lunedì 6 febbraio 2012

Il pollice di chicchessia


Uno degli animali ai quali un pò tutti si sentono affezionati è il Panda gigante, che appartiene alla famiglia degli Ursidi, e quindi è un Carnivoro fatto e finito. Da chissà quanto tempo, però, si è convertito ad una dieta vegana (dubito che lo abbia fatto dopo avere visitato un mattatoio, come capita a molti Primati), e si nutre quasi esclusivamente di bambù. Vive in ristrettissime aree montagnose della Cina centro-occidentale, in foreste costituite dal suo cibo preferito.
Uno studio recente ha rivelato che conserva ancora in buona approssimazione i batteri intestinali tipici dei suoi simili Carnivori, e solo in piccola parte ha cambiato la microflora ospitata nel suo troppo breve tubo digerente verso una composizione più da erbivoro; conserva una dentatura da Carnivoro, con inutili canini che non feriranno mai nessuna preda.
La scarsa erbivoritudine del suo apparato digerente fa sì che non riesca a sfruttare efficientemente l'energia del proprio alimento, tanto che ne deve mangiare ogni giorno più del 40% del suo peso (come se io dovessi mangiare ogni giorno tutti e solo 28 Kg di lattuga: a parte la tristezza, dico...); però il fatto di non avere nemici naturali, e di nutrirsi di bambù vivendo in mezzo al bambù lo facilita alquanto, e gli permette di passare la maggior parte della sua giornata a sgranocchiare foglie e germogli.
Insomma, diciamocelo: come erbivoro è ancora un pò un disastro (e forse risulta simpatico anche per questo).
Ma qualche adattamento singolare alla sua peculiare vita insalatara il Panda lo ha sviluppato: nel suo saggio più celebre, Stephen Jay Gould ha reso il pollice del Panda il paradigma di un modo di osservare l'evoluzione.
Riassumo per quei pochi: quello storico saggio di Gould ebbe una preparazione complessa: una sottile trama diplomatica tra Henry Kissinger e Richard Nixon da una parte, e Mao Zedong e la dirigenza del Partito Comunista Cinese dall'altra. Il passo preliminare fu un celebre incontro tra le nazionali di ping-pong di Cina e Stati Uniti, nel 1971, a cui seguirono la altrettanto storica visita del presidente Nixon in Cina nel 1972, ed infine l'evento fondamentale: il dono da parte della Repubblica Popolare Cinese di una coppia di panda giganti allo zoo di Washington. Gould, geologo e paleontologo dell'Università di Harvard, si precipitò subito ad accogliere i nuovi arrivati, e vide subito vacillare qualche certezza scolastica.
Innanzitutto, osservò con sconcerto che i panda arrotolavano le foglie a mò di sigaro per portarle alla bocca manipolandole abilmente con un pollice flessibile quasi perfettamente opponibile, che avrebbe dovuto essere una caratteristica unica dei Primati; ma, soprattutto, le altre dita, parallele all'asse del braccio, erano cinque: quindi il Panda gigante aveva sei dita, contravvenendo a tutte le regole conosciute (ne abbiamo parlato proprio recentemente).

Gould corse a consultare la bibliografia disponibile, ed apprese che quello che appariva come un pollice non era un vero dito, ma un ingrossamento del sesamoide radiale, un osso del polso.

Gli antenati Carnivori avevano indirizzato tutte le cinque dita allo scopo di colpire e graffiare (allo stesso modo, molti dei nostri parenti scimmieschi hanno conservato l'opponibilità dell'alluce e la prensilità del piede dei Primati primordiali; noi oggi non potremmo più recuperare tale funzionalità, sacrificata per una migliore camminata da quando abbiamo smesso di arrampicarci sugli alberi), e quando la dieta del Panda si orientò verso vegetali che non scappano, ma devono essere puliti ed arrotolati, ed ha reso vantaggioso disporre di un pollice, questo è stato recuperato utilizzando un altro "pezzo" osseo, con un'opera di bricolage poco elegante dal punto di vista ingegneristico, ma tutto sommato funzionante.
Di qui il principio di fondo del "pollice del Panda": gli adattamenti perfetti ci raccontano, tutto sommato, poco sull'evoluzione; sono le soluzioni arrangiaticce e raffazzonate che ci mostrano in maggiore evidenza i cartelli indicatori della storia.

Ero del tutto ignorante su una cosa in realtà conosciuta da tempo, ma che ho appreso solo qualche giorno fa: anche le talpe (non tutte: le specie diffuse nell'emisfero Nord) hanno un "sesto dito" agli arti anteriori. Le talpe (Soricomorfi, uno dei diversi Ordini in cui è stato smembrato il vecchio e prestigioso, ma troppo variegato, gruppo degli Insettivori) non hanno particolari esigenze di destrezza nella manipolazione di oggetti: le loro zampe anteriori sono arnesi da scavo, ed il dito supplementare porta vantaggio nell'aumentare la superficie utile del badile.
Ebbene, anche in questo caso il falso dito in più è un'espansione del sesamoide radiale.


Nella vista dall'alto dello scheletro della talpa, è ben riconoscibile il sesto falso dito agli arti anteriori, originato dall'osso sesamoide radiale del polso


Infine, aggiungiamo ora una scoperta invece molto recente (pubblicata su Science il 23 dicembre scorso): anche gli elefanti hanno un "sesto dito", sia agli arti anteriori che posteriori. A quanto pare nessuno se ne era accorto perchè è completamente immerso in un cuscinetto di grasso. Anche le zampe degli elefanti non sono rinomate per la destrezza e la precisione nella manipolazione degli oggetti, ruolo riservato invece a quel prodigio che è la loro proboscide. In questo caso, l'utilità è quella di avere un pilastro in più su cui ripartire lo scarico a terra dell'enorme peso sopportato da ciascuna zampa; se infatti i loro più lontani antenati Proboscidati erano plantigradi (poggiavano cioè l'intera pianta del piede - come noi - e della mano a terra), nel separarsi dal ceppo originario, i primi Elefantidi (unica famiglia oggi sopravvissuta delle almeno quattro che hanno popolato l'Ordine Proboscidea) antenati dei mammut, assunsero un'andatura digitigrada, cioè con le sole dita che poggiano al suolo, come nel vostro cane o gatto, più redditizia per la corsa, ma che ha posto qualche problema di sovraccarico quando le dimensioni di questi animali sono aumentate fino a quelle attuali.
E manco a dirlo, l'elemento osseo che ha assunto la funzione di sesto dito negli elefanti è il sesamoide radiale.

Quindi, il fenomeno della cooptazione di un osso del polso per svolgere funzioni simili a quelle di un dito si è ripetuto più volte, in gruppi diversissimi di mammiferi, ed in risposta a funzioni ed utilità diverse (prensilità, aumento di superficie della mano, scarico del peso), sia quando le altre dita erano ormai indirizzate a destini funzionali diversi per la storia degli antenati, sia quando era utile un elemento aggiuntivo per svolgere la stessa funzione; ma la cooptazione ha coinvolto sempre lo stesso elemento del carpo.
Ora potremmo congetturare a piacimento sui fondamenti di questa regolarità, senza andare oltre il limite delle "storielle proprio così". Possiamo immaginare che l'osso sesamoide radiale sia quello più "libero" di modificare la propria forma, o per scarsa rilevanza funzionale (che quindi potrebbe essere alterata facilmente), o perchè tali modificazioni interferiscono poco nei processi di sviluppo e nelle relazioni con le parti anatomicamente vicine, e quindi possano avvenire senza scombussolare troppo l'architettura complessiva dell'arto.
Comunque sia, dovremmo essere di fronte ad un interessante schema di vincoli strutturali e canalizzzione del cambiamento, per usare termini cari allo stesso Gould.

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