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Ci sono tanti motivi per non sottovalutare la protesta dei "gilet gialli" in corso in Francia in questi giorni; risulta particolarmente istruttiva perché ci si possono trovare molti elementi di declinazione delle scelte future dell'occidente industrializzato, e di quasi tutti gli errori che si potranno commettere.
Quadro sommario della situazione: Il Governo francese pone una tassa supplementare sui combustibili, in particolare per i diesel, nel quadro dei programmi di riduzione delle emissioni di gas-serra: diciamo che si tratta di una "carbon-tax". Ha uno scopo ragionevole, mira a disincentivare i consumi, e va messo nel conto che le misure da intraprendere per la salvaguardia del clima possano risultare impopolari e non redditizie in termini di consenso.
La tassa scatena una rivolta generalizzata, soprattutto nelle aree periferiche e rurali del paese.
Poi, su tale protesta, si sovrappongono varie altre espressioni di malcontento più o meno qualunquiste, ma questo è, tutto sommato, secondario.
- Primo errore specifico: si mira a ridurre i consumi attraverso un solo e banale sistema di disincentivi economici, un una visione puramente mercantilista e liberista.
- Primo risultato: si instaura il solito e già visto sistema di "pseudoecologia liberista" in cui chi più può pagare più può inquinare, con presumibilmente scarsi benefici ambientali ed inasprimento delle disparità nel tenore di vita delle classi sociali.
- Primo errore generale: si cerca di operare in termini di solo libero mercato, scaricandone il costo, se non economico, almeno in termini di qualità della vita, sui gruppi socialmente più deboli, senza uno straccio di organizzazione, pianificazione e regolamentazione dell'utilizzo delle risorse energetiche.
- Secondo errore specifico: si disincentivano, penalizzandoli economicamente, i consumi privati senza offrire alternative sostenibili a tali consumi.
- Secondo risultato: Rivolta delle aree rurali e delle campagne, abbandonate e dimenticate dai servizi pubblici.
- Secondo errore generale: le scelte pregresse delle politiche di trasporto pubblico, ancora una volta puramente mercantilistiche, che hanno privilegiato i lucrosi collegamenti ad alta velocità tra le grandi città, e tagliato e raso al suolo i più costosi e meno redditizi trasporti locali capillari e periferici, che sono quelli che realmente tolgono automobili dalle strade.
Considerazioni conclusive e ancora più generali:
1) Da decenni consumiamo molto di più di quello che il pianeta su cui abitiamo produce. Questo non può durare e avrà un termine, con le buone o con le cattive. Meglio farlo finire con le buone e in modo controllato. Come dicono i personaggi più odiosi: "La pacchia è finita."
2) Ridurre i consumi (tutti, nella loro generalità, non solo di petrolio ma anche di merci) è una necessità ineludibile. L'ambiente non è un lusso.
3) La progressiva riduzione dei consumi induce uno stato di recessione permanente; di qui non si scappa. I provvedimenti da prendere risulteranno impopolari, questo è inevitabile e bisogna esserne consapevoli.
4) La recessione permanente va governata. Determina disoccupazione e sotto-occupazione, insostenibilità del debito pubblico e disagio sociale. Si può governare soltanto attraverso l'abbattimento delle disuguaglianze sociali, cioè con politiche perfettamente contrarie a quelle liberiste.
5) L'uso limitato, responsabile e sostenibile delle risorse del pianeta richiede che i consumi siano accuratamente pianificati e regolamentati, altro che libero mercato.
Insegnamento che si ricava:
Se si cerca di abbozzare politiche di salvaguardia del clima all'interno di una visione liberista dell'economia, si fa cilecca e ci si ritrova con i gilet gialli che ti tirano giù dal seggiolone.
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