giovedì 17 novembre 2011

Rovesciamento


Bene; smaltita la doverosa sbornia per lo smaltimento del Puzzone, ora facciamo qualche ragionamento.
Ci mettiamo nelle sapienti mani degli Economisti. Tanto di cappello alla loro universalmente rispettata autorevolezza, ma mi porrei quache domanda.
Mettiamo da parte ora il caso particolare dell'Italia, dove c'erano urgenza e necessità di presentarsi al resto del mondo con la faccia di qualcuno che non si facesse ridere dietro; vediamo le cose nella loro generalità universale.
Gli economisti hanno a disposizione gli strumenti culturali per affrontare i cambiamenti che abbiamo di fronte ?
A sentire le ricette che vengono proposte, ancora tutte a base di aumento della domanda e rilancio dei consumi, sembra proprio di no.
La loro visione del mondo mi pare inadeguata, limitata paradossalmente proprio dalla mancanza di limiti. Applicano i loro modelli, invariabilmente mercantilistici e iperliberisti, come se si trovassero su un pianeta illimitato, con una illimitata possibilità di utilizzazione delle risorse: schemi ancora figli del mito ottocentesco del progresso ineluttabile.
Ma se, come mi pare evidente, la crisi attuale è una crisi da saturazione, determinata dall'avvicinarsi proprio di quei limiti di disponibilità imposti dalle dimensioni del nostro pianeta, una ripresa economica nel senso classico (o anche in qualsiasi senso) non sarà mai possibile, e quelle speranze di ripresa e rilancio rivolte verso un orizzonte puramente consumistico saranno destinate a rimanere vane.

Bisogna andare incontro ad un completo rovesciamento di prospettiva. Forse non un economista, ma piuttosto un ecologo, o magari un fisico termodinamico, potrebbero avere le idee più chiare sui flussi di materia ed energia e sulle loro limitazioni.
Se provassimo a pensare alla disponibilità di risorse come limite condizionante (come farebbe un ecologo, appunto), e non alla necessità del profitto ? Ed alla conservazione di tali risorse anche per le generazioni future ?
Se quindi stabilissimo un limite di materia ed energia da impegnare nelle produzioni secondarie, limitando la produzione industriale solo allo stretto indispensabile, per concentrare il più possibile le risorse nelle produzioni fondamentali (cibo, fibre, energia, cultura ecc.) ?
E quindi ripartire il lavoro di conseguenza ? Eventualmente poco, con poco reddito per pochi consumi ?
Ed ecco che all'improvviso non è più il lavoratore la figura da mettere in discussione, ma l'imprenditore, che diventa un semplice funzionario-esecutore (e addio profitti d'impresa, evidentemente) ?
Si è già ipotizzato più volte qui sopra che sia proprio il profitto quel differenziale che manda in malora tutto il sistema; e sarebbe almeno divertente raccontare ai nipoti che il capitalismo è finito a causa dell'accumulazione di capitali.
Se non fosse più la tendenza all'accumulazione di ricchezze il vincolo fondamentale, che fa diventare tutto il resto secondario e marginale, e la salvaguardia dell'ambiente e del pianeta addirittura un lusso ?
Ma al contrario sia la salvaguardia delle ricchezze e delle risorse naturali, dalle quali dipende il nostro futuro, il fattore condizionante per tutti processi economici, il vero vincolo insuperabile ?
Un ecologo probabilmente ragionerebbe in questi termini, gli economisti secondo me non sono ancora maturi.

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