domenica 19 settembre 2010

Uso e abuso dei test Q.I. - parte 3 - Degenerazione

Il test del Quoziente di Intelligenza nacque in Francia, ma trovò la sua più estesa applicazione negli Stati Uniti.
Una delle prime documentazioni di somministrazione del test in America è quella riferita nel 1912 da H.H. Goddard ad Ellis Island, il luogo nel porto di New York dove i transatlantici vomitavano migliaia di immigrati cenciosi provenienti dall'Europa. Goddard scelse un giovane, identificato a vista come possibile moron, e lo sottopose al test di Binet attraverso l'interprete, un immigrato di più vecchia data (purtroppo qui ci sfugge la succosa informazione sulla nazionalità di origine, ma ci rifaremo in seguito). Il candidato ottenne un'età mentale di 8 anni nella scala Binet. L'interprete osservò che neanche lui sarebbe stato in grado di eseguire il test appena sceso dalla nave, scrisse Goddard: "...e sembrava pensare che il test fosse ingiusto. Ma lo convincemmo che il ragazzo era deficiente."
In quale contesto e su quale substrato culturale si svolgevano questi esercizi, che ci appaiono così lontani dalle intenzioni originarie ?
Come si è detto nel capitolo precedente, il paradigma culturale dell'epoca era la riduzione di tutta la variazione presente in natura a determinanti che rispondesseno alle fresche fresche leggi di Mendel, come il colore dei fiori o la grinzosità dei semi di pisello.
In questo contesto, Goddard mise a segno in un colpo solo tutti gli errori che Binet aveva tanto temuto, e fatto di tutto per evitare: assunse che il test fosse la misura di un'entità unica e reale, l'intelligenza; che questa fosse una funzione corporea, con sede nella testa, misurabile come si misura un peso o una resistenza elettrica, ed esprimibile con un numero; e che ogni individuo ne disponesse di una quantità fissa e immutabile, determinata geneticamente. Ma non è ancora tombola: manca un punto fondamentale.
I punti di partenza di Goddard furono essenzialmente due, ed entrambi errati: 1) l'intelligenza misurata era variabile tra gli individui, e quindi la variazione doveva per forza essere ereditaria; 2) egli osservò che le condizioni patologiche di ritardo mentale erano ereditarie (il che, tra l'altro, non è vero: le forme patologiche di deficienza mentale sono varie e molteplici; alcune sono ereditarie ed altre no: ad esempio di origine traumatica o dovute ad accidenti di vario genere che capitano nel corso dello sviluppo), e quindi dedusse che anche le differenze di intelligenza tra persone sane fossero ereditabili allo stesso modo (ricordate l'errore di categoria sulle cause di variazione tra ed entro su cui ho tanto insistito nel precedente capitolo ? Eccoci qua). Poste queste premesse, la conclusione è semplice: se si vuole evitare che l'intelligenza complessiva del popolo americano si abbassi, bisogna impedire ai deboli di mente di procreare. Goddard non disdegnava le sterilizzazioni di massa come soluzione, ma temeva che l'opinione pubblica non fosse ancora pronta ad accettare simili mutilazioni; come ripiego momentaneo, il confinamento in appositi istituti appariva la soluzione migliore. Da qui in avanti, il test di Binet non venne più usato per identificare coloro che avevano bisogno di un aiuto per progredire, ma soltanto per identificare allo scopo di escludere, respingere, segregare. Adesso sì che la tombola è completa.
A questo punto può apparire chiaro perchè Goddard non fosse troppo preoccupato della deficienza mentale conclamata, patologica, facilmente riconoscibile; la sua ossessione era il "debole di mente", il moron (termine coniato da lui), colui che si collocava appena sotto la soglia dei 12 anni nella scala Binet, e che era in grado di svolgere compiti nella società: il tipo border line che, se non identificato, poteva sfuggire e proliferare pericolosamente, minacciando la salute mentale del Paese (secondo Goddard il moron era omozigote recessivo per il gene dell'intelligenza da lui immaginato; e quelli con intelligenza bassa ma normale eterozigoti: tutto facile).
Il programma eugenetico di Goddard non poteva poi trascurare il problema dell'afflusso di nuovi moron per immigrazione (e manco a dirlo trovò ben presto sponde favorevoli in campo politico): ecco il senso della sua presenza ad Ellis Island.
Quei primi assaggi del 1912 furono la premessa per il suo esperimento più celebre:
ottenuti ben presto adeguati finanziamenti, nel 1913 inviò due sue assistenti che trascorsero alcuni mesi ad Ellis Island per sottoporre sistematicamente al test gli immigranti appena sbarcati, per quattro etnie critiche nei flussi migratori. Goddard preferiva che fossero donne a somministrare le prove perchè, secondo lui, avevano una particolare sensibilità nell'individuare a vista il debole di mente (un filino di pregiudizio voi lo notate ?). Pietosamente, non ci addentreremo nel metodo di campionamento, ma i risultati, per tutti e quattro i gruppi scelti per l'esame, furono stupefacenti: l' 83 % degli ebrei, l' 80 % degli ungheresi, il 79 % degli italiani e l' 87 % dei russi erano moron.
E chi l'avrebbe mai detto che quattro nazionalità su quattro fossero composte per 4/5 da deficienti ?
I gruppi politici favorevoli a limitazioni dell'immigrazione esultarono soprattutto per il risultato degli ebrei, sgradevoli ma, secondo il luogo comune, intelligenti; c'era ora un appiglio per precludere l'accesso anche a questo gruppo fastidioso. Goddard, per la verità, si lasciò sfiorare per un attimo dal dubbio che forse c'era qualcosa che non andava nel metodo; poi si scrollò di dosso le perplessità ed accettò i risultati come scientificamente validi.
In verità, si capì poi che gli aggiustamenti che aveva apportato al test di Binet per adattarlo ai suoi scopi lo portavano a sottostimare notevolmente l'età mentale degli esaminati. Ma ciò che sconvolge di più nel "rigore" dell'esperimento, è l'aperta sfida al buon senso: Binet somministrava il suo test ai ragazzi a scuola; nè Goddard, nè le sue gentili collaboratrici dubitarono davvero mai che una persona che ha appena attraversato l'Oceano passando settimane nella stiva di una nave sovraffollata, impaurita, arrivata in un paese nuovo, probabilmente senza aver mai tenuto una matita in mano, possa andare a segno quando una gentile signora gli chiede di disegnare a memoria su un foglio una figura mostratagli poco prima ? O di dire 60 parole qualsiasi nella propria lingua ? O anche solo di dire che giorno è ? (Curiosamente, non furono mai sottoposti a test i passeggeri dei ponti di prima classe).
Ci rimane ancora un velo di curiosità sullo scopo per il quale le donne mettano a frutto, nella loro vita extrascientifica, la loro straordinaria abilità nell'individuare a vista il "debole di mente"; ma temo che sia una di quelle cose che noi uomini faremmo meglio a non domandarci.

Da Goddard in avanti, la via è tutta in discesa: Lewis Terman, dell'Università di Stanford, ampliò il test di Binet, portando gli esercizi da 54 a 90 ed estendendolo agli "adulti superiori"; ed introdusse la correzione per l'età in modo da standardizzare i punteggi con media di 100 e deviazione standard 15; lo Stanford-Binet divenne il riferimento per tutte le edizioni successive dei test Q.I. Inoltre propagandò attivamente l'applicazione sistematica del test a tutti gli studenti. Con trenta minuti e cinque test si poteva finalmente marchiare il destino educativo di un bambino per tutta la vita.
La visione ideale di Terman era un "nuovo" ordine sociale con assegnazione di mansioni lavorative rigidamente affidata al valore intellettivo di ciascuno, e quindi una definizione (o piuttosto una conferma) delle classi sociali su basi oggettive e scientifiche (e, ça va sans dir, ereditarie). Il suo innatismo poggiava esattamente sugli stessi errori di Goddard: necessità non dimostrata dell'ereditabilità dell'intelligenza; ed estrapolazione non valida dalle cause genetiche da casi di ritardo mentale patologico alla variazione ordinaria. L'ampia estensione dei dati raccolti da Terman, da una parte segnò un punto a favore delle donne: "sorprendentemente", ragazze cresciute nello stesso ambiente sociale e culturale dei loro fratelli, ottenevano risultati identici a quelli dei maschi; posto che fino ad allora il tema della discussione antropologica era stato se le donne andassero collocate un gradino sopra o un gradino sotto rispetto ai negri, Terman biasimò lo spreco di talento che la società stava perpetrando, relegando la sua parte femminile a ruoli secondari e sottovalutati; dall'altra, non altrettanta fortuna ebbereo negri e ispanici, i cui valori medi di Q.I. risultarono più bassi rispetto agli americani bianchi. Non bisogna sforzarsi per intuire quale potesse esserne la spiegazione: intelligenza innata ereditaria ineluttabilmente inferiore. Possiamo forse pensare che si prendessero in considerazione le differenze nelle condizioni sociali, le possibilità di accesso a scuola e cultura, la prosperità delle famiglie ?
[Per dare un'idea della propensione generale a tenere conto delle condizioni ambientali da parte degli scienziati dell'epoca, vale la pena di raccontare un esempio che con il Q.I. non ha nulla a che fare: agli albori del '900, il Governo degli Stati Uniti decise di finanziare uno studio per individuare le cause della pellagra, una grave malattia che oggi sappiamo essere una carenza di niacina (una vitamina del gruppo B), dovuta quindi a scarsità di cibi freschi: era molto diffusa anche in Italia tra le popolazioni che avevano la polenta come alimento pressochè esclusivo. Ebbene, dopo un giro di indagini nel sud degli Stati Uniti, la commissione medica concluse che la pellagra doveva essere una malattia ereditaria, poichè si ripresentava con una certa regolarità tra membri delle stesse famiglie: il dettaglio che anche povertà e malnutrizione fossero caratteristiche condivise all'interno delle famiglie sfuggì del tutto all'ossevazione].
In verità, proprio per la vastità dei dati raccolti, Terman dovette fare i conti anche con qualche dettaglio fastidioso: ad esempio, fu esaminato anche un campione di venti ragazzi cresciuti in un orfanotrofio, i cui punteggi di Q.I. erano decisamente più bassi della media. Forse che la situazione ambientale di essere cresciuti in assenza dei genitori...? Ma no, un buon innatista non si arrende per così poco: "...l'orfanotrofio in questione è ragionevolmente buono e offre un ambiente che è stimolante per un normale sviluppo mentale come la vita familiare che si conduce nelle classi medie." E quindi: "La maggior parte, sebbene non tutti per ammissione generale, sono bambini di classi sociali inferiori." (1916) E pertanto portano le tare ereditarie che hanno confinato i loro antenati ad un basso livello sociale (il tutto per pura congettura e senza aver minimamente verificato).

E se tutto ciò vi pare orribile, sappiate che il peggio deve ancora venire.

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