martedì 29 marzo 2011

Con spirito sereno


Mi era capitato di leggere, un paio di settimane fa, Jesse Bering preconizzare nel suo blog che il terremoto e lo tsunami in Giappone sarebbero prima o poi stati classificati come une una punizione divina per i peccati a ciascun mestatore più confacenti.
Il mio primo impulso è stato quello di ridacchiare di fronte a questa ipotesi di metodi di propaganda e condizionamento medioevali: "Figuriamoci, ormai neanche il più invasato dei visionari mistici oserebbe..."
Bering, in particolare, pronosticava che la Chiesa Battista di Westboro avrebbe trovato il modo di attribuire la colpa del terremoto agli omosessuali; non so se ciò sia accaduto; in compenso, mi trovo a dover riconoscere che dalle nostre parti abbiamo degli aspiranti Torquemada più generalisti (e puntuali nel non perdere occasione).
Mi era già capitato di occuparmi dell'esimio professor De Mattei, vicepresidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche, un pò di tempo fa, e non che questa sia una gran soddisfazione. La settimana scorsa l'esimio ha provveduto ad attribuire la catastrofe giapponese ad "un fine alto della giustizia di Dio" (parole sue); trovate una raccolta più ampia delle sue "perle" qui e qui. In questi giorni, con un pò di ritardo (pari al ritardo mio nel finire di scrivere questo pezzo), la bestialità è finalmente arrivata anche sulla stampa nazionale, suscitando l'ennesimo, e prevedibilmente ancora una volta inascoltato, appello alle dimissioni.

Il motivo per cui Jesse Bering si era lasciato andare alle sue purtroppo facili (e tristi) previsioni era di proporre uno schema di come eventi casuali e strani arrivino a poter essere interpretati come "segnali" legati in qualche modo al nostro comportamento.
In un esperimento condotto nel 2005, aveva chiesto ad un nutrito gruppo di bambini, di diverse età, di indovinare in quale di due scatole chiuse fosse nascosta una palla. Il bambino aveva un pò di tempo a disposizione e doveva semplicemente mettere una mano sulla scatola scelta, avendo anche la possibilità di cambiare idea fino allo scadere del tempo. Ad ogni risposta esatta si vinceva una figurina autoadesiva.
In realtà entrambe le scatole contenevano una palla, ed i casi in cui i bambini indovinavano o no erano preordinati in modo che ogni bambino indovinasse due volte su quattro (quando gli operatori decidevano per la risposta sbagliata, aprivano l'altra scatola: "Aaaahhh, che peccato... stavolta la palla era di qua, vedi ?").
L'esperimento infatti non riguardava affatto il calcolo delle probabilità: i bambini assegnati a caso al gruppo di controllo dovevano semplicemente scegliere una scatola; a quelli del gruppo alternativo della condizione sperimentale veniva spiegato, e ripetuto prima di ciascuno dei quattro tentativi, che nella stanza c'era una benevola ed invisibile "Principessa Alice", raffigurata in un quadretto attaccato ad una porta della stanza, che avrebbe cercato di aiutarli, facendo capire loro, in qualche modo, quando avessero scelto la scatola sbagliata.
L'esperimento era organizzato in modo che quando il bambino aveva messo la mano su una scatola, si verificava un evento strano e inaspettato: ad esempio la lampada da tavolo si accendeva per un attimo da sola (telecomando in tasca dello sperimentatore), oppure l'effige della Principessa si staccava dalla porta e cadeva a terra (tipico lavoro da tesista: magnete sorretto tutto il giorno dall'altro lato della porta e tolto al momento opportuno).
Ebbene, i bambini del gruppo di controllo non cambiavano la loro scelta in risposta agli eventi inattesi, mentre quelli informati dell'esistenza della Principessa Alice spostavano la mano sull'altra scatola, ma solo nella fascia di età maggiore, 7-9 anni.
Primo dato: i bambini non interpretano spontaneamente gli eventi sorprendenti come "segnali" di alcunchè, a meno che non sia stata inculcata loro l'idea di possibilità di intervento di entità invisibili.
Ancora più interessante è il fatto che nella fascia di età inferiore (5-6 anni), tutti i bambini mantenevano la mano sulla scatola scelta, anche quelli informati sull'esistenza della Principessa Alice: quelli nella condizione sperimentale, interrogati, rispondevano che la Principessa aveva fatto cadere la foto o lampeggiare la luce perchè le andava di farlo, ma non identificavano "segnali" particolari in questi fatti.
Infine, i bambini più piccoli (3-4 anni) erano quelli che se ne infischiavano completamente: con una scrollata di spalle, rispondevano che il quadro era caduto perchè era attacccato male, o che la lampada era rotta: può apparire controintuitivo, ma i bambini più piccoli sono quelli più "scientifici" di tutti.
La capacità di credere a delle superstizioni non è affatto un infantilismo, ma richiede un minimo di elaborazione: occorrono delle capacità mentali sufficientemente sviluppate per potere essere condizionabili e lasciarsi abbindolare da quelli che vendono polverine per sconfiggere il malocchio; però è sempre necessario un ambiente culturale che inculchi l'idea che una Principessa Alice (o un Dio; o Babbo Natale; o Brahma, Siva e Visnù; o la Fata Turchina; o il Fantasma Formaggino: non fa nessuna differenza) possa intervenire da un mondo invisibile nelle nostre esistenze.

2 commenti:

  1. Speriamo che la Principessa Alice ci ripulisca il CNR dai cappellai matti. ;-)

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  2. E non si fa in tempo a voltare la testa che subito il cappellaio matto ne combina un'altra delle sue: stavolta dà la colpa agli omosessuali per la caduta dell'Impero Romano, così il cerchio si chiude; sembra quasi che legga il villaggio gallico...

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