei propri antenati. Ho appena ammesso che noi umani adulti assomigliamo più dei bambini agli scimpanzè (i nostri parenti viventi più prossimi; come pure ad Australopithecus, nostro antenato diretto a livello di genere); possiamo prenderci una immediata (pur se modesta) rivincita osservando che da adulti assomigliamo di più ai cuccioli di scimpanzè che agli scimpanzè adulti. I crani di embrioni umani e di scimpanzè sono molto simili; poi i percorsi e le variazioni di ritmo di crescita sono quelli che ho enunciato sopra, ma procedono in modo molto più accentuato nelle scimmie. E' vero che il nostro cervello cresce molto poco dopo l'età di circa tre anni, ma in generale negli altri mammiferi tale rallentamento si verifica quasi subito dopo la nascita; in poche parole, noi abbiamo considerevolmente rallentato i nostri ritmi di crescita, prolungando la nostra infanzia. Questo ci ha permesso di allungare il tempo di crescita del nostro cervello, ed il periodo della nostra vita nel quale siamo in grado di apprendere facilmente. Lo sviluppo lento è una caratteristica generale dei Primati, che l'uomo ha amplificato al massimo: in rapporto alle nostre dimensioni, abbiamo una gestazione lunghissima, e un'infanzia enormemente prolungata. Inoltre, anche la durata media della vita è vagamente correlata con le dimensioni degli animali; se disponete gli altri mammiferi in una scala più o meno lineare per dimensioni e durata della vita, dall'anno e mezzo / due dei piccoli roditori, alla quindicina di anni dei nostri cani o gatti, ecc. troverete una relazione abbastanza precisa tra peso corporeo e tempo di vita, relazione in base alla quale molti di voi si accorgeranno che dovrebbero essere già morti da tempo. In realtà la durata della vita umana è circa tre volte quella predicibile in base a questo rapporto numerico; presumibilmente un effetto della nostra neotenia (mantenimento prolungato di caratteri giovanili) così esaperata.
Quando Gould scriveva quanto ho maldestramente riassunto qui sopra, ritenevamo che la piccolissima famiglia di scimmie antropomorfe a noi più strettamente imparentate, quella dei Pongidi, fosse composta di tre sole specie, suddivise in tre generi diversi (come testimonia il mio libro di testo di Zoologia, risalente, ahimè, più o meno alla stessa epoca): Pongo pygmaeus (orang-utan); Gorilla gorilla; e Pan troglodytes (scimpanzè). Ma in questo frattempo c'è stato un aggiornamento: sono state riconosciute come due specie distinte il vecchio caro scimpanzè, ed il cosiddetto scimpanzè di montagna, oggi ritenuto degno di un nome specifico tutto suo: Pan paniscus (bonobo).
Le due specie di scimpanzè sono difficilmente distinguibili morfologicamente, salvo il fatto che il bonobo possiede un cranio pedomorfico (di forma infantile), ma presentano alcune importanti differenze comportamentali, dimostrate sperimentalmente in un lavoro pubblicato pochi giorni fa da Victoria Wobber et al. su Current Biology (*).
La Wobber e i suoi colleghi hanno esaminato il comportamento, in condizioni sperimentali controllate, di alcune decine di scimpanzè e di bonobo di diverse età, utilizzando del cibo come motivatore, rilevando che tanto gli scimpanzè che i bonobo giovani accettano la presenza di coetanei; poi gli scimpanzè diventano più intolleranti con l'età, mentre i bonobo mantengono il comportamento giovanile; lo stesso avviene con la propensione a condividere il cibo, comportamento giovanile che gli scimpanzè tendono ad abbandonare con gli anni e i bonobo no (o comunque molto meno). D'altra parte i bonobo impiegano più tempo per imparare ad individuare la persona giusta a cui chiedere il cibo, e così via; emerge insomma una differenziazione comportamentale tra le due specie basata su un mantenimento nei bonobo adulti di comportamenti propri dei giovani della specie sorella che, associata ai tratti giovanili del cranio, fa supporre un prolungamento ed un ritardo cronologico delle fasi di sviluppo con conseguente soppressione della comparsa di alcuni caratteri propri degli adulti di scimpanzè.

La neotenia non ha nulla di eccezionale, è un meccanismo di variazione dei tempi di sviluppo molto diffuso in natura (che spesso ha il significato adattativo di un ritorno ad una maggiore plasticità e versatilità, rispetto a specializzazioni estreme delle specie ancestrali); ma mi sembra degna di riflessione la scoperta che questi cambiamenti dei ritmi di crescita si ripetano in generi così vicini e simili tra loro, come se nel nostro piccolo gruppo tassonomico ci fosse una particolare predisposizione alle variazioni della cronologia dell'ontogenesi nella diversificazione delle specie. Questo dato potrebbe essere particolarmente interessante per il minuscolo ramoscello degli Ominidi, che nella sua brevissima esistenza (presumibilmente non più di 8 milioni di anni) ha mostrato un tasso di speciazione decisamente elevato, con non meno di otto-nove specie documentate (emozionante,vero, la new entry del parente più antico Ardipithecus ramidus, per me uomo dell'anno 2009 ?), almeno quattro delle quali (due Australopithecus e due Homo) vissute contemporaneamente attorno a 2 milioni di anni fa.

E se, a differenza dei personaggi di fantasia, noi come individui diventiamo vecchi, guardando a noi stessi nella scala più ampia dell'evoluzione, possiamo fieramente dirci ringiovaniti a dispetto del tempo proprio come Topolino.

(*) Victoria Wobber, Richard Wrangham, Brian Hare (2010). Bonobos Exhibit Delayed Development of Social Behavior and Cognition Relatives to Chimpanzees. Current Biology 20 (3), pp. 226-230. January 28, 2010.

lunedì 1 febbraio 2010

Dolce amaro

"...son recinti e stalli di animali strani / gambe che per anni fan gli stessi passi / esseri diversi, scarsamente umani / cosa fra le cose, l'erba, i mitra, i sassi / l'ironia per quella che chiamiamo ragione / sbagli ammessi solo sempre troppo dopo / prima sventolanti a giustificazione / una causa santa, un luminoso scopo / sono la curiosa prassi del terrore / sempre per qualcosa, sempre per la pace / sono un posto in cui spesso la gente muore / sono un posto in cui, peggio, la gente nasce..." *



Su questo blog non si celebrano (salvo spunti particolari: ho il piacere di non essermi dato nessuna regola) nè Giornate della Memoria, nè altre ritualità simili, perchè: 1) detesto l'ipocrisia della commozione a comando; 2) le varie annuali "Giornate del ..." sono ottimi alibi per gli altri 364 giorni di smemoratezza totale; se certe questioni meritano una giornata di attenzione, vuol dire che vanno tenute sotto controllo in tutte le stagioni.
Lo spunto per questo post è nato solo dalla polemicuzza che si è sollevata la scorsa settimana a proposito delle bustine di zucchero.
Riassunto: c'è qualche azienda saccarifera che arricchisce la presentazione del suo prodotto stampando una barzellettina su ogni bustina di zucchero di quelle che si usano al bar. Tra le barzellette (in circolazione da non so quanto tempo) ce n'era una (o più) che ha scatenato un piccolo putiferio in occasione del 27 gennaio. La storiella (o una delle storielle) incriminata era: "Chi vince una gara di corsa tra un tedesco e un ebreo ? Il tedesco, perchè lo brucia in partenza." Barzelletta antisemita, indignazione generale; secondo il distributore di bustine la reazione è sproporzionata.
Per vederci più chiaro, proviamo a dotarci di strumenti di valutazione più accurati del nostro istinto. L'occasione è quindi propizia per rispolverare un articolo di Daniele Luttazzi pubblicato su "il manifesto" del 3 settembre 2009, dal titolo "Mentana a Elm Street". La sua importanza sta nel mettere in chiaro una distinzione che appare del tutto ovvia a posteriori (dopo che te l'hanno spiegata), ma alla quale difficilmente uno penserebbe autonomamente: la satira è nobile perchè il suo bersaglio è il potere (e le sue declinazioni oppressive) e, fin qui, tutti siamo capaci di arrivarci; viceversa, la risata e l'umorismo di stampo fascistoide sono tanto più disgustosi in quanto hanno come oggetto del dileggio le vittime delle violenze.
Disgustosi e subdoli. Luttazzi scrive: "Il potere usa il ridicolo, il dileggio e lo sfottò per aumentare il conformismo generale. E' una tecnica di oppressione. (...) Il dileggio invita la massa a prendere le distanze dalla vittima e a partecipare al divertimento sadico del violento. Shakespeare attribuisce ai suoi cattivi (Iago, Shylock) questo humor crudele proprio per definire la loro immoralità (...) Il potere è sovraumano in quanto disumano. Ti illude che, unendoti a lui, diventerai predatore..."
E ancora: "Questo tipo di comicità è insidioso: funziona infatti per tutta una serie di motivi sociologici e culturali che ne inducono l'esigenza. Cresce l'ansia sul tuo futuro, minacce vere incombono, i problemi sembrano irrisolvibili, e tu senti il bisogno di una fuga nella deresponsabilizzazione e nella forza muscolare che l'idea fascistoide può fornirti a buon mercato: 'Ti lamenti che non hai più diritti e che abbiamo ridotto la tua vita a uno schifo ? Guarda, c'è gente che sta ancora peggio di te: a loro abbiamo tolto anche lo status di esseri umani.' Occorre fare attenzione perchè la regressione culturale è già oltre il livello di guardia, specie qua in Italia. (...) Nell'intrattenimento passano sempre più spesso contenuti fascistoidi perchè 'funzionano' e funzionano per tutta una serie di motivi bio-politici (là dove la politica si intreccia al biologico e al senso morale) che rendono appetibile la fuga nel disumano che il fascismo e il leghismo offrono. E' un attimo caderci, se non si sta attenti."
Questi punti fondamentali mi hanno fatto tornare in mente le innumerevoli barzellette aventi come oggetto le difficoltà motorie degli handicappati, che tutti abbiamo sentito raccontare più o meno fino alle scuole medie, e che una volta raggiunta l'età della ragione appaiono effettivamente disgustose. In quel caso c'è un substrato quasi fisiologico, ma del tutto analogo a quello politico-sociale esposto da Luttazzi: nell'età dell'iniziazione ai rapporti interpersonali non più mediati o sorvegliati dai genitori, l'accettazione nella collettività dei coetanei richiede il conformismo e l'omologazione al resto del gruppo: seguire i codici, i linguaggi, le mode, e mettere in secondo piano buona parte delle proprie individualità (poichè nessuno ha ancora una personalità sufficientemente forte per affermarle con sicurezza). Dato che non è accettabile riconoscere la realtà di tale conformismo come un appiattimento e un'omologazione al ribasso, si scarica il dileggio sui soggetti meno fortunati per autoaffermare la propria omologazione e il proprio conformismo come una conquista.
Ancora Daniele Luttazzi scrive: "Qualunque battuta, su qualunque argomento cui uno è sensibile, provocherà disapprovazione e non riso. Il caso dello humor cinico o noir lo dimostra; ma non è questo il punto. Il punto è: se rido della violenza su una vittima reale; se mi compiaccio dello scherno su di lei; se la battuta si pone dalla parte del carnefice; la gag e la risata sono fascistoidi. E lo sono anche quando banalizzano l'atto del carnefice."
Che è appunto il caso delle "bustine di zucchero antisemite".
Nello stesso articolo si evidenzia anche come dei meccanismi comici si possono benissimo innescare legittimamente anche partendo dalle vittime di violenze ed oppressioni: ci sono forme satiriche che servono, in modo appropriato,a mettere in ridicolo il carnefice attraverso la vittima; e ci sono meccanismi comici a carico delle vittime che comunque prendono le distanze dagli oppressori e dai violenti (pensate a "La vita è bella" di Benigni: non si ride DELLA vittima; la serenità d'animo con cui la vittima affronta la sua tragedia per non turbare il bambino è il meccanismo per amplificare l'orrore per la violenza).
Altri esempi: Mel Brooks ha potuto fare addirittura un musical, mettendo in parodia i caratteri generali del nazismo. L'operazione comica riesce perchè si elude la specificità della violenza,e non viene messa in scena, ad esempio, Anna Frank. In un musical divertente, quello sarebbe stato dileggio di una vittima reale: scadimento fascistoide.
Charlie Chaplin ha realizzato "in tempo reale" una memorabile parodia di Hitler, "Il grande dittatore" (sapevate che Chaplin e Hitler erano coetanei con pochi giorni di differenza di età ?): satira pura, ridicolizzazione del potere, secondo me un capolavoro. Eppure, quando alla fine della guerra si svelò la verità sui campi di sterminio, Chaplin dichiarò che, se avesse saputo, non avrebbe realizzato quel film. Nonostante il nobile valore della satira, le vittime reali pesavano sulla sua coscienza di attore comico.
Insomma, i tempi sono duri, e anche la risata richiede attenzione e strumenti culturali adeguati, per non lascirasi trascinare nel baratro dell'imbarbarimento neofascista.
Infine, non dimentichiamo di tenere sempre presenti gli autori e il contesto: se una battuta sui negri la fa Eddie Murphy, ha un valore; se la stessa battuta la fa Borghezio, ne ha un altro...

immagine tratta da www.istitutocalvino.it/blog/
* Francesco Guccini "Lager", 1981