Il centro della città ospita alcune librerie, variamente prestigiose. Ne frequento una posta nella stessa via, e a poca distanza, da quella delle Edizioni Paoline: quando ancora difettavo un pò nell'orientamento, mi è capitato di accingermi ad entrare nella porta sbagliata e rimanere perplesso per il brulicare di suore, che mi evocava improvvise spedizioni di qualche Commissione Censura.
Ma, da parecchi giorni, mi suscita qualche disagio ancora più acuto un'altra libreria, in posizione ancor più centrale. Saranno forse due settimane, se non di più, che la vetrina principale è interamente colonizzata da un unico libro, un romanzo scritto, ho saputo, da un autoctono. La stessa copertina violacea si ripete per tutto lo spazio espositivo; decine e decine, forse centinaia, di copie in mucchi, in pile, in spirali, a ventagli, a quinconce; e tutto il resto dell'editoria mondiale è confinato e coagulato nell'altra vetrina più piccola.
Sopra tutta la ridondante esposizione, svetta il cartonato dell'autore, in golfino bordato di viola intonato con astuzia cromatica.
E al centro di un ventaglio di libri tutti identici, si legge l'annuncio che lo scrittore presenterà la sua opera al pubblico a partire dal 25 maggio (la vetrina sarà stata così allestita almeno una settimana prima: i conti tornano); dunque, incontro con l'autore che, in un tardo pomeriggio, fa due chiacchiere con il pubblico, come si usa in tante librerie del mondo ? Niente affatto: in quest'ultima settimana mi è capitato già tre volte, l'ultima oggi pomeriggio, di passare lì davanti e vedere il sosia del cartonato, la versione semovente e in carne ed ossa che dal cartonato evidentemente è derivata, con lo stesso golfino dal bordo viola, in agguato sulla soglia con il libro in mano.
L'autore è appostato lì dentro da una settimana, come un ragno nella tela, in attesa di un ignaro lettore da ghermire per presentargli il suo bellissimo romanzo, fargliene apprezzare lo stile raffinato, venderglielo se pressochè consenziente o, in alternativa, farglielo ingoiare.
Per uno come me che detesta la pubblicità, troppo angosciante per pensare di avvicinarmi; ho scattato una fotografia di soppiatto e sono fuggito.
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