giovedì 22 febbraio 2018

Ti strappo il PIL


Gli entusiasmi dilagano quando il Prodotto Interno Lordo aumenta di un punto percentuale; anzi, in tempi di sana contrazione dei consumi e degli sprechi, si è disposti a farsi ingolosire anche di un aumento di mezzo punto, ma che dico: anche per uno 0,1 % in più di PIL la felicità di nazioni e rispettivi governanti sembra balzare al settimo cielo.
Ci hanno sempre raccontato che il PIL è quell'indicatore che racconta quanta ricchezza è stata prodotta in una data area, tipicamente in una nazione, in un anno. Facile. La gente consuma di più, le industrie producono di più, si lavora di più e tutti guadagnano di più. Ma quant'è bello.
Basta produrre di più per consumare di più, qualsiasi cosa, non ha importanza che tipo di merce o servizio, è sufficiente fabbricare, fornire e vendere: foulard o pannelli solari, automobili o ciabatte. L'utilità non è rilevante.
Per produrre più merci si consumerà più energia, e produttori e fornitori di energia venderanno e guadagneranno di più; poi c'è tutta la filiera dalla produzione alla distribuzione alla vendita, e nei casi migliori tutta un'ulteriore cornucopia di servizi post-vendita. E infine, lo smaltimento dei rifiuti: se si consuma di più, si produce più spazzatura, e anche le aziende di smaltimento lavoreranno di più e saranno remunerate di conseguenza. E va da sé che più si spreca e meglio è, se acquistiamo anche qualcosa in eccesso oltre a quello che ci apparirebbe tanto necessario come quell'indispensabile crema con l'acqua micellare (che tradotto è: acqua con sapone), e ne prendiamo due vasetti di troppo, è tutta ricchezza che viene prodotta e il PIL gongola.
D'altronde, se spreco energia per fabbricare inutili futilità, il PIL mi sgrida forse ? No, anzi, vieppiù rimpingua per la gioia di grandi e piccini. E se soffoco il mio e l'altrui habitat con i miei rifiuti ? Idem.
Ecco allora il business del futuro, quello che ci regalerà un cortocircuito di felicità assoluta e benessere generalizzato (che è poi quello che stiamo realizzando attualmente, solo un pò mimetizzato: esplicitiamo, dunque).
Mettiamoci a fabbricare spazzatura. Facile ed essenziale. Attenzione, non la spazzatura che spontaneamente e già esageratamente risulta dalle nostre attività quotidiane, ahimè anonima. No no, spazzatura costruita apposta, con congruo consumo di materie prime ed energia, da vere fabbriche di spazzatura, con tanto di logo e marchio anti-contraffazione, che la proprietà intellettuale sia ben tutelata. Spazzatura da distribuire, vendere a grossisti e poi ad esercenti, che la rifileranno al dettaglio ai consumatori finali, cioè noi, che la acquisteremo e la conferiremo correttamente, possibilmente alla raccolta differenziata. Ma sai che botto di PIL con un commercio così ?
Mi pare di sentire le vostre obiezioni: ma nessuno può essere interessato ad acquistare rifiuti, è una produzione che mai incontrerà il favore dei consumatori, e via magari con la solita favoletta che il libero mercato è una sorta di entità autoregolante che finirebbe inevitabilmente con l'escludere dal commercio un prodotto di cui non si sente il bisogno.
E bravi furbini: perché, dell'acqua micellare ne avete bisogno ? E la camiciola firmata dal bravo stilista vi è così necessaria ? Il bisogno si crea. Il capitalismo sarebbe morto e sepolto senza bisogni immaginari e inesistenti.
Ma non li vedete già, come li vedo io, stilisti e grandi firme della spazzatura spuntare ovunque come funghi ? Chi non desidererebbe mettere fuori dalla porta un bel saccone di indifferenziato griffato, ben esposto all'invidia dei vicini ? E quanti giochi ad eliminazione con grandi chef accigliati a giudicare composizioni di gambi di carciofo e ossi di pollo per il sacchetto dell'umido ? Chi non si adeguerebbe alla moda dilagante di cui tutti parlano ? File di pecoroni in coda davanti ai negozi specializzati il giorno dell'uscita del nuovo prodotto, ampiamente reclamizzato e immancabilmente innovativo, da conferire in "plastica e lattine", ecco il futuro del mercato che farà volare il nostro PIL.
D'altra parte, pensateci: la moda viene considerata il fiore all'occhiello delle produzioni del cosiddetto "Made in Italy". E fabbricare abiti conformi alla moda del momento, concepiti solo per essere gettati via tra breve tempo, quando la moda sarà cambiata, non è concettualmente diverso dal fabbricare spazzatura.