domenica 30 giugno 2013

Anniversari - 30 giugno 1860: Dramma di vescovi, scimmie e svenimenti


L' "untuoso Sam", il vescovo di Oxford Samuel Wilberforce, doveva il suo soprannome ad un commento del futuro Primo Ministro Benjamin Disraeli sulla sua retorica e sul suo modo di esercitare l'arte oratoria: "unctuous, oleaginous, saponaceous". Dopo la pubblicazione de L'Origine delle Specie, nel novembre 1859, aveva scritto una recensione sulla rivista Quarterly Review per mettere in ridicolo le tesi di Darwin (il quale confessò di averla letta e trovata scientificamente irrilevante, ma spiritosa e divertente).
Sabato 30 giugno 1860, nella sala del Museo dell'Università di Oxford, il professor Draper, dell'Università di New York, avrebbe tenuto una conferenza sullo sviluppo intellettuale dell'Europa in relazione alla teoria di Darwin. Wilberforce aveva sparso la voce che sarebbe intervenuto a demolire una volta per tutte l'evoluzione nel dibattito susseguente.

Il racconto di quel pomeriggio è entrato in una ristretta collezione di miti e leggende della storia della scienza. Stephen Jay Gould lo colloca più o meno sullo stesso piano della mela caduta sulla testa di Newton, o di Archimede che salta su dalla tinozza da bagno e corre nudo e felice per le strade di Siracusa gridando "Eureka !"

"Dopo il lungo e noioso discorso di Draper, il vescovo Wilberforce prese la parola di fronte alla sala affollatissima; per mezz'ora confutò l'evoluzionismo e concluse, rivolto a Thomas Henry Huxley, amico e sostenitore di Darwin che era vicino a lui sul palco, domandando se fosse per parte di nonno o per parte di nonna che si vantava di discendere da una scimmia.
Huxley, nel suo intervento, smontò punto per punto il discorso del vescovo, e rispose che avrebbe trovato preferibile avere come proprio antenato una scimmia, piuttosto che un uomo che usava la propria intelligenza per offuscare e nascondere la verità anzichè ricercarla. In sala si scatenò un gran pandemonio; il viceammiraglio FitzRoy sollevò un enorme libro sopra la testa e si mise a urlare: "La Bibbia ! La Bibbia ! La Bibbia ! E' l'unica verità a cui credere ! La Bibbia ! La Bibbia !" Tra il pubblico, dopo lo smacco patito dall'eminente prelato, Lady Brewster svenne per l'emozione, e la riunione finì nel parapiglia generale.
Quell'episodio segnò un passaggio cruciale per l'affermazione definitiva della teoria dell'evoluzione."

Questo, più o meno, è il racconto standard che tutti avranno letto o sentito, nella sua versione eroica ed agiografica.

La realtà è che non esiste alcun verbale del dibattito, e nessuno dei presenti ha scritto una cronaca immediata di quel che avvenne. Tutte le diverse versioni della vicenda sono ricordi riportati alla mente in tempi successivi da protagonisti e testimoni. Anche i giornali dell'epoca danno notizie succinte e sbrigative, e forse di seconda mano, del convegno: quindi è disponibile una gran varietà di sfumature e modificazioni della storia, inserite come abbellimenti o finalizzazioni postumi; e lo stesso racconto standard non è del tutto fedele.

Possiamo subito sgombrare il campo da qualcuna delle varianti; ad esempio: "...Huxley disse, in effetti, che avrebbe preferito come antenato una scimmia piuttosto che il vescovo, e la folla non ebbe dubbi su ciò che intendeva dire.
Alle sue parole seguì un grande frastuono. Gli uomini balzarono in piedi, protestando a gran voce per questo insulto rivolto al clero. Lady Brewster svenne. L'ammiraglio FitzRoy, l'ex comandante della Beagle, agitò una Bibbia, gridando al di sopra del tumulto generale che quella era l'autorità vera e incontestabile, e non la vipera che egli aveva ospitato sulla sua nave.
" (Roth Moore, Charles Darwin, Hutchinson, London 1957); è una delle versioni che erano circolate negli anni successivi, ma Huxley stesso smentì di avere fatto alcuna allusione alla scarsa propensione del clero ad osservare il voto di castità, e di avere quindi provocato lo svenimento di Lady Brewster per tale via.

Ugualmente, un racconto dello stesso "Soapy Sam", scritto tre giorni dopo: "Sabato il professor Henslow, che presiedeva la sezione zoologica, mi chiamò per nome per fare un discorso di apertura alla sezione sulla teoria di Darwin. Non potei quindi sottrarmi, ed ebbi uno scontro piuttosto prolungato con Huxley. Penso di averlo completamente distrutto." Suona clericalmente falso. Diversi testimoni parlarono della pubblicità che Wilberforce aveva fatto nei giorni precedenti in vista del suo discorso; ed era sul palco sapendo benissimo che avrebbe parlato. Alcune fonti parlano di un uditorio di più di 700 persone, altre di oltre mille, con altri ancora che erano tornati indietro per non avere trovato posto in sala; e non erano certamente andati lì per sentire Draper.

Una lettera di Balfour Stewart, che aveva assistito al convegno e lo commentava a caldo, è probabilmente il resoconto più immediato del confronto di idee tra Wilberforce ed Huxley. Coincide, per lo scambio di battute su nonni e scimmie, con il racconto standard, ma contiene un giudizio che ora suona sorprendente: "Penso che il vescovo abbia avuto la meglio."

Ma dov'era Darwin, quel giorno ? Era malato, e non potè essere presente. Il botanico Joseph Hooker gli scrisse il 2 luglio: "Sam Oxon (Oxon = Oxfordiano) si alzò in piedi e parlò a getto continuo per mezz'ora con inimitabile spirito, turpitudine, vuotezza e nequizia [...]. Huxley gli rispose mirabilmente e rovesciò la situazione, ma non potè far giungere la sua voce a tutti i presenti nè dominare il pubblico; e non alluse ai punti deboli di Sam nè spiegò le cose in una forma o in un modo da trascinare il pubblico."
Hooker, come vedremo tra poco, era sul palco con Draper, Huxley, Wilberfoce, il moderatore Henslow e varie altre persone; ma ci sono altre testimonianze di spettatori che confermarono di non essere riusciti a sentire le parole di Huxley per il frastuono. Huxley non era ancora un grande oratore, era anzi stato restìo ad intervenire, e prese gusto nel parlare in pubblico proprio a partire da quella giornata.

L'unico resoconto giornalistico piuttosto esteso sul convegno fu pubblicato un paio di settimane dopo dall'Athenaeum. Riferisce della mezz'ora di discorso di Wilberforce come non solo scherno e retorica, ma anche riassunto della critica competente dell'epoca; riporta brevemente la risposta di Huxley non come una confutazione agli argomenti del vescovo, ma come una rassegna dei fatti che confermavano la validità dell'elaborazione di Darwin; glissa rispettosamente sullo scambio di battute su scimmie e antenati (ma questo non è sorprendente per la paludata stampa vittoriana); ma soprattutto racconta che il convegno NON finì lì. Dopo Huxley, prese la parola FitzRoy, e dalla mancanza di tracce rilevanti del suo discorso, possiamo presumere che non sia andato molto oltre l'invocazione delle Bibbia come unica possibile fonte di verità; dopo altri due oratori, fu proprio Hooker, e non Huxley, a confutare sistematicamente i fatui argomenti di Wilberforce, a lasciare il vescovo senza possibilità di replica e a concludere il convegno con la generale sensazione della disfatta di "Soapy Sam": la mitizzazione di quel confronto lo semplifica, raggruppando in una sola persona la forza argomentativa e la battuta mordace.

Ma, soprattutto, la ricostruzione eroica e leggendaria di quel dibattito come un passaggio cruciale per l'affermazione dell'evoluzionismo è a sua volta un artefatto postumo: a dimostrarlo c'è proprio la scarsità di fonti dirette ed immediate. Quel dibattito ebbe, al di là dell'affollamento della sala, una scarsissima eco sulla stampa dell'epoca: solo pochi cenni su qualche giornale. Fu solo dopo molti anni che venne costruito il mito propagandistico dello scontro tra Wilberforce e Huxley (con l'oscuramento di Hooker). Il vincitore del dibattito nella versione leggendaria, in realtà era riuscito a malapena a farsi sentire nel rumoreggiare della sala; ma Huxley fu molto più caustico nei confronti di Wilberforce quando questi morì, nel 1873, in conseguenza delle ferite alla testa causate da una caduta da cavallo: "Per la prima volta la realtà ed il suo cervello sono entrati in contatto, e il risultato gli fu fatale."
Roba da far svenire Lady Brewster.

sabato 29 giugno 2013

Preludio di un anniversario - Voci dal margine

Conrad Martens: La HMS Beagle salutata dai Fuegini

Ci sono persone che percepiamo vagamente come attori un pò anonimi ed un pò oscuri della storia, per il fatto che si sono trovate, in momenti cruciali, in prossimità di figure molto più grandi e molto più ingombranti di loro.

Fabrizio De Andrè, specializzato nel ramo "dare voce ai personaggi marginali", scrisse una delle sue canzoni più celebri immaginando la scena della crocifissione e facendo parlare uno dei due ladroni, il quale confuta uno per uno i dieci comandamenti per riconoscere infine come unico insegnamento valido quello del misterioso personaggio che condivide accanto a lui quel momento finale. Ve li presento, i due ladroni, se non li conoscete: dai Vangeli apocrifi, si sa che si chiamano Dimaco e Tito. Credo che i Vangeli ufficiali neanche li nominino.

La marginalità storica del viceammiraglio Robert FitzRoy ha un carattere persino beffardo, ed è circondata da risvolti tragici. FitzRoy (1805-1865) si sarebbe guadagnato una sua propria fettina di meritata notorietà, come primo promotore delle previsioni del tempo e dei bollettini meteorologici, memore dei tanti compagni di navigazione caduti nel mezzo di tempeste che avrebbero potuto evitare di incontrare; oppure come effimero governatore della Nuova Zelanda nel 1843, presto esautorato dal Governo di Sua Maestà Britannica per la sua ostinazione nel voler rispettare gli accordi stipulati con le popolazioni indigene, che lo aveva reso insopportabile ai coloni ansiosi di trarre profitto dallo sfruttamento intensivo delle risorse locali.
Ma per noi navigatori di poltrone in terraferma, Robert FitzRoy rimane "solo" il capitano del brigantino HMS Beagle, che egli condusse in giro intorno al mondo dal 1831 al 1836, ospitando a bordo il giovane naturalista Charles Robert Darwin.
Il Beagle aveva già navigato attorno alla Terra del Fuoco, per rilevamenti cartografici, negli anni precedenti, con il giovane FitzRoy come luogotenente. Quel viaggio fu segnato da due eventi rilevanti: il capitano Stokes, in preda alla depressione, si suicidò, e FitzRoy dovette assumere il comando della nave; poi, ci fu una schermaglia tra un gruppo di marinai accampati sulla costa e gli indigeni di un villaggio vicino. La scialuppa inglese fu inseguita dai nativi, ed alla fine dello scontro quattro fuegini finirono per essere trattenuti a bordo del Beagle e portati via. FitzRoy elaborò un estemporaneo progetto di educazione e civilizzazione dei "selvaggi" (due uomini, un ragazzo e una ragazza) e se li portò a Plymouth, dove sbarcarono nel 1830 con già appioppati addosso nuovi nomi inglesi paternalisticamente ridicoli: Fuegia Basket, Jemmy Button, York Minster e Boat Memory. Quest'ultimo morì di vaiolo di lì a poco.
I tre fuegini superstiti divennero l'attrazione circense dell'alta società britannica per l'anno successivo: sarebbero stati istruiti ed educati alla lingua ed alle usanze inglesi, ed indottrinati alla religione cristiana. Persino il re Guglielmo IV apprezzò quell'esperimento di "elevazione culturale e morale" dei tre "selvaggi" e li ricevette a corte.
Quindi, lo scopo fondamentale della storica partenza del Beagle nel 1831 era quello di riportare a casa i tre nuovi ambasciatori delle maniere e della cività britanniche, corredati di un apposito missionario che avrebbe salvato le anime di tutti i loro conterranei, convertendoli facilmente con il supporto di tali tre esempi di moralità e cultura superiori. Darwin fece parte, come esperto di geologia per il proseguimento degli studi geografici, di una serie di aggiunte accessorie a tale nobile progetto, che includeva il carico a bordo di una quantità incredibile di assurde cianfrusaglie raccolte, con le migliori intenzioni del mondo, dalle dame di carità di tutti i paraggi, entusiasmate dall'idea di sollevare le miserabili condizioni di vita di popolazioni tanto derelitte, comprendente abiti di tutti i tessuti e di tutte le fogge, accomunati solo dalla loro totale inadeguatezza alla destinazione, e preziosi servizi da tè in porcellana cinese, perchè i poveri cacciatori di foche potessero avere almeno il conforto, nei loro pomeriggi di mare e venti gelidi, di sorbire il tè delle cinque in tazzine di prim'ordine.
Fortunatamente, una tempesta nell'Atlantico mandò in frantumi le porcellane e sollevò il capitano FitzRoy dall'imbarazzo di dover consegnare un simile dono.
Se quel manicomio galleggiante non fosse stato allestito, non avremmo mai avuto notizie di Charles Darwin, che sarebbe rimasto un oscuro gentiluomo di campagna dal carattere testardo ed un pò fannullone, e che probabilmente avrebbe accolto come uno sgradevole attacco alla stabilità delle tradizioni religiose la teoria dell'evoluzione esposta attorno al 1860 da Alfred Russel Wallace.
Gli uomini del Beagle sbarcarono vicino casa di Jemmy Button a fine 1832, cominciarono a costrure capanne per la missione cristiana, piantarono ortaggi inglesi probabilmente già assegnati ad un triste destino dal clima, ma che in un luogo ove non era mai esistito neanche il concetto di agricoltura, venivano regolarmente calpestati come qualsiasi altra erba. Pur nel pieno dell'estate australe, anche il Supremo conferì scarsa ispirazione al proprio portavoce: il reverendo Matthews resistette due settimane, poi si fece riportare a bordo per essere accompagnato presso un fratello in Nuova Zelanda. Figurarsi come avrebbe passato l'inverno.
Dopo una perlustrazione di studio delle coste del Sudamerica, la spedizione tornò alla Terra del Fuoco dopo poco più di un anno, all'inizio del 1834. Jemmy raccontò che Fuegia e York gli avevano portato via gli abiti e gli attrezzi e se ne erano tonati in canoa alla loro regione di origine, poco distante. Parlava ancora un buon inglese, ma era ritornato a vivere secondo i costumi dei suoi compaesani, si era sposato e non aveva il minimo desiderio di rivedere l'Inghilterra. Nulla della cultura e delle usanze britanniche, pur così ovviamente ed intrinsecamente superiori a quelle locali, si era diffuso tra i fuegini, chissà come mai; neanche la tradizione del tè delle cinque sembrava aver preso piede un gran che.
Jemmy pregò FitzRoy di portare alcuni doni ad amici particolari: tra le altre cose, un arco con frecce ed una faretra per il suo insegnante di inglese a Walthamstow, e "una punta di lancia fatta appositamente per il signor Darwin", con cui aveva tanto piacevolmente conversato durante il viaggio.
La sua fede incrollabile permise al capitano di vedere come mezzo pieno il bicchiere vuoto: "Forse, in futuro, un naufrago uomo di mare potrà ricevere un aiuto e un'accoglienza gentile dai figli di Jemmy Button ispirati, come non mancheranno di essere, dalle tradizioni che avranno appreso da uomini venuti da terre lontane; e da un senso,per quanto vago, di devozione a Dio e ai loro simili."

A ciò fece seguito la visita alle Isole Galàpagos, il laboratorio naturale dell'evoluzione. L'ironia finale sul religiosissimo FitzRoy è che il suo compagno di viaggio Darwin era partito creazionista, e ritornò in Inghilterra nel 1836 ancora creazionista convinto (sebbene già sfiorato da qualche tiepido dubbio, rapidamente represso). Tanto è vero che aveva raccolto i suoi esemplari secondo un criterio logico crezionista: ogni diversa specie era stata creata appositamente per la sua isola, non aveva molta importanza quale. Fu solo nei mesi successivi, nel rimettere ordine nei suoi appunti e nella sua collezione di reperti, che nella mente di Darwin si fece strada un pò alla volta quella "idea della vita": e allora, se le differenze fra specie affini rappresentavano una storia non di creazioni in serie, bensì di discendenze da un comune antenato colonizzatore, diversificatesi sotto la guida dei diversi ambienti locali, l'isola di origine di ciascun esemplare acquisiva tutta un'altra importanza. Darwin scrisse a FitzRoy, che aveva a sua volta raccolto una sua collezione di reperti, per ricostruire i siti di origine delle diverse specie, ed ottenne l'aiuto del capitano, che era stato molto più meticoloso di lui nell'etichettare i propri esemplari con il preciso sito di prelevamento. Non solo con il viaggio in sè, ma anche dopo il rientro in porto, FitzRoy contribuì a chiarire le idee a Darwin. In seguito non potè perdonargli la smentita della lettera della Bibbia sull'origine dei viventi, e forse nemmeno il maggior successo del suo diario di viaggio (in italiano Viaggio di un naturalista intorno al mondo) rispetto a quello scritto e pubblicato da FitzRoy stesso.

Quando era ragazzo, suo zio si era suicidato tagliandosi la gola. Rimase sempre assillato dall'idea che quel gesto potesse essere il sintomo di qualche tendenza ereditaria; e quando si sentì più solo e frustrato, sconfitto dal tempo storico, nella sua ortodossia religiosa ferita dal suo antico compagno di navigazione; e dal tempo meteorologico che rifiutava di piegarsi a previsioni ancora troppo imprecise e fallaci, quell'ossessione materializzò lo schema più tipico delle profezie che si autoavverano.

Molti anni dopo, nel 1934, Nora Barlow, la nipote di Darwin che si curava di ordinare e raccogliere la mole di scritti privati del nonno, lettere, appunti, quaderni, taccuini, andò ad incontrare Laura FitzRoy, anziana ultima figlia del viceammiraglio. Il dialogo fu cordiale e commovente. La FitzRoy lo concluse con un riconoscimento al vecchio compagno di viaggio del padre, senza voler rinunciare all'idea di un disegno superiore che governi le vicende del mondo: "Darwin fu un grande uomo, Signora, fu un genio, venuto al mondo per uno scopo speciale. Ma ha oltrepassato il segno. Sì, è andato oltre il segno per il quale era destinato."

giovedì 27 giugno 2013

L'occasione fa il Primate ladro


Il nostro meraviglioso cervello è diventato così meraviglioso per la nostra ancestrale abitudine a vivere in gruppi sociali numerosi, con conseguente necessità di capire e manipolare il comportamento degli altri ? E' una delle ipotesi sull'evoluzione dell'intelligenza nei Primati. Ma d'altra parte, più in generale, l'intelligenza (almeno quella che noi riconosciamo come tale) negli animali è correlata - non sempre e non rigorosamente - con la proporzione tra le dimensioni del cervello e quelle del corpo. Può essere quindi che l'aumento delle dimensioni del cervello sia una risposta alle necessità poste da complesse reti sociali (non solo nei Primati: anche elefanti o delfini, ad esmpio, hanno cervelli grandi in proporzione al corpo), che richiedono l'elaborazione di una gran varietà di stimoli ed informazioni provenienti dagli altri membri della nostra comunità; e che l'intelligenza sia un sottoprodotto occasionale e non necessario di questa capacità di elaborazione di informazioni sociali ? In altre parole, è la complessità della rete sociale il motore che ha favorito l'evoluzione di cervelli in grado di compiere associazioni e inibizioni via via più complesse, fino al nostro, capace di astrazione e immaginazione e di tutto un surplus di potenzialità accessorie che poi Aristotele, Bach, Einstein e Jack lo Squartatore hanno saputo mettere a frutto ciascuno secondo le proprie personali inclinazioni ?

Forse non chiariremo mai questi miti dell'origine, ma per provare a mettere un pò di ordine su alcuni punti, McLean ed altri hanno sottoposto ad un paio di esperimenti comportamentali dieci individui di ciascuna di sei specie di Lemuri, caratterizzate da diverse dimensioni dei gruppi sociali tipici (da 15-16 individui di Lemur catta, a 2-3 individui per Eulemur mongoz).

Il primo era una prova di "abilità sociale": i Lemuri dovevano scegliere di andare a "rubare" del cibo da uno di due piatti presidiati da sperimentatori, uno dei quali guardava (e toglieva il piatto all'avvicinarsi dell'animale), e l'altro era girato da un'altra parte. Tra le diverse specie, la capacità di scegliere il soggetto giusto a cui andare a sottrarre il cibo ha un'alta correlazione con il numero di individui con cui questi Primati sono abituati a convivere, confermando che esistono abilità mentali che si acquisiscono in relazione alla capacità di controllare gli altri membri di una comunità numerosa, o di sottrarsi al loro controllo.
Non si ha invece alcuna relazione con le dimensioni del cervello.

Il secondo era un test "non sociale": ai soggetti veniva presentato, di lato, dapprima un cilindro opaco, aperto solo alle estremità, all'interno del quale era nascosto del cibo. I lemuri dovevano quindi raggiungere una estremità per potere accedere al premio. Poi, la stessa prova si ripeteva con un cilindro identico ma trasparente. L'animale, avvicinandosi di lato, poteva vedere il cibo vicinissimo, ma doveva ricordarsi la soluzione del problema precedente ed allontanarsene momentaneamente per arrivare all'estremità del cilindro.
In questo caso, la capacità di superare la prova per le sei specie risulta del tutto indipendente dalle dimensioni dei loro gruppi sociali.
(E, anche in questo caso, indipendente anche dalle dimensioni del cervello).

Questi risultati sembrano dimostrare che la vastità delle relazioni sociali abbia davvero una relazione di causalità con alcune capacità mentali: ma solo alcune, legate alla comprensione dei comportamenti altrui, ivi compresa l'abilità nel furto. Ma altre forme di ragionamento "non-sociale" non sono influenzate dalla complessità e numerosità dei gruppi e delle relazioni interindividuali.

Si possono tirare le somme in varie maniere da questi risultati: quello che mi pare più interessante mettere in evidenza qui, è l'emergere di una evoluzione dell'intelligenza nel nostro Ordine come un mosaico complesso di capacità ed attitudini largamente indipendenti fra di loro: un intelletto costruito con "intelligenze multiple".
Una molteplicità di fattori contraria a quella intelligenza generale e misurabile (la famigerata g di Spearman) che sottenderebbe, come una maggiore o minore forza omnicomprensiva, tutte le diverse facoltà mentali, che dovrebbero essere quindi tutte in qualche modo legate tra loro e non potrebbero variare in modo indipendente, e che i test di Quoziente di Intelligenza pretenderebbero di quantificare.

Un pò meno analfabeti


Si manifesta una tendenza alla riduzione del tradizionale analfabetismo scientifico degli italiani ? Leggete qui. Se il livello dei quesiti non fosse così deprimente, ci sarebbe da essere quasi un pò ottimisti. Preoccupa un pò quel 2% dei laureati, che comprenderà pure Oscar Giannino e i pargoli in cravatta verde che vanno a fare acquisti in Albania, ma è un pò tanto...

domenica 23 giugno 2013

Consigli per gli acquisti

"Sono un pubblicitario: ebbene sì, inquino l'Universo. Io sono quello che vi vende tutta quella merda. Quello che vi fa sognare cose che non avrete mai [...] Io vi drogo di novità, e il vantaggio della novità è che non resta mai nuova. C'è sempre una novità più nuova che fa invecchiare la precedente. Farvi sbavare è la mia missione. Nel mio mestiere nessuno desidera la vostra felicità, perchè la gente felice non consuma."

Frédéric Beigbeder, Lire 26.900, 2000

sabato 15 giugno 2013

Lettera al Ministro per l'Integrazione

Gentile Ministro Kyenge,
lei è una persona intelligente ed istruita, ha studiato, e conosce l'Italia da parecchi anni; quindi immagino che sapesse già in partenza a che cosa sarebbe andata incontro nell'accettare il difficile ma necessario incarico che le è stato attribuito, alla guida di un Ministero inedito nella storia d'Italia.
Adottare politiche idonee a favorire l'integrazione nel tessuto sociale di una massa di immigrati tutto sommato modesta, molto inferiore a quella degli altri maggiori Paesi, potrebbe essere quasi un ruolo di semplice sorveglianza e assecondamento di un processo spontaneo; comunità provenienti da parti lontane del mondo, con culture e tradizioni molto diverse dalle nostre, sono destinate comunque ad inserirsi nella società ospitante nel giro di poche generazioni, come è sempre avvenuto per tutti i flussi migratori in tutte le epoche storiche (e non è vero che non ce ne siano mai stati di altrettanto intensi di quelli attuali); dovrebbe essere sufficiente evitare stolte politiche di isolamento e differenziazione, o sottoporre gli immigrati ad estenuanti pratiche amministrative che sottolineano continuamente differenze e distinzioni, perchè questo processo si svolga senza troppi problemi. I figli degli immigrati non desidereranno altro che essere uguali ai figli degli italiani, giocare gli stessi giochi e praticare gli stessi costumi; non credo che avranno alcuna volontà di sentirsi "diversi". Saranno semmai le generazioni successive, se l'integrazione di quelle precedenti sarà stata pienamente riuscita, a potersi permettere il lusso di rievocare tradizioni e conoscenze proprie della terra dei propri avi, ed esporre alla nostra portata qualche variegata novità che potrebbe anche risultarci gradevole, magari già in parte riarrangiata rispetto al nostro contesto. In genere funziona così: i nipoti cercheranno di ricordare quelli che i nonni si erano sforzati di dimenticare.
Questa potrebbe essere considerata la parte più facile del suo lavoro da Ministro.

Poi viene il difficile.
Bisognerà fare ogni sforzo per portare all'integrazione nella società civile di una piccola massa di estranei, che si sentono "puri" proprio in quanto estranei; ma in realtà la loro purezza deriva soltanto dal fatto che la cultura non li ha mai intaccati nè sfiorati. Questi poveretti si bevono qualsiasi panzana, praticano riti pagani con le ampolline di acqua di fiume, si sposano davanti a druidi di qualche confusa religione antica di cui nessuno sa nulla.
Si aggrappano a miti di razze o di "identità" come se esistessero delle entità storiche fisse e immutabili. Ignorano che tutta la storia dell'umanità si è costruita camminando, ed incontrandosi, e scambiandosi brandelli di conoscenze tra genti lontane, come il mio post precedente, appena qualche giorno fa (giusto qui sotto, di seguito), ha tentato di esemplificare. Le "identità culturali" possono esistere solo in funzione della propria capacità di modificarsi in continuazione attraverso l'interscambio. Una cultura che pretenda di preservare la propria "identita", fissandola una volta per tutte non è destinata a morire, è già morta.
Questi poveracci in camicia verde, tanto quanto i loro omologhi in camicia nera, non riescono a capirlo, indottrinati da troppo facile propaganda sull'orrore delle diversità, ed occorrerà un grande sforzo di istruzione, di educazione e promozione della conoscenza per potere recuperare al consesso del vivere civile questi gruppi di disadattati.
E' per questa parte più complicata che le auguro buon lavoro, gentile signora Ministra.

lunedì 10 giugno 2013

Voi e la vostra "Identità Culturale"


Pomodoro; pianta di origine americana: nessuno in Europa ne aveva mai visto uno prima del ritorno di Cristoforo Colombo; compone i massimi simboli della cultura gastronomica italiana, posto sia sugli spaghetti (un'invenzione cinese) che sulla pizza (che è araba).

Riporto qui di seguito i passaggi di una striscia allestita nell'ambito della mostra Homo sapiens, ove ritengo di individuare lo zampino del professor Marco Aime.

Ore 06:45. "Un cittadino italiano medio si sveglia ogni mattina in un letto costruito secondo un modello che ebbe origine nel vicino Oriente. Passati i primi momenti di odio nei confronti della sveglia, capisce che è il momento di alzarsi e scosta le lenzuola di cotone, una pianta originaria dell'India."

Ore 06:50. "Mentre va in bagno lancia un'occhiata fuori dalla finestra per vedere che tempo fa. Può farlo grazie al fatto che qualche perspicace artigiano dell'antico Egitto inventò il vetro. Pioviggina."

Ore 06:55. "Una volta in bagno si lava con il sapone, inventato dagli antichi arabi. Poi si fa la barba, rito masochistico che sembra sia derivato dai sumeri o dagli antichi egiziani."

Ore 07:00. "Ritorna, sbadigliando, in camera da letto e, pigramente, inizia ad infilarsi i suoi abiti, tutti rigorosamente di fattura italiana, a parte il fatto che la loro forma deriva dai vestiti di pelle dei nomadi delle steppe dell'Asia. Anche le sue scarpe sono Made in Italy, confezionate con pelle tinta secondo un procedimento inventato nell'antico Egitto. Visto che piove, mette quelle con la suola di gomma, un materiale utilizzato per la prima volta in Messico."

Ore 07:05. "Oggi ha un appuntamento importante e allora si mette al collo una striscia dai colori brillanti, una moda che risale agli scialli che tenevano sulle spalle i croati del diciassettesimo secolo."

Ore 07:10. "E' tardi, ma c'è tempo per fare colazione. Sua moglie, come al solito, ha apparecchiato la tavola con le tazze più belle, ci tiene molto lei. Sono di una marca tedesca, ma la porcellana è stata inventata in Cina."

Ore 07:15. "Lui al mattino prende sempre del caffè, pianta di origine abissina, mentre sua moglie preferisce il tè, antica bevanda cinese."

Ore 07:30. "Lancia un'occhiata all'orologio appeso alla parete. Le lancette indicano numeri arabi. Ora deve proprio scappare. Schizza giù dalle scale e sale sulla sua auto giapponese."

Ore 10:30. "la giornata è frenetica e ogni tanto gli ci vuole una pausa. Esce sul terrazzino e si accende la pipa, come quella inventata dagli indiani della Virginia, e assapora il profumo del tabacco, pianta domesticata in Brasile."

Ore 13:00. "Con alcuni colleghi si reca a pranzo in una trattoria lì vicino. L'acciaio con cui sono fatte le posate che usa è una lega realizzata per la prima volta nell'India del sud."

Ore 17:30. "Finito il lavoro, si ferma in un negozio. Sua moglie gli aveva detto di comprare del cioccolato, derivato dal cacao, una pianta originaria del Mesoamerica."

Ore 17:35. "Paga con delle monete, invenzione dell'antica Lidia."

Ore 18:00. "Arrivato a casa, si siede sulla sua poltrona e finalmente può leggersi il giornale, stampato con un procedimento inventato in Germania nel XVI secolo, con caratteri inventati dagli antichi semiti, su carta, un materiale inventato in Cina."

Ore 18:15. "Mentre legge, si lamenta con la moglie del fatto che ci sono troppi stranieri nel nostro Paese, e se si va avanti così non si sa dove andrà a finire la nostra civiltà, la nostra democrazia, che risale alla Grecia antica. Per fortuna, dice ringraziando una divinità ebraica, qui, nel nostro condominio, non ci sono stranieri."



A completare la triade canonica delle icone della "italianità", il mandolino sembra essere proprio un prodotto autoctono, inventato a Napoli a metà del '600.

sabato 1 giugno 2013

Il Colore Viola (ovvero l'Angoscia)

Il centro della città ospita alcune librerie, variamente prestigiose. Ne frequento una posta nella stessa via, e a poca distanza, da quella delle Edizioni Paoline: quando ancora difettavo un pò nell'orientamento, mi è capitato di accingermi ad entrare nella porta sbagliata e rimanere perplesso per il brulicare di suore, che mi evocava improvvise spedizioni di qualche Commissione Censura.
Ma, da parecchi giorni, mi suscita qualche disagio ancora più acuto un'altra libreria, in posizione ancor più centrale. Saranno forse due settimane, se non di più, che la vetrina principale è interamente colonizzata da un unico libro, un romanzo scritto, ho saputo, da un autoctono. La stessa copertina violacea si ripete per tutto lo spazio espositivo; decine e decine, forse centinaia, di copie in mucchi, in pile, in spirali, a ventagli, a quinconce; e tutto il resto dell'editoria mondiale è confinato e coagulato nell'altra vetrina più piccola.
Sopra tutta la ridondante esposizione, svetta il cartonato dell'autore, in golfino bordato di viola intonato con astuzia cromatica.

E al centro di un ventaglio di libri tutti identici, si legge l'annuncio che lo scrittore presenterà la sua opera al pubblico a partire dal 25 maggio (la vetrina sarà stata così allestita almeno una settimana prima: i conti tornano); dunque, incontro con l'autore che, in un tardo pomeriggio, fa due chiacchiere con il pubblico, come si usa in tante librerie del mondo ? Niente affatto: in quest'ultima settimana mi è capitato già tre volte, l'ultima oggi pomeriggio, di passare lì davanti e vedere il sosia del cartonato, la versione semovente e in carne ed ossa che dal cartonato evidentemente è derivata, con lo stesso golfino dal bordo viola, in agguato sulla soglia con il libro in mano.
L'autore è appostato lì dentro da una settimana, come un ragno nella tela, in attesa di un ignaro lettore da ghermire per presentargli il suo bellissimo romanzo, fargliene apprezzare lo stile raffinato, venderglielo se pressochè consenziente o, in alternativa, farglielo ingoiare.
Per uno come me che detesta la pubblicità, troppo angosciante per pensare di avvicinarmi; ho scattato una fotografia di soppiatto e sono fuggito.