giovedì 27 giugno 2013

L'occasione fa il Primate ladro


Il nostro meraviglioso cervello è diventato così meraviglioso per la nostra ancestrale abitudine a vivere in gruppi sociali numerosi, con conseguente necessità di capire e manipolare il comportamento degli altri ? E' una delle ipotesi sull'evoluzione dell'intelligenza nei Primati. Ma d'altra parte, più in generale, l'intelligenza (almeno quella che noi riconosciamo come tale) negli animali è correlata - non sempre e non rigorosamente - con la proporzione tra le dimensioni del cervello e quelle del corpo. Può essere quindi che l'aumento delle dimensioni del cervello sia una risposta alle necessità poste da complesse reti sociali (non solo nei Primati: anche elefanti o delfini, ad esmpio, hanno cervelli grandi in proporzione al corpo), che richiedono l'elaborazione di una gran varietà di stimoli ed informazioni provenienti dagli altri membri della nostra comunità; e che l'intelligenza sia un sottoprodotto occasionale e non necessario di questa capacità di elaborazione di informazioni sociali ? In altre parole, è la complessità della rete sociale il motore che ha favorito l'evoluzione di cervelli in grado di compiere associazioni e inibizioni via via più complesse, fino al nostro, capace di astrazione e immaginazione e di tutto un surplus di potenzialità accessorie che poi Aristotele, Bach, Einstein e Jack lo Squartatore hanno saputo mettere a frutto ciascuno secondo le proprie personali inclinazioni ?

Forse non chiariremo mai questi miti dell'origine, ma per provare a mettere un pò di ordine su alcuni punti, McLean ed altri hanno sottoposto ad un paio di esperimenti comportamentali dieci individui di ciascuna di sei specie di Lemuri, caratterizzate da diverse dimensioni dei gruppi sociali tipici (da 15-16 individui di Lemur catta, a 2-3 individui per Eulemur mongoz).

Il primo era una prova di "abilità sociale": i Lemuri dovevano scegliere di andare a "rubare" del cibo da uno di due piatti presidiati da sperimentatori, uno dei quali guardava (e toglieva il piatto all'avvicinarsi dell'animale), e l'altro era girato da un'altra parte. Tra le diverse specie, la capacità di scegliere il soggetto giusto a cui andare a sottrarre il cibo ha un'alta correlazione con il numero di individui con cui questi Primati sono abituati a convivere, confermando che esistono abilità mentali che si acquisiscono in relazione alla capacità di controllare gli altri membri di una comunità numerosa, o di sottrarsi al loro controllo.
Non si ha invece alcuna relazione con le dimensioni del cervello.

Il secondo era un test "non sociale": ai soggetti veniva presentato, di lato, dapprima un cilindro opaco, aperto solo alle estremità, all'interno del quale era nascosto del cibo. I lemuri dovevano quindi raggiungere una estremità per potere accedere al premio. Poi, la stessa prova si ripeteva con un cilindro identico ma trasparente. L'animale, avvicinandosi di lato, poteva vedere il cibo vicinissimo, ma doveva ricordarsi la soluzione del problema precedente ed allontanarsene momentaneamente per arrivare all'estremità del cilindro.
In questo caso, la capacità di superare la prova per le sei specie risulta del tutto indipendente dalle dimensioni dei loro gruppi sociali.
(E, anche in questo caso, indipendente anche dalle dimensioni del cervello).

Questi risultati sembrano dimostrare che la vastità delle relazioni sociali abbia davvero una relazione di causalità con alcune capacità mentali: ma solo alcune, legate alla comprensione dei comportamenti altrui, ivi compresa l'abilità nel furto. Ma altre forme di ragionamento "non-sociale" non sono influenzate dalla complessità e numerosità dei gruppi e delle relazioni interindividuali.

Si possono tirare le somme in varie maniere da questi risultati: quello che mi pare più interessante mettere in evidenza qui, è l'emergere di una evoluzione dell'intelligenza nel nostro Ordine come un mosaico complesso di capacità ed attitudini largamente indipendenti fra di loro: un intelletto costruito con "intelligenze multiple".
Una molteplicità di fattori contraria a quella intelligenza generale e misurabile (la famigerata g di Spearman) che sottenderebbe, come una maggiore o minore forza omnicomprensiva, tutte le diverse facoltà mentali, che dovrebbero essere quindi tutte in qualche modo legate tra loro e non potrebbero variare in modo indipendente, e che i test di Quoziente di Intelligenza pretenderebbero di quantificare.

Nessun commento:

Posta un commento