venerdì 2 luglio 2010

Ohibò


Il capitalismo è morto, ma non ancora sepolto. E questo è il momento più pericoloso.
Non abbiamo avuto nemmeno la soddisfazione di accoppare il mostro con le nostre mani, con un bel processetto rivoluzionario, una liberazioncella, niente di niente: è morto da solo, per la sua intrinseca insostenibilità. Potremmo discutere se si tratti di morte naturale o di suicidio; rimane il fatto che non siamo stati capaci di ucciderlo noi.
Forse il cadavere si dibatte così freneticamente perchè non si è ancora reso conto del proprio decesso, ma io non credo che sia così. Fin da quando Henry Ford disse qualcosa del tipo: "Devo per forza pagare i miei operai a sufficienza perchè possano permettersi di acquistare le mie automobili" era già presente la consapevolezza dell'impossibilità del profitto (basta estendere il principio a termini più generali). Ho già esposto il concetto un annetto fa (ma quanto è già vecchio questo blog ?): per poter vendere i propri prodotti, le imprese, nel loro insieme, devono distribuire i propri ricavi ai lavoratori in misura sufficiente da renderli consumatori dei prodotti stessi; e il potere di acquisto dei lavoratori, nel suo insieme, costituisce il ricavo delle imprese: è un gioco a somma zero, le imprese non possono (non potrebbero) fare profitti.
E allora come è andata avanti questa mostruosità termodinamicamente impossibile fino adesso ? In quel post dello scorso anno identificavo le tre possibili fonti di arricchimento sulle quali l'economia di mercato può avere prosperato finora (e come si vede, sono tutte provvisorie e temporanee in un pianeta di dimensioni non infinite):

a) espansione: cercare continuamente nuovi mercati sui quali vendere i propri prodotti. L'espansione è senza fine perchè i nuovi consumatori devono a loro volta essere messi nella condizione economica di poter consumare sempre di più, e quindi assorbire una quota sufficiente della ricchezza prodotta;
b) sfruttamento: avere un bacino di riserva di popolazione che produce beni senza quasi essere retribuita, e che quindi non disporrà mai dei mezzi economici per consumare prodotti, ma permette di aumentare i margini di profitto sui beni venduti alla popolazione consumatrice;
c) speculazione finanziaria: le stesse risorse economiche sono apparentemente disponibili per un numero sempre crescente di soggetti (io che deposito i risparmi, la banca, un altro che riceve quei soldi in prestito, un'altra banca alla quale viene venduto il credito sotto forma di "prodotto finanziario" e che provvederà a rivenderlo a qualcun altro: tutti possono ritenere di avere la disponibilità dello stesso denaro).

Il capitalismo è morto perchè, più o meno contemporaneamente, il pilastro c) è giunto al punto di gonfiare oltre misura la sua bolla speculativa, che è ormai esplosa; e gli altri due pilastri a) e b), arrivati al punto di saturazione, entrano in conflitto fra di loro. Esaurite tutte le altre potenzialità, per conquistare nuovi consumatori a cui vendere, bisogna attingere alle popolazioni sfruttate, ma per permettere loro di consumare si è costretti a sfruttarle un pò meno. Ci si avvicina velocemente al "sistema chiuso" a somma zero: ricavi delle imprese = retribuzioni dei lavoratori = profitto zero.

Il momento è dei più pericolosi perchè il capitalismo in agonia tenterà tutte le vie per prolungare la propria esistenza, andando alla ricerca di tutte le risorse, materiali (anche le più vitali) ed umane, sfruttabili, e di tutti i possibili ultimi spazi di profitto, e dobbiamo quindi aspettarci una fase di spietata ferocia da parte delle imprese. Abbiamo sotto gli occhi qualcosa che è ben più di un sintomo con la privatizzazione dell'acqua potabile (a proposito, vi siete ricordati di andare a firmare per i referendum ?); ed anche il recente caso di Pomigliano d'Arco è terribilmente indicativo (per chiunque abbia occhi per guardare): si cerca di allargare il bacino di sfruttamento dei lavoratori anche alle aree del mondo finora privilegiate (nelle quali cioè si privilegiava, nella distribuzione della ricchezza, la possibilità del consumo).

E quello che maggiormente preoccupa è la completa assenza della politica in questa fase cruciale di transizione, che non potrà non essere traumatica. Sembra che nessuno abbia ancora capito il momento che il mondo sta vivendo. E' aberrante che a Pomigliano, su una questione fondamentale di diritti, e quindi di convivenza civile (che per definizione riguarda tutti), la politica sia stata completamente assente, e che tutto il peso della decisione sia stato lasciato sulle spalle dei lavoratori, cioè l'anello più debole della catena, cioè quelli direttamente sotto ricatto, che hanno potuto fare la loro scelta liberamente e con il coltello puntato alla gola.
E' il momento in cui bisogna completamente reinventare il sistema di produzione e distribuzione di beni, con una riduzione enorme dei consumi, sia perchè il sistema capitalistico fondato sullo spreco e sul superfluo è arrivato al capolinea, sia perchè semplicemente il pianeta su cui abitiamo non può permettersi il nostro attuale tenore di vita. E, non so nel mondo, ma qua in Italia quale dirigenza politica sarà all'altezza di progettare e guidare questa fase complicatissima ? Cicchitto (tessera della P2 n. 2232) ? Capezzone ? O, con rispetto parlando, Schifani ? Bossi (Renzo: quell'altro è già morto ma pure lui ancora non lo sa) ? Totò Cuffaro ? Oppure un Partito Democratico che quando per caso incontra tali tipi di argomenti, sempre coerente con se stesso, svanisce nel nulla ?

Nel futuro prossimo la borghesia imprenditoriale tenterà di impossessarsi di tutte le risorse possibili con ogni forma di prepotenza pensabile; quale struttura sociale siamo in grado di mettere in campo per tutelare le classi più deboli ?
Ecco, i rantoli finali dell'economia capitalistica ci portano alla vista questa misteriosa novità: esistono le classi sociali. E magari non andrà a finire che esiste anche la lotta di classe ?

Ma guarda un pò. E chi l'avrebbe mai detto ?

2 commenti:

  1. dici che sta riemergendo una coscienza collettiva "di classe"? io sono scettica, sia se guardo il mondo della scuola, sia se guardo agli operai messi ormai ogni giorno sulla strada. Dicono che da noi gli operai si iscrivano alla cgil e votino la lega, quella che è al governo. Forse senza mettere insieme i due concetti ...

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  2. Possiamo tenerlo come un auspicio più che un'analisi; però un 36 % di operai che, nonostante vengano messi con le spalle al muro ed abbandonati al loro destino dal resto della società, rimangono fermi sul principio che i diritti non si comprano e non si vendono, sono un bel patrimonio...

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