mercoledì 28 settembre 2011

Mama Miti



Diffamata, denigrata, arrestata, picchiata, boicottata e scacciata. Ma sempre coraggiosamente in prima linea in battaglie di respiro sempre più ampio.
Domenica ci siamo persi, a 71 anni, Mama Miti (= "la mamma degli alberi"), Wangari Maathai, Premio Nobel per la Pace 2004.

Quando Wangari stava completando le scuole medie superiori, sul finire degli anni '50, il Kenya era ormai avviato alla decolonizzazione (l'indipendenza arrivò solo nel 1963, al termine di un processo piuttosto soft di devoluzione di poteri ed autonomie), ed il leader indipendentista Tom Mboya era in cerca di mezzi per fornire borse di studio all'estero per gli studenti migliori, al fine di formare la futura classe dirigente del Paese. Il progetto trovò finanziamenti grazie all'appoggio di un promettente e ben introdotto senatore degli Stati Uniti, di nome John F. Kennedy; Wangari Maathai fu una dei 300 ragazzi kenyani che poterono studiare nelle Università americane.

Si laureò in Biologia a Pittsburgh e, tornata in Kenya, ottenne la cattedra di zoologia e veterinaria all'Università di Nairobi, e divenne una decina di anni dopo Direttore di Dipartimento, prima donna a raggiungere incarichi di tale prestigio nel suo Paese.
Ma nel frattempo, nel 1970, Tom Mboya era stato assassinato, ed i conflitti politici fornirono un ottimo spunto al presidente Kenyatta per abolire il multipartitismo e rendere il proprio KANU (Kenya African National Union) l'unica formazione legittimata a partecipare alle elezioni.

Tra studio accademico e partecipazione ai movimenti democratici per il miglioramento della condizione femminile, Wangari si rese conto ben presto che la tutela dell'ambiente era il punto di snodo tra la salvaguardia dell'economia rurale ed il progresso civile.
Lanciò il Green Belt Movement, la cintura verde, ossia un programma di riforestazione finalizzato ad arrestare l'inaridimento e l'impoverimento del suolo nelle aree sfruttate dall'agricoltura, contrastare la desertificazione avanzante e salvaguardare le risorse idriche. Il programma prevedeva il reperimento di semi ai margini delle foreste più vicine e l'allevamento degli alberelli in vivai locali, in modo da attuare il rimboschimento con le varietà proprie del luogo, ed era messo in atto dalle comunità rurali stesse, opportunamente istruite su come eseguire le operazioni, con le donne poste in primo piano nelle attività di raccolta dei semi e cura dei vivai, da cui ottenevano un piccolo stipendio.
Il successo della cintura verde permise alle comunità agricole di non doversi più spostare dai suoli troppo impoveriti dallo sfruttamento e bruciare nuovi appezzamenti di foresta in cerca di terre fertili, fermò l'inaridimento dei terreni sfruttati, e nello stesso tempo migliorò il ruolo sociale delle donne, molte delle quali divennero "guardaboschi non diplomate".
A partire dal 1986, il Green Belt è stato esteso ad altri 15 Stati africani sullo stesso modello introdotto dalla Maathai in Kenya, e le stime parlano di trenta - quaranta milioni di alberi piantati fino ad ora.

Ma attenzione e tutela per le condizioni sociali ed ambientali delle campagne implicano scelte democratiche nella gestione dei beni comuni (vi ricorda niente ? Avevamo votato anche noi qualche referenduccio...) ed esigenza di diritti civili garantiti: gli impulsi democratici del Green Belt Movement non lasciarono indifferente il partito unico KANU.

Nel 1982 il Presidente Daniel Arap Moi, che era anche Cancelliere dell'Università, riuscì con un cavillo a far perdere il posto alla Maathai. Nel 1988 venne reintrodotta una vecchia legge coloniale che stabiliva che riunioni di più di nove persone potevano svolgersi solo con un'autorizzazione scritta del Governo.

Fu l'inizio di una escalation di scontri, colpi bassi, proteste e repressioni. Certamente, le decine di lettere di protesta che Mama Miti scrisse nel 1989 ad organizzazioni di ogni livello, nazionali ed internazionali, per la devastazione del Parco Uhuru con un complesso celebrativo della Nazione, comprendente: la sede centrale del KANU, la sede del quotidiano Kenya Times, un centro direzionale con centinaia di uffici, gallerie di negozi, centri commerciali, un auditorium, un parcheggio per 2000 automobili e, come pralina di buon gusto, una statua dello stesso Arap Moi, che trovava il tutto "architettonicamente molto bello", non rasserenarono i rapporti tra il potere e il movimento ambientalista. Fu revocata l'assegnazione della sede del Green Belt Movement e la Maathai dovette ospitare gli uffici a casa sua.
Man mano che Mama Miti raccoglieva premi e riconoscimenti a livello internazionale per la sue attività, gli attacchi personali e le diffamazioni diventavano sempre più intensi e frequenti.
Nel 1992, con l'avvicinarsi delle prime elezioni formalmente multipartitiche, ma con tutti i mezzi di informazione nelle mani del Governo (vi ricorda niente ?), tutti i principali esponenti dell'opposizione democratica vennero arrestati pretestuosamente. La Maathai fu rilasciata su cauzione, e poi riarrestata e picchiata dalla polizia durante una protesta per la liberazione degli altri prigionieri politici.

Nel 1998 il Governo del Kenya lanciò un programma di privatizzazioni di aree forestali a Karura a favore di propri sostenitori politici (vi ricorda niente ?). Oltre al Green Belt Movement si mobiltarono ambientalisti da diverse parti del mondo. Il tentativo di piantare un albero per protesta in un'area di parco destinata alla costruzione di un campo da golf innescò un copione che conosciamo piuttosto bene: sorveglianti non ben identificati, ma ben tutelati, che pestano gli ambientalisti che protestano, e successivo intervento della polizia ad arrestare i pestati. Ancora vaste proteste e scioperi in tutto il Paese (ed anche una certa pressione internazionale) finchè il Governo ritirò il piano di privatizzazione.
Piano di privatizzazioni clientelari che ripartì nel 2001 in altre zone del Kenya; nuove proteste, raccolte di firme, petizioni e Wangari potè aggiungere, nel giro di pochi mesi, due nuovi arresti alla sua collezione.
Nelle elezioni del 2002, le opposizioni democratiche finalmente unite nella Coalizione Arcobaleno riuscirono infine a battere il KANU, e Wangari Maathai fu eletta in Parlamento ottenendo, nel proprio collegio, l'inezia del 98 % di preferenze.

L' 8 ottobre 2004 ricevette una telefonata dall'ambasciatore della Norvegia a Nairobi, che la pregava di tenere la linea libera in attesa di una chiamata da Oslo. Era la prima volta che una telefonata di questo tipo domandeva se era in casa una donna africana.


"Maathai è rimasta coraggiosamente ferma contro il precedente regime oppressivo in Kenya. Le sue forme di attivismo uniche hanno contribuito a portare l'attenzione sull'oppressione politica, a livello nazionale ed internazionale. Ella è servita da ispirazione per molti nella lotta per i diritti democratici ed ha specialmente incoraggiato le donne a migliorare la propria situazione."
Comitato Nobel di Norvegia, dichiarazione di annuncio del vincitore del premio Nobel per la Pace 2004.


"Quando cominci a lavorare seriamente per la causa ambientalista ti si propongono molte altre questioni: diritti umani, diritti delle donne, diritti dei bambini… e allora non puoi più pensare solo a piantare alberi".

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