mercoledì 16 aprile 2014

Quando la favola diventa vera

Una cornacchia, mezza morta di sete, trovò una brocca che una volta era stata piena d'acqua. Ma quando infilò il becco nella brocca si accorse che vi era rimasto soltanto un po' d'acqua sul fondo. Provò e riprovò, ma inutilmente, e alla fine fu presa da disperazione.
Le venne un'idea e, preso un sasso, lo gettò nella brocca.
Poi prese un altro sasso e lo gettò nella brocca.
Ne prese un altro e gettò anche questo nella brocca.
Ne prese un altro e gettò anche questo nella brocca.
Ne prese un altro e gettò anche questo nella brocca.
Ne prese un altro e gettò anche questo nella brocca.
Piano piano vide l'acqua salire verso di sé, e dopo aver gettati altri sassi riuscì a bere e a salvare la sua vita.

"A poco a poco si arriva a tutto."


Esopo


Chissà se c'era una finalità didattica, duemilaseicento anni fa, nell'esprimere un semplice concetto di fisica in una favola per bambini. Forse non è proprio un caso, dato che problemi di questo genere, basati sullo spostamento di volumi di liquido, vengono risolti a partire dai 5 - 7 anni di età. Negli umani, intendo.

Ma vengono risolti anche dai corvidi, appunto.
Uno studio pubblicato nel 2009, sul corvo comune (Corvus frugilegus), aveva dimostrato che questi uccelli, posti di fronte ad un problema analogo a quello proposto da Esopo, sono in grado di risolverlo precisamente nello stesso modo.
C.D. Bird (ancora una volta, nomen est omen) e N.J. Emery sottoposero 4 corvi (allevati in cattività, ma mai messi alle prese con situazioni analoghe) a tre esperimenti ripetuti in serie (20 prove per ogni esperimento): in tubi trasparenti, parzialmente riempiti d'acqua, galleggiava una succulenta larva di lepidottero, ad un'altezza non raggiungibile col becco, e gli animali (il corvo comune è una specie per la quale non si è a conoscenza dell'uso di strumenti in natura) avevano a disposizione dei sassi.
Nel primo esperimento, ad ogni prova l'acqua era ad una diversa altezza; nel secondo, i corvi avevano a disposizione sassi grandi e piccoli; nel terzo, potevano scegliere tra un tubo contenente acqua ed uno con segatura.
Ne risultò che:
1) I corvi fanno cadere nei tubi il numero di sassi strettamente necessario per alzare il livello dell'acqua fino ad avere il verme a portata di becco, esaminano dall'esterno il livello raggiunto e non tentano neanche di prendere la larva finchè non lo considerano sufficiente; poi, se non basta, aggiungono un altro sasso.
2) Scelgono sassi grandi con frequenza 3 volte maggiore di quelli piccoli, e crescente col procedere delle ripetizioni della prova: da una scelta iniziale pressochè indifferente, si orientano presto a preferire i sassi che permettono di arrivare prima allo scopo, praticamente il 100% nella seconda metà delle prove.
3) I corvi sottoposti all'alternativa tra acqua e segatura come primo test, scelgono indifferentemente per poche prove, prima di orientarsi a preferire stabilmente l'acqua; quelli che avevano già praticato i primi due esperimenti, tentano con la segatura al massimo per una prova, poi passano decisamente all'acqua.
Fin qui, poichè è difficile pensare a specializzazioni di comportamento con qualche valore adattativo, vista l'improbabilità del verificarsi di situazioni analoghe in natura, si tratterebbe di un interessante dimostrazione di apprendimento dell'uso di strumenti, che già rivela una notevole plasticità: se un'operazione, eseguita a caso, risultasse fruttuosa, si potrebbe pensare che venga poi ripetuta in modo automatico.
Ma, dato che occorrono diversi sassi per poter raggiungere la larva: perchè il corvo non considera frustrante il non raggiungere l'obiettivo dopo il primo tentativo, e persevera, se non "progettando" di far salire il livello dell'acqua con un qualche elemento di comprensione della relazione di causa-effetto di ciò che sta facendo ?

Una nuova e più completa serie di esperimenti è stata pubblicata poche settimane fa da Jelbert et al., e rende il quadro ancora più interessante.
In questo caso l'oggetto di studio è il corvo della Nuova Caledonia (C. moneduloides), una specie nota per l'uso di strumenti in natura, come ad esempio bastoncini, di cui curano lunghezza e diametro, e per far cadere dall'alto frutti duri per romperli. I soggetti sono sei, catturati in natura e tenuti in una voliera, e rilasciati al termine dell'esperimento.
Lo schema sperimentale è uguale a quello già descritto: un pezzo di carne galleggiante in un tubo trasparente, fuori portata per il becco dell'uccello, ma sono state aggiunte alcune prove cruciali in più.
Ebbene, si è dimostrato che i corvi, avendo a disposizione oggetti, della stessa forma e dimensione, pesanti (che vanno a fondo) o molto leggeri (galleggianti) gettano in acqua quelli utili allo scopo nell' 88 % dei casi; quando prendono nel becco un oggetto leggero lo rimettono a terra il 65 % delle volte e ne prendono un altro (mentre scartano erroneamente oggetti pesanti nello 0,02 % dei casi).
Quando possono scegliere tra oggetti, della stessa forma e peso, pieni o cavi, scelgono quelli pieni con un'efficienza dell' 89 % (cavi presi e scartati 28 %, pieni 0,04 %).
L'accuratezza nella scelta degli oggetti sembra quindi rivelare una consapevolezza della relazione di causa ed effetto nel "progetto" di far alzare il livello dell'acqua.
D'altra parte, manca nei corvi la capacità di "astrarre" il concetto del volume d'acqua in senso geometrico: potendo scegliere tra tubi più larghi o più stretti, a parità di altezza dell'acqua, le scelte non si scostano dalla casualità.
Ma l'esperimento forse più interessante è quello più contro-intuitivo: il premio galleggia in un tubo troppo stretto per introdurvi oggetti, posto in mezzo tra due tubi più larghi. Uno dei due tubi larghi è cieco, l'altro comunica con il tubo stretto attraverso una connessione al di sotto del piano di appoggio, quindi invisibile.
I bambini di 5 - 7 anni, che ottengono risultati paragonabili in prove di questo genere, di solito risolvono questo stesso test dopo avere osservato che gettare oggetti in uno, ma non nell'altro, dei due tubi fa alzare il livello nel tubo più stretto (solo alcuni inferiscono l'esistenza di una connessione sottostante); quindi attraverso un feedback azione - percezione.
I corvi no: non superano mai il 50 % di scelte corrette (il valore prevedibile per pura casualità), e quindi non scelgono in base alla percezione dell'effetto ottenuto.
La mancanza di feedback azione - percezione però consolida l'idea che la scelta degli oggetti giusti negli altri esperimenti sia guidata da una reale consapevolezza delle cause che conducono all'effetto desiderato.
Ora, non bisogna lasciarsi troppo andare alle facili fascinazioni: occorre tenere conto che un bambino usa le mani e può guardare quello che succede in tutti i tubi mentre il sasso cade; il corvo, mentre fa cadere l'oggetto dal becco, non può avere la stessa visione generale; ma dà comunque da pensare la capacità di elaborazione e risoluzione di problemi espressa in modo paragonabile in cervelli strutturalmente molto diversi, quali sono per anatomia quelli di Uccelli e Mammiferi.
E la stringata narrazione di Esopo potrebbe in realtà essere molto più accurata di quello che potrebbe apparire ad un lettore superficiale: la cornacchia non gettò un sasso nella brocca per disperazione; "...fu presa da disperazione. Le venne un'idea e gettò un sasso nella brocca."

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