domenica 18 giugno 2017

La Santa Marcescenza


Colonie di Serratia marcescens in scatola Petri (By de:Benutzer:Brudersohn - German Wikipedia: http://de.wikipedia.org/wiki/Bild:SerrmarcKol.jpg, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=732821)

Oggi la Chiesa cattolica celebra, all'insaputa, credo, della maggior parte dei suoi stessi fedeli, la festa del Corpus Domini.
L'astruso argomento teologico della festività, che immagino altrettanto ignoto alla maggioranza dei frequentatori di chiese, sacrestie, oratori e siti limitrofi, è la transustanziazione, ossia la trasformazione reale e materiale (o forse non materiale, ma reale sì, per via di arzigogoli nei quali mi addentrerò per il minimo indispensabile più avanti) dell'ostia e del vino nel corpo e nel sangue di Cristo.
Pare che la Chiesa abbia cominciato a parlarne intorno al 1150, ma la transustanziazione compare ufficialmente con il quarto Concilio Lateranense (1215), suscitando subito aspri conflitti teologici sul fatto che l'ostia consacrata contenesse concretamente la sostanza del corpo di Cristo: si configurava un atto di cannibalismo (non facciamoci domande su atomi che si slegano e si ricombinano in molecole diverse, carbonio in eccesso che si riconverte nell'azoto mancante, cose allora ignote ma che dovrebbero comunque avvenire, ma nemmeno perchè il sapore e l'aspetto rimangano uguali, e così via: nelle dispute teologiche possibilità e plausibilità delle cose non sono argomenti che godano di qualche considerazione), con immancabile schieramento contrapposto di domenicani e francescani.
Come sempre quando i teologi si accapigliano sul nulla, la contesa è estremamente aspra, tanto che soltanto tre secoli dopo il Concilio di Trento (1545-1563) riuscirà a metterla a tacere adottando una definizione che più melensa non si può: «quella mirabile e unica conversione di tutta la sostanza del pane nel corpo e di tutta la sostanza del vino nel sangue, rimanendo tuttavia le specie del pane e del vino, la quale conversione la Chiesa cattolica chiama con grande opportunità transustanziazione».
Quindi si trasforma la "sostanza", ma rimangono le "specie" del pane e del vino. Spettacolare esempio di tortuosità retorica rinascimentale ma, oggi che si può, si dovrebbe pretendere una spiegazione rigorosa, con tanto di formule e disegnini, in termini chimici e chimico-fisici: che cosa avviene dunque nelle ostie e nel vino ? Mi rifiuto di capire altro, e sull'argomento teologico mi fermo qui.
Ritorno invece a quel clima conflittuale del XIII secolo. La diocesi di Liegi istituisce la festa del Corpus Domini nel 1247, per fare dispetto a Berengario da Tours che sosteneva che la presenza del corpo di Cristo nell'ostia fosse puramente simbolica e non reale (e chi non vorrebbe fare un dispetto a uno che si chiama Berengario da Tours ?).
Un povero prete praghese, tale Pietro, che non ci capiva più niente, andò fino a Roma per cercare di farsi chiarire le idee sull'argomento. Tornando indietro, nel giugno 1263, ancor più dubbioso di quando era partito, celebrò messa nella chiesa di Bolsena e... miracolo ! Vide le ostie che sanguinavano.
(I cattolici devono sempre essere mantenuti tristi nella loro religiosità: le madonne piangono sempre, i cristi sanguinano. Mai un moto di allegria, mai una botta di vita. Solo e sempre lacrime e sangue. Al massimo lacrime di sangue. Vi siete mai chiesti perchè ?)
Ma infine, il sanguinamento era la prova che toglieva ogni dubbio: Pietro da Praga di ritorno da Roma partì di corsa da Bolsena per andare a Orvieto dove stava in quel momento il papa per mostrargli le ostie rivelatrici.
Il papa Urbano IV certificò il miracolo in quattro e quattr'otto, e dal 1264 istituì la festività del Corpus Domini per tutta la Chiesa cattolica.
Ormai rassicurato sulla transustanziazione, Pietro da Praga di ritorno da Roma che partì da Bolsena lasciò Orvieto e tornò a Praga che al mercato suo padre comprò.
Attorno alle ostie, divenute sacre reliquie, si costruì, con la consueta sobrietà, una modesta custodia: il Duomo di Orvieto.
Va bè, direte voi, un miracolo così eclatante può anche meritare un pò di spreco. Vogliamo lesinare pure sulle eritropoiesi mistiche ?
Epperò, però, però: il sangue che sgorga da cibi ricchi di amido non era mica una novità. Ce ne sono tracce storiche in narrazioni dell'antichità. E non era nemmeno la prima volta che sanguinavano le ostie, anzi: episodi simili venivano sfruttati dagli stessi cristiani per aizzare all'odio contro gli ebrei, accusati di pugnalare le ostie per uccidere Gesù come già avevano fatto in carne ed ossa.
E a proposito di cibi ricchi di amido, dobbiamo ora fare un gran salto, fino a Padova e intorno al 1820, ai primordi della batteriologia, quando, esaminando una polenta che si era colorata di rosso, il farmacista Bartolomeo Brizio identificò il batterio Serratia marcescens.
S. marcescens cresce in luoghi caldi e umidi, su una grande varietà di substrati, specialmente se molto energetici (come zuccheri, amido o grassi) o ricchi di fosforo, e produce un pigmento tripirrolico rosso-arancio, chiamato, con tutta la doverosa dose di sarcasmo, "prodigiosina". Trovate spesso le sue colonie rossicce anche intorno ai rubinetti o nelle fughe tra le mattonelle nei punti più umidi del bagno o della cucina (sono ottimi substrati grassi anche i residui di sapone, shampoo, ecc.). E' comunissimo e generalmente innocuo, ma diventa occasionalmente responsabile di infezioni contratte negli ospedali, soprattutto a carico di vie respiratorie o urinarie: quando sonde o cateteri, per qualche ragione, smettono di essere sterili come dovrebbero, uno dei contaminanti accidentali più probabili che possano capitare è questo batterio.


Serratia marcescens su pane (By Dbn - Own work, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=32456976)

E grazie alla S. marcescens, a partire dagli anni '90 del XX secolo, il "miracolo" di Bolsena è stato felicemente riprodotto in laboratorio più e più volte. La Chiesa, da parte sua, ha sempre negato il permesso di esaminare le ostie-reliquie conservate nel Duomo di Orvieto.
Oggi la Chiesa cattolica celebra una festa che se il parroco di Bolsena, nella calura di giugno del 1263, avesse conservato le sue ostie in un posto un pò meno umido, potrebbe non essere tale.
Noialtri scientisti relativisti miscredenti possiamo invece, con tutte le ragioni, celebrare la festa della Serratia marcescens, umile e banale batterio salito agli altari (letteralmente !) della Storia come protagonista, nientemeno che di un miracolo.

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