giovedì 20 maggio 2010

Trilogia sul clima - parte 3 - la bufala più grossa e il ritorno dell'errore di scala

- Sia la concentrazione di anidride carbonica nell'atmosfera che la temperatura della Terra sono soggette a cicli periodici, e le variazioni che stiamo osservando fanno parte di queste oscillazioni spontanee; tra qualche anno la temperatura della Terra tornerà a scendere per conto suo, senza bisogno di particolari provvedimenti umani, in modo del tutto naturale.

E' vero, ci sono fasi periodiche nell'andamento del clima della Terra, legate alla sovrapposizione di diversi fattori naturali: il ciclo a più breve periodo è quello dell'attività parossistica del sole, cioè delle macchie solari (con fasi di circa 11 anni): ci sono stati dei picchi massimi di attività nel 2000 e nel 2003, e dal 2008 dovremmo essere in un periodo di relativa quiete, e quindi di minore quantità di radiazione che raggiunge la Terra.
E poi ci sono cicli astronomici decisamente più lunghi: la rotazione a trottola dell'inclinazione dell'asse terrestre (precessione degli equinozi), con un periodo di circa 22000 anni; l'oscillazione dell'angolo dell'inclinazione dell'asse stesso (da 22,1° a 24,5°; attuale: 23,345°), che ha un periodo di circa 40000 anni; e la variazione dell'eccentricità dell'orbita terrestre (che cioè passa ciclicamente da un ellisse molto vicino ad un cerchio perfetto, ad un ellisse un pochino più schiacciato), con un periodo intorno ai 100000 anni.
Questi cicli astronomici (cicli di Milankovich) presumibilmente innescano, quando agiscono "in fase", con meccanismi che non abbiamo ancora del tutto compreso, le ere glaciali ed i periodi interglaciali, epoche di diverse decine di migliaia di anni di relativa stabilità con temperature "bloccate" rispettivamente su valori bassi ed alti; le transizioni da un'epoca glaciale ad una interglaciale, e viceversa, sembrano essere invece relativamente rapide (su scala geologica).

Dal carotaggio dei ghiacci profondi dell'Antartide possiamo ricavare informazioni sulla concentrazione di CO2 nell'atmosfera fino a poco meno di un milione di anni fa, esaminando la composizione delle bollicine di aria rimaste intrappolate nel ghiaccio. Inoltre, possiamo anche fare una stima della temperatura, in base al rapporto tra gli isotopi 16 e 18 dell'ossigeno contenuto nei ghiacci stessi (si ritiene che nei periodi più freddi si depositi preferenzialmente neve contenente O18). Ebbene, mettendo in grafico gli andamenti di CO2 e temperatura ottenuti in tal modo, le linee sono praticamente perfettamente sovrapponibili, ed evidenziano in effetti ampie oscillazioni grossomodo cicliche.

Dei tre grafici che vi riporto qui (cliccare per ingrandire), quello di sinistra mostra le oscillazioni di concentrazione della CO2 negli ultimi 650000 anni (circa); cosa ci sarebbe di strano, di fronte a variazioni così ampie, nell'immaginare che anche gli innalzamenti recenti siano uno dei tanti picchi di queste ondivaghe fluttuazioni spontanee ?
(Ma intanto osserviamo che in tutto questo periodo la concentrazione di anidride carbonica non ha mai oltrepassato le 300 ppm; oggi siamo ben oltre le 380.)



Poniamoci la domanda: quelle variazioni che ci appaiono così frenetiche quando schiacciamo 650000 anni in pochi centimetri di grafico, sono poi così frenetiche se viste in una scala temporale più vicina alle nostre vicende umane ? Ed eccoci, come risposta, al grafico centrale, che raffigura gli stessi valori limitatamente a circa 10000 anni (dall'8947 a.c. al 1975 d.c.): una scala di tempo più appropriata ci permette di farci un'idea molto più precisa del disastro che stiamo combinando nella nostra breve epoca storica (e di capire che quelle fluttuazioni così accentuate del grafico di sinistra rappresentano cambiamenti in realtà estremamente lenti rispetto alla nostra percezione "umana" del flusso del tempo). Il grafico di destra è infine l'andamento dei soli 50 anni dal 1958 ad oggi.
Ed è questa stessa scala temporale appropriata che ci permette di capire che le fluttuazioni naturali del clima ed i cambiamenti che stiamo provocando oggi non sono affatto parte dello stesso fenomeno, ma due questioni completamente diverse.

Avevamo già incontrato simili errori di scala parlando di estinzione (post del 14 aprile): semplicemente, quando abbiamo a che fare con la profondità del tempo geologico, non siamo capaci di concettualizzarne l'immensità: vediamo tutti i cambiamenti del passato schiacciati come in una prospettiva aberrata, nella nostra (più o meno inconsapevole) tendenza a confrontare i periodi storici con qualcosa di commisurabile con la nostra esperienza dello scorrere del tempo in ordini di grandezza confrontabili all'arco della vita umana. Così, confortevolmente, accettiamo l'estinzione di qualche specie come "una possibilità di fare spazio a specie nuove", non riconoscendo il valore della perdita per il mondo attuale nel quale noi viviamo, e nello stesso modo disconosciamo i cataclismi che noi provochiamo nel nostro ambiente nascondendoci dietro al rassicurante dito che tanto l'ambiente è sempre cambiato.
Come si vede, gli errori di scala sono molto gravi e ci portano facilmente a fare disastri: e ci resta poco tempo per imparare ad evitarli.

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