lunedì 19 novembre 2018

I maestri del giallo

Immagine Adnkronos

Ci sono tanti motivi per non sottovalutare la protesta dei "gilet gialli" in corso in Francia in questi giorni; risulta particolarmente istruttiva perché ci si possono trovare molti elementi di declinazione delle scelte future dell'occidente industrializzato, e di quasi tutti gli errori che si potranno commettere.

Quadro sommario della situazione: Il Governo francese pone una tassa supplementare sui combustibili, in particolare per i diesel, nel quadro dei programmi di riduzione delle emissioni di gas-serra: diciamo che si tratta di una "carbon-tax". Ha uno scopo ragionevole, mira a disincentivare i consumi, e va messo nel conto che le misure da intraprendere per la salvaguardia del clima possano risultare impopolari e non redditizie in termini di consenso.
La tassa scatena una rivolta generalizzata, soprattutto nelle aree periferiche e rurali del paese.
Poi, su tale protesta, si sovrappongono varie altre espressioni di malcontento più o meno qualunquiste, ma questo è, tutto sommato, secondario.

- Primo errore specifico: si mira a ridurre i consumi attraverso un solo e banale sistema di disincentivi economici, un una visione puramente mercantilista e liberista.
- Primo risultato: si instaura il solito e già visto sistema di "pseudoecologia liberista" in cui chi più può pagare più può inquinare, con presumibilmente scarsi benefici ambientali ed inasprimento delle disparità nel tenore di vita delle classi sociali.
- Primo errore generale: si cerca di operare in termini di solo libero mercato, scaricandone il costo, se non economico, almeno in termini di qualità della vita, sui gruppi socialmente più deboli, senza uno straccio di organizzazione, pianificazione e regolamentazione dell'utilizzo delle risorse energetiche.

- Secondo errore specifico: si disincentivano, penalizzandoli economicamente, i consumi privati senza offrire alternative sostenibili a tali consumi.
- Secondo risultato: Rivolta delle aree rurali e delle campagne, abbandonate e dimenticate dai servizi pubblici.
- Secondo errore generale: le scelte pregresse delle politiche di trasporto pubblico, ancora una volta puramente mercantilistiche, che hanno privilegiato i lucrosi collegamenti ad alta velocità tra le grandi città, e tagliato e raso al suolo i più costosi e meno redditizi trasporti locali capillari e periferici, che sono quelli che realmente tolgono automobili dalle strade.

Considerazioni conclusive e ancora più generali:
1) Da decenni consumiamo molto di più di quello che il pianeta su cui abitiamo produce. Questo non può durare e avrà un termine, con le buone o con le cattive. Meglio farlo finire con le buone e in modo controllato. Come dicono i personaggi più odiosi: "La pacchia è finita."

2) Ridurre i consumi (tutti, nella loro generalità, non solo di petrolio ma anche di merci) è una necessità ineludibile. L'ambiente non è un lusso.

3) La progressiva riduzione dei consumi induce uno stato di recessione permanente; di qui non si scappa. I provvedimenti da prendere risulteranno impopolari, questo è inevitabile e bisogna esserne consapevoli.

4) La recessione permanente va governata. Determina disoccupazione e sotto-occupazione, insostenibilità del debito pubblico e disagio sociale. Si può governare soltanto attraverso l'abbattimento delle disuguaglianze sociali, cioè con politiche perfettamente contrarie a quelle liberiste.

5) L'uso limitato, responsabile e sostenibile delle risorse del pianeta richiede che i consumi siano accuratamente pianificati e regolamentati, altro che libero mercato.

Insegnamento che si ricava:
Se si cerca di abbozzare politiche di salvaguardia del clima all'interno di una visione liberista dell'economia, si fa cilecca e ci si ritrova con i gilet gialli che ti tirano giù dal seggiolone.

domenica 18 novembre 2018

Anniversari - 18 novembre 1928 - Nascita di Topolino

Non posso fare a meno di pubblicare i passaggi essenziali del celebre saggio di Stephen Jay Gould pubblicato in occasione del cinquantenario dell'eroe dei fumetti su Natural History.

Omaggio di un biologo a Topolino

(A Biological Homage to Mickey Mouse); Stephen Jay Gould, 1978, in Natural History
Traduzione di Simona Cabib

[...]

Topolino ha superato il traguardo dei cinquant'anni. Per festeggiare la ricorrenza, molti cinema hanno proiettato il film che è stato il suo debutto cinematografico: Steamboat Willie (1928). Il primo Topolino era un tipo turbolento e vagamente sadico. In una sequenza notevole, che sfrutta l'introduzione del sonoro, Topolino e Minnie picchiano, strizzano e torcono gli animali presenti sulla nave per produrre un eccezionale coro sulle note di Turkey in the straw. L'oca diventa una tromba nella stretta delle loro braccia, la coda della capra viene usata per strimpellare, i capezzoli del maiale vengono pizzicati a ritmo, i denti della mucca vengono percossi come uno xilofono e le sue mammelle trasformate in una cornamusa.

[...]

Con il progressivo addolcirsi della personalità, si modifica anche l'aspetto esteriore di Topolino. Molti fan di Disney sono coscienti di questa trasformazione, ma nessuno, sospetto, si è mai reso conto di quali fossero i motivi che guidavano il mutamento. Credo che persino i disegnatori di Disney non si accorgessero di quanto stavano facendo, perché le modifiche sono avvenute a poco a poco nel corso del tempo. In breve, Topolino andò assumendo sempre più l'aspetto di un bambino. Dato che Topolino non ha mai cambiato la sua età cronologica – come la maggior parte dei personaggi dei cartoni animati, egli subisce senza alterarsi gli attacchi del tempo – il mutamento del suo aspetto rappresenta una vera e propria trasformazione evolutiva. (La progressiva infantilizzazione è un fenomeno evolutivo noto come neotenia.)
Le caratteristiche trasformazioni della forma che accompagnano la crescita umana hanno ispirato una notevole quantità di opere di biologia. Poiché la parte da cui si svilupperà la testa è la prima a svilupparsi nell'embrione ed è quella che, nell'utero, cresce alla velocità maggiore, (gradiente antero-posteriore, in termini tecnici) , il neonato avrà una testa grande in rapporto al corpo. Questo gradiente si capovolge nella crescita successiva e sono i piedi e le gambe le parti del corpo che crescono più velocemente. La testa continua a crescere, ma molto più lentamente del resto del corpo, in modo che le sue dimensioni relative diminuiscono.
Inoltre, durante la crescita umana, la testa subisce notevoli modifiche. Il cervello cresce molto lentamente dopo i tre anni e alla tipica testa infantile di forma bulbosa si sostituisce la testa dell'adulto, di forma triangolare e con una diversa posizione dell'arco sopracciliare. Gli occhi quasi non crescono, e le loro dimensioni relative diminuiscono decisamente. La mascella, invece, diventa sempre più grande. In confronto agli adulti, i bambini hanno testa e occhi più grandi, mascelle più piccole, un cranio prominente e gambe e piedi sproporzionatamente piccoli. Sono dolente di riconoscerlo, ma le teste degli adulti sono più simili a quelle delle scimmie antropomorfe.
Topolino, tuttavia, ha seguito questo cammino ontogenetico in senso opposto nel corso dei cinquant'anni che ha trascorso con noi. Egli ha assunto un aspetto sempre più infantile man mano che il personaggio di Steamboat Willie è andato cedendo il passo al grazioso e inoffensivo ospite di un mondo fantastico. Nel 1940, colui che una volta si era divertito a fare musica con i capezzoli di un maiale, riceve un calcio nel sedere per insubordinazione (come apprendista stregone nel film Fantasia). Nel 1953, in quello che sarà il suo ultimo cartone animato, egli va a pescare e non riesce neppure a sottomettere una fastidiosa vongola.
I disegnatori di Disney modificarono Topolino in silenzio, spesso usando in vario modo espedienti che mimano i cambiamenti della natura. Per dargli le gambe corte e paffute dei bambini, essi gli allungarono e allargarono i pantaloni. (Anche le braccia in seguito si ingrossarono e acquistarono delle giunture che ne accentuavano l'aspetto grassoccio.) Le dimensioni della testa aumentarono e il volto assunse un aspetto più giovanile. La lunghezza del muso di Topolino non è mai stata modificata, ma esso è stato ingrossato e così appare meno sporgente. Gli occhi di Topolino crebbero in due modi: innanzitutto, l'occhio del primo Topolino divenne, attraverso una modificazione evolutiva discontinua, una pupilla, in seguito l'intero occhio assunse dimensioni maggiori.
Le trasformazioni subite dalla testa sono particolarmente interessanti perché non dovevano alterare l'immagine convenzionale di Topolino: una testa rotonda con due orecchie e un muso oblungo. La testa rotonda non poteva, quindi, essere trasformata per dare l'idea del caratteristico cranio sporgente dell'infanzia. Le orecchie furono così spostate indietro, aumentando la distanza tra naso e orecchie, e dando rotondità alla fronte.
Per dare a queste mie osservazioni il marchio della scienza quantitativa, ho condotto delle misurazioni relative ai tre stadi dello sviluppo filogenetico ufficiale: il primo stadio è quello del Topolino dei primi anni trenta caratterizzato da un muso sottile e dalle orecchie poste nella parte anteriore della testa; il secondo stadio, quello del Topolino che appare nei panni di Jack nella favola della magica pianta di fagioli (1947); e il terzo ed ultimo stadio, quello del topo come appare oggi. Ho misurato tre segni della progressiva infantilizzazione di Topolino: la crescita delle dimensioni degli occhi rispetto a quelle della testa (misurata dall'attaccatura del naso all'estremità dell'orecchio posteriore); l'aumento della grandezza della testa rispetto a quella del corpo; l'aumento della volta cranica misurato sul progressivo spostamento dell'orecchio anteriore (calcolando la distanza tra l'attaccatura del naso e la cima dell'orecchio anteriore in percentuale rispetto alla distanza tra l'attaccatura del naso e la cima dell'orecchio posteriore).


Le tre misure sono aumentate progressivamente: gli occhi, che erano pari al 27% della lunghezza della testa, ne sono ora il 42%; la testa, a sua volta, che era pari al 42% del corpo, ne è oggi il 48,1%; la distanza tra l'attaccatura del naso e l'orecchio anteriore è passata dal 71,7% al 95,6% della distanza tra l'attaccatura del naso e l'orecchio posteriore. Ho paragonato queste dimensioni con quelle del giovane “nipote” di Topolino e ho concluso che l'aspetto del popolare personaggio dei cartoni animati si sta evolvendo verso una sempre maggiore somiglianza con i rappresentanti più giovani della sua genia, anche se ha ancora molta strada da percorrere per quel che riguarda le dimensioni della testa.
Vi potreste naturalmente chiedere che cosa abbia a che fare uno scienziato, anche solo marginalmente rispettabile, con un tale topo. Confesso che almeno una delle ragioni della scelta è il divertimento garantito da questo tipo di ricerche. (Sono di quelli che continuano a preferire Pinocchio a Quarto potere.) Tuttavia, Topolino mi aiuta a fare due importanti considerazioni. Dobbiamo innanzitutto chiederci perché Disney ha voluto modificare in questo modo il suo più famoso personaggio. I simboli nazionali non vengono modificati per capriccio, e chi conduce indagini di mercato (specie per le industrie delle bambole) impegna gran parte dei suoi sforzi e del suo tempo a scoprire quali siano le caratteristiche fisiche in grado di essere percepite come le più graziose e accettabili. Anche i biologi si sono impegnati a scoprire la stessa cosa in un gran numero di specie animali.
In uno dei suoi articoli più famosi, Konrad Lorenz afferma che gli umani utilizzano le caratteristiche differenze di forma tra bambini e adulti come importanti suggerimenti comportamentali. Egli crede che le fattezze infantili facciano scattare “meccanismi innati” che sovrintendono all'atteggiamento affettivo e protettivo negli umani adulti. Quando osserviamo una creatura vivente con caratteristiche infantili, sentiamo insorgere automaticamente dentro di noi una disarmante tenerezza. Il valore adattativo di questa risposta può difficilmente essere messo in discussione, in quanto la cura dei nostri piccoli è una necessità. Per inciso, Lorenz elenca tra i suoi stimoli scatenanti proprio quelle caratteristiche che Disney ha progressivamente dato al suo Topolino: “una testa relativamente grande, predominanza della scatola cranica, occhi grandi e situati in basso, estremità corte e grassocce, una consistenza elastica e movimenti goffi”.

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Lorenz mostra il potere che le caratteristiche infantili hanno su di noi, e la qualità astratta della loro influenza, evidenziando il fatto che spesso giudichiamo anche gli animali sulla base dei medesimi criteri, anche se un tale giudizio sarebbe profondamente inappropriato in un contesto evolutivo. In breve, veniamo ingannati da una risposta evolutasi per un vantaggio dei nostri piccoli e trasferiamo le nostre reazioni a quegli animali che presentano lo stesso tipo di caratteristiche.

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In ogni caso, le caratteristiche astratte dell'infanzia umana suscitano in noi potenti reazioni emotive anche quando le riscontriamo nell'animale. Io ritengo che l'evoluzione verso una progressiva infantilizzazione di Topolino rifletta la scoperta inconscia di questo principio biologico da parte di Disney e dei suoi disegnatori. Infatti, il tono emotivo di molti altri personaggi di Disney si basa sullo stesso principio. Il regno fantastico di Disney poggia su di una illusione di origine biologica: la nostra capacità di astrazione e la nostra disponibilità a trasferire in modo inappropriato ad altri animali le risposte suscitate in noi dalle trasformazioni determinate dal mutamento di forma dei nostri corpi.

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L'odissea subita dall'aspetto di Topolino suscita un altro commento di tipo biologico. Il suo cammino verso l'eterna giovinezza ripete la nostra stessa storia evolutiva. Quello umano è, infatti, un genere neotenico. Ci siamo evoluti mantenendo nella maturità quelle che erano le caratteristiche infantili dei nostri antenati. L'australopiteco, come Topolino in Steamboat Willie, aveva una mascella pronunciata e una fronte bassa.
I crani degli embrioni umani differiscono di poco da quelli degli embrioni di scimpanzè. La nostra forma si modifica nella crescita seguendo la stessa strada, si ha una relativa diminuzione delle dimensioni della volta cranica perché il cervello cresce molto più lentamente del corpo, mentre le mascelle diventano sempre più pronunciate. Tuttavia, mentre negli scimpanzè queste trasformazioni sono molto accentuate, e producono alla fine degli adulti estremamente diversi dai piccoli, in noi questi mutamenti procedono molto lentamente e non vanno mai molto lontano. Così da adulti, manteniamo le fattezze che avevamo da bambini. Naturalmente cambiamo abbastanza da determinare una notevole differenza tra il bambino e l'adulto, ma questo cambiamento è molto inferiore rispetto a quello che si ha negli scimpanzè e negli altri primati.
La nostra neotenia è stata provocata da un notevole rallentamento dei ritmi di crescita. I primati si sviluppano molto lentamente rispetto agli altri mammiferi, e noi abbiamo portato questa tendenza a un punto che non ha confronto con gli altri mammiferi. Abbiamo tempi di generazione molto più lunghi degli altri mammiferi, una fanciullezza estremamente prolungata e una vita media che supera di molto quella degli altri mammiferi. Gli aspetti morfologici di eterna giovinezza sono stati per noi importanti. I nostri grandi cervelli sono, almeno in parte, il risultato di un'estensione del rapido tasso di crescita prenatale al periodo postnatale. (In tutti i mammiferi, il cervello cresce molto rapidamente nell'utero, ma il più delle volte la sua crescita postnatale è irrisoria. Nell'uomo questa fase fetale si prolunga nella vita postnatale.)
Anche i tempi in cui si susseguono le trasformazioni hanno avuto la loro importanza. Noi siamo soprattutto animali che apprendono, e la nostra infanzia prolungata ci permette di trasferire la cultura attraverso l'educazione. Molti animali dimostrano plasticità nella loro infanzia ma seguono modelli rigidamente programmati in età adulta. Scrive Lorenz nell'articolo già citato: “La caratteristica fondamentale che rende l'uomo tale, lo stato di perenne sviluppo, è quasi certamente un dono che dobbiamo alla natura neotenica dell'umanità”.
In breve, noi, come Topolino, non cresciamo mai, pur diventando, purtroppo, vecchi. I migliori auguri a te, Topolino, per il tuo prossimo mezzo secolo. Speriamo di poter rimanere giovani come te, diventando però un po' più saggi.

sabato 1 settembre 2018

A bordo


Anche voi, vero, quando vi trovate al cospetto di un'automobile che espone sul lunotto il vistoso adesivo "Bebè a bordo", pensate: "Ah bè, c'è il bebè a bordo, allora magari eviterò di esplodere colpi di rivoltella verso l'abitacolo, e sorpasserò senza tagliargli la strada per buttarlo nel fosso come faccio di solito" ? Bravi. Proprio come me.
L'adesivo di avviso dovrebbe apparire superfluo, se non addirittura irritante, a meno che non abbiate la coscienza davvero molto ma molto sporca sulla vostra condotta lungo le strade. Perché mai dovrebbe essere rilevante ai fini dell'attenzione che dedico alla guida o dovrei modificare una virgola del mio comportamento se a bordo dell'auto c'è un bebè piuttosto che un anziano o un disabile o una persona qualsiasi o un australopiteco (si noti, di passaggio, l'uso corretto del "piuttosto che" sebbene in questo caso possa apparire sottile la differenza rispetto all'uso che ne fanno i barbari) ? Ci si aspetta che io abbandoni ogni attenzione alla sicurezza negli altri casi ? La premurosa esposizione dell'avvertimento della presenza del bimbo a bordo lascia intendere che la mamma si ritenga circondata dalla più generale inosservanza del codice della strada da parte di una popolazione di gangster sanguinari pronti a uccidere per una precedenza, ma che si squaglieranno di commozione all'idea che nell'auto ci sia un pupo ?
E la fine di ogni possibile bellezza di tanti materni timori si raggiunge quando sorpassi l'automobile col bebè a bordo con tutte le prudenze del caso e mantenendo le debite distanze, e scorgi la mamma premurosa alla guida mentre digita messaggi sul telefonino.

mercoledì 8 agosto 2018

Informati

E poi venne il tempo un cui il Professor Supercazzola pubblicò un articolo nel quale si affermava che guidare veicoli sul lato destro della strada provoca gravi disturbi alla salute, poichè perturba il normale flusso di energia dei chakra e impedisce il coagularsi della memoria dell'acqua nell'insieme olistico dei merdidiani corporei tra pancreas e ginocchio; sulla destra inoltre il corpo umano finirebbe per raccogliere maggiori concentrazioni di mercurio e altri metalli pesanti a causa delle proprietà motorie psicomagnetiche dell'energia cosmica. Guidare sulla destra risultava quindi causa di gravi malattie come autismo, schizofrenia, unghie incarnite e pelle screpolata.
Subito si formarono agguerriti gruppi di antidestristi, che insorsero contro le imposizioni del codice della strada, e ben presto scoprirono le truffaldine magagne degli editori che guadagnano un sacco di soldi dalla stampa di migliaia di copie del codice della strada stesso. Ulteriori studi dimostrarono che in Italia, dove si guida sul lato destro, avviene un gran numero di incidenti.
La mamme informate si mobilitarono contro l'establishment e imposero ai loro bambini di andare in bicicletta sempre e solo sul lato sinistro o, meglio ancora, al centro della carreggiata. Anche di fronte all'evidenza di qualche spiacevole incidente, le mamme informate rivendicavano con orgoglio l'assenza di qualsiasi sintomo di autismo nei loro figli, quantunque ridotti a grumi di carne sanguinolenta e ossicini frantumati.
I no-dexxx presero piede (e ruote) e perseveravano nell'occupare qualsiasi parte delle strade tranne la destra: sinistra, mezzeria, banchine, marciapiedi, tutto. Qualcuno cominciò a preoccuparsi e a pretendere l'osservanza dell'obbligo di guida sulla destra, ma i gruppi no-dexxx lo zittirono accusandolo di essere al soldo dell'industria dell'automobile, potente lobby pronta a mettere a repentaglio la salute dei cittadini pur di non modificare la posizione del posto di guida.
Il MoVimento degli onesti (che si è sempre vantato di non saper distinguere la destra dalla sinistra) prima, dall'opposizione, cavalcò la protesta appoggiando apertamente mamme informate e no-dexxx, poi, in vista di una possibile ascesa al Governo, dichiarò di non essere contrario al fatto che si debba comunque scegliere un lato su cui circolare, poi, finalmente e trionfalmente al Governo assieme alla LAFV (Lega degli Analfabeti con la Felpa Verde), rinviò a tempo indeterminato l'osservanza di qualsiasi obbligo, in nome, ovviamente, della libertà di scelta dei cittadini.

sabato 2 giugno 2018

Festa della Monarchia

Sarà stata la Festa della Repubblica, saranno state le istruttive note biografiche dei nuovi Ministri freschi di nomina, saranno state le aspettative sconnesse e sconclusionate dei tanti elettori entusiasti, fatto sta che sono caduto in una specie di trance e, come in sogno, ho avuto la Rivelazione dal Nostro Signore e Creatore di tutte le cose, il Prodigioso Mostro di Spaghetti Volante, che mi ha mostrato le imminenti Riforme Istituzionali che il Governo del Cambiamento si appresta a varare per modernizzare il Paese.
Siccome la Rivelazione ve l'ho raccontata con tutti i crismi e i misteri che si rispettino, e non potete dimostrare che sia falsa, siete tenuti a prenderla per vera come tutte le altre.

- Forma istituzionale: al fine di sottolineare le radici cristiane del Paese (mozione Lega) e di semplificare il quadro istituzionale e ridurre i costi e il numero dei politici (mozione 5Stelle), una nuova figura, moderna e al passo con i tempi, dotata di potere sia spirituale che temporale, accorperà su di sè i compiti di guida religiosa e di guida politica, rappresentando al tempo stesso i più alti livelli del Potere Legislativo, Giudiziario ed Esecutivo: il Papa Re. Del resto la separazione dei poteri è roba della vecchia politica, ormai superata.

- Il Papa Re è monarca assoluto ed autocratico, ricopre il suo incarico a vita, secondo le consolidate tradizioni nazionali (mozione Lega) e, al fine di garantire la massima trasparenza e ricambio del personale politico, non potrà essere riconfermato per più di due mandati (mozione 5Stelle). Ad ogni morte di papa, il nuovo Papa Re viene eletto mediante le conclavarie sulla piattaforma Rousseau (mozione 5Stelle). Hanno diritto di voto tutti i cardinali, vescovi e prelati di ogni ordine e grado, a condizione di avere almeno un antenato aderente alla Repubblica di Salò (mozione Di Maio - Di Battista). Questo per evidenziare che la Monarchia non rappresenta un ritorno al passato, ma una modernizzazione e un elemento di progresso che affonda le sue radici pure nelle tradizioni Repubblichine, pardon, Repubblicane, pur se ormai superate.

- Federalismo: Per assicurare la massima agilità e modernità amministrativa, si dà ampia autonomia alle istituzioni locali, che saranno organizzate a livelli gerarchicamente inclusivi, e rette da Vassalli, Valvassori e Valvassini (mozione Lega), nominati direttamente dal Papa Re.

- Uscita dall'Euro (mozione unanime): Ciascun Ente amministrativo, fino al livello di Valvassini o anche di Comuni, potrà battere propria moneta, e volendo anche più di una. Poi per i cambi ci si arrangia a livello locale con apposite trattative, da condurre mediante clave e mazze ferrate.

- Diritti civili: aboliti, inutile fare l'elenco. Pensatene uno: ecco, è abolito (mozione Lega). Ci si attiene alle radici cristiane di cui sopra (mozione Lega). La non osservanza dei precetti religiosi (cristiani cattolici, ovviamente) è penalmente punita. Praticare altre religioni non se ne parla proprio (mozione Lega). Se sei straniero si dà per scontato che pratichi qualche altra religione e sei punito comunque (mozione Lega).
Ma in questo quadro di grande innovazione e modernizzazione non si può non tenere conto dell'annoso problema del sovraffollamento delle carceri. Quindi tutti questi nuovi reati di eresia, istituiti al fine di arginare il diffondersi dei fondamentalismi, saranno puniti adottando i più moderni concetti relativi alle pene alternative al carcere, per esempio il rogo (mozione 5Stelle).

Come si vede si tratta di innovazioni di una modernità dirompente, che non potranno che spaventare la vecchia politica.
Indubitabilmente.

domenica 22 aprile 2018

22 aprile - Giornata della Terra

Il 22 aprile è la Giornata della Terra. Celebrarla è una gran bella cosa, ma poiché un pò di pensiero scientifico, checché ne dicano alcuni, rende la nostra esistenza più consapevole e più ricca, celebrarla avendo davanti qualche dato quantitativo probabilmente ha più significato.
Da questo semplice articolino divulgativo ho estratto i due grafici qui sotto, che visualizzato il peso, in termini di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, di alcune delle nostre scelte quotidiane.


Ma partiamo dal dato di base: come media dei 10 Paesi maggiori produttori di gas serra, siamo a 17,6 tonnellate di CO2 pro capite / anno. La media europea è leggermente più bassa, e i peggiori in assoluto per CO2 pro capite sono Stati Uniti e Australia (sui consumatori australiani grava il grande dispendio di energia per i trasporti nel commercio estero), mentre il Paese in assoluto più climalterante, la Cina, come quota per abitante è su valori abbastanza dignitosi. Ma sappiate che si potrebbe considerare "sano", per la salvaguardia del clima, uno stile di vita intorno a 5 tonnellate di CO2 pro capite / anno. Cioè, dovremmo cercare di consumare meno di un terzo di quanto consumiamo oggi.

Nel primo grafico vedete l'impatto positivo di alcune scelte alla nostra portata nella vita di tutti i giorni: in ordine crescente di efficacia: usare lampadine a fluorescenza; asciugare il bucato all'aria anziché con asciugatrice elettrica; riciclaggio dei rifiuti; lavare i panni a bassa temperatura; dieta a base vegetale; scegliere un fornitore di energia che attinga a fonti rinnovabili (l'effetto nel grafico suppongo sia quello limitato dalla disponibilità attuale rispetto ai consumi attuali, altrimenti una differenza così esigua non si spiegherebbe); evitare un viaggio aereo intercontinentale; non usare l'automobile; e infine la combinazione di tutte queste azioni di ordinaria condotta individuale consapevole. Già queste poche semplici scelte, da sole, possono permettere anche a noi grandi inquinatori di arrivare vicini a uno stile di vita da 10 tonnellate/anno, che non è l'ottimale, ma sarebbe già più accettabile.
Manca qui una voce a cui io tengo molto, ma riconosco che, per la sua vaghezza e genericità, non permetterebbe una stima quantitativa ragionevole del suo impatto. Tale voce è: "evitare di comprare cazzate inutili", evitando di conseguenza di sollecitare il consumo di risorse per la fabbricazione di ulteriori cazzate inutili.

Nel secondo grafico vedete il confronto tra l'insieme di tutte queste scelte quotidiane di sano comportamento, con una scelta un pò meno quotidiana: fare un figlio in meno. Non si tratta di un truffaldino cambio di unità di misura: le 58,6 tonnellate di CO2 in meno sono, anche in questo caso, stimate per anno. Però un pò di trucco c'è: è una media che attribuisce alla scelta di fare un figlio anche i consumi delle generazioni successive per centinaia di anni, in quote decrescenti in base al rapporto di parentela (e ovviamente sempre per paesi forti consumatori).
La stima, secondo me più appropriata, di Mike Berners-Lee [1] è che una singola persona, nella sua vita, costi al pianeta 373 tonnellate di CO2 equivalenti (media mondiale, computata tanto su statunitensi quanto su eritrei): se il pargolo sarà molto consapevole e attento alle problematiche ambientali, potrà arrivare all'encomiabile valore di 100 tonnellate; se sarà uno scriteriato che se ne frega e consuma a tutto spiano, può tranquillamente sforare le 2000 tonnellate (25 t/anno x 80 anni, diciamo). Aggiungendo i consumi della ulteriore progenie, ecco che si arriva facilmente a quella stima meno parsimoniosa di 58,6 tonnellate / anno.

Sempre secondo il "prudente" Berners-Lee: Volete fare qualcosa di peggio che generare un figliolo per aggravare l'effetto serra ? Appiccate il fuoco ad un bosco. Tanto per darvi un'idea del tipo di danno.

Ora, per precisione e correttezza, poiché l'impatto di una persona in termini di emissioni di CO2, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, tende a diminuire con l'età, aggiungo che evidenziare il danno ambientale causato dal fare un figlio non può in alcun modo essere interpretato come un incoraggiamento ad ammazzare quelli che avete già. Una volta che il pargolo è un pò cresciuto, gran parte del danno, in termini di riscaldamento globale, ormai è stato già fatto. Quindi tenetevelo e semmai educatelo a pensare in termini scientifici e ad avere consapevolezza dei problemi ambientali.

[1] Mike Berners-Lee - La tua impronta - Terre di mezzo, 2013

sabato 31 marzo 2018

Le vie della nomenclatura sono finite

"Allora il Signore Dio plasmò dal suolo ogni sorta di bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo e li condusse all'uomo, per vedere come li avrebbe chiamati: in qualunque modo l'uomo avesse chiamato ognuno degli esseri viventi, quello doveva essere il suo nome. L'uomo diede dei nomi a tutto il bestiame, agli uccelli del cielo e ad ogni animale dei campi; ma per l'uomo non si trovò un aiuto che fosse adatto a lui."
[Genesi 2:19-20]


La nomenclatura biologica segue il sistema binomiale introdotto nella decima edizione del suo Systema naturae da Carl von Linnè (italianizzato, secondo l'uso del tempo, in Carlo Linneo) nel 1758. Ogni specie è identificata da due nomi, in latino, che era la lingua universale per gli scienziati dell'epoca: Il primo, il nome generico, è quello del raggruppamento di specie più strettamente affini fra loro (Linneo credeva di classificare la creazione di Dio e non aveva idea di legami di parentela e discendenza da antenati comuni tra le specie), è un sostantivo e si scrive sempre con l'iniziale maiuscola; il secondo, il nome specifico, si scrive sempre minuscolo ed è di norma o un aggettivo o un sostantivo di solito declinato al genitivo, in riferimento al primo descrittore della specie o altri personaggi di rilievo, oppure alla collocazione ecologica, o ad altre caratteristiche della specie. Esempi: Eudorcas thomsonii (gazzella di Thomson), Sarcoptes scabiei (acaro della scabbia); Dendropsophus ozzyi si chiama così non perché il cantante Ozzy Osbourne si sia mai occupato di tassonomia degli anfibi, ma perché si tratta di una rana che gracida con voce potente e acuta (e forse poco melodiosa).
Va da sè che tutte le specie appartenenti allo stesso genere avranno lo stesso nome generico e differiranno per il nome specifico: Helianthus annuus (girasole), Helianthus tuberosus (topinambur). Se nel discorso il genere è già stato nominato e non esiste possibilità di equivoco, si può abbreviare il nome generico alla sola iniziale puntata, ma non si può mai abbreviare il nome specifico: potrei quindi ora parlare di H. tuberosus, mentre Helianthus t. sarebbe invece un erroraccio sanzionabile con matitona blu grossa grossa infilata vi spiego poi dove. I nomi latini delle specie vanno infine scritti in corsivo o, almeno, sottolineati.

Joachim Neumann fu un musicista tedesco della seconda metà del Seicento. Se la sua fama è oggi piuttosto nebulosa, egli fu un'autentica celebrità per i suoi contemporanei, che apprezzarono enormemente i suoi inni sacri destinati alla liturgia protestante e calvinista (forse non avrebbe duettato volentieri con il citato Ozzy, diciamo). Neumann era di Brema, ma trascorse l'ultima parte della sua vita a Dusseldorf, dove aveva ottenuto un prestigioso incarico di insegnamento.
Dusseldorf, la sua città di adozione, ha significato letterale di "porta del Dussel"; e che cosa sarà mai dunque questo Dussel ? E' un fiumiciattolo, affluente di destra del Reno, che si tuffa nel grande fiume appunto nel luogo in cui sorge la città. Joachim Neumann adorava passeggiare lungo la valle del Dussel, dove traeva dall'osservazione della natura ispirazione per le sue composizioni. E tale era la passione del musicista per quella vallata, e tanta era la sua fama, che dopo la sua morte si decise di intitolare a suo nome l'intera valle. Oggi siamo abituati a cantanti che adottano nomi d'arte, e io ho il sospetto che più scarso sia il talento, più volentieri ci si presenti al pubblico sotto falso nome, ma forse è solo la mia incurabile cattiveria a farmelo pensare. Meno ovvio ci potrebbe sembrare l'uso di nomi d'arte nel XVII secolo; ma in un clima culturale dominato non tanto dal movimento artistico del neoclassicismo, ma da una vera psicopatologia ossessiva per l'estetica neoclassica, capace di produrre capolavori quali "L'incoronazione di Poppea" di Monteverdi, immortali (nel senso della durata dell'opera) e indimenticabili (nel senso che rimanere chiusi in un teatro ad ascoltare per sei ore le nenie del "recitar cantando" dev'essere un'esperienza che segna per la vita), il non rifarsi ad ascendenze e canoni della romanità o, meglio ancora, dell'ellenismo, avrebbe reso dozzinale qualsiasi realizzazione artistica, per quanto ambiziosa; Neumann non firmava dunque le sue composizioni con il suo vero cognome ma, seguendo l'uso introdotto già da suo nonno, a sua volta musicista, ne presentava una versione grecizzata. La forma greca scelta dai Neumann non fu affatto banale: l'"uomo nuovo" del cognome non venne interpretato in senso "antropo-generico", ma "andro-specifico": il Neumann tedesco diventava in greco "nuova persona di sesso maschile", cioè Neander. Scelta in qualche modo anticipatrice della formula egualitaria del secolo successivo "gli uomini sono tutti uguali", che nella sua formulazione originaria nascondeva un non detto, taciuto non si sa se per vergognoso pudore o perché dato per scontato: "gli uomini sono tutti uguali, e le donne un paio di gradini più sotto". Ancora i razzisti della fine dell'Ottocento si impegnavano in accuratissime discussioni per dirimere la questione se le donne valessero qualche cosa di più o qualche cosa di meno rispetto ai negri. Fuori concorso evidentemente le donne negre.
Fatto sta che il celebre artista Neumann/uomo-nel-senso-di-maschio nuovo/Neander ebbe ribattezzata in suo onore la valle del fiume Dussel, chiamata pertanto Neanderthal. E fu proprio lì, in una cava molto più a monte di dove presumibilmente Neumann/Neander andava a passeggiare, che la "valle dell'uomo nuovo" vide emergere alla luce, nel 1856, il primo scheletro fossile di un uomo vecchio.
Tre anni prima della pubblicazione dell'Origine delle Specie di Charles Darwin solo poche minoranze erano culturalmente predisposte alla possibilità di specie umane diverse dalla nostra, e quello scheletro così indiscutibilmente umano, ma con ossa così insolitamente robuste e massicce e quel cranio basso, dalla fronte sfuggente e tanto elongato verso l'indietro era un rebus. Tutte le ipotesi seguenti furono proposte con piena serietà: poteva essere lo scheletro di un rachitico (ossa troppo grosse); oppure lo scheletro di un cretino (fronte troppo bassa); oppure, se non era un cretino, forse era un polacco (i tedeschi, su certe cose, sono alquanto inguaribili); o infine, poteva essere uno che soffriva di dolorosissime emicranie, e a forza di massaggiarsi continuamente la fronte aveva deformato il cranio in quella maniera. Non c'erano ancora metodi affidabili per risalire a una datazione, e si poteva solo intuire che fosse uno scheletro antico, molto antico. Forse addirittura di cinquant'anni prima, un cavaliere che aveva inseguito fin sul Reno le armate napoleoniche in precipitosa ritirata dalla Russia (di qui l'ipotesi del polacco). Oggi sappiamo che quell'anzianità si può moltiplicare per circa mille, ma già intorno al 1860 si era stabilito che si trattava di una specie umana arcaica ed era stato attribuito ad essa il nome di Homo neanderthalensis.
Immagino benissimo che i conoscitori del tedesco saranno già insorti in coro, fin da molte righe più sopra, per farci notare, giustamente, che la parola tedesca per "valle" si scrive "tal" e non "thal". E' infatti vero, ma è diventato vero solo con la riforma di modernizzazione della lingua tedesca del 1904. Il nome biologico alla specie era già stato assegnato quarant'anni prima, e una volta attribuito non si può certamente modificare inseguendo gli aggiornamenti linguistici relativi alle sue origini. Quindi la valle del Dussel ove un tempo Joachim Neumann passeggiava si chiama oggi Neandertal, ma se usate la nomenclatura biologica binomiale appropriata, dovete scrivere Homo neanderthalensis; tuttavia se usate il nome comune in linguaggio discorsivo, potete scrivere uomo di neandertal o di neanderthal a vostro piacimento.
Sì, la nomenclatura a volte è tortuosa.

giovedì 22 febbraio 2018

Ti strappo il PIL


Gli entusiasmi dilagano quando il Prodotto Interno Lordo aumenta di un punto percentuale; anzi, in tempi di sana contrazione dei consumi e degli sprechi, si è disposti a farsi ingolosire anche di un aumento di mezzo punto, ma che dico: anche per uno 0,1 % in più di PIL la felicità di nazioni e rispettivi governanti sembra balzare al settimo cielo.
Ci hanno sempre raccontato che il PIL è quell'indicatore che racconta quanta ricchezza è stata prodotta in una data area, tipicamente in una nazione, in un anno. Facile. La gente consuma di più, le industrie producono di più, si lavora di più e tutti guadagnano di più. Ma quant'è bello.
Basta produrre di più per consumare di più, qualsiasi cosa, non ha importanza che tipo di merce o servizio, è sufficiente fabbricare, fornire e vendere: foulard o pannelli solari, automobili o ciabatte. L'utilità non è rilevante.
Per produrre più merci si consumerà più energia, e produttori e fornitori di energia venderanno e guadagneranno di più; poi c'è tutta la filiera dalla produzione alla distribuzione alla vendita, e nei casi migliori tutta un'ulteriore cornucopia di servizi post-vendita. E infine, lo smaltimento dei rifiuti: se si consuma di più, si produce più spazzatura, e anche le aziende di smaltimento lavoreranno di più e saranno remunerate di conseguenza. E va da sé che più si spreca e meglio è, se acquistiamo anche qualcosa in eccesso oltre a quello che ci apparirebbe tanto necessario come quell'indispensabile crema con l'acqua micellare (che tradotto è: acqua con sapone), e ne prendiamo due vasetti di troppo, è tutta ricchezza che viene prodotta e il PIL gongola.
D'altronde, se spreco energia per fabbricare inutili futilità, il PIL mi sgrida forse ? No, anzi, vieppiù rimpingua per la gioia di grandi e piccini. E se soffoco il mio e l'altrui habitat con i miei rifiuti ? Idem.
Ecco allora il business del futuro, quello che ci regalerà un cortocircuito di felicità assoluta e benessere generalizzato (che è poi quello che stiamo realizzando attualmente, solo un pò mimetizzato: esplicitiamo, dunque).
Mettiamoci a fabbricare spazzatura. Facile ed essenziale. Attenzione, non la spazzatura che spontaneamente e già esageratamente risulta dalle nostre attività quotidiane, ahimè anonima. No no, spazzatura costruita apposta, con congruo consumo di materie prime ed energia, da vere fabbriche di spazzatura, con tanto di logo e marchio anti-contraffazione, che la proprietà intellettuale sia ben tutelata. Spazzatura da distribuire, vendere a grossisti e poi ad esercenti, che la rifileranno al dettaglio ai consumatori finali, cioè noi, che la acquisteremo e la conferiremo correttamente, possibilmente alla raccolta differenziata. Ma sai che botto di PIL con un commercio così ?
Mi pare di sentire le vostre obiezioni: ma nessuno può essere interessato ad acquistare rifiuti, è una produzione che mai incontrerà il favore dei consumatori, e via magari con la solita favoletta che il libero mercato è una sorta di entità autoregolante che finirebbe inevitabilmente con l'escludere dal commercio un prodotto di cui non si sente il bisogno.
E bravi furbini: perché, dell'acqua micellare ne avete bisogno ? E la camiciola firmata dal bravo stilista vi è così necessaria ? Il bisogno si crea. Il capitalismo sarebbe morto e sepolto senza bisogni immaginari e inesistenti.
Ma non li vedete già, come li vedo io, stilisti e grandi firme della spazzatura spuntare ovunque come funghi ? Chi non desidererebbe mettere fuori dalla porta un bel saccone di indifferenziato griffato, ben esposto all'invidia dei vicini ? E quanti giochi ad eliminazione con grandi chef accigliati a giudicare composizioni di gambi di carciofo e ossi di pollo per il sacchetto dell'umido ? Chi non si adeguerebbe alla moda dilagante di cui tutti parlano ? File di pecoroni in coda davanti ai negozi specializzati il giorno dell'uscita del nuovo prodotto, ampiamente reclamizzato e immancabilmente innovativo, da conferire in "plastica e lattine", ecco il futuro del mercato che farà volare il nostro PIL.
D'altra parte, pensateci: la moda viene considerata il fiore all'occhiello delle produzioni del cosiddetto "Made in Italy". E fabbricare abiti conformi alla moda del momento, concepiti solo per essere gettati via tra breve tempo, quando la moda sarà cambiata, non è concettualmente diverso dal fabbricare spazzatura.

sabato 27 gennaio 2018

Il tirannosauro nel corridoio


Oggi come dopo la Grande Guerra, squadracce fasciste si esibiscono sfacciatamente in intimidazioni a gruppi socialmente attivi e a giornali, e sono in tutto uguali a quelle di un secolo fa, con il solo costrutto fondativo dell'uso della forza contro la ragione.
In un'epoca nella quale gli stati nazionali non hanno più alcuna ragione di essere (se mai l'hanno avuta), in cui l'interesse nazionale è soltanto di ostacolo alla soluzione di problemi inevitabilmente di portata mondiale, assistiamo ad assurde espressioni di nazionalismo, tanto più becere quanto anacronistiche.
Uno degli esiti nefasti dei nazionalismi è la categorizzazione degli "altri", dei non omologati, da poter contrapporre ad un "noi" che altrimenti, se non per contrasto, non sarebbe definibile. Tale classificazione delle persone pretenderebbe di predire caratteri e comportamenti individuali in base alle categorie di appartenenza, in modo del tutto arbitrario.
La categorizzazione è funzionale all'esclusione, alla privazione di riconoscimento e di cittadinanza alle categorie più marginali, facili da additare come corpo estraneo infiltrato in quelle stesse ormai inutili entità nazionali, forse ostile, comunque causa di tutti i mali della società. Serve ad additare un nemico qualsiasi purchè marchiabile come tale.
In poche parole, si tratta della ricerca ossessiva di pretesti per punire gruppi di persone per quello che SONO, e non per quello che (eventualmente) FANNO.
Ogni istanza sociale viene semplificata e risolta aizzando i penultimi della società all'odio contro gli ultimi, come se questi fossero la causa delle disuguaglianze: che a nessuno venga in mente di toccare i privilegi e i privilegiati, che hanno così assicurata la perpetuazione.
Anzi, l' 1% che acquisisce l' 80% della ricchezza prodotta, si raffigura come una divinità generosa e munifica da ossequiare, che può, in cambio della rinuncia a dignità e diritti, opportune genuflessioni ed eventualmente sacrifici umani, concedere a sua discrezione i passaggi dalla casta degli ultimi a quella dei penultimi e, per i soggetti di provata fedeltà, persino a quella dei terzultimi.
Un uomo politico meschino candidato a un'importante carica istituzionale fa appello alla "difesa della razza bianca" e, nonostante la palese imbecillità dell'affermazione, non solo non si ritira dalla corsa elettorale ma, addirittura, vede migliorare la sua posizione nei sondaggi di opinione.

Ecco, se oggi non avessimo questo tirannosauro nel corridoio che ci sforziamo di non vedere, se tutti i fascismi del mondo non stessero spudoratamente rialzando la testa facendo leva proprio sulla rimozione della storia e sulla banalizzazione e lo svilimento del passato, se la strada che porta ai campi di sterminio non la stessimo ripercorrendo proprio ora, passo per passo, prepotenza per prepotenza e falsità per falsità, allora la giornata della memoria sarebbe una commemorazione ordinaria.
Oggi, giornata della memoria, non è una giornata ordinaria perchè la memoria, adesso, qui, oggi, ci occorre tutta.

venerdì 19 gennaio 2018

La conchiglia che resistette a Braccio di Ferro


Anche la scienza ha una sua aneddotica condita di elementi leggendari: storie di scoperte o di errori che si raccontano e si tramandano, di cui pochi (se non nessuno) sanno più quanto ci sia di autentico e quanto di romanzesco. Senza scomodare la quasi-anti-epica della mela di Newton o della tinozza da bagno di Archimede, un racconto ben più plausibile e modesto, ma della cui autenticità non si hanno (o io ignoro) riscontri, colloca nel decennio 1890-1900, quando i progressi tecnologici nella chimica analitica permisero tutto un fiorire di studi sulla composizione degli alimenti, uno svarione pubblicato in un articolo statunitense, che mostrava in una tabella, alla riga "Iron" e sotto la colonna "Spinach" un esorbitante valore di 30,0 mg / 100 g a causa di un errato posizionamento della virgola. Una postilla forse ancor più apocrifa aggiunge che del misfatto l'autore della pubblicazione incolpò la segretaria che aveva battuto a macchina il manoscritto, facendo scivolare la storia nel filone letterario ben più affollato delle immancabili e generalizzate colpevolezze delle segretarie.
Il dato fu definitivamente corretto e l'errore smentito solo negli anni trenta, riportando gli spinaci a un rispettabile, ma tutt'altro che eccezionale, contenuto in ferro di 3,00 mg / 100 g di peso fresco (parte dei quali milligrammi peraltro se la danno a gambe con la cottura). Ma ormai, dal 1933, erano apparsi i cartoni animati di Braccio di Ferro, e il luogo comune degli spinaci ricchi di ferro aveva solidamente preso piede. Come sempre, la diffusione di una notizia falsa è molto più rapida della sua correzione.
Vera o romanzata che sia questa vicenda, gli effetti concreti che essa ha avuto sulla nostra infanzia si sono materializzati in abbondanti porzioni di spinaci lessati che sapevano di niente, fattici ingurgitare di malavoglia nella vana illusione di fornirci ferro in abbondanza. Scoprimmo solo più tardi che era tutta una balla e che la nostra gioventù avrebbe potuto meritare contorni più sinceri.


Chi, a differenza di noi ingenui e futili primati, non avrebbe potuto lasciarsi trarre in inganno da simili false credenze, è un solido e pratico mollusco bivalve. Non c'è illusione né vana speranza che tenga sulla quantità di ferro assunto: tutto risulta, nitido e chiaro, dall'autobiografia scritta in bande di accrescimento sulla conchiglia: ogni fluttuazione nelle concentrazioni di calcio, ferro, magnesio, manganese, ecc. nei tempi e nei luoghi dello sviluppo di ogni individuo lascia la sua traccia, a differenza degli insipienti e ingannevoli spinaci che tendono un pò a sfumare nella nostra memoria.