domenica 28 agosto 2011

Aranciate, noccioline, brustuliniii !!!

"Facciamo che noi eravamo i Celestini e voi Wallabies e il vostro campo era in salita e noi giocavamo in discesa".
Jimmy Kaluha rispose prontamente: "Facciamo che era finito il primo tempo zero a zero e si cambiava campo".




Ne La Compagnia dei Celestini, Stefano Benni fa giocare la semifinale del campionato del mondo di pallastrada con il sistema del 'Facciamo', data l'impossibilità di disputare una partita vera, causa bombardamento legalizzatore delle Forze dell'Ordine, decise ad imporre una onesta accessibilità a sponsor e dirtti televisivi a quel gioco troppo clandestino.

Oggi, in mancanza, improvvisiamo anche noi un pò di appassionante Campionato di Calcio con il sistema del 'Facciamo'.
Prendiamo una qualsiasi squadra di calcio di Serie A, facciamo la Pro Vercelli. Facciamo che la Pro Vercelli sia in cerca di uno sponsor.

Facciamo che le spese di sponsorizzazione siano, per le imprese, in tutto o parzialmente fiscalmente deducibili, come spese pubblicitarie o, nella peggiore delle ipotesi, come spese di rappresentanza.

Facciamo che si faccia avanti la Ferramenta Pautasso, con la seguente proposta: Ti dò 100 Euro per scrivere 'Pautasso' sulle magliette; però il contratto di sponsorizzazione lo facciamo di 300 Euri (è giusto: 100: singolare; 300: plurale), e 100 te li dò per davvero e gli altri 200 me li tengo io.

Così la Pro Vercelli incassa i suoi 100 Euro, ma a bilancio glie ne risultano 300; la Ferramenta Pautasso ne ha spesi 100, ma deduce per il fisco una spesa di 300, per cui ha la sua pubblicità sulle maglie della Pro Vercelli quasi gratis. Inoltre, la Ferramenta mette da parte 200 Euro in nero, fuori bilancio, che serviranno per pagare le tangenti all'Ufficio Acquisti della Fiat per le forniture di brugole a Mirafiori, facciamo.

(Non vi ricordate che negli anni '80, nell'epoca d'oro di Craxi, nello sport più danaroso di tutti, le squadre di Formula 1 avevano una quantità inimmaginabile di sponsor italiani ?)

Adesso per la Pro Vercelli si pone il problema di giustificare, nel suo bilancio, dove vanno a finire quei 200 Euro che in realtà non ha mai visto.

Facciamo che al nuovo acquisto, il promettente difensore Broquinho, la Pro Vercelli proponga quanto segue: ti dò 10 Euro netti, ma facciamo un contratto di 30 Euro netti.
Il Corriere della Risaia spara il titolo in prima pagina 'Preso Broquinho, riceverà 30 Euro netti a stagione. "Con la Pro Vercelli per tutta la vita" dichiara ai tifosi', e la massaia si scandalizza: "30 Euro per giocare a pallone, che vergogna, quando in Africa ci sono tanti bambini poveri che non possono neanche fare un pò di shopping da Armani."

La Pro Vercelli dovrà pagare le tasse sullo stipendio fasullo con soldi veri, ma riuscirà comunque a far sparire dal bilancio una fetta delle entrate inesistenti (vi siete mai domandati perchè i contratti dei calciatori sono sempre al netto, e mai lordi ?).

A questo punto tutti sono legati in una congiura del silenzio; nessuno potrà mai dire la verità: non la Pro Vercelli, che ha falsificato il bilancio, e non Broqiunho, che l'anno prossimo dovrà discutere il suo nuovo contratto con la Ternana: "Alla Pro Vercelli me ne davano 30, vedete voi..."

Facciamo che un bel giorno venga istituita una nuova tassa sugli stipendi che scandalizzano le massaie, una cosa piccola, un 10 %. Broquinho deve pagare il 10 % del suo contratto da 30, 3 Euro, guadagnandone in realtà 10.
Panico e lacrime. Non gioco più e mi porto via anche il pallone.

Scuserete l'eccesso di fantasia, era solo un 'facciamo'...

lunedì 15 agosto 2011

Ferragosto, blog mio non ti conosco


Per comprendere appieno l'impostazione filosofica del seguente scritto, il lettore dovrà innanzi tutto figurarsi quel particolare colpo di biliardo, di notevole impatto visivo ma che raramente si rende necessario nel corso del gioco, nel quale la stecca viene tenuta non pressochè parallela al piano di gioco, bensì verticale. E con moto per l'appunto verticale, si va a colpire con movimento breve e secco, la bilia in prossimità della tangente (giammai -sciagurati- vicino al centro, chè colà minima sarebbe la quantità di moto trasmessa alla palla, e massima la possibilità di far danno, giacchè il grosso dell'energia dovrebbe essere assorbito dall'elasticità della stecca senza produrre risultato alcuno); in tale modo, l'energia cinetica che il colpo trasmette alla bilia, va a suddividersi su due componenti: una di traslazione, che porta, come sempre, la boccia a spostarsi nella direzione del diametro passante per il punto colpito dalla stecca; ed una di rotazione, che è in questo caso retrograda: vale a dire che la bilia assume una direzione di rotazione su se stessa sul piano verticale, inversa a quella che sarebbe data dal rotolamento. Il risultato complessivo è che, una volta esaurita l'energia di traslazione, quella di rotazione inizierà a prevalere, facendo rotolare la bilia all'indietro verso il punto di partenza.

In secondo luogo, occorre tenere presente che questo è il culmine della stagione nella quale i piedi hanno accesso alla visione del mondo, alla luce ed all'aria, attarverso sandalini e ciabattine, prima di essere di nuovo ghermiti dall'oscurità dei pedalini e delle calzature chiuse.

E veniamo ora, per chiudere il cerchio, ad oggetti del tipo di quello rappresentato in figura, candelotte basse e larghe poste in specie di ciotoline, che i gestori di bar e locali all'aperto amano disporre in terra agli angoli dell'accesso, forse nella speranza che aeroplani carichi di avventori ne siano guidati all'atterraggio.

Mettendo insieme il tutto, i frequentatori più accorti di questo blog non avranno più bisogno neanche di proseguire con la lettura, e potranno procedere a ridere o addolorarsi autonomamente.

A beneficio dei meno avveduti, racconterò di avere visto ieri sera un signore nella divisa d'ordinanza ferragostana: camiciola, braghine corte e sandalini, accostarsi all'ingresso di un bar all'aperto, attrezzato con le segnalazioni luminose di cui abbiamo detto, avendo notato un suo amico seduto appena all'interno della bassa balaustra di legno scadente.

Nell'appoggiarsi alla balaustra dall'esterno, per assumere una postura consona a conferire adeguata autorevolezza intellettuale alle riflessioni da farsi sulle implicazioni insite nel mercato acquisti della Sampdoria, il malcapitato ha esercitato, in modo magistrale quanto involontario, il nostro colpo da biliardo con il piede sulla ciotolina: impatto secco e verticale sul margine.
Orbene, la ciotolina non assume nessun effetto particolare, non essendo in alcun modo approssimabile ad una sfera; è approssimabile casomai ad una semisfera, e pertanto essa non rotola: semplicemente si ribalta. Ma, il biliardo ci insegna, la direzione del ribaltamento è, anche in questo caso, retrograda, diretta cioè verso il piede che ha determinato il movimento, che viene quindi inondato di cera fusa.

Ecco il notevole valore culturale di questi, altrimenti misteriosi, prodotti delle cererie: io, miscredente, ho imparato un sacco di nomi di santi che non avrei mai nemmeno immaginato. A memoria, mi pare che non ne sia uscito incolume neanche Sant'Eleuterio, che è in genere uno dei più trascurati, non so quanto giustamente, dai bestemmiatori.

mercoledì 10 agosto 2011

Cronache del crepuscolo


Seguo le cronache di questi giorni di fine capitalismo con qualche distaccata attenzione.
Lo abbiamo detto più volte: il mercato deve continuamente espandersi per permettere il profitto, altrimenti tutti i ricavi del complesso dei produttori di beni e servizi dorebbero essere impegnati in retribuzioni dei lavoratori per permettere loro di consumare tali beni e servizi: il gioco non potrebbe essere altro che a somma zero.
Nello stesso tempo, occorre poggiarsi su una estesa base di fornitori di materie prime a titolo virtualmente gratuito, che non saranno mai retribuiti a sufficienza per poter accedere al consumo dei beni che contribuiscono a produrre, di solito indicati, con un qualche cosa di beffardo nella denominazione, "paesi in via di sviluppo" (in via di che... sarebbero guai se si sviluppassero: per permettere la ricchezza dei ricchi, devono rimanere poveri, produttori-non-consumatori).
Espandi che ti espandi, siamo arrivati al dunque: nuovi mercati, dall'Asia, dal Sudamerica accedono alla possibilità di consumare, e devono quindi ottenere livelli di retribuzione del lavoro sufficienti a sostenere tale possibilità; si erode quindi la base di produttori-non-consumatori sfruttati, ormai ridotta quasi solo all'Africa e a chiazze di ex-Terzo Mondo sparse qua e là. Siamo alla saturazione finale.
Riducendosi la possibilità di accesso alle materie prime a costo quasi-zero, poichè sempre più produttori pretendono, accidenti a loro, di essere pagati il giusto, e tocca pure accontentarli sennò non potrebbero acquistare i nostri beni e servizi, si riducono i profitti delle imprese, le quali, in automatico, si rifanno sulla propria forza-lavoro. Si spostano le produzioni dove il costo del lavoro è più basso, si forzano gli Stati ad adottare legislazioni sempre più liberiste che consentono livelli di sfruttamento più intensi; si mettono cioè i lavoratori in concorrenza al ribasso fra di loro.
Questa mobilità dello sfruttamento, comunemente detta globalizzazione, produce rimescolamenti dagli effetti straordinariamente conflittuali.
Conflittuali ed autodistruttivi su più fronti: come ho detto nel post precedente, delle quote di ricchezza prodotta, sempre meno finiscono nella retribuzione del lavoro, e sempre di più nel profitto d'impresa e nell'accumulazione di capitali; questo erode ulteriormente la capacità di consumo, e quindi tende a ridurre ulteriormente i profitti, innscando meccanismi di sfruttamento sempre più intensivi. Dall'altra parte, si rendono disponibili capitali ingenti per la speculazione finanziaria, che ora si sta concentrando sui debiti degli Stati: e l'effetto è che gli Stati comprimono la spesa sociale, le pensioni, i servizi, aggravando ulteriormente la condizione della classe lavoratrice (quanti anni che non si adoperava più questo termine !), e accelerando ulteriormente la spirale.

Ulteriore fronte di conflittualità: se siamo diventati obesi mangiando in faccia ai Malesi poveri, e questo non ci faceva nè caldo nè freddo perchè tanto con i Malesi non ci si vedeva nè ci si frequentava, oggi mangiamo in faccia ai disoccupati del nostro quartiere che hanno perso il lavoro perchè la fabbrica ha spostato la produzione in Malesia. Il contrasto si inasprisce perchè il divario fra ricchi e poveri è sempre meno fra continenti diversi, e sempre più tra vicini di casa.
Se l'industrializzazione si sparpaglia per il mondo, il conflitto che il capitalismo genera, che era un tempo tra Nord e Sud del pianeta, si concentra e si riproduce miniaturizzato in ogni luogo.
Ne vediamo i sintomi: in forme non molto diverse dalla rivolta delle periferie francesi di cinque anni fa, i ragazzi delle città britanniche, nei quartieri più impoveriti materialmente dalla disoccupazione, e socialmente dai tagli alle scuole, ai servizi, ai campetti di calcio sacrificati alla speculazione edilizia, ai centri sociali e alle biblioteche che vengono chiusi, ecc. non attaccano gli edifici o i simboli del potere politico: attaccano la polizia in quanto fisicamente nemica, nè più nè meno che una banda rivale, solo un pò più priviliegiata (dal 1998 ad oggi 333 persone sono morte mentre erano in custodia alle forze dell'ordine britanniche, senza che nesun poliziotto sia mai stato incriminato); non combattono per o contro qualcosa, devastano tutto quello che capita; non progettano un Nuovo Ordine Mondiale, sfondano vetrine e saccheggiano negozi per portarsi via vestiti firmati, telefoni, giochi elettronici, televisori. Si appropriano del consumo dal quale sono rimasti esclusi, pur continuando a subirne la propaganda martellante. Probabilmente è quello che trenta anni fa le popolazioni del Terzo Mondo avrebebro fatto a noi se ci avessero avuto a portata di mano. Ecco lo spostamento del fronte: oggi privilegiati e vittime dell'economia di mercato si trovano sempre più spesso e facilmente a portata di mano gli uni rispetto agli altri.

E in mezzo a tutto questo, l'orchestrina del Titanic suona sui giornali e per televisione la canzoncina dell'attesa messianica per la ripresa economica che tutto risolverà col rilancio dei consumi. E perchè la fede cieca non venga disturbata da dubbi eretici, possiamo scommettere che, sui nostri mezzi di informazione, alla prima occasione i movimenti di piazza che stanno cercando di costruire qualche forma di riorganizzazione sociale in grado di governare la recessione permanente che ci attende, in Spagna, in Grecia, e persino nel militarizzatissimo Israele, verranno messi nello stesso calderone dei saccheggiatori di negozi di Londra: chi rappresenta la raffigurazione violenta di una domanda, che pure è cruciale, ci verrà fatto apparire uguale e confuso con chi si sforza di cercare una risposta.

Londra è pronta per ospitare le Olimpiadi l'anno prossimo. Alcuni dei quartieri teatro degli scontri erano stati stravolti dai lavori, con grandi promesse di rigenerazione urbana; in realtà, tutto si è ridotto alla costruzione di un grande centro commerciale, che ha assorbito tutti i finanziamenti; non si potrà accedere allo Stadio Olimpico se non passando attraverso il supermercato.
L'importante è partecipare.

martedì 2 agosto 2011

Rematori di tutto il mondo, unitevi !


Possiamo provare a figurarci cosa intende Tremonti quando dice che siamo tutti sulla stessa barca e, se affondiamo, affondiamo tutti insieme.

La doppia faccia dell'economia di mercato presenta da una parte le diverse barche (nazioni, comparti, imprese) come se fossero in competizione fra di loro, e noi dobbiamo remare perchè bisogna assolutamente battere la barca avversaria; ma in competizione tra loro sono solo i rematori; il capitale può comodamente spostare il suo carico parassitario di profitti e privilegi da una barca all'altra in qualsiasi momento, a seconda della disponibilità di rematori adeguatamente sottomessi e redditizi.

Negli ultimi trent'anni e più, legislazioni sempre più liberiste in tutto il mondo hanno progressivamente spostato i benefici della ricchezza estratta dalle attività produttive: sempre meno alla retribuzione del lavoro, sempre più ai profitti ed all'accumulazione di capitale.

Così il potere di acquisto delle classi lavoratrici si è sempre più compresso, e quindi si è ridotta la loro capacità di consumare quanto prodotto dalle imprese per cui lavorano, e le imprese in difficoltà a vendere i loro prodotti su un mercato in recessione cercano di rifarsi tagliando ulteriormente i costi della forza lavoro per mantenere alti i profitti, ed il serpente si morde la coda.

Questa è per la verità una gran fortuna, dato che il pianeta su cui abitiamo non è in grado di sopportare i ritmi di cosumo attuali, nè tantomeno potrebbe sopportarne di superiori.

Comunque sia, per potere avere uno sbocco sul mercato per i propri prodotti, gli imprenditori (o per essi i loro finanziatori: banche, fondi, ecc.) dovrebbero comprarseli da soli, visto che sono gli unici a disporre di ricchezza spendibile: Marchionne potrebbe comprarsi 800000 cinquecento ed annunciare poi trionfante alla stampa di essere riuscito a vendere ben 800000 cinquecento quest'anno; Della Valle comprarsi 4 milioni di paia di scarpe, oltre al consueto paio di centrocampisti brocchi, e Murdoch abbonarsi un mezzo miliardo di volte a Sky, per esempio.

Lo faranno ? E' piuttosto dubitabile. Rimane quindi un accumulo di capitale inutilizzato. Inutilizzato ? Possono mai rimanere ferme delle risorse finanziarie ingenti, e non rendere nulla ? Impossibile. E allora cosa ce se ne fa ? Facile: ci si dedica alla speculazione finanziaria. Compravendita di titoli; è comodo, fa figo, e non impegna, come il maglioncino leggero.

Ora i liberisti all'amatriciana gridano allarme ! Siamo sotto il tiro della speculazione finanziaria ! E da dove arriverà mai tutta questa disponibilità di risorse per le manovre speculative, vogliamo provare ad indovinarlo ?
Se proviamo a pensare alle grandi banche che erano sull'orlo del fallimento tre anni fa e sono state salvate con soldi pubblici, cioè dalle tasse, cioè spremendo i rematori, voi cosa dite ? Fuochino ?
Supponendo che una volta salvata la barca, probabilmente i rematori saranno buttati a mare per alleggerire il carico, siamo proprio sicuri di volerla salvare ? La barca va avanti per il profitto, ed il profitto c'è solo finchè i consumi aumentano, se anche rimangono stazionari la barca affonda lo stesso. E la Terra non può permettersi i nostri consumi attuali, punto e basta; questo chiude il discorso.
Dobbiamo rassegnarci a governare una recessione permanente, e dobbiamo andare verso una civiltà di consumi ridotti, altro che ripresa, altro che rilancio. Impariamo a nuotare, piuttosto.