giovedì 30 maggio 2013

La Storia nel cassetto

Spero di non essere il solo a cui capita, di tanto in tanto, di vedere riemergere dal fondo dei propri cassetti qualche reperto di camiceria fossile, testimone accurato, rigoroso ed implacabile di epoche lontane in cui il mondo che ci circondava era diverso da quello di oggi, e la nostra taglia pure.
Se anche voi avete talvolta provato qualche non esaltante emozione del genere, potrete forse immaginare che lo stesso tipo di circostanze possa verificarsi, con conseguenze ed implicazioni di ben altro interesse, anche nei Musei.
Mi è capitato più di una volta di leggere affermazioni di paleontologi secondo cui molte delle scoperte più affascinanti si fanno nei cassetti.
E' il caso di Aurornis xui, un fossile di 150 milioni di anni fa, dissotterrato da un contadino nella provincia cinese di Liaoning, e che giaceva dimenticato e non classificato in un museo di Yizhou, finchè il paleontologo belga Pascal Godefroit non lo ha "disseppellito" una seconda volta, dai reperti archiviati, per esaminarlo con attenzione, l'anno scorso.

E la sua conclusione "Mi sa che è un Uccello" sposta indietro di una decina di milioni di anni le nostre conoscenze sulla derivazione degli attuali pennuti dai dinosauri.
Non starò a raccontarvi tutti i dettagli: si tratta di una specie di pollo del Giurassico, lungo circa mezzo metro, con bacino, anche e grandi occhi da uccello, e piccoli denti aguzzi da rettile; probabilmente non era in grado di volare, più verosimilmente planava da un albero all'altro. Non vale la pena nemmeno di addentrarsi nelle controversie, subito innescate, se si tratti di un "vero" Uccello o "ancora" di un dinosauro; sono discriminazioni inevitabilmente insolubili, su un confine che si è fatto sempre più scorrevole e ramificato con parecchie scoperte di dinosauri piumati negli ultimi anni. Semplicemente si inserisce nella storia come una possibile radice dell'albero genealogico degli Uccelli; potrebbe essere uno snodo fondamentale o una vicenda storica marginale: lo capiremo in futuro.
Quello che mi incuriosisce qui è il "parallelismo divergente" (invento or ora la locuzione in memoria dell'avere detestato in gioventù Aldo Moro, e senza pentimenti postumi) rispetto al più famoso esponente della stessa, lunga e complessa, transizione evolutiva, il celebre Archeopteryx lithographica, canonicamente considerato come il classico "anello di congiunzione" - fin quando non ci libereremo di queste definizioni futili - tra Rettili e Uccelli, che ora verrebbe, forse, spostato un pò più in su nella scala delle ramificazioni.
Il più antico Aurornis, vittima forse di penne conservatesi non troppo bene nel suo dagherrotipo fossile, che potrebbero averlo fatto passare inosservato in un primo momento, è rimasto dimenticato in qualche ripostiglio di museo per un pò di anni, nella nostra epoca relativamente "tranquilla" di contese evoluzionistiche; dall'altra parte, della decina di esmplari di Archaeopteryx che oggi conosciamo, il primo fu scoperto nel 1860, giusto un anno dopo la pubblicazione de L'Origine delle Specie. Ed allora, quella scoperta di un Uccello ancora un pò Rettile, o Rettile già quasi Uccello, ebbe tutt'altro clamore e risalto: quasi come se quel fossile fosse stato creato apposta per quel momento lì.
La Storia fa il suo corso, e va avanti infischiandosene delle nostre attenzioni o delle nostre dimenticanze; i suoi segni, secondo i momenti, ci possono accendere di entusiasmo, oppure restare in fondo ad un cassetto, dimenticati come un indumento che non indosseremo più; ma dovremmo sperare sempre di poterli ritrovare prima o poi, per avere un'idea dei mondi e delle taglie che abbiamo attraversato ed indossato.

venerdì 24 maggio 2013

Dica trentatrè, ma senza esagerare.



Per i miei affezionati lettori che, in occasione del post del 29 marzo scorso, avevano rilevato la gratuità della mia affermazione che questa fosse una città molto molto cattolica, posso qui presentare una dimostrazione fattuale, aritmetica e teologica della validità di quella frase.
In quale altrove si potrebbe mai raggiungere una quota di obiezione di coscienza del 110 per cento ? Neanche nell'adiacente Lombardia fu-Formigoniana, dove Comunione e Liberazione ha colonizzato la Sanità con capillare pervasività Corleonese.
E se di là dal Ticino sono certamente logiche affaristiche e carrieristiche a guidare i ginecologi verso il Paradiso mediante la scelta dell'obiezione, non si può negare che di qua, sulla sponda destra, un certo alone di misticismo autentico circondi le vicende bio-etico-numerologico-sanitarie: forse un qualche miracolo di moltiplicazione di pani, pesci ed obiettori, chissà...
O forse ce ne sono tre che esercitano la professione abusivamente: tre mammane obiettrici di coscienza. E se non è fervore religioso questo...

lunedì 13 maggio 2013

Le Congiure degli Innocenti



Ritenere falso che l'anidride carbonica prodotta dalle attività umane sia causa dell'effetto serra che riscalda la Terra, e pensare che l'epidemia di AIDS sia stata generata artificialmente in laboratorio negli anni '70 da agenzie governative degli Stati Uniti per fare fuori negri ed omosessuali, ha qualche relazione ?
Da uno studio condotto da un gruppo di psicologi australiani, intitolato: "La NASA ha falsificato lo sbarco sulla Luna - quindi la Scienza (del clima) è una balla", sembrerebbe di sì.
Da una settimana stavo cercando di scrivere qualche commento sullo studio, ma non mi è stato facile trovare un corretto equilibrio tra sintesi e completezza, così alla fine sono stato anticipato da Le Scienze. Non mi resta che rimandarvi colà per una istruttiva lettura.



sabato 4 maggio 2013

Lettera del Quattro Maggio




Dunque, carissimi Lavoratori di Tutto il Mondo,
oggi non si tratta soltanto di difendere posti di lavoro e diritti sociali, ma di riprogettare completamente scopi, finalità e limiti di tutti i processi produttivi.
Dobbiamo imparare a fare i conti con un pianeta non infinito, con una disponibilità di risorse non illimitata. Abbiamo bisogno di consumare meno, e quindi di produrre meno; perciò c'è bisogno di fare delle scelte: produrre quello che è indispensabile, e rinunciare a sprecare energia e materie prime per fabbricare fesserie inutili. Si può lasciare questo disegno progettuale alla "mano invisibile" del libero mercato che (immaginariamente) si regola da sè ? Evidentemente no. Perchè in tal caso finiremmo per scegliere di produrre merci in funzione della disponibilità di qualcuno a pagarle anche molto, e non beni necessari alla sussistenza generale: vestitini firmati per ochette vanitose piuttosto che abiti alla portata di tutti che svolgano la propria funzione di proteggere dalle intemperie, ad esempio.
O di sfruttare il suolo agricolo per produrre i bio-combustibili che sarebbe pronto a comprare il giovin porcello dal portafogli gonfio per riempire il serbatoio del suo avventuroso SUV-Jeep-Fuoristrada-4-ruote-motrici da Esploratore di Parcheggi e Coraggioso Scorribandero delle Code Semaforiche, piuttosto che la razione quotidiana di mais che la famiglia del Terzo Mondo sarebbe in grado di pagare molto meno (e si noti, di passaggio, la doppia solenne lezione di uso appropriato del "piuttosto che").
E' una sfida molto difficile quella che ci aspetta: occorre fare scelte di pianificazione delle produzioni e dell'uso delle risorse su scala globale e sulla base delle necessità (se vogliamo, del diritto), e non del mercato, con priorità per le prime necessità: agricoltura, vestiario (vestiario, non moda: via quel luccichio dagli occhi, signora), energia da fonti rinnovabili, accesso alla conoscenza, salute, non moltissimo altro.
E intanto, produzione pianificata implica potere fare a meno dei cosiddetti Grandi Manager, in assenza di geniali strategie di mercato da inventare. E un pò di stipendi a sei zeri li possiamo cancellare dalla lista della spesa.
Ma, in definitiva, ci sarà da lavorare meno per produrre meno e consumare meno.
Non si può più alimentare l'economia di mercato con una crescita continua dei consumi; ebbene, si tratterà di trovare un nuovo punto di equilibrio con un livello di consumi molto più basso dell'attuale.

Partiamo da un controesempio: le innovazioni nelle tecnologie industriali che negli ultimi decenni hanno fatto aumentare enormemente la produttività, tra informatica, robotica, perfezionamento e sempre maggior precisone dei macchinari e degli impianti, non sono state utilizzate se non in minima parte per alleggerire condizioni ed orari di lavoro, ma quasi esclusivamente per espellere personale dall'industria, e sempre e solo per ingigantire i profitti (in compenso tali tecnologie richiedono una quantità sempre maggiore di energia che non sappiamo più dove prendere).
La strada da percorrere dovrebbe essere quella opposta: ripartire il minor lavoro tra tutti, lasciando a ciascuno sicuramente meno denaro, ma se non altro più tempo per sè stesso, con maggiori possibilità di coltivare conoscenza e relazioni, in un ambiente, sociale e materiale, meno congestionato, meno competitivo e più fruibile.
Si tratta pur sempre di governare una recessione, un impoverimento materiale: è quindi fondamentale appianare il più possibile le disuguaglianze; affrontare una simile crisi ancora con le solite ricette liberiste, e quindi a suon di competitività sregolata, è folle anche perchè esaspera le differenze sociali, e non fa che rendere esplosive le disparità di ceto.

Mi è capitato di scriverlo già in passato: uno degli effetti della globalizzazione economica è di avere riprodotto in microparcelle le disuguaglianze globali: se prima l'Occidente si manteneva ricco sfruttando un pò i propri operai, e molto di più le materie prime del Terzo Mondo lasciato nella miseria più totale, e il conflitto si evitava, almeno in parte, perchè Occidente e Terzo Mondo non si toccavano; ora invece, gli operai sfruttati sono dall'altra parte della Terra, ma i disoccupati lasciati in miseria sono qui nei quartieri urbani del ricco Occidente, a portata di scontro fisico.

Ma quale movimento o partito politico, carissimi Lavoratori di tutto il Mondo, potrebbe mai guidare un simile processo di cambiamento su scala mondiale ?

Non guardate all'Italia, perchè non abbiamo niente da offrire.
Qui da noi, lo storico Partito dei Lavoratori, dopo vari cambi di nome e di marchio ed improprie ibridazioni, è arrivato finalmente ad esprimere un Capo del Governo, dotato della stessa spiccata vocazione a non modificare nulla dell'esistente che avrebbe potuto animare le mosse di un Forlani qualsiasi.
Abbiamo tanti movimenti intelligenti e competenti su singoli temi specifici, che non riescono a trovare un punto di aggregazione e di unificazione, anche perchè ormai il Partito suddetto, che un tempo sarebbe stato un possibile interprete di tale ruolo, li rifugge come la peste, essendo più interessato alle banche che alle lotte di popolo.
C'è poi un neonato movimento popolare, condannatosi all'inutilità con l'inedita scelta extraparlamentare dentro il Parlamento, il cui programma, per la sua maggior parte, avrebbe dovuto essere quello di un qualsiasi Partito Democratico, o altra entità simile, se mai in Italia ne fosse esistita una (non certo quella informe cosa innaturale menzionata sopra); della parte restante, un pò potrebbe essere il programma di un congresso di Ufologia, e un pò potrebbe far parte del programma di Governo di una giunta militare. Inchiodato dalla fiducia cieca nella democrazia della rete, apporta delle idee, ma quello che ne risulta è un'accozzaglia di pezzi staccati, privi della coerenza d'insieme di una filosofia, di un progetto, di una visione.

Il sonno dell'ideologia genera mostri chimerici.

giovedì 2 maggio 2013

Lettera del Due Maggio



Carissimi Lavoratori di Tutto il Mondo,
passata la festa, gabbato lo santo, spiacente.
Adesso bisogna passare alla parte veramente sgradevole del discorso. I vostri leader politici (cosiddetti), mentre vi sfracellano di bastonate, vi incoraggiano agitando davanti al vostro naso la carota della crescita e dello sviluppo prossimi qui dietro l'angolo. Cerchiamo ora di spiegare, senza incorrere in turpiloquio, dove andrà ad infilarsi quella carota.
Dicesi "crescita e sviluppo" un generale aumento dei consumi. Per imperscrutabili congiunture economiche e astrali internazionali, esaminando andamenti macroeconomici macrociclici e microciclici e soprattutto in virtù del favorevole oroscopo del Sagittario, la gente dovrebbe riprendere ad acquistare più roba, meglio se stronzate inutili, facendo fare più affari ai commercianti, facendo aumentare la richiesta di merci, e quindi aumentare la richiesta di produzione, e quindi aumentare la richiesta di manodopera, con conseguente diminuzione della disoccupazione, e quindi più gente che ha uno stipendio da spendere, con ulteriore aumento delle disponibilità agli acquisti, delle richieste di merci e così via, e tutto che migliora e rifiorisce con l'economia che "gira".
In fondo è sempre andata così, in tutti i cicli di crisi del capitalismo.
Quelli del passato.
Quelli che hanno studiato gli economisti.
Già, finche i consumi continuano ad aumentare, ed aumentare, ed aumentare ancora, tutto funziona meravigliosamente bene; e anche la finanza gode, ramifica e germoglia: cosa sono tutti gli strumenti finanziari, dai banali prestiti a interesse, ai fondi d'investimento, fino ai più perfidi grovigli mefistofelici che da questi derivano, se non scommesse su incrementi futuri di produzioni e profitti ? In fondo, un qualsiasi finanziatore non fa che pagare in anticipo quello che il finanziato promette di produrre o di vendere in più nel futuro, comunque si riesca a complicare e mimetizzare il concetto.
E allora, come ci sarà venuto in mente, mentecatti noi, di entare in questa sciocca fase di recessione ? Perchè siamo fessi ?
Ricordate come tutto è iniziato ? Si rilanciava il business dell'edilizia: mutui concessi per fare acquistare case a chi non avrebbe potuto permetterselo, a condizioni iniziali favorevolissime ma che, col passare del tempo, evolvevano in interessi insormontabili. Impossibili da pagare: e le banche hanno cominciato a fallire; e a ruota le imprese edili, sommerse di case invendute. Certo, se i beneficiari dei mutui nel frattempo avessero trovato un lavoro più remunerativo... se l'economia avesse continuato a tirare... se i consumi avessero continuato a crescere, crescere, crescere...
Ma siamo sulla Terra. La Terra ha un diametro di circa 12700 Km (fisso), ha una massa di quasi 6-e-24-zeri Kg (fissa), e riceve continuamente una certa quantità di energia dal Sole (fissa); oltre non si va.
La Terra non cresce.
Nessuna entità può crescere indefinitamente ed illimitatamente entro un sistema finito e limitato. E' un concetto elementare che tutti capiscono; anche chi non avesse mai fatto mente locale non avrà difficoltà a recepirlo. Gli unici che proprio non riescono ad arrivarci sono gli economisti.
Gli economisti hanno studiato la loro materia, e costruito i loro strumenti culturali, in epoche in cui neanche si poteva immaginare di avvicinarsi a questi limiti fisici.
Ma oggi ci siamo, e le concezioni consolidate delle cosiddette Scienze Economiche non funzionano più; collassa per prima la finanza, che continua a speculare su promesse impossibili di crescita futura; e subito dietro l'economia di mercato, non più sostenuta dal continuo aumento dei consumi.

Si chiama produttività primaria la quantità di radiazione solare che viene raccolta dalle piante e dalle alghe con la fotosintesi, come energia per la sintesi di zuccheri, quindi cellulosa, quindi biomassa vegetale. E' ciò che sta alla base di (quasi) tutte le catene alimentari e che nutre tutti i molti milioni di specie viventi; noi, oltre che insalate e braciole, ne ricaviamo anche fibre tessili, legname e un'infinità di altre utilità non-alimentari.
In più c'è una piccola quota di produttività fornita dai batteri che ricavano energia da reazioni di ossido-riduzione di minerali.
E poi basta. Oltre non si va. La produttività primaria della Terra non aumenta, è quella che è; anzi, possiamo riuscire a farla diminuire continuando a sparpagliare cemento e asfalto in ogni dove.
Poi possiamo attingere ad una quota di energia accumulata dalla produttività primaria di epoche passate: carbone, petrolio, metano, risultati della degradazione anaerobica di biomasse, accumulati in (a spanne) 300 milioni di anni; e ce li siamo fumati in 200 - 250 anni di sviluppo industriale.
E poi c'è tutto il resto che estraiamo dalla Terra come costituenti della Terra stessa: minerali, metalli, ecc.
Possiamo sfruttare direttamente la radiazione solare per produrre energia elettrica, possiamo sfruttare il vento, le correnti marine, se diventeremo bravissimi potremmo imparare a ricavare energia anche dall'attività vulcanica, ma quali consumi dovremmo mai aumentare ? Quale crescita ? Quale sviluppo ?
Dalla "invenzione" dell'agricoltura si è prodotto un disastro ecologico: nel giro di poche migliaia di anni ci ritroviamo con sei miliardi di mammiferi di grossa taglia che consumano da soli un quarto di tutta la produttività primaria della Terra.
E, facendo il rapporto tra la capacità della Terra di rigenerare le sue risorse nel tempo, e quello che noi dissipiamo nello stasso tempo, attualmente consumiamo come se avessimo a disposizione quasi una Terra e mezza.
Non ce l'abbiamo.
Cosa mai dovremmo consumare di più ?

Ecco che siamo vicini, o anche oltre, a quei limiti fisici che il pianeta su cui abitiamo ci impone, e che gli economisti, e soltanto loro, non sono capaci di vedere, se continuano a riproporre le stesse ricette di un secolo fa, a base di crescita e rilancio dei consumi.
Ma questa non è una recessione come quelle di un secolo fa, è una crisi di saturazione.
Crisi da limite raggiunto.
Game Over.

La crescita, così come ce la presentano, è impossibile: è impossibile fisicamente. Invece di affidarci alle folli promesse di sviluppo, attrezziamoci per gestire nel modo migliore possibile uno stato di recessione permanente, e considerare l'idea che la libera economia di mercato sia stata una divertente illusione, ma che sia giunto il tempo di ritornare alla realtà.

mercoledì 1 maggio 2013

Lettera del Primo Maggio



Carissimi Lavoratori di Tutto il Mondo,
di unirvi non avete proprio voluto saperne, eh ? Un pò siete stati voi che vi siete lasciati sviare un pò troppo facilmente: è bastato un bel televisore nuovo che vi ha dipinto davanti agli occhi un mondo irreale, con l'esca del telequiz per prendervi all'amo e ghermirvi consapevolezza e coscienza di classe, per gettarvi nel gran paiolo del qualunquismo individualista.
Un pò, certamente, il nemico è stato abile e aveva in mano tutte le carte da giocare; ma chi l'aveva mai detto che la lotta sarebbe stata facile ?
Così, oggi tira un'aria sempre più grama; nello sviluppato Occidente essere lavoratori è ormai quasi un privilegio, con sempre più disoccupati in concorrenza per condizioni di lavoro sempre più precarie e sempre meno dignitose. E in tutti gli Est e i Sud del mondo le condizioni miserabili di lavoro sono pienamente concrete e realizzate, ed è lì che si producono le merci che consumiamo, con gran profitto delle imprese. E' il libero mercato.
Lavoratori di Tutto il Mondo, disuniti, siete in concorrenza tra di voi. E' il libero mercato.
Guardiamo pure le cose dalla nostra meschina prospettiva eurocentrica, tanto le conclusioni a cui arriveremo saranno le stesse da qualsiasi punto si inizi il discorso. Di qua, i Padroni (e chiamiamoli con il loro vero nome, una buona volta) vi chiedono patti, concertazioni, tagli, riduzione delle vostre pretese, per mantenere competitive le Nostre aziende, in nome della Salvaguardia dell'Economia Nazionale.
Ma in realtà sono quegli stessi Padroni che spostano le loro produzioni in Paesi dove possono pagare i dipendenti un dollaro al giorno, salvaguardando i propri profitti e mantenendo perpetuamente sotto il ricatto della concorrenza reciproca sia gli uni che gli altri lavoratori.

Si fa ogni sforzo per abbattere le barriere commerciali, per favorire la libera circolazione delle merci; nello stesso tempo ogni paese cerca di favorire l'accesso di investitori stranieri, e quindi anche il capitale non ha più confini nè barriere; ma quando si tratta della libera circolazione delle persone, ecco che allora si alzano le barricate contro l'afflusso degli "stranieri che ci portano via il lavoro".
Subito rimbombano le grancasse della propaganda, che vi indicano quegli ultimi della società, arrivati parti lontane della Terra, come una pericolosa insidia alla vostra sudata posizione di penultimi, alimentando un'ostilità che è la migliore garanzia di sicurezza per i privilegiati.
E gli stranieri che rimangono nel loro paese a produrre merci con paghe da fame, non "ci portano via il lavoro" ? Solo perchè non li vediamo ?
Libera circolazione delle merci ? E allora ci sia libera circolazione anche dei diritti e delle tutele.
Ci vorrebbe molto a stabilire dei dazi doganali sulle importazioni/esportazioni di merci, che variino in funzione della aderenza delle tutele sindacali a standard stabiliti a livello internazionale ? Da riversare poi su fondi per le politiche sociali ed il sostegno all'economia di sussistenza del Paese più povero ? Non credo proprio che sia un sogno, sarebbe anzi piuttosto semplice.
Ma è una prospettiva terrorizzante per i Padroni, che proprio dalle disuguaglianze ottengono i loro profitti. Figuriamoci se dovessero vendere le proprie merci ai lavoratori che le producono: dovrebbero pagarli a sufficienza per permettere loro di acquistarle. Che orrore ! Il profitto sarebbe zero.
Come diceva qualcuno che aveva capito l'antifona fin dagli albori (1), non è possibile alcuna alleanza tra lavoratori e padroni in nome del comune interesse Nazionale; più ancora che nell'ottocento, il lavoratore europeo fa oggi il proprio interesse battendosi per i diritti del lavoratore cinese o nigeriano, e non certo stringendo patti con le organizzazioni padronali della propria Nazione, che sono le stesse che operano in tutto il mondo alla ricerca del più efficiente sfruttamento possibile.
Appena una settimana fa, a Dacca in Bangladesh, è crollato un edificio di otto piani (due abusivi) che ospitava alcune fabbriche tessili; gli operai erano stati minacciati perchè si recassero ugualmente al lavoro, nonostante le crepe che avevano già cominciato ad aprirsi dal giorno prima.
In Bangladesh l'industria tessile genera i tre quarti delle esportazioni, perchè la paga minima degli operai, di appena 38 dollari al mese, mantiene le aziende competitive rispetto a quelle cinesi e vietnamite, che negli ultimi anni hanno dovuto cominciare ad aumentare i salari. Quando vi parlano di dare maggiore competitività alle imprese del vostro Paese, di questo si parla, e a questo si tende.
Gli operai (in prevalenza operaie) bengalesi morti sotto le macerie tessevano per gruppi industriali di tutto il mondo, quattro dei quali italiani, tra cui Benetton.
United Colors dello sfruttamento.


Una famosa etichetta verde tra le macerie di Dacca (Associated Press)

Per questa giornata può bastare così. Ma il discorso, nel mondo attuale, non può fermarsi a questo punto. Avrebbe potuto essere abbastanza completo per una Lettera del Primo Maggio delle prime fasi dell'età industriale, i tempi nei quali credono ancor oggi di vivere i nostri economisti; ma nel 2013 la riflessione deve necessariamente estendersi a quanto si può produrre, cosa occorre produrre e come produrlo.
A partire dal due maggio su questa pagina.

(1) M.A. Bakunin: Stato e anarchia (1873).