mercoledì 10 agosto 2011

Cronache del crepuscolo


Seguo le cronache di questi giorni di fine capitalismo con qualche distaccata attenzione.
Lo abbiamo detto più volte: il mercato deve continuamente espandersi per permettere il profitto, altrimenti tutti i ricavi del complesso dei produttori di beni e servizi dorebbero essere impegnati in retribuzioni dei lavoratori per permettere loro di consumare tali beni e servizi: il gioco non potrebbe essere altro che a somma zero.
Nello stesso tempo, occorre poggiarsi su una estesa base di fornitori di materie prime a titolo virtualmente gratuito, che non saranno mai retribuiti a sufficienza per poter accedere al consumo dei beni che contribuiscono a produrre, di solito indicati, con un qualche cosa di beffardo nella denominazione, "paesi in via di sviluppo" (in via di che... sarebbero guai se si sviluppassero: per permettere la ricchezza dei ricchi, devono rimanere poveri, produttori-non-consumatori).
Espandi che ti espandi, siamo arrivati al dunque: nuovi mercati, dall'Asia, dal Sudamerica accedono alla possibilità di consumare, e devono quindi ottenere livelli di retribuzione del lavoro sufficienti a sostenere tale possibilità; si erode quindi la base di produttori-non-consumatori sfruttati, ormai ridotta quasi solo all'Africa e a chiazze di ex-Terzo Mondo sparse qua e là. Siamo alla saturazione finale.
Riducendosi la possibilità di accesso alle materie prime a costo quasi-zero, poichè sempre più produttori pretendono, accidenti a loro, di essere pagati il giusto, e tocca pure accontentarli sennò non potrebbero acquistare i nostri beni e servizi, si riducono i profitti delle imprese, le quali, in automatico, si rifanno sulla propria forza-lavoro. Si spostano le produzioni dove il costo del lavoro è più basso, si forzano gli Stati ad adottare legislazioni sempre più liberiste che consentono livelli di sfruttamento più intensi; si mettono cioè i lavoratori in concorrenza al ribasso fra di loro.
Questa mobilità dello sfruttamento, comunemente detta globalizzazione, produce rimescolamenti dagli effetti straordinariamente conflittuali.
Conflittuali ed autodistruttivi su più fronti: come ho detto nel post precedente, delle quote di ricchezza prodotta, sempre meno finiscono nella retribuzione del lavoro, e sempre di più nel profitto d'impresa e nell'accumulazione di capitali; questo erode ulteriormente la capacità di consumo, e quindi tende a ridurre ulteriormente i profitti, innscando meccanismi di sfruttamento sempre più intensivi. Dall'altra parte, si rendono disponibili capitali ingenti per la speculazione finanziaria, che ora si sta concentrando sui debiti degli Stati: e l'effetto è che gli Stati comprimono la spesa sociale, le pensioni, i servizi, aggravando ulteriormente la condizione della classe lavoratrice (quanti anni che non si adoperava più questo termine !), e accelerando ulteriormente la spirale.

Ulteriore fronte di conflittualità: se siamo diventati obesi mangiando in faccia ai Malesi poveri, e questo non ci faceva nè caldo nè freddo perchè tanto con i Malesi non ci si vedeva nè ci si frequentava, oggi mangiamo in faccia ai disoccupati del nostro quartiere che hanno perso il lavoro perchè la fabbrica ha spostato la produzione in Malesia. Il contrasto si inasprisce perchè il divario fra ricchi e poveri è sempre meno fra continenti diversi, e sempre più tra vicini di casa.
Se l'industrializzazione si sparpaglia per il mondo, il conflitto che il capitalismo genera, che era un tempo tra Nord e Sud del pianeta, si concentra e si riproduce miniaturizzato in ogni luogo.
Ne vediamo i sintomi: in forme non molto diverse dalla rivolta delle periferie francesi di cinque anni fa, i ragazzi delle città britanniche, nei quartieri più impoveriti materialmente dalla disoccupazione, e socialmente dai tagli alle scuole, ai servizi, ai campetti di calcio sacrificati alla speculazione edilizia, ai centri sociali e alle biblioteche che vengono chiusi, ecc. non attaccano gli edifici o i simboli del potere politico: attaccano la polizia in quanto fisicamente nemica, nè più nè meno che una banda rivale, solo un pò più priviliegiata (dal 1998 ad oggi 333 persone sono morte mentre erano in custodia alle forze dell'ordine britanniche, senza che nesun poliziotto sia mai stato incriminato); non combattono per o contro qualcosa, devastano tutto quello che capita; non progettano un Nuovo Ordine Mondiale, sfondano vetrine e saccheggiano negozi per portarsi via vestiti firmati, telefoni, giochi elettronici, televisori. Si appropriano del consumo dal quale sono rimasti esclusi, pur continuando a subirne la propaganda martellante. Probabilmente è quello che trenta anni fa le popolazioni del Terzo Mondo avrebebro fatto a noi se ci avessero avuto a portata di mano. Ecco lo spostamento del fronte: oggi privilegiati e vittime dell'economia di mercato si trovano sempre più spesso e facilmente a portata di mano gli uni rispetto agli altri.

E in mezzo a tutto questo, l'orchestrina del Titanic suona sui giornali e per televisione la canzoncina dell'attesa messianica per la ripresa economica che tutto risolverà col rilancio dei consumi. E perchè la fede cieca non venga disturbata da dubbi eretici, possiamo scommettere che, sui nostri mezzi di informazione, alla prima occasione i movimenti di piazza che stanno cercando di costruire qualche forma di riorganizzazione sociale in grado di governare la recessione permanente che ci attende, in Spagna, in Grecia, e persino nel militarizzatissimo Israele, verranno messi nello stesso calderone dei saccheggiatori di negozi di Londra: chi rappresenta la raffigurazione violenta di una domanda, che pure è cruciale, ci verrà fatto apparire uguale e confuso con chi si sforza di cercare una risposta.

Londra è pronta per ospitare le Olimpiadi l'anno prossimo. Alcuni dei quartieri teatro degli scontri erano stati stravolti dai lavori, con grandi promesse di rigenerazione urbana; in realtà, tutto si è ridotto alla costruzione di un grande centro commerciale, che ha assorbito tutti i finanziamenti; non si potrà accedere allo Stadio Olimpico se non passando attraverso il supermercato.
L'importante è partecipare.

1 commento:

  1. Ovunque ci sono segnali che preannunciano lo scontro tra gli "eretici" e il vecchio mondo.
    Magari ci vengono a dire che in Medio Oriente internet viene bloccata per impedire ai manifestanti di organizzarsi, ma poi le biblioteche spagnole bloccano i siti web degli indignados.
    Produci, consuma crepa (anzi... Consuma e crepa... se si fa soldi senza produrre nulla tanto meglio). Dobbiamo spendere, guardare il Grande Fratello, tifare per una squadra di calcio e pagare le tasse, per far sì che tutto vada bene.
    Appena ci si interroga sul mondo e si chiedono soluzioni giuste per tutti ai problemi allora si pestano i calli a qualcuno e si diventa eretici, violenti, cattivi... anche se a chiedere giustizia magari sono solo i pensionati della bocciofila o i loro nipoti disoccupati e plurilaureati.

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