sabato 24 ottobre 2015
Datemi un magnete / Che cosa ne vuoi fare ? / Lo voglo dare in testa / A ...
Devo ammettere, con scorno e vergogna, che in questi giorni è capitato persino a me di fallire grossolanamente un calcolo di probabilità non troppo difficile; potrei arrampicarmi sugli specchi a cercare giustificazioni per averlo stimato in quattro e quattr'otto, così su due piedi; per essermi trovato in un ambiente ignoto, misterioso e probabilmente ostile, pullulante di ingegneri annidati dietro ogni angolo; perchè nessuno dei presenti ha eseguito il calcolo corretto; ma c'è poco da fare: ho attribuito probabilità dell'80% ad un evento che ne aveva solo il 41%.
Il fatto è che noi andiamo giustamente orgogliosi del nostro cervello, per le sue straordinarie capacità; ma questo nostro sistema integrato di percezione ed elaborazione di informazioni va in difficoltà piuttosto miseramente quando si tratta di riconoscere la casualità (e quindi di trattarla come tale).
Ne abbiamo già parlato altre volte (ad esempio qui); una delle spiegazioni più accreditate, difficile da dimostrare ma plausibile, per questa grave carenza, è che si tratti di un meccanismo profondo, consolidato dalla selezione naturale nel funzionamento basilare del cervello animale.
Se mi trovo tranquillamente al pascolo nel folto dell'erba o di un bosco, e sento uno stormire di fronde nelle vicinanze, posso pensare che un pericoloso predatore si stia avvicinando puntando verso di me, e darmi alla fuga; o pensare che si tratti di un refolo di vento o di un'innocua lucertola che va in giro per i fatti suoi, e non muovermi. Nel primo caso, se mi sbaglio, sprecherò inutilmente delle energie, e probabilmente mi sbaglierò piuttosto spesso; ma se sbaglio nel secondo caso, il che potrebbe anche avvenire più raramente, questo potrà avere gravi conseguenze sulla mia sopravvivenza.
Che un meccanismo di attribuzione di eventi non identificabili a delle cause attive sia stato costantemente favorito dalla selezione naturale potrebbe, ragionevolmente, avere portato il nostro moderno cervello iper-concettualizzante a comportamenti incongrui e a strane raffigurazioni: spiriti, malocchio, divinità, demoni, il transito di Saturno nel Sagittario, angeli, streghe, il Fantasma Formaggino: ci costruiamo degli agenti causali immaginari per farli intervenire su eventi che non riusciamo a riconoscere come frutto del caso.
Tenendo per buona questa ipotesi esplicativa, sulla tendenza innata a misconoscere la casualità si innestano fattori sociali e culturali che indirizzano la codifica delle preferenze sugli agenti causali di fantasia: religione, stregoneria, astrologia, eccetera.
Uno studio pubblicato qualche giorno fa ha aggiunto un ulteriore tassello alla comprensione di come, e a quali livelli, intervengono le convenzioni sociali acquisite sulle funzionalità del nostro cervello.
Utilizzando una tecnica non invasiva, chiamata Stimolazione Magnetica Transcraniale, ossia la stimolazione di specifiche aree del cervello attraverso impulsi somministrati dall'esterno del cranio con un magnete, ultimamente impiegata con qualche successo nel trattamento di stati depressivi, un gruppo di ricercatori britannici e statunitensi ha condotto un prova di confronto su un campione (piuttosto ristretto, per la verità) di 39 studenti californiani politicamente orientati come moderati e conservatori (poi capiremo perchè). In questo esperimento, la stimolazione magnetica è stata utilizzata al contrario, non per stimolare, ma per inibire una specifica area della corteccia cerebrale (corteccia frontale mediale posteriore), che interviene nelle scelte di soluzione dei problemi e valutazione dei pericoli (ad esempio, interviene su come orientare il nostro corpo per scavalcare un ostacolo). A metà del campione è stato somministrato il trattamento di impulsi magnetici per l'inibizione dell'attività tale area; l'altra metà è stata sottoposta alla stessa procedura, ma con un'intensità di stimolo "placebo", del tutto inefficace (gruppo di controllo).
Dopo il trattamento, i soggetti sono stati invitati a rispondere a domande sulla propria morte, e sulle sue implicazioni mistiche: Dio, angeli, inferno e paradiso, demoni e così via; e sono stati presentati loro due scritti, immaginabili come opera di immigrati recenti, uno molto elogiativo ed uno molto critico verso gli Stati Uniti.
Rispetto al gruppo di controllo, il 32,8% in meno degli studenti sottoposti al trattamento inibitorio davano risposte implicanti credenze in Dio e paradiso, ed il 28,5% in più accettavano senza astio le critiche di un immigrato verso il loro Paese.
Dovremmo ricavarne che quegli stessi strumenti culturali acquisiti ("ideologici"), religione e pregiudizio di gruppo in questo caso, vengono stabilmente cooptati nelle modalità in cui la specifica area funzionale del nostro cervello elabora risposte anche a problemi e minacce astratti o non immediati.
Dalla prevalenza di conformismo religioso e pregiudizio di gruppo tra i soggetti politicamente conservatori si comprende la selezione del campione. Per cui ora sarei curioso di vedere i risultati di un test simile condotto su studenti atei e di idee politiche egualitarie. Ma forse sarà troppo difficile raggranellare il campione.
P.S. I fondamentalisti religiosi sono ovviamente saltati sulla sedia e si stanno già contorcendo a spiegare che se una credenza religiosa ha origine da una certa funzione cerebrale, non vuol dire che essa non sia vera in assoluto; salvo poi ribaltarsi di nuovo nella piatta superficie del dato sperimentale per sostenere che "l'ateismo è il prodotto di una menomazione mentale".
domenica 4 ottobre 2015
Piccoli e voraci
(fonte: ScientificAmerican)
Come curiosità, vi presento questo grafico, che non mi piace nemmeno tanto come costruzione per via della doppia ridondanza nella visualizzazione dell'informazione: le nazioni che producono le maggiori quantità di gas a effetto serra (non solo CO2) sono rappresentate in scala crescente da sinistra a destra, e anche per dimensione del cerchio; ma dal basso in alto è rappresentata la scala crescente delle emissioni per abitante, data anche dall'intensità di colorazione. Ulteriore ridondanza su ridondanza, i 10 paesi più "pesanti" sul cambiamento climatico, oltre ad avere i cerchi più grandi ed essere i 10 più a destra, hanno pure la circonferenza marcata in nero.
La "sorpresa", che tanto sorprendente non è, è che i maggiori produttori di gas serra in rapporto alla popolazione sono Paesi piccoli con economia fortemente centrata sull'estrazione di petrolio e gas: Qatar, Trinidad e Tobago e Kuwait staccano tutti; ma anche la ricchezza in sè, senza trivelle, fa i suoi danni: un lussemburghese inquina più di uno statunitense. E quindi, i cerchi destinati a diventare sempre più grandi e più alti in futuro, come Messico, Brasile, Indonesia, India, devono preoccuparci e spingere, in primo luogo noi occidentali, ad adattarci subito ad un modo di vivere meno energivoro, da esportare immediatamente al resto del mondo, per dare l'esempio prima che sia troppo tardi.
Altro che crescita economica e aumento del PIL.
Come curiosità, vi presento questo grafico, che non mi piace nemmeno tanto come costruzione per via della doppia ridondanza nella visualizzazione dell'informazione: le nazioni che producono le maggiori quantità di gas a effetto serra (non solo CO2) sono rappresentate in scala crescente da sinistra a destra, e anche per dimensione del cerchio; ma dal basso in alto è rappresentata la scala crescente delle emissioni per abitante, data anche dall'intensità di colorazione. Ulteriore ridondanza su ridondanza, i 10 paesi più "pesanti" sul cambiamento climatico, oltre ad avere i cerchi più grandi ed essere i 10 più a destra, hanno pure la circonferenza marcata in nero.
La "sorpresa", che tanto sorprendente non è, è che i maggiori produttori di gas serra in rapporto alla popolazione sono Paesi piccoli con economia fortemente centrata sull'estrazione di petrolio e gas: Qatar, Trinidad e Tobago e Kuwait staccano tutti; ma anche la ricchezza in sè, senza trivelle, fa i suoi danni: un lussemburghese inquina più di uno statunitense. E quindi, i cerchi destinati a diventare sempre più grandi e più alti in futuro, come Messico, Brasile, Indonesia, India, devono preoccuparci e spingere, in primo luogo noi occidentali, ad adattarci subito ad un modo di vivere meno energivoro, da esportare immediatamente al resto del mondo, per dare l'esempio prima che sia troppo tardi.
Altro che crescita economica e aumento del PIL.
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