sabato 24 ottobre 2015

Datemi un magnete / Che cosa ne vuoi fare ? / Lo voglo dare in testa / A ...


Devo ammettere, con scorno e vergogna, che in questi giorni è capitato persino a me di fallire grossolanamente un calcolo di probabilità non troppo difficile; potrei arrampicarmi sugli specchi a cercare giustificazioni per averlo stimato in quattro e quattr'otto, così su due piedi; per essermi trovato in un ambiente ignoto, misterioso e probabilmente ostile, pullulante di ingegneri annidati dietro ogni angolo; perchè nessuno dei presenti ha eseguito il calcolo corretto; ma c'è poco da fare: ho attribuito probabilità dell'80% ad un evento che ne aveva solo il 41%.
Il fatto è che noi andiamo giustamente orgogliosi del nostro cervello, per le sue straordinarie capacità; ma questo nostro sistema integrato di percezione ed elaborazione di informazioni va in difficoltà piuttosto miseramente quando si tratta di riconoscere la casualità (e quindi di trattarla come tale).
Ne abbiamo già parlato altre volte (ad esempio qui); una delle spiegazioni più accreditate, difficile da dimostrare ma plausibile, per questa grave carenza, è che si tratti di un meccanismo profondo, consolidato dalla selezione naturale nel funzionamento basilare del cervello animale.
Se mi trovo tranquillamente al pascolo nel folto dell'erba o di un bosco, e sento uno stormire di fronde nelle vicinanze, posso pensare che un pericoloso predatore si stia avvicinando puntando verso di me, e darmi alla fuga; o pensare che si tratti di un refolo di vento o di un'innocua lucertola che va in giro per i fatti suoi, e non muovermi. Nel primo caso, se mi sbaglio, sprecherò inutilmente delle energie, e probabilmente mi sbaglierò piuttosto spesso; ma se sbaglio nel secondo caso, il che potrebbe anche avvenire più raramente, questo potrà avere gravi conseguenze sulla mia sopravvivenza.
Che un meccanismo di attribuzione di eventi non identificabili a delle cause attive sia stato costantemente favorito dalla selezione naturale potrebbe, ragionevolmente, avere portato il nostro moderno cervello iper-concettualizzante a comportamenti incongrui e a strane raffigurazioni: spiriti, malocchio, divinità, demoni, il transito di Saturno nel Sagittario, angeli, streghe, il Fantasma Formaggino: ci costruiamo degli agenti causali immaginari per farli intervenire su eventi che non riusciamo a riconoscere come frutto del caso.
Tenendo per buona questa ipotesi esplicativa, sulla tendenza innata a misconoscere la casualità si innestano fattori sociali e culturali che indirizzano la codifica delle preferenze sugli agenti causali di fantasia: religione, stregoneria, astrologia, eccetera.
Uno studio pubblicato qualche giorno fa ha aggiunto un ulteriore tassello alla comprensione di come, e a quali livelli, intervengono le convenzioni sociali acquisite sulle funzionalità del nostro cervello.
Utilizzando una tecnica non invasiva, chiamata Stimolazione Magnetica Transcraniale, ossia la stimolazione di specifiche aree del cervello attraverso impulsi somministrati dall'esterno del cranio con un magnete, ultimamente impiegata con qualche successo nel trattamento di stati depressivi, un gruppo di ricercatori britannici e statunitensi ha condotto un prova di confronto su un campione (piuttosto ristretto, per la verità) di 39 studenti californiani politicamente orientati come moderati e conservatori (poi capiremo perchè). In questo esperimento, la stimolazione magnetica è stata utilizzata al contrario, non per stimolare, ma per inibire una specifica area della corteccia cerebrale (corteccia frontale mediale posteriore), che interviene nelle scelte di soluzione dei problemi e valutazione dei pericoli (ad esempio, interviene su come orientare il nostro corpo per scavalcare un ostacolo). A metà del campione è stato somministrato il trattamento di impulsi magnetici per l'inibizione dell'attività tale area; l'altra metà è stata sottoposta alla stessa procedura, ma con un'intensità di stimolo "placebo", del tutto inefficace (gruppo di controllo).
Dopo il trattamento, i soggetti sono stati invitati a rispondere a domande sulla propria morte, e sulle sue implicazioni mistiche: Dio, angeli, inferno e paradiso, demoni e così via; e sono stati presentati loro due scritti, immaginabili come opera di immigrati recenti, uno molto elogiativo ed uno molto critico verso gli Stati Uniti.
Rispetto al gruppo di controllo, il 32,8% in meno degli studenti sottoposti al trattamento inibitorio davano risposte implicanti credenze in Dio e paradiso, ed il 28,5% in più accettavano senza astio le critiche di un immigrato verso il loro Paese.
Dovremmo ricavarne che quegli stessi strumenti culturali acquisiti ("ideologici"), religione e pregiudizio di gruppo in questo caso, vengono stabilmente cooptati nelle modalità in cui la specifica area funzionale del nostro cervello elabora risposte anche a problemi e minacce astratti o non immediati.
Dalla prevalenza di conformismo religioso e pregiudizio di gruppo tra i soggetti politicamente conservatori si comprende la selezione del campione. Per cui ora sarei curioso di vedere i risultati di un test simile condotto su studenti atei e di idee politiche egualitarie. Ma forse sarà troppo difficile raggranellare il campione.


P.S. I fondamentalisti religiosi sono ovviamente saltati sulla sedia e si stanno già contorcendo a spiegare che se una credenza religiosa ha origine da una certa funzione cerebrale, non vuol dire che essa non sia vera in assoluto; salvo poi ribaltarsi di nuovo nella piatta superficie del dato sperimentale per sostenere che "l'ateismo è il prodotto di una menomazione mentale".

domenica 4 ottobre 2015

Piccoli e voraci

(fonte: ScientificAmerican)

Come curiosità, vi presento questo grafico, che non mi piace nemmeno tanto come costruzione per via della doppia ridondanza nella visualizzazione dell'informazione: le nazioni che producono le maggiori quantità di gas a effetto serra (non solo CO2) sono rappresentate in scala crescente da sinistra a destra, e anche per dimensione del cerchio; ma dal basso in alto è rappresentata la scala crescente delle emissioni per abitante, data anche dall'intensità di colorazione. Ulteriore ridondanza su ridondanza, i 10 paesi più "pesanti" sul cambiamento climatico, oltre ad avere i cerchi più grandi ed essere i 10 più a destra, hanno pure la circonferenza marcata in nero.
La "sorpresa", che tanto sorprendente non è, è che i maggiori produttori di gas serra in rapporto alla popolazione sono Paesi piccoli con economia fortemente centrata sull'estrazione di petrolio e gas: Qatar, Trinidad e Tobago e Kuwait staccano tutti; ma anche la ricchezza in sè, senza trivelle, fa i suoi danni: un lussemburghese inquina più di uno statunitense. E quindi, i cerchi destinati a diventare sempre più grandi e più alti in futuro, come Messico, Brasile, Indonesia, India, devono preoccuparci e spingere, in primo luogo noi occidentali, ad adattarci subito ad un modo di vivere meno energivoro, da esportare immediatamente al resto del mondo, per dare l'esempio prima che sia troppo tardi.
Altro che crescita economica e aumento del PIL.

domenica 27 settembre 2015

Parla come mangi



Un nuovo triste fenomeno degenerativo si sta diffondendo, approfittando degli appetiti degli utenti, a svilire la bellezza della lingua italiana.
Stiamo ancora combattendo una difficile e strenua battaglia contro il disgustoso errato utilizzo con funzione disgiuntiva del "piuttosto che", con significato analogo a "oppure"; e non si riesce a lenire una ferita che già se ne apre un'altra.
Pare che il grossolano strafalcione del "Vorrei vistare la Spagna, Barcellona piuttosto che Toledo, piuttosto che Siviglia" abbia avuto impunita origine presso la buona borghesia lombarda, il gruppo sociale entro il quale più facilmente l'ignoranza attecchisce e prospera.
E da quegli stessi dintorni sociali snob e vacui dovrebbe essere partito il nuovo contagio debilitante: i menu con l'articolo determinativo.
Sono sempre di più, dai ristorantini che curano l'apparenza piuttosto che la sostanza [ah-haa !], fino ai self-services più dozzinali, i luoghi dove non troverete, per dire:

- Orecchiette ai broccoli
- Sogliola alla mugnaia
- Verdure grigliate

ma, inspiegabilmente:

- Le orecchiette ai broccoli
- La sogliola alla mugnaia
- Le verdure grigliate

Perchè mai ? Che motivo c'è di usare l'articolo ? Non so quanto influiscano sul fenomeno le molte scemenze fornellistiche che affollano i palinsesti televisivi, ma immagino che ci siano dietro, consapevolmente o no, pretese assolutistiche men che ridicole.

Volete farmi credere che c'è una porzione sola ? Se io ordino "i tortellini alla panna" che sono indicati sul menu, poi li scancellate perchè non ne avete altri ? Li avete fatti apposta per me ?
O ammiccate al fatto che dovrei già conoscere le vostre portate ? "La tagliata alla rucola", sì, è proprio quella lì che tu ben sai...
Oppure, più ambiziosamente, pretendeste che l'articolo determinativo vada inteso come indicante la categoria generale ? Così come "Il pollo" è un Uccello dell'Ordine dei Galliformi (Gallus gallus domesticus), "Il pollo alla cacciatora" è una portata del nostro menu: tutti gli altri polli alla cacciatora sono falsi idoli pagani. Non avrai altro pollo all'infuori di me.
O c'è, sotto sotto, un cuoco dalle pretenziosità inconfessabili, ambizioni artistiche fuori luogo ? il Bolero, la Carmen, la Turandot, la Gioconda, la Venere, il Discobolo, la Pasta e ceci ?

Tutto questo sollevamento di fuffa pubblictaria sul cibo, anzichè "nutrire il pianeta", che richiederebbe impegni ben più umili e semplici, ma poco profittevoli, nutre invece futili velleità modaiole. Niente di interessante per il senso del gusto, ma qualche danno per la lingua.

mercoledì 23 settembre 2015

Il truccamotori

https://www.youtube.com/watch?v=G9ElioW0AOA


Come tutti gli anni, sono sempre istruttivi i premi IgNobel, assegnati pochi giorni fa; varrebbe la pena di sviscerare a fondo la logica di ciascuno degli studi premiati, ma per oggi mi soffermerei su quello per l'Economia Gestionale.

Il lavoro (qui se avete voglia di leggerlo, ingegnoso ma piuttosto congetturale) mette in relazione le politiche aziendali messe in atto da oltre 1700 CEOs (Chief Executive Officers, gli Amministratori Delegati) di 1500 importanti aziende degli Stati Uniti, con le probabilità, stimate in base ad anno e luogo di nascita, che siano stati esposti, nell'età cruciale di formazione della personalità (5-15 anni), a gravi disastri ambientali: terremoti, eruzioni, tsunami, uragani, tornado, tempeste importanti, inondazioni, frane, incendi.
La conclusione che si ricava dallo studio è che la relazione non è monotona, ma presenta una tendenza doppia: i CEO che in giovane età hanno vissuto disastri pesantemente coinvolgenti, tendono ad assumere condotte prudenti e conservative (più prudenti di quelli che non sono stati esposti ad eventi ambientali pericolosi); al contrario, i dirigenti d'azienda che sono stati testimoni di disastri ambientali senza conseguenze rilevanti su di sè, risultano più tolleranti all'assunzione di rischi e sono più propensi alle scelte azzardate: tendono ad accantonare meno riserve, ad avere maggiori esposizioni verso i creditori, a fare acquisizioni, contraendo debiti per pagarle, e in generale hanno maggiori probabilità di bancarotta.
E fin qui si parla di scelte economiche spericolate, ma non di violazioni di legge.

Chissà quali esperienze giovanili avranno forgiato la personalità di Martin Winterkorn, CEO di Volkswagen, che ha fatto in tempo a non vedere la guerra (classe 1947), nel Baden-Wurttenberg degli anni '50. Avrà metodicamente eluso il controllore per non pagare il biglietto dell'autobus ? Avrà individuato una porta di servizio per entrare al cinema evitando la cassa ? Avrà congegnato un elaborato sistema di distrazione per sottrarre sigarette al tabaccaio ?

L'uso del software che riconosce l'esecuzione di una misurazione delle emissioni, e modifica i parametri di funzionamento del motore per ridurle entro i limiti di legge, mentre in condizioni di utilizzo normali possono essere anche 40 volte superiori, non è soltanto una frode raffinata nella sua slealtà, è anche qualcosa di peggio se contestualizzata nel momento storico attuale.
Da un secolo a questa parte il mondo si è infatuato dell'automobile: libertà, potenza, velocità, e tutta l'iconografia neo-mitologica che tanto esaltava poeti futuristi ed esteti della belle époque. Passata la belle époque e morto D'Annunzio, ci ritroviamo con città costruite attorno all'automobile, tanto il suo uso è scontato; sempre più spazio sacrificato a strade e parcheggi, tanto il suo uso è invadente; e adesso che prendiamo coscienza dell'invadenza, diventa complicato ritornare indietro; adesso non riusciamo più a rifiutarlo, quel mito del secolo scorso: non riusciamo a farne a meno. E adesso che ci rendiamo conto che sprigionare, quando va molto ma molto bene, 150 g di CO2 per km percorso per trasportare una persona o poco più, è un'insostenibile rovina per il pianeta su cui abitiamo, sappiamo che il feticcio antico ed esaltante ci sta divorando.
Ma questo obsoleto ed insostenibile sistema di mobilità individuale è anche uno dei maggiori circoli viziosi attraverso cui si alimenta l'illusione della crescita economica continua ed illimitata: grandi gruppi industriali producono profitti, armi, automobili e codizionatori d'aria pagando il meno possibile un gran numero di lavoratori sperando che essi acquistino armi, automobili e condizionatori.
E poichè l'illusione della crescita economica prevale sull'uso razionale delle risorse, anzichè ripensare drasticamente le strutture urbane per ridurre al minimo l'uso individuale dei motori, e progettare sistemi di mobilità meno dissipativi, abbiamo escogitato stratagemmi e mezzucci per mantenere in auge l'insostenibile automobile.
Ed eccoci ai fittizi standard ecologici: ogni qualche anno, si fa finta di fissare parametri più restrittivi sui gas di scarico prodotti, con differenze irrilevanti che permettono ai nuovi veicoli di fregiarsi di una categoria superiore di eroismo disinquinatorio. Con l'ovvia funzione di togliere dalla circolazione i modelli più vecchi per incentivare produzione e vendita dei nuovi, con ben miseri benefici per l'aria di noi tutti e per il clima, ma a quasi esclusivo vantaggio dei fabbricanti e dei loro profitti.

E dopo avere piegato il futuro del nostro pianeta alla tua sete di denaro, caro Amministratore Delegato di industria automobilistica, dobbiamo anche sentirci raccontare che non riesci a rispettare manco quegli standard di tutto comodo senza truccare i controlli ?
Che la merce che vendi rilascia ossidi di azoto e particolato in quantità 40 volte superiori ai limiti che fingi di osservare ?
In Germania ci sono oggi 5 milioni di asmatici. Quanto contribuisce a tale cifra il particolato degli scarichi dei vostri motori diesel ?
E quanti altri software truffaldini ci sono in giro ? Quante altre aziende li usano ? Quanti altri Winterkorn governano le aziende ? Quanti CEO avranno ricevuto dalla loro formazione giovanile l'impulso ad infischiarsene del danno alla collettività, se se ne ricava profitto ? Quando parlano della concorrenza come della Santa Provvidenza che rende il capitalismo un Paradiso di pulizia e rettitudine, dove nascondono le mani ?

martedì 15 settembre 2015

Evvaàaiii !!!


In Italia è il momento di stringere i tempi sulle Riforme Costituzionali, che hanno lo scopo di creare sufficiente caos istituzionale da permettere al primo aspirante cacicco che prende dai suoi parenti e clienti un mezzo voto in più degli altri, di ergersi a Uomo della Provvidenza.
E in questa fase cruciale, il Capo del Governo e cacicco in carica, in quattro e quattr'otto vola a New York per assistere alla finale tra due italiane in uno dei più importanti tornei di tennis.
E molti storcono il naso.
Storcere il naso ? Ma piuttosto diteglielo:
diteglielo che i giocatori italiani stanno primeggiando nel Master di golf a Singapore;
che gli atleti azzurri dominano nel sollevamento pesi in Namibia;
che la squadra nazionale è la favorita del Campionato Mondiale di Hockey a rotelle Kamchatka 2015;
che le nostre ragazze stanno facendo faville nel Torneo Internazionale Femminile di lancio del tronco nelle Isole Orcadi;
che le coppie italiane surclassano gli avversari nell'Incontro Intercontinentale di canasta nella Terra del Fuoco;
che le ragazze azzurre spadroneggiano nel Meeting Mondiale Femminile di frisbee nel deserto di Atacama; uguagliate dai ragazzi nel Meeting Mondiale Maschile di frisbee nelle Isole Aleutine;
che stiamo conducendo alla grande il Campionato del Mondo di schiacciamento zanzare sulla foce del Mekong;
che la squadra italiana è in testa alla gara di caccia al tesoro di Monte Wilhelm in Nuova Guinea;
che il tricolore sta per sventolare sul podio del Grande Torneo di palla prigioniera del Klondike;
che abbiamo due equipaggi al comando del Gran Premio di pedalò delle Isole Salomone;
che i nostri marciano verso il trionfo nel Torneo Intergalattico di rubamazzetto a coppie in un luogo segreto nella nube di Oort.
E accidenti, pover'uomo, se non lo tenete informato, lui non ci va.
Diteglielo.

venerdì 11 settembre 2015

Ecce un altro Homo



Non si può trattenere l'eccitazione per la pubblicazione, appena ieri, dei primi articoli (di una serie che sappiamo già essere destinata ad allungarsi parecchio) sulla scoperta dei resti di quella che molto probabilmente è una specie di Homo finora sconosciuta.
Homo naledi si presenta da subito alle nostre conoscenze con una serie di peculiarità che lo rendono affascinante ed enigmatico.
La prima è che, straordinariamente, al primo colpo ne sappiamo già quasi tutto: nella stessa caverna sono stati trovati oltre 1500 reperti di ossa, appartenenti ad una quindicina di individui di entrambi i sessi e di diverse età: il quadro più completo mai visto al primo ritrovamento di una specie sconosciuta.
Il contrappasso è che non sappiamo ancora nulla sulla datazione di questo nostro parente, non si sa quanto stretto (è possibile che non sia un nostro antenato diretto, ma un ramo collaterale dell'albero genealogico). Il luogo del ritrovamento è uno dei siti fossiliferi più famosi e più ricchi del mondo, il dedalo di grotte di Sterkfontein, nelle vicinanze di Johannesburg, in Sudafrica. Ma si tratta di caverne e cunicoli di roccia calcarea, che in diverse circostanze sono collassati e crollati. Quindi i fossili depositati nelle caverne sono circondati e sepolti da rocce più antiche riversate da crolli e frane che rimescolano maledettamente l'ordine stratigrafico.
Inoltre, Homo naledi rappresenta un sorprendente miscuglio di caratteristiche ominine molto moderne e di caratteri che considereremmo ancestrali per gli autralopitecini. Con volume cranico molto piccolo per Homo, ma caratteristiche del cranio molto ominine, cassa toracica svasata verso il basso da australopiteco, pienamente bipede e di postura eretta, con mani idonee a manipolare ed utilizzare strumenti, ma dita piegate da arrampicatore di alberi, presenta una serie di caratteristiche che non hanno nulla di straordinario per la nostra storia evolutiva, ma che appare straordinario ritrovare INSIEME.
La datazione, quando si riuscirà a ricavarla, sarà cruciale: caratteristiche molto moderne emerse precocemente, o caratteri antichi mantenuti molto più a lungo di quanto avremmo finora sospettato ?
Più che sconvolgere la ricostruzione dell'evoluzione umana, probabilmente si smentirà qualche banalizzazione: una è che "l'evoluzione non torna indietro". Finchè rimane potenzialità mutazionale, caratteristiche ancestrali possono ripresentarsi, se risultano vantaggiose in determinate circostanze; è solo quando le diversificazioni si accumulano (anche poco) che diventa estremamente improbabile ripercorrere a ritroso la stessa strada. L'evoluzione non torna indietro sul lungo periodo. E' come percorrere delle strade prendendo una direzione a caso ad ogni incrocio. Dopo uno o due incroci è ancora possibile ritornare indietro con lo stesso criterio, poi no.
E un'altra è quella della sciocca retorica dell' "anello mancante". Seguendola, anelli mancanti ce ne saranno sempre di più; se anche trovassi 10000 forme intermedie, mi troverei con 10001 anelli mancanti tra queste e i due estremi della catena. Ecco un anello mancante, e con caratteri talmente ben mescolati da essere un "anello mancante" quasi perfetto, nel caso a noi più caro "tra l'uomo e la scimmia". Va ad aggiungersi ad una lista ormai tanto lunga che ormai gli "anelli mancanti" non sappiamo quasi più dove metterli. E' un "anello mancante" talmente perfetto che probabilmente non sapremo dove metterlo.

Ma altre peculiarità sono legate alle modalità della scoperta. La caverna da cui sono stati estratti i reperti è la più profonda e inaccessibile di un complesso labirinto. I passaggi per raggiungerla sono talmente stretti che gli scienziati che hanno potuto entrare (sei, tutte donne) sono stati selezionati sia per qualifica accademica, sia per struttura fisica.
E, mentre nelle altre caverne del complesso di Sterkfontein i resti di ominidi antichi si trovano insieme ad altri animali, in questo cunicolo quasi irraggiungibile i 15 esemplari di H. naledi sono da soli, salvo qualche topo e pochi uccelli. Come sono finiti lì ? L'accattivante ipotesi degli scopritori è che ci siano stati portati di proposito, nel più antico esempio conosciuto di sepoltura rituale.
Se si pensa che tra gli antropologi è oggetto di controversia se H. neanderthalensis, il nostro parente più stretto, praticasse riti funerari oppure no, l'idea che una specie con un cervello grande meno della metà (in un ominide di circa 150 cm e 50 kg) seppellisse i morti, chissà quanto tempo fa, è un altro elemento di sconvolgimento. Ma tutto sommato vale il discorso fatto sopra: l'evoluzione non è una strada dritta, anche caratteristiche comportamentali possono apparire precocemente, non manifestarsi più, e poi riemergere. Sappiamo che anche gli scimpanzè hanno consapevolezza della morte, anche se non praticano alcun rituale particolare. Perchè non pensare che ominini anche molto antichi operassero attivamente per non dover coesistere con cadaveri marcescenti ?
H. naledi, molto probabilmente, non risulterà essere un nostro diretto progenitore, ma piuttosto un discendente su un ramo parallelo da qualche antenato comune; però mi aspetto, dal procedere degli studi, luci nuove sulla nostra storia profonda.

(immagine da www.nature.com)

martedì 8 settembre 2015

Tornasole


Immagino che non tutti abbiano dimestichezza con l'oggetto, quindi ritengo necessario presentarlo, pur se in modo grossolano e accessibile ai non esperti.
Un pHmetro serve a misurare l'acidità di una soluzione acquosa. Consiste di un elettrodo in vetro, la sonda che va immersa nel liquido, riempito con un liquido di riferimento, la cui estremità è una membrana, sempre di vetro, molto sottile, sensibile alle differenze di concentrazione di ioni H+ tra l'esterno (la soluzione da misurare) e l'interno dell'elettrodo, che vengono rilevate come differenze di potenziale. Un cavo coassiale collega l'elettrodo ad un apparecchio elettronico che "traduce" tali differenze di concentrazione in valori di pH, cioè di acidità della soluzione.
E' il parente tecnologico e sofisticato delle famose cartine al tornasole, che indicano l'acidità della soluzione in cui vengono immerse con i loro cambiamenti di colore (e che tuttora si usano nelle circostanze ove il pHmetro non può arrivare).
In tanti anni di più o meno onorato servizio, di pHmetri ne ho visti un pò, e qualche volta mi sono passati per le mani elettrodi nuovi di trinca; non sono oggetti che si buttano via e si sostituiscono tutti i giorni, ma qualche elettrodo nuovo di fabbrica mi è capitato.
Trattandosi di oggetti estremamente delicati (la rottura della membrana di vetro è tra gli eventi più facilmente classificabili come sciagura in un laboratorio), vengono forniti con tutte le precauzioni possibili nell'imballaggio: scatole rigide con alloggiamenti sagomati in gommapiuma, polistirolo espanso, e qualsiasi ammortizzatore di urti possa essere immaginato.
L'ultimo baluardo della protezione è un cappuccio di plastica spessa, a tenuta, che avvolge l'estremità, la parte più delicata, dell'elettrodo, mantenendola immersa in un sottile velo di liquido (non bisogna mai lasciare che la membrana si secchi completamente). Il cappuccio di plastica, riempito dell'apposito liquido, può essere poi riapplicato se l'elettrodo non viene utilizzato per un pò di tempo.
Quello che in tutti questi anni non mi era mai capitato, è stato notare, sul cappuccio di protezione, la scritta, grande quanto le modeste dimensioni dell'oggetto possono permettere "Remove before use".
I motivi che possono avere indotto il fabbricante ad introdurre una simile avvertenza spingono la mia immaginazione verso scene sconfortanti.
Però, in fondo, nel figurarmi uno studente alle prime armi che immerge in una soluzione la sonda con tutto il suo involucro di plastica, leggo la cartina al tornasole dell'ingenuo e propulsivo entusiasmo con cui masse di giovani si accostano giorno per giorno alla scienza. L'importante è il desiderio e l'ambizione di comprendere qualcosa in più del nostro mondo e della natura. Poi, su questa strada, uno dei primi passi sarà imparare che occorre togliere il cappuccio.

sabato 20 giugno 2015

Uomini e topi

Questa frase di banale e strumentalmente opportunistica propaganda politica ha suscitato qualche giorno fa un certo clamore. Molti sono insorti, ponendo l'accento sull'insolenza dell'accostamento tra topi e persone, al punto da costringere l'autore (che ormai si esprime solo in funzione dei sondaggi di opinione, come qualsiasi altro politico consumato, ma con molta più goffaggine), ad un precipitoso rattoppo.
Spregevoli roditori indebitamente accostati ad esseri dotati di dignità umana, ragione, e senso morale.
Indebitamente ? Indaghiamo.

Questo articolo del 2011 dimostrò che i ratti erano capaci di solidarietà verso propri simili in difficoltà: un ratto libero in un contenitore ampio, non appena impara come fare ad aprire la porta, libera un proprio simile costretto in una piccola gabbietta. Il comportamento si presenta anche quando i due ratti non hanno mai avuto rapporti sociali precedenti. I ratti liberi che hanno già imparato ad aprire la porta, non aprono la gabbietta vuota, nè la gabbietta contenente un oggetto.
Infine, quando ai ratti viene offerta la scelta tra due porte da aprire, una che libera il proprio simile imprigionato e l'altra che dà accesso ad un pezzo di cioccolato, la scelta più frequente è quella di liberare PRIMA il ratto intrappolato, e POI sgranocchiare il dolce in compagnia.

Ma qualche scettico mise allora in dubbio l' esistenza di una autentica solidarietà murina, ed ipotizzò che fosse la ricerca di compagnia, e non l'empatia verso un proprio conspecifico in difficoltà, a guidare questi comportamenti.

Nelle ultime settimane, però, un paio di nuovi studi sui comportamenti prosociali dei ratti hanno fornito nuove indicazioni che dovrebbero essere sufficienti a fugare gli ultimi dubbi.
Vi racconto quello che mi sembra più dimostrativo, un riassunto dell'altro lo trovate qui.

L'apparato sperimentale prevedeva un ambiente diviso in due da una parete trasparente. Da una parte, un ratto tranquillamente all'asciutto poteva vedere un altro ratto sconfortevolmente a bagno in una vaschetta d'acqua (senza rischi d'annegamento, poichè poteva appoggiarsi a un sostegno, ma con tutta la sgradevolezza delle chiappe a mollo). Anche in questo caso, la porticina che metteva in comunicazione i due compartimenti poteva essere aperta solo dal ratto nella posizione più agiata.
Ed anche in questo caso, trascorso il periodo di apprendistato per capire come aprire la porta, i ratti all'asciutto danno ai loro simili la possibilità di uscire dalla situazione sgradevole, senza avere nessun vantaggio dal comportamento altruistico; ma questo esperimento recente aggiunge un paio di informazioni supplementari:


1) i ratti dalla parte "buona" non hanno alcuna preferenza per l'apertura della porta se nella vaschetta dall'altra parte non c'è acqua e l'atro ratto non è a bagno, dimostrando che non è la ricerca di compagnia a guidare la scelta, ma un autentico riconoscimento dello stato di difficoltà del proprio simile;
2) i ratti che si trovano dalla parte asciutta dopo avere già provato un'esperienza di bagno forzato sono quelli che imparano più velocemente come si fa ad aprire la porta.
Questo suggerisce che ci sia una consapevole immedesimazione nella situazione altrui.

E non può mancare il dolce come portata finale: ancora una volta, ponendo i ratti di fronte a due porte da potere aprire, una che dà la possibilità all'altro ratto di uscire dall'acqua, e l'altra che permette di raggiungere la canonica cioccolata, la scelta di aprire per PRIMA la porta dell'altruismo viene fatta dai ratti da un minimo del 50% ad un massimo dell' 80% dei casi.
Quindi, nei muridi, la spinta ad aiutare un proprio simile in difficoltà è come minimo pari, ma probabilmente superiore, a quella della ricerca del cibo per sè.

Ecco perchè trovo effettivamente ingiusto accostare uomini e topi: la tendenza alla solidarietà ha verosimilmente radici molto lontane ed antiche nella nostra natura mammaliana, e fa parte della nostra biologia. Alcuni di noi hanno perso, o più probabilmente trovano conveniente fare finta di aver perso tale fondamento comportamentale, e propagandano ostilità, paure, respingimenti e affondamenti verso gli altri di noi che si muovono per il mondo per sfuggire da situazioni difficili. I topi non si meritano di essere accostati a questi razzisti.

domenica 24 maggio 2015

Mostri assortiti


Oggi, passeggiando per il centro della città, sono entrato nella mia usuale libreria e ho comprato "Cari mostri" di Stefano Benni. Indossavo una delle mie magliette vetuste, di colore giallo, e quando, non avendo altri oggetti ad ingombrarmi le mani, ho rinunciato al sacchettino, la cassiera mi ha raccomandato di tenere il libro appoggiato sul petto col braccio piegato, perchè la copertina si intonava cromaticamente molto bene.
A parte l'innegabile valore del consiglio, immagino che i miei lettori non troveranno questa avventura tanto emozionante da meritare la pubblicazione.
Il punto è che oggi è domenica.
Ragioniamo.
Come ogni domenica, molti negozi erano aperti, e grandi magazzini e supermercati erano aperti tutti. Liberalismo.
Si parte dalla formula trita e ritrita che risale alle utopie ottocentesche di Adam Smith: se si lascia ciascuno libero di perseguire il proprio personale interesse, la somma di tutti i singoli interessi individuali finirà per produrre il massimo possibile del benessere e della ricchezza per la collettività.
Un principio palesemente fasullo al quale quasi tutti hanno voluto credere, o far finta di credere, da quasi 200 anni con la stessa cieca irrazionalità con cui si ha fede in una religione.
Quando ero giovincello, gli orari di apertura degli esercizi commerciali erano rigidamente regolamentati; la liberalizzazione fu il frutto di una battaglia, condotta principalmente dalla grande distribuzione (che ha disponibilità di dipendenti da far ruotare in turni), quindici, venti o trent'anni fa, vattelappesca (noi vecchi confondiamo le distanze dei ricordi), ed essendo i richiedenti molto potenti, la battaglia non fu nè lunga nè difficile.
Il grimaldello fu la libertà di orario già concessa agli esercizi commerciali nelle località turistiche. Non sono andato nemmeno a documentarmi, perchè non mi interessa qui nè il quando nè il come, mi interessa il meccanismo.
Vediamo dunque come, liberando il commercio dai lacci e lacciuoli delle regole sugli orari di apertura, la mano invisibile di Adam Smith porta ricchezza e prosperità al consesso civile tutto.
Se ho un desiderio irrefrenabile di fagioli una domenica, e mi accorgo di avere esaurito le riserve leguminose nella dispensa, il fagiolivendolo aperto quel giorno avrà un vantaggio rispetto al concorrente che tiene la rivendita chiusa. E questa è la spinta iniziale verso la liberalizzazione degli orari: conquistare il vantaggio dei possibili acquirenti domenicali. Bene, bravi, viva la libertà.
Ma se io consumo, putacaso, un kilo di fagioli all'anno, non è il trovare negozi aperti la domenica che mi spingerà a consumarne 2 kili.
Quindi, nel momento in cui sono aperti tutti i fagiolivendoli tutti i giorni, il vantaggio iniziale si azzera. La quantità totale di acquisti sarà sempre la stessa, ripartita sui sette giorni di apertura anzichè su sei. Con la differenza di un giorno alla settimana in più di luci accese, aria condizionata accesa, dipendenti in turno festivo, eccetera: maggiori costi di esercizio, che si rifletteranno sui prezzi, e quindi un danno per tutti.
Però nessuno può più tornare indietro, perchè un giorno di chiusura porterebbe di nuovo uno svantaggio rispetto ai concorrenti sempre aperti.
Lasciare libero ciascuno di perseguire il proprio profitto personale produce un danno a tutta la collettività, e anche agli stessi interessati, alla faccia di Adam Smith.
Il liberismo economico genera mostri, perchè è una delle tante forme di sonno della ragione.
Ma se a tutti, complessivamente, converrebbe la chiusura settimanale, ma a nessuno conviene individualmente, come se ne esce ? Solo regolando rigidamente gli orari, in modo uguale per tutti, alla faccia della libera iniziativa individuale.
W i lacci e lacciuoli !
Se oggi la libreria fosse stata chiusa, lo stesso libro lo avrei acquistato ugualmente in un qualsiasi altro giorno; forse avrei avuto una maglietta altrettanto vecchia di un altro colore, e non avrei potuto giovarmi di un saggio suggerimento estetico; ma questa è una contingenza casuale, non rispondente a principi di politica economica. Di sicuro, l'averlo acquistato di domenica non mi indurrà a comprarne due copie.

venerdì 1 maggio 2015

Per ExPorci


Il 31 marzo 2008, Milano otteneva trionfalmente l'assegnazione dell'Expo 2015, a sempiterna gloria dell'allora sindaco Letizia Moratti, superando la concorrenza di Smirne.
Non occorreva una dotazione speciale di acume per comprendere che lo scopo fondamentale dell'Esposizione Universale a Milano era una gigantesca speculazione edilizia dalla quale lo storico sodale della Moratti, Ligresti, il principe dei cementificatori lombardi, avrebbe potuto lucrare fior di milioncini. In cambio, si metteva in vetrina, per il pubblico, la promessa della piantumazione di 40000 alberi nel territorio comunale (non sono ancora passato a guardarli, ma chissà quanto sono belli quei 40000 nuovi alberi); 70 Km di piste ciclabili dal centro ai vari quartieri di periferia (non mi è ancora capitato di andare a pedalarle, ma chissà quanto sono belle tutte quelle piste ciclabili); ed altre meraviglie ancora.
Gli anni sono passati, Ligresti è fallito e tutta la sua famiglia è più o meno in galera, il fluire delle tangenti per gli appalti ha perso un pò di direzionalità ed è diventato più caotico e vorticoso, spargendosi e flottando, comunque copiosamente e speditamente, tra speculatori e amministratori, qualcuno della lunga lista dei ladri è stato beccato, si è perso un pò di tempo, i lavori della gigantesca operazione cementificatoria sono in clamoroso ritardo, ma non importa. L'obiettivo è raggiunto, gli speculatori edili avranno il loro guadagno e le tangenti sono state intascate. Il resto non conta.
All'ultimo, ma proprio in fine in fine, occorreva un pretesto, una scusa, un motivo, un tema per una Esposizione Universale: qualcosa di bello, di edificante (!), che piaccia alla ggente e che non impegni.
Si è scelto "Nutrire il pianeta"; avrebbe potuto essere "La pace nel mondo" o "Nuove tendenze della moda in cappelleria: dalla tesa larga alla visiera". Indifferentemente.

E finalmente, signore e signori, eccoci qua. L'evento abbia inizio, strutture pronte o non pronte, è irrilevante: una volta definite le destinazioni dei flussi di denaro, la tempistica è trascurabile.
"Nutrire il pianeta" è una grande occasione pubblicitaria per le aziende interessate a nutrirne una piccola parte.
Qui troverete gli imprenditori dalla faccia simpatica, quelli sempre in vista che producono cibo con l'ambizione di produrre moda, alimentazione-fashion per nutrire i ricchi del pianeta. Alimentazione sana, salutista, original-tradizionale, tipicizzata, griffata e soprattutto elitaria.
Qui troverete gli imprenditori dalla faccia antipatica, quindi senza volto e che non si vedono mai. Troverete Monsanto, che vende nel sud del mondo i suoi semi di varietà geneticamente modificate, promettendo le rese esorbitanti per le quali sono state selezionate nel nord del mondo, con fertilizzazione ottimale e irrigazione a volontà, e vincola gli agricoltori con contratti-capestro pluriennali. E quando l'agricoltore si accorge che sul suo suolo miserabile, e gli spiriti degli antenati che non hanno le conoscenze giuste per far piovere nei momenti appropriati, la varietà brevettata rende molto meno delle varietà locali selezionate sul posto, è comunque obbligato a ricomprare ancora i semi brevettati. Perchè le piante brevettate hanno ovari sterili, e non sono riproducibili. Sono sterili gli ovari, ma le antere no; il polline vola liberamente, anche sul campo del vicino, che si coltiva il suo mais autoprodotto da generazioni. E l'anno dopo il vicino si vedrà arrivare l'agente della Monsanto che pretenderà i diritti di proprietà intellettuale e lo accuserà di avere rubato i preziosi geni brevettati.
Troverete le aziende talmente antipatiche che mimetizzano anche il proprio nome sotto qualche marchio succube. Troverete la Nestlè, responsabile di una delle più gravi crisi sanitarie della storia dell'Africa, per avere offerto confezioni gratuite di latte in polvere alle donne, per indurle ad abbandonare l'allattamento al seno, senza considerare la qualità scadente dell'acqua potabile.
Troverete le banche che finanziano il commercio di armi, quelle italiane sono gloriosamente sulla prima linea del fronte in questo ramo di attività, e alimentano (e in questo caso altrochè se alimentano) le guerre in ogni angolo del mondo, che spostano dalle loro terre interi popoli.

Ed oggi sono tutti qui, uniti nel grande afflato di voler nutrire il pianeta. Ma nutrire il pianeta non sarebbe un problema, se è vero, come sembra, che il cibo sprecato nelle aree ricche è quattro volte quello che sarebbe sufficiente a nutrire le aree povere. Il problema è semmai l'accesso al cibo dei popoli che sono stati depauperati da quattro secoli di colonialismo, e ancor più da 50 anni di post-colonialismo, di tutte le loro risorse, che sono servite a nutrire il nostro cosiddetto sviluppo.
Il sud del mondo, che ha dato terra e risorse alla pinguedine del nord, semplicemente non può pagare il suo pane. E' il Libero Mercato. L'accesso al cibo si paga. Se tu non puoi pagarmi perchè io ti ho già portato via tutto, ti arrangi.
Spiegate alle aziende che oggi espongono i loro luccicanti alimenti sotto i riflettori dell'Expo, che per nutrire il pianeta non c'è da fare profitti, e assisterete al prodigio dello squagliarsi e svanire di ogni accattivante propaganda.

Tutto questo Festival Mondiale dell'Ipocrisia si svolge, ad esempio, in un paese nel quale un referundum popolare ha sancito, in un'epoca storica tutt'altro che lontana, che l'acqua potabile è un bene vitale, e non può essere equiparata ad una qualsiasi merce da cui gestori privati possano ricavare profitti. Per i Governanti di questo Paese l'espressione della volontà popolare è stata uno scorno insopportabile, e non passa giorno che non ci siano tentativi di aggirare l'esito del referendum e riportare la gestione dell'acqua alla mercè del libero lucro dei privati e del Libero Mercato. Eppure quegli stessi Governanti oggi sono qui, gonfi di ignoranza e pappagorge, a vantare il loro desiderio di nutrire il pianeta. E sono sinceramente convinto che nutrire il pianeta rimarrà la loro idea-giuda, il loro impegno prioritario per quasi mezza giornata.

Ma perchè fermarsi all'ipocrisia al quadrato ? La localizzazione dell'esposizione manifesta un'ipocrisia al cubo: all'interno del Paese di cui sopra, ci troviamo, con l'impegno di sfamare, nella Regione più infame di tutte: quella in cui la propaganda di maggior successo tra l'opinione pubblica è quella che qualifica gli affamati che si spostano nel mondo come dei criminali da fermare, respingere, affondare, affogare.

Il Libero Mercato, la più vasta e potente organizzazione terroristica operante nel mondo, produce fame e miseria da una parte, ed Esposizioni Universali dall'altra.
Eccoci qui oggi, ad inaugurare un evento che è la negazione di se stesso.

lunedì 13 aprile 2015

Eduardo


Va via, assieme al Premio Nobel Guenther Grass, anche uno di quelli che mi piacerebbe poter considerare tra i miei molti Maestri, Eduardo Galeano.
Della sua opera più famosa, Le vene aperte dell'America Latina, aveva detto recentemente: "Non mi pento di averlo scritto però è una tappa che, secondo me, è superata." E devo dargli torto. Pur con tutte le zavorre dei quarant'anni trascorsi, Le vene aperte è un testo che ancora oggi i giovani dovrebbero leggere.
Non importa se prima o dopo aver preso confidenza con la sua inarrestabile cascata di parole nelle storie, e di confluenze di storie in nuove alchimie di parole.

Un rifugio ?
Un ventre ?
Un cappotto per nasconderti quando ti bagna la pioggia o ti punge il freddo o ti travolge il vento ?
Abbiamo davanti a noi uno splendido passato ?
Per i naviganti bisognosi di vento la memoria è un punto di partenza
.

[Finestra sulla memoria (II) - Parole in cammino - Sperling & Kupfer, 2006]

domenica 15 marzo 2015

Volta & Gabbana


Polemicuccia da massaie, irrilevante, ma divertente.
La coppia di rinomati stilisti con l'hobby dell'evasione fiscale non si lascia andare affatto a dichiarazioni a sproposito, ma studia accuratamente l'atteggiamento da prendere (lasciamo perdere tutti i facili pseudomoralismi del "da che pulpito", che non c'entrano nulla) in apposita intervista, con l'idea di attirarsi qualche simpatia borghese e tradizionalista, nel canonico bacino di potenziali acquirenti a 50 Euro di magliette che ne valgono 2.
Sacralità della famiglia tradizionale e della riproduzione naturale non sono ideali, così come vengono pretestuosamente esposti, ma un'inserzione pubblicitaria, nè più nè meno.
Ma il resto del mondo non è così bigotto come l'Italia, e c'è una reazione sdegnata che sorprende i maestri della moda nonchè dilettanti della dichiarazione dei redditi mendace.
La parola "boicottaggio" fa balenare la prospettiva di vendere qualche pezzo in meno di magliette a 50 Euro che ne valgono 2.
E i sacri ideali vengono prontamente riposti, i due si scusano e ritrattano tutto spergiurando di non voler offendere nessuno, specialmente tra quelli che potrebbero acquistare a 50 Euro magliette che ne valgono 2.

Ma perchè fermarsi a boicottare una sola casa di moda ? Boicottiamole tutte, e liberiamoci dall'idiozia dei vestitini firmati una buona volta.

sabato 14 marzo 2015

Marzo, 14, 2015: Giornata Mondiale del Pi greco


L'attribuzione del titolo di Giornata Mondiale del Pi greco, a rigore, sarebbe appropriata per oggi solo nei Paesi che adottano il formato della data nella sequenza di unità di misura un pò insulsa "medio-piccolo-grande", mese, giorno, anno: che io sappia sono soltanto quelli anglofoni; ma per questa volta noi ce ne appropriamo volentieri.
D'altra parte, noi scrittori di date normali e logiche, non disponiamo di un quattordicesimo mese di cui attendere il giorno 3, e, ancor più malauguratamente, manchiamo maledettamente di un 31 aprile. Quindi, 3,1415 è oggi o mai più.

Pi greco

È degno di ammirazione il Pi greco
tre virgola uno quattro uno.
Anche tutte le sue cifre successive sono iniziali, cinque nove due, poiché non finisce mai.
Non si lascia abbracciare sei cinque tre cinque dallo sguardo,
otto nove, dal calcolo, sette nove dall'immaginazione,
e nemmeno tre due tre otto dallo scherzo,
ossia dal paragone quattro sei con qualsiasi cosa due sei quattro tre al mondo.
Il serpente più lungo della terra dopo vari metri si interrompe.
Lo stesso, anche se un po' dopo, fanno i serpenti delle fiabe.
Il corteo di cifre che compongono il Pi greco non si ferma sul bordo della pagina,
È capace di srotolarsi sul tavolo, nell'aria, attraverso il muro, la foglia, il nido, le nuvole,
diritto fino al cielo, per quanto è gonfio e senza fondo il cielo.
Quanto è corta la treccia della cometa, proprio un codino!
Com'è tenue il raggio della stella, che si curva a ogni spazio!
E invece qui due tre quindici trecentodiciannove il mio numero di telefono
il tuo numero di collo l'anno millenovecentosettantatré sesto piano
il numero degli inquilini sessantacinque centesimi la misura dei fianchi due dita
sciarada e cifra in cui vola e canta usignolo mio oppure si prega di mantenere la calma,
e anche la terra e il cielo passeranno,
ma non il Pi greco,
oh no, niente da fare,
esso sta lì con il suo cinque ancora passabile,
un otto niente male, un sette non ultimo,
incitando, ah, incitando
l'indolente eternità a durare.

Wislawa Szymborska

Sarebbe bello se nelle scuole medie venisse presentato assegnando ai ragazzi come compito a casa quello di misurare il diametro e la circonferenza del maggior numero di oggetti rotondi possibile: bicchieri, scodelle, bottiglie, orologi, ecc. E poi, per ciascun oggetto, dividere la circonferenza per il diametro. Ogni ragazzo scoprirebbe così da sè il fascino di quel risultato costante, ma sfuggente e mai ben definito, un tre virgola qualcosa ma non si sa bene quanto.
Costante e trascendente, la sua non algebricità è ciò che ci rende, proverbialmente, impossibile la quadratura del cerchio. E quando dal piano si passa allo spazio, e la circonferenza viene fatta ruotare su se stessa a disegnare la superficie della sfera, ecco che diligentemente il diametro si eleva al quadrato, ma lui, il Pi greco, no, del tutto indifferente all'aumento del numero delle dimensioni.

martedì 10 marzo 2015

Giammai, forse.


"Non siamo d'accordo".
"Non la voteremo mai".
"Così com'è è inaccettabile".
"La votiamo".

"Non siamo d'accordo".
"Va ridisegnata da cima a fondo".
"Se la votino loro".
"La votiamo".

"Non siamo d'accordo".
"E' antidemocratica".
"Noi non l'accetteremo mai".
"La votiamo".

"Non siamo d'accordo".
"occorre rivedere tutto".
"Così com'è non la votiamo".
"La votiamo per disciplina".

"Non siamo d'accordo".
"Non si può fare".
"Abbiamo proposto una drastica revisione".
"E' contraria ai nostri princìpi fondamentali".
"La votiamo, ma è l'ultima volta".
"Al massimo la penultima".
"Vabbè, dài, la terzultima".

Quelli della minoranza del PD sarebbero convintissimi delle proprie idee, se solo qualcuno glie le spiegasse.

martedì 3 marzo 2015

La palla più piccola


Quando, qualche anno fa, abbiamo tentato di organizzare una tassonomia degli argomenti usati dai negazionisti del cambiamento climatico, o dalla derivata sottoclasse dei negazionisti delle sue cause antropiche (come il dottor Soon, protagonista qui un paio di post fa), uno dei livelli più elementari, rozzi e meno articolati riportati nella nostra classificazione era la categoria che abbiamo denominato "Argomento della massaia", di cui qui ricapitoliamo la forma archetipica: "Oh, che freddo fa stamattina ! Brrr, io oggi ho proprio freddo. Quindi il riscaldamento globale è una balla."
Ma categorie tassonomiche semplici e scarsamente elaborate non hanno impedimenti nell'accesso a situazioni e consessi con un grado elevato di prestigio e potere, anzi. Pochi giorni fa, uno dei più "illustri", "stimati" e "qualificati" difensori della teoria alternativa del "consumo a tutto spiano infischiandosene delle conseguenze" (e vedremo poi che di teorie alternative il signore se ne intende) ha brillantemente proposto l'argomento della massaia nientemeno che al Senato degli Stati Uniti.
Il Senatore repubblicano dell'Oklahoma James Mountain Inhofe ha portato in aula una palla di neve e l'ha lanciata verso il banco del Presidente dell'assemblea: "Nel caso l'avessimo dimenticato, poichè qui continuiamo a sentir dire che il 2014 è stato l'anno più caldo mai registrato, chiedo alla presidenza: sapete cos'è questa ? E' una palla di neve. E proviene da appena qui fuori. Quindi fa molto, molto freddo fuori".
James Inhofe, a proposito di archetipi, è un vero repubblicano a tutto tondo: come immagine di sfondo della homepage del suo sito internet personale troneggia un promettente carro armato, e qualsiasi tipo e livello di questione ambientale gli procura un pò di orticaria: ha avuto occasione di paragonare l'EPA (Environmental Protection Agency) alla Gestapo, ed ha pubblicato il libro "The Greatest Hoax" (La balla più grossa) appunto sul tema del cambiamento climatico.
Ma più in generale sono un pò tutti gli argomenti trattati scientificamente a scontrarsi con la sua impermeabilità alle evidenze.
E' rimasta storica una sua conferenza stampa del settembre 2013 contro l'insegnamento della teoria della gravitazione, un'eresia propagandata da "estremisti che tengono Dio fuori dalla fisica" grazie all'infiltrazione nel Governo Federale di "gravitazionisti pagani".
Perchè i bambini non siano plagiati unilateralmente da questi "punti di vista radicali e non-cristiani" e le creature innocenti non siano esposte a "concetti limitati e non dimostrati come l'evoluzione, la gravità e la MATEMATICA", il Senatore propone, seguendo un paradigma che i fondamentalisti ultraconservatori americani avevano già tristemente sperimentato sull'evoluzionismo, che le scuole "insegnino la controversia"; ovvero dedichino pari tempo di insegnamento alle teorie alternative, e che i libri di testo spieghino equamente entrambe le interpretazioni del perchè noi non ci solleviamo a fluttuare nell'aria; e che si lascino gli alunni liberi di scegliere la loro via alla conoscenza.
I più acuti nell'esiguo drappello dei miei lettori si domanderanno a questo punto quale sarebbe la teoria esplicativa alternativa (e rispettosamente pia) alla gravitazione pagana e anti-cristiana.
E' presto detto. Ce lo spiega il co-conferenziere di Inhofe in quella magica giornata alla Prima Chiesa Evangelica di Gesù Cristo Nostro Salvatore di Tulsa, Oklahoma: il pastore part-time Gus Hornsby: "Gli scienziati vorrebbero insegnare ai vostri bambini che la gravità non è altro che due particelle di materia che si attraggono fra loro con una forza proporzionale al prodotto delle loro masse, e inversamente proporzionale al quadrato della distanza fra di esse !" Che pretese. Quanto sordido ateismo trasuda da una tale formulazione. Ma per fortuna sappiamo benissimo che non è così: "Ma questo è il cavallo di Troia del male ! Invece il Libro ci insegna che noi restiamo incollati alla superficie della Terra perchè Satana col suo respiro ci risucchia, spingendoci sempre più vicino alle fiamme dell'inferno sottostante. E' solo per grazia del Signore che Egli ha scelto di ricoprire il nucleo fuso e rovente della Terra con una crosta, creando così uno strato solido salvifico tra i Suoi figli e la dannazione eterna !"
Ecco, così sì che la spiegazione è davvero convincente, e mi sembra proprio che, come proposto da Inhofe, meriti la parità di ore di insegnamento rispetto a quel pivello anticristiano di Newton (se non altro per spiegare cosa se ne farebbe mai Satana di un sasso o di uno gnu).
Il brillante curriculum intellettuale del Senatore Inhofe, che abbiamo qui solo brevemente tratteggiato, gli ha fatto meritare ampiamente di essere scelto, dal novembre 2014, dal Partito Repubblicano come presidente della Commissione Ambiente e Lavori Pubblici del Senato.
Prima di concludere, vi devo ancora la replica, in Senato, al lancio della palla di neve dell'altro giorno. Sen. Sheldon Whitehouse: "Voi potete credere alla NASA, e potete credere a quello che i satelliti misurano sul pianeta, oppure potete credere al Senatore con la palla di neve. La Marina degli Stati Uniti prende la questione molto seriamente, al punto che l'Ammiraglio Locklear, capo del Comando del Pacifico, ha dichiarato che il cambiamento climatico è la minaccia più grossa che affrontiamo nel Pacifico. Potete credere alla Marina degli Stati Uniti o potete credere al Senatore con la palla di neve. Tutte le più importanti società scientifiche americane hanno prodotto dati, molte di esse un decennio fa, che il cambiamento climatico è mortalmente reale. Lo misurano, lo vedono e capiscono perchè avviene. Le previsioni fatte corrispondono a quello che stiamo osservando, e vengono via via confermate. E il principio fondamentale, che la causa principale è l'inquinamento da anidride carbonica, che deriva dall'uso di combustibili fossili, è al di là di ogni ragionevole controversia. Quindi, potete credere a ciascuna delle principali società scientifiche americane, oppure potete credere al Senatore con la palla di neve."

Ma c'è un'ironia ulteriore che desidero lasciarmi come pralina finale, e che ci permette di ritornare al clima esaltante (o meglio, esaltato) della conferenza-stampa contro la gravità nel 2013. Impossessatosi del microfono per spiegare la vera causa della nostra aderenza al suolo, il predicatore part-time ma full-fool Hornsby prese poi a tuonare contro le fondamenta degli edifici, le piscine, ed ogni tipo di buco e di scavo, che assottiglia pericolosamente il prezioso strato e di crosta terrestre che ci salva dall'aspirazione di Satana, destinata ad attrarre i nostri corpi verso la dannazione, così come attrasse la mela verso la testa di Newton, traendolo puerilmente in inganno. Accanto a lui, il Senatore Inhofe annuiva e sorrideva soddisfatto.
Ma stia attento, il Senatore, che per parte sua predica lo sfruttamento senza limitazioni delle risorse fossili, in nome dell'indipendenza energetica del Paese e dello sviluppo economico. Le da lui tanto auspicate trivellazioni a tutto spiano, le miniere di carbone da sfruttare senza ritegno, potrebbero aprirgli pericolosamente la strada verso le fiamme dell'inferno, e fargli rimpiangere il refrigerio della sua cara vecchia palla di neve.

domenica 1 marzo 2015

Salute, Benessere e Fuffologia

Capita (putroppo) più o meno quotidianamente di vedere, copiosamente condivisi sui social network, gli articoletti - bufala sulle miracolose proprietà salutistiche della curcuma, delle prodigiose virtù della salvia, degli insospettabili benefici offerti dalla cannella, la cioccolata che ci fa ringiovanire, eccetera; e non vi dico neanche cosa non fa l'onnipresente serotonina. Le più attive propagandatrici di cazzatine sono le signore, particolarmente affezionate a ciò che fa perdere peso, come ad esempio l'olio di limone, ma certo, come no, o (potevamo dubitarne ?) l'equiseto. Confesso di ignorare le modalità di somministrazione dell'equiseto ma, chissà perchè, faccio fatica ad immaginarmi greggi di signore, nei loro perennemente inadeguati vestitini firmati e con le loro ancor più inadeguate eleganti scarpine, intenti a brucare lungo le sponde dei fiumi. Insomma, se avete una scorta di qualche minchiata che avete acquistato da un fornitore in un momento di ubriachezza, e che ora vi occupa spazio in magazzino e non sapete come smaltirla, scrivete quattro righe insensate raccontando che fa dimagrire, diffondetele in rete e farete la vostra fortuna.
Ma fa niente, augurandomi che le propagatrici di tanta dubitabile saggezza a buon mercato siano tanto coerenti da sperimentare su se stesse e valutare oggettivamente i risultati conseguiti, mi limito a far girare la magica rotellina del mouse senza battere ciglio e passare oltre.

Ma siccome una fesseria così grossa non mi era mai capitata sotto gli occhi, in questo caso non ho potuto trattenermi dall'indagare.

Bicarbonato e Limone: Ecco la ricetta contro il cancro

Per fare le cose a modino, cominciamo dal principio. Le prime tre righe dell'articolo sono frutto di un "copia-e-incolla" dalla pagina di Wikipedia relativa a O.H. Warburg. Sarebbe stato sufficiente estendere l'operazione alle tre righe immediatamente successive della stessa pagina, per far sapere ai lettori che le ipotesi di Warburg sull'origine dei tumori, proposte posteriormente ai suoi studi sul metabolismo cellulare che gli valsero il Premio Nobel, godettero di un certo credito per un decennio o poco più, poi furono definitivamente soppiantate da quanto ancor oggi sappiamo con prove sempre più solide, cioè che i tumori sono causati da mutazioni che avvengono all'atto di divisioni delle cellule somatiche in questo o quel tessuto, casuali, ma la cui probabilità può essere considerevolmente aumentata da vari fattori di rischio sia chimici che fisici, come ormai sanno anche i bambini. Quindi, tutta la parte introduttiva dell'articolo è aggiornata grossomodo agli anni '40.

Come mentore delle proprietà terapeutiche del bicarbonato, ci si affida ancora una volta al già noto fuffarolo Mark Sircus (che oltre a curare il cancro col bicarbonato, si occupa anche di "Psicologia Spirituale" attraverso la International Medical Veritas Association, un nome che è tutto un programma, di cui è fondatore, esponente di punta e presumibilmente unico membro), il quale continua a vantarsi del suo 99 % di pazienti guarite senza che la comunità scientifica abbia mai avuto la grazia di vederne e conoscerne neanche una.

Infine, quanto riportato a proposito del limone è persino difficile da discutere, tanto è confuso, disarticolato, e privo di una definizione chiara di qualsiasi concetto.
Mi limito ad osservare che:
1) Viene citata come prova a supporto un'intervista all'oncologo Umberto Veronesi (ma come ? La "medicina ufficiale" non era tutta da buttare via ?), con il virgolettato: “Una bella limonata fa da scudo contro il cancro”; ma viene misteriosamente omesso il passaggio immediatamente successivo della stessa medesima intervista: "sebbene nessun alimento da solo possa essere uno scudo efficace se non viene inserito in una dieta e in uno stile di vita salutari", dice Umberto Veronesi. Ah, già, dimenticavo che ci vuole anche il bicarbonato.
2) Nella caleidoscopica sarabanda di acidità e alcalinità, del "pH 2.2 che metabolizzato diventa alcalinizzante" [sic !], l'autore di tutto questo accumulo di fuffa dimentica che tutto ciò che noi ingeriamo passa attraverso lo stomaco, poi viene ri-tamponato nel primo tratto dell'intestino e infine sposta il pH del nostro sangue di praticamente nulla. Il pH del sangue è intorno a 7.4 e lì rimane, necessariamente fisso, altrimenti gli equilibri che permettono lo scambio di ossigeno ed anidride carbonica andrebbero a pallino, ed ogni minimo scostamento viene prontamente compensato con gli unici due meccanismi in grado di farlo: respirazione e filtrazione/riassorbimento renale; non certo con alimenti nè bevande.
Non c'è bicarbonato nè limone che tenga.

E visto che abbiamo nominato l'autore dell'accumulo di fuffa, chi sarà mai colui che esercita con mezzi così moderni l'antichissimo mestiere del venditore di fumo ?
Il signor Dioni si qualifica come ingegnere elettronico, ma per fortuna (per fortuna dei nostri computer, intendo) preferisce prestare la sua immensa competenza alla cura della

nostra salute e del nostro benessere, come potrete constatare dalla grande varietà di ciarlataneria assortita che espone nel suo sito, dall'alimentazione ai "misteri e simboli". La stranezza è che un ingegnere, per quanto elettronico sia, uno straccio di esamino di chimica di base nel suo corso di studi lo avrà pur superato. Ed è un mistero come abbia potuto sfuggire al plotone di esecuzione che si alza in piedi da dietro la cattedra quando il candidato tira fuori costruzioni come "il limone sarebbe l’unico alimento anionico al mondo" o "contributo dato nell’interazione tra cationi e anioni, necessaria per la produzione di energia a livello cellulare".

Senza tante arrampicate sugli specchi, basterebbe molto meno per non dubitare dei salutari effetti dell'ingestione di bicarbonato e limone. Lo dice sempre anche mia zia: "un bel rutto fa passare tutti i mali."

lunedì 23 febbraio 2015

Not so Soon


Lo Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics di Cambridge, Massachussets, ha deciso di mettere sotto indagine l'astrofisico Willie Soon, autore di parecchi articoli (quelli oggetto di inchiesta sono nove), tutti orientati a mettere in dubbio la relazione tra emissioni di gas serra derivanti dalle attività umane e cambiamento climatico. In particolare un suo articolo del 2008, che pone in relazione il riscaldamento della Terra con variazioni dell'attività solare, è stato per tutti questi anni la bandiera degli scettici, degli inguaribili ottimisti, degli interessatamente disinteressati al problema, e di quelli che "hanno bisogno di credere che".
E' l'articolo scientifico più frequentemente citato dai conservatori nei dibattiti parlamentari sulle misure per limitare le emissioni di CO2 negli Stati Uniti.
Il peccatuccio per il quale l'illustre astrofisico è finito nei guai sono i finanziamenti ricevuti da gruppi industriali coinvolti nella produzione di energia da fonti fossili (una succulenta fetta di quel denaro proviene da quella dolce istituzione di puro mecenatismo che sono le Industrie Koch, delle quali abbiamo già avuto occasione di parlare in passato).
Non c'è nulla di male nel fatto che un ricercatore si cerchi finanziamenti ovunque possibile, specialmente in un ambiente come quello statunitense in cui il pubblico si offre apertamente e voluttuosamente all'abbraccio dei tentacoli del privato; tuttavia, se non altro, l'ampia consuetudine a tale commistione ha dato origine alla regola fondamentale che la melma che ne deriva deve almeno essere resa trasparente.
L'istituzione scientifica a cui il dottor Soon appartiene gli imputa appunto di non avere dichiarato ai revisori e agli editori delle riviste di avere ricevuto finanziamenti da operatori economici coinvolti nell'argomento degli studi pubblicati, e quindi di non avere permesso di riconoscere ed evidenziare un suo, così eufemisticamente definito, "possibile" conflitto di interessi.

La questione non si limita all'ambito scientifico. Come si è detto, le pubblicazioni (proseguiamo nell'eufemismo) "eventualmente infedeli" di Soon sono state ampiamente utilizzate nel dibattito politico (negli Stati Uniti: che nel Parlamento italiano un Onorevole qualsiasi appoggi le sue argomentazioni su dati scientifici pubblicati su riviste autorevoli è oltre i confini della realtà, della fantapolitica e della fantascienza). Ma servono, anche e soprattutto, a diffondere attraverso i mezzi di informazione, che sono non meno interessati e non meno finanziati da gruppi industriali ostili al riconoscimento della realtà, la percezione errata di un dibattito ancora aperto, non risolutivo, e di una qualche incertezza sul ruolo delle attività umane sul cambiamento climatico. Nessuno scienziato serio oggi dubita che la Terra si stia riscaldando, nè che l'aumento di temperatura sia dovuto all'effetto serra, e che l'effetto serra sia dovuto alla produzione di CO2 dovuto alle combustioni prodotte dall'uomo. Gli unici scienziati che mettono in dubbio questa realtà sono solo dubitevoli Soon.

http://news.sciencemag.org/climate/2015/02/climate-skeptic-s-fossil-fuel-funding-puts-spotlight-journal-conflict-policies?rss=1

http://www.nature.com/news/documents-spur-investigation-of-climate-sceptic-1.16972

martedì 10 febbraio 2015

Voi siete qui


L'Isola di Pasqua è il luogo abitabile più lontano da qualsiasi altro luogo abitabile al mondo. A ovest, le isole Pitcairn e Henderson distano quasi 2100 km; a est, la costa del Cile è a 3600 km; ancora più lontani a ovest gli altri arcipelaghi della Polinesia orientale, le Isole della Società e le Marchesi, e le Hawaii a nord-ovest. Pasqua sorge da un cono vulcanico che ha la sua base a circa 2000 m di profondità ed emerge con tre crateri, inattivi da 100mila anni, fino ad un altitudine massima, modesta rispetto alle isole polinesiane, di circa 500 m sul livello del mare, e che delimitano il territorio grossomodo triangolare dell'isola, un pò più di 160 km quadrati. Le coste sono scoscese e non presentano lagune nè barriere coralline.
I primi colonizzatori umani, polinesiani provenienti dalle Isole Marchesi o da Pitcairn, arrivarono sull'isola probabilmente intorno al 900 d.C. Da allora e fino al primo contatto con gli europei nel 1722, non ci sono tracce di scambi commerciali con altri popoli, nè di manufatti provenienti da altre isole. Il popolo di Rapa Nui rimase completamente isolato e potè contare solo sulle risorse disponibili sul proprio territorio.

Anche il pianeta Terra è isolato e qualsiasi eventuale altro luogo abitabile è irraggiungibile, e non è ipotizzabile che i suoi abitanti possano attingere ad altre risorse oltre a quelle disponibili sul pianeta stesso.

Ma rispetto ai terrestri, i Rapa Nui godevano di un certo vantaggio: oltre alle risorse generate dalla produttività primaria dell'isola, cioè dall'energia del sole assorbita con la fotosintesi dalle piante e dalle alghe, che è alla base di tutte le catene alimentari, potevano nutrirsi anche grazie alla pesca; cioè procurarsi risorse generate dalla produttività primaria di altri luoghi. Mancando habitat pescosi sottocosta, dovevano spingersi al largo; ma per gente che aveva traversato mezzo Pacifico per arrivare fin lì, costruire imbarcazioni per la pesca in alto mare era un gioco da ragazzi. Non disponevano di mezzi per impermeabilizzare il fasciame, quindi le canoe polinesiane erano costruite in un pezzo solo: un grande tronco d'albero sagomato a forma di scafo e scavato all'interno per alloggiare gli occupanti. Poi uno o due bilancieri potevano essere fissati ai lati per stabilizzare la barca.
Infatti, i resti contenuti nelle fosse dell'Isola di Pasqua dove venivano gettati i rifiuti, documentano, con ossa di delfini e tonni, una intensa attività di pesca d'altura, almeno per i primi secoli. Poi, gli scarti alimentari da animali d'alto mare via via spariscono.

I terrestri, invece, non possono attingere ad altre risorse che quelle prodotte dalla produttività primaria della Terra stessa. Noi non possiamo andare a "pescare" altrove.

Le valutazioni sul popolamento massimo raggiunto dall'Isola di Pasqua sono molto variabili, ma le più affidabili stimano 15000 abitanti o forse più, quindi una densità vicina ai 100 abitanti/kmq, grossomodo metà di quella dell'Italia attuale. Su quali risorse potevano contare oltre alla pesca ? La spedizione originaria era stata quasi certamente programmata, e i coloni avevano portato con sè il necessario per avviare gli allevamenti tipici delle isole di provenienza. Coltivavano piante da tubero: patate dolci, taro e igname; canna da zucchero; l'isola sarebbe troppo ventosa per la coltivazione del banano, ma riuscivano ugualmente a farlo crescere all'interno delle caldere vulcaniche, al riparo; e portarono come animali da carne polli e ratti (via, non siate schizzinosi: può darsi che anche qualcuno dei nostri nonni ne abbia mangiati durante la guerra; cure richieste per l'allevamento nessuna, si riproducono facilmente... d'altronde è improbabile che siano arrivati come clandestini: una canoa, per grande che sia, può ospitare un ratto per un paio di settimane di navigazione senza che nessuno degli occupanti se ne accorga ?). Gli ossi di pollo e ratto costituivano comunque una frazione molto piccola dei rifiuti stratificati nelle fosse, almeno inizialmente. Prevalevano, oltre ai pesci, i resti di uccelli selvatici. Ce n'erano sei specie terrestri, tutte scomparse, e 25 di uccelli marini, di cui una sola ancora nidificante sull'isola.
La natura vulcanica dell'isola assicurava un suolo ricco di minerali e fertilissimo. Su questo terreno fertile i primi colonizzatori polinesiani trovarono infatti una fitta foresta. I resti di legno bruciato ed i pollini trovati negli strati antichi dei sedimenti fangosi delle paludi testimoniano la presenza di 21 specie di alberi di alto fusto, tra le quali probabilmente la palma più grande del mondo, endemica ed oggi estinta.
Ma all'arrivo dell'esploratore olandese Roggeveen nel 1722, poche migliaia di sopravvissuti vivevano in condizioni miserevoli, e su tutta l'isola, a parte i banani ancora coltivati nei vulcani, non esistevano specie vegetali più grandi di arbusti di un paio di metri.

Quando coltiviamo una pianta annuale, come un ortaggio qualsiasi, la sfruttiamo per la nostra alimentazione, poi la riseminiamo per la stagione successiva: utilizziamo parte dell'energia accumulata da quella pianta nel corso dello stesso anno. Ma quando si abbatte un albero d'alto fusto per sfruttarne le risorse (legno, corteccia, eccetera) si attinge in un colpo solo ad energia accumulata nel corso di molti decenni: è un pò come contrarre un debito con il nostro ambiente.

La deforestazione dell'Isola di Pasqua procedette inizialmente per guadagnare spazio per le coltivazioni, e per ottenere legna da ardere e grossi tronchi per la costruzione di canoe per la pesca, nonchè funi e tessuti che si ricavavano dalle cortecce. Man mano che le foreste si riducevano, il suolo era sempre più esposto all'erosione dovuta al vento e alla pioggia; veniva a mancare la sostanza organica portata dalle foglie e dal legno marcescenti; e quindi le rese delle coltivazioni diventavano via via inferiori.
Probabilmente la pratica di innalzare i moai, le caratteristiche statue simboliche raffiguranti gli antenati, che dovevano proteggere le rispettive comunità di provenienza, iniziò molto presto, forse tra il 1000 e il 1100; ma lo stato in cui è rimasta "fotografata" questa ritualità nel momento in cui si è interrotta di colpo, è rivelatore: metà degli 800-900 moai esistenti si trovano nella loro sede definitiva, su piattaforme lungo le coste tutto intorno all'isola; l'altra metà è attorno all'unica cava di roccia tufacea dove venivano scolpiti, o incompleti o finiti ma mai trasportati a destinazione. Vuol dire che nel giro di qualche tempo il loro numero sui vari ahu, le piattaforme da dove vegliavano sulle sorti degli isolani, era destinato a raddoppiare: era in atto un disperato parossismo nella fabbricazione di statue propiziatorie.
Il trasporto di queste statue, che pesavano in media 10 tonnellate (e la tendenza era quella di farne sempre più grandi), avveniva ad opera di centinaia di manovratori, che le trascinavano con grosse funi su binari di legno appositamente preparati, che potevano essere lunghi fino a una quindicina di kilometri per raggiungere le piattaforme più lontane dalla cava. La produzione di funi e binari richiedeva ulteriori sacrifici di alberi.
Scenario che possiamo immaginare facilmente: a seguito della deforestazione, l'agricoltura diventa sempre più povera, e si abbattono sempre più alberi per guadagnare nuova terra da coltivare; di conseguenza gli uccelli selvatici scompaiono, e anche la caccia fornisce sempre meno cibo; i sacerdoti, che vantano un canale di comunicazione privilegiato con il cielo, promettono un futuro di prosperità a condizione di guadagnarsi la benevolenza del regno dei morti, onorando gli antenati con statue votive; questa pratica dissipa un'enorme quantità di energie ed aumenta il fabbisogno alimentare, e contemporaneamente richiede l'abbattimento di un numero sempre maggiore di alberi, peggiorando sempre di più la crisi ambientale dell'isola. La progressiva riduzione del numero degli alberi non permette più la costruzione di canoe per pescare, e nemmeno per andarsene. La deforestazione si completa intorno al 1500 o poco dopo; l'agricoltura dà raccolti sempre più miseri, e non ci sono altre risorse se non i polli e i ratti. Non fosse per i moai, l'Isola di Pasqua sarebbe probabilmente famosa per i pollai: vere e proprie strutture fortificate, tutte in pietra e circondate di mura per impedire furti, molto più solidi delle case di legno e paglia.
Intorno al 1680, un colpo di stato militare abbatte, visto lo scarso rendimento nell'assicurazione di prosperità, la casta dei sacerdoti, e si scatena la guerra civile tra i vari clan. Dopo i ratti, l'altra specie di mammifero presente sull'isola, fino allora inutilizzata, diventa fonte di cibo. Ancora oggi l'insulto più sanguinoso che i nativi possono rivolgersi, suona come: "Mi è rimasta fra i denti un pò di carne di tua madre".
Gli ossi stratificati nelle fosse dei rifiuti parlano chiaro.

Chissà quali dibattiti accompagnarono l'abbattimento degli ultimi alberi rimasti. Chissà se qualcuno avrà manifestato confidenza nella capacità della tecnologia di risolvere in un prossimo futuro qualsiasi problema si stesse generando; magari qualche altezzoso capetto periferico avrà inveito contro gufi e rosiconi che seminano disfattismo e ostacolano lo sviluppo economico del Paese. Qualcuno avrà sostenuto che non era il caso di alterare i comportamenti usuali, poichè non era sufficientemente dimostrato che la scomparsa degli alberi avrebbe prodotto effetti tanto disastrosi.
Anche sulla Terra hanno assunto ruoli-guida dei mistici inspiegabilmente autorevoli che alimentano false credenze secondo cui dobbiamo continuamente aumentare i nostri consumi per assicurarci un futuro di prosperità e benessere.

Si potrà dire che il collasso della civiltà di Rapa Nui, da florida comunità di decine di migliaia di persone prosperata in completo isolamento, a un paio di migliaia di derelitti sopravvissuti alla disperazione del cannibalismo nel momento del primo contatto con gli europei, sia la triste storia della mancanza di consapevolezza sulle conseguenze di ciò che si sta facendo sul proprio ambiente. Noi oggi, abitanti della isolata Terra, abbiamo dalla nostra un bagaglio di conoscenze e di tecnologia che i più marginali dei polinesiani non potevano avere.
Infatti, cinque anni fa, un vasto gruppo di scienziati di diverse nazioni ha provato ad individuare nove parametri cruciali nel deterioramento del pianeta (1. Perdità di biodiversità; 2. Consumo di suolo; 3. Consumo di acqua dolce; 4. Cicli dell'azoto e del fosforo; 5. Ozono nella stratosfera; 6. Acidificazione degli oceani; 7. Effetto serra e cambiamento climatico; 8. Inquinamento chimico; 9. Accumulo di aerosol in atmosfera), provando a definire per ciascuno di essi delle soglie di sicurezza da non oltrepassare per il mantenimento di una ragionevole vivibilità della Terra.

Oggi, a cinque anni di distanza, noi terrestri consapevoli ed istruiti abbiamo già sforato quattro di questi nove limiti di pericolo: concentrazione di CO2 in atmosfera, il fattore-guida dell'effetto serra (7); sversamento di azoto nelle acque superficiali (principalmente da dilavamento di fertilizzanti) (4); tasso di estinzione di specie e perdita di biodiversità (1); e, da quest'anno, tasso di deforestazione (2).

Nel mappamondo, in giallo le zone in cui le aree forestali si stanno perdendo a ritmo potenzialmente pericoloso; in rosso le aree già gravemente oltre la soglia di rischio.
E i sacerdoti della superstizione del libero mercato continuano ad allettarci con immaginari futuri di benessere, a condizione di consumare sempre di più, "crescere" alimentare lo "sviluppo"; impavidamente e volontariamente incuranti della limitatezza del nostro sferico contenitore roteante nell'universo.
Voi intanto studiatevi la ricetta del ratto alla panna (vi assicuro che esiste). Tanto, cucinarsi gli Homo sapiens pare essere facile. In tutti i sensi.

Bibliografia:

- Jared Diamond - Collasso - Einaudi 2007
- http://blogs.scientificamerican.com/observations/2010/03/19/is-earth-past-the-tipping-point/
- http://blogs.scientificamerican.com/observations/2015/01/15/humans-cross-another-danger-line-for-the-planet/

martedì 13 gennaio 2015

Anno nuovo, incoscienza vecchia

Abbiamo concluso il 2014 con la grande Conferenza sul clima di Lima, dove gli emissari dei Governi del mondo si sono riuniti per dare al pubblico una delle migliori esibizioni nel peccato dal quale sembrano trarre il massimo godimento, l'ignavia (de gustibus...). Partiti con fiera baldanza e la promessa di tracciare linee finalmente vincolanti per contenere l'effetto serra ed il riscaldamento del pianeta, nella piena consapevolezza che il tempo stringe sempre di più, sono tornati con un documento insignificante, dilatorio, inconcludente e, come sempre, la promessa di prendere decisioni risolutive la prossima volta, a Parigi, dove si ripresenteranno con le stesse facce fieramente baldanzose e le stesse promesse, pienamente consapevoli che forse sarà già troppo tardi, e così via.

Il 2015 si è aperto con il consuntivo della temperatura media dell'anno appena concluso, che pone il 2014 al primo posto degli anni più caldi da quando esistono rilevazioni meteorologiche sistematiche e complete, dalla fine dell'800. Il precedente anno più caldo della storia era stato il 1998, segnato dalla corrente Pacifica detta "El Nino". Il 2014 ha superato tutti i record di temperatura media della Terra senza neanche avere avuto questo "aiutino" (si fa per dire). Per fasi un'idea della tendenza, tutti i 10 anni più caldi tra quelli per i quali le informazioni sono disponibili, cioè gli ultimi 130 circa, si collocano negli ultimi 17, tra 1l 1998 ed oggi.

E il 2015 a sua volta si presenta minacciosamente a guardare la volontaria impotenza dei terrestri a limitare le emissioni di gas-serra, dall'alto della prestigiosa soglia delle 400 ppm di CO2 in atmosfera, subito superata più volte fin dai primi giorni di gennaio. La concentrazione di anidride carbonica, la variabile-guida per l'effetto serra, in epoca pre-industriale si aggirava sulle 280 ppm; nelle fluttuazioni su e giù attorno a valori sempre più alti, 400 ppm sono state toccate per la prima volta nel maggio 2013; e nel 2014 la concentrazione media mensile di CO2 ha superato questo valore in marzo, aprile e giugno, mentre un picco massimo ha toccato quota 402 in maggio. Ora siamo già oltre questo limite simbolico, e quindi possiamo facilmente immaginare che ci rimarremo a lungo.


Andamento della concentrazione di anidride carbonica nell'atmosfera negli ultimi 800000 anni. Nel riquadro piccolo, dal 1958 ad oggi. Fonte: www.climatecentral.org

Mentre il riscaldamento globale procede a grandi passi sotto gli occhi di chiunque voglia vedere, il grande coro globale degli ignavi che avrebbero il compito di comprendere ed affrontare i problemi della collettività, vaneggia, senza il disturbo di voci dissonanti, l'impossibile ossessione di incrementare i consumi.

www.climatecentral.org

giovedì 8 gennaio 2015

Je suis

Compio le mie azioni per la maggior gloria di qualcun altro, che non può in alcun modo essere messo in discussione, quindi sono nel giusto.

Qualsiasi misfatto io commetta, lo eseguo a difesa di qualcun altro, superiore ed esterno ad ogni tua capacità di comprensione, quindi non hai nessun titolo per giudicare le mie malefatte.

Il valore o disvalore etico e morale di ciò che faccio si misura solo sul metro della fede, non sulle sue conseguenze materiali ed immediate, ed io stesso posso permettermi di non comprenderlo, potendo confidare solo sulla mia fede per essere certo di agire giustamente.

Tu, essendo uomo mortale e materiale, non hai titolo per giudicare le mie azioni, compiute nel nome di un essere infinitamente superiore del quale non puoi comprendere i fini ultimi per la salvezza per noi tutti.

Non c'è nulla di più deresponsabilizzante della religione.

Sei milioni di anni di evoluzione, spesi per avere le mani libere per acchiappare insetti e lucertole, a contendere le carogne a iene e avvoltoi, per procuraci un pò di carne, sviluppando un cervello complesso in grado di risolvere problemi complessi, per poi delegare tutte le soluzioni a entità soprannaturali inesistenti ?

Riprendiamoci la nostra laica animalità empirista, e dedichiamo le capacità di elaborazione che la nostra precaria esistenza di scimmie deboli ma sveglie ci ha consegnato, a costruire matite, disegni, progetti e idee. Non vuote fedi.