venerdì 19 gennaio 2018
La conchiglia che resistette a Braccio di Ferro
Anche la scienza ha una sua aneddotica condita di elementi leggendari: storie di scoperte o di errori che si raccontano e si tramandano, di cui pochi (se non nessuno) sanno più quanto ci sia di autentico e quanto di romanzesco. Senza scomodare la quasi-anti-epica della mela di Newton o della tinozza da bagno di Archimede, un racconto ben più plausibile e modesto, ma della cui autenticità non si hanno (o io ignoro) riscontri, colloca nel decennio 1890-1900, quando i progressi tecnologici nella chimica analitica permisero tutto un fiorire di studi sulla composizione degli alimenti, uno svarione pubblicato in un articolo statunitense, che mostrava in una tabella, alla riga "Iron" e sotto la colonna "Spinach" un esorbitante valore di 30,0 mg / 100 g a causa di un errato posizionamento della virgola. Una postilla forse ancor più apocrifa aggiunge che del misfatto l'autore della pubblicazione incolpò la segretaria che aveva battuto a macchina il manoscritto, facendo scivolare la storia nel filone letterario ben più affollato delle immancabili e generalizzate colpevolezze delle segretarie.
Il dato fu definitivamente corretto e l'errore smentito solo negli anni trenta, riportando gli spinaci a un rispettabile, ma tutt'altro che eccezionale, contenuto in ferro di 3,00 mg / 100 g di peso fresco (parte dei quali milligrammi peraltro se la danno a gambe con la cottura). Ma ormai, dal 1933, erano apparsi i cartoni animati di Braccio di Ferro, e il luogo comune degli spinaci ricchi di ferro aveva solidamente preso piede. Come sempre, la diffusione di una notizia falsa è molto più rapida della sua correzione.
Vera o romanzata che sia questa vicenda, gli effetti concreti che essa ha avuto sulla nostra infanzia si sono materializzati in abbondanti porzioni di spinaci lessati che sapevano di niente, fattici ingurgitare di malavoglia nella vana illusione di fornirci ferro in abbondanza. Scoprimmo solo più tardi che era tutta una balla e che la nostra gioventù avrebbe potuto meritare contorni più sinceri.
Chi, a differenza di noi ingenui e futili primati, non avrebbe potuto lasciarsi trarre in inganno da simili false credenze, è un solido e pratico mollusco bivalve. Non c'è illusione né vana speranza che tenga sulla quantità di ferro assunto: tutto risulta, nitido e chiaro, dall'autobiografia scritta in bande di accrescimento sulla conchiglia: ogni fluttuazione nelle concentrazioni di calcio, ferro, magnesio, manganese, ecc. nei tempi e nei luoghi dello sviluppo di ogni individuo lascia la sua traccia, a differenza degli insipienti e ingannevoli spinaci che tendono un pò a sfumare nella nostra memoria.
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