sabato 11 ottobre 2014

Liberale

1) Si fa di tutto per facilitare e promuovere la libera circolazione delle merci. Non intendo discutere se sia giusto, bello o etico. Constato come dato di fatto che il mondo santifica la libera circolazione delle merci. Lo si fa con grande impegno, e ci sono fior di organizzazioni, WTO, OCSE, oltre agli accordi commerciali tra singole nazioni, che si dedicano a tempo pieno alla ricerca di accordi internazionali che consentano ad un qualsiasi produttore di merci di qualsiasi parte del mondo di venderle in qualsiasi altra parte del mondo con la minor quantità possibile di ostacoli e dazi.

2) Si fa di tutto per facilitare e promuovere la libera circolazione dei capitali. Non intendo discutere se sia giusto, bello o etico. Constato come dato di fatto che il mondo santifica la libera circolazione dei capitali. E' infatti unanimemente considerato un grande progresso del liberalismo che io possa spostare il mio denaro (se ne avessi) in qualsiasi altra parte del mondo, ed investirlo in attività economiche in altre nazioni. Le nazioni, anzi, sarebbero disposte a prostrarsi senza alcuna decenza pur di attirare investitori stranieri, che sarebbe un pò l'equivalente di vendere se stesse e quindi pregiarsi di un notevole successo commerciale. Quindi diamolo per ottimo.

3) Seguendo lo stesso paradigma, si dovrebbe fare di tutto per facilitare e promuovere la libera circolazione delle persone. La libera circolazione delle merci e dei capitali genera una redistribuzione geografica delle risorse e delle ricchezze ed è del tutto naturale che flussi di migrazione di persone si muovano al seguito di tali redistribuzioni. Non intendo discutere se sia giusto, bello o etico; ma è logicamente conseguente ai punti 1) e 2). Se si consente alle merci e al denaro di circolare liberamente su e giù per il mondo, è ovvio che anche le persone possano spostarsi in cerca di condizioni idonee alla propria sussistenza. Ma non si fa di tutto per favorire la libera circolazione dei migranti, e non c'è nessuna organizzazione sovranazionale che si dedichi a tale scopo; anzi: se solamente ci si azzardasse ad esporre l'idea di favorire e facilitare i flussi migratori si verrebbe prontamente azzannati alla gola da nugoli di razzisti assortiti, padaniformi e non, terrorizzati a puntino dall'apposita propaganda sull'incombente "invasione" degli "altri". No, di direbbe che il mondo non santifichi un gran che la libera circolazione delle persone.

4) E merci e capitali che felicemente e liberamente circolano e si muovono per il mondo, e liberamente si contendono acquirenti e mercati, non presuppongono pure, come logica premessa, che i modi per produrre le merci e accumulare i capitali siano più o meno omogenei dovunque ? Se no che libero mercato è, se si fanno concorrenza merci prodotte da lavoratori più o meno tutelati e da lavoratori iper-sfruttati, e i capitali accumulati dai rispettivi padroni ? Nei giovani Stati Uniti ri-divisi dalla Guerra di Secessione, i Nordisti vincenti erano quelli protezionisti; il libero mercato era il faro illuminante dei Sudisti, che tanto avevano gli schiavi e ci mettevano poco a produrre merci a costi competitivi.
Non intendo discutere se sia bello o etico, ma è, come minimo, giusto che la libera circolazione dei diritti e delle tutele nel lavoro si accompagni, come condizione necessaria, alla libera circolazione delle merci e dei capitali.
Ma il mondo non santifica affatto la libera circolazione dei diritti e delle tutele per chi opera nella produzione delle merci che circolano liberamente al fine dell'accumulazione di capitali che circolano altrettanto liberamente.

E qui casca l'asino. Se si lascia questo processo alla provvidenziale "mano invisibile" favoleggiata nelle vacue superstizioni di Adam Smith e dei suoi innumerevoli, preponderanti, prepotenti ed orbi seguaci moderni, grazie alla quale il massimo profitto liberamente perseguito da ciascuno produrrebbe inevitabilmente il massimo beneficio per tutta la collettività, l'equilibratura procede, viceversa, al ribasso. I lavoratori meglio tutelati sono messi in concorrenza con quelli che lavorano in condizioni di sfruttamento e, di fronte all'alternativa della disoccupazione, sono costretti ad accettare condizioni di lavoro sempre peggiori. La versione realistica della bella favola del liberismo economico è che il perseguimento del massimo profitto da parte di chi detiene i mezzi di produzione determina inevitabilmente il massimo deterioramento delle condizioni di vita per tutta la collettività. Il migliore dei mondi possibili risultante dalla cieca applicazione delle non-regole del liberismo sarebbe grossomodo uno schiavismo gerneralizzato (con conseguente crollo del potere d'acquisto complessivo, crollo della domanda e quindi delle produzioni, collasso finale del sistema e addio che t'amavo all'accumulazione di capitali: nessuno aumenterà mai le paghe dei propri dipendenti allo scopo di aumentare il potere d'acquisto complessivo di cui beneficeranno anche tutti gli altri).
Di per sè, nisciun' è fess'; ma messi tutti insieme, un pò lo si è

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