mercoledì 2 novembre 2011

Habitat urbani



Sarebbe bello se quello che all'occhio benpensante appare come incuria ed abbandono bastasse, viceversa, a curare e recuperare i nostri misfatti: un tratto di marciapiede di periferia che sfugge alla disciplina del verde pubblico, che riesce a coprire il cemento con humus di ottima qualità, dove funghi decompositori riescono già a far svettare sollazzi di ubertosi corpi fruttiferi.
Sarebbe bello se tutti i cementi e gli asfalti lasciati dalla vertigine industriale all'oblio della deindustrializzazione, nel libero mercanteggiamento dello sfruttamento invisibile della materia organica (dai passi delle umane formiche operose in tuta blu, ai morsi e agli enzimi di insetti veri, acari e vermi e microbi che tutto riciclano e riportano a disposizione di piante e animali) potessero tornare in pochi anni luoghi di produzione primaria, sepolti da terriccio fertile nuovo di trinca.


Sarebbe bello anche se i giovani frassini che mi ostruiscono il passo e mi obbligano a scendere dal marciapiede, potessero riuscire un giorno, con la sola forza dell'ineluttabile crescita delle loro radici, a spallare e far crollare il muro, ironicamente verde, della caserma dismessa.

Sarebbe bello, ma non sarà. Non vedremo i nostri stessi edifici sepolti dalla foresta come le antiche capitali dei Maya apparvero agli europei. Il cemento e l'asfalto rimarranno comunque lì, magari solo imbellettati da un esile velo di salutare abbandono, ma comunque improduttivi.
E avremo già costruirto un nuovo e ancor più inutile isediamento militare fuori città, e ancora un appezzamento di campagna diventerà edificabile per la realizzazione di un grande centro commerciale dove un nuovo ettaro di asfalto fresco, pulito e diserbato consentirà alla signora culona di arrivare comodamente con il carrello fino all'automobile.

In Italia siamo (il censimento ci dirà) 60 milioni, su un territorio di 300000 kilometri quadrati: fanno, in media, 5000 metri quadrati a testa: meno di un campo di calcio.
Del campo da calcio medio che ciascuno ha a disposizione, una buona fetta è costituita da montagne, che ci allietano il panorama, ed ai cui ghiacciai noi e i nostri acquedotti dovremmo augurare lunga vita; dobbiamo ricavarne lo spazio nel quale abitiamo, più la nostra quota parte, per piccola che sia, di edifici pubblici (scuole, ospedali, ecc.). Quello che rimane del nostro campo di calcio personale dovrebbe produrre tutto ciò che consumiamo: cereali per farine, frutta, ortaggi, ecc.; foraggio per il bestiame; dovrebbe alloggiare la nostra quota parte di mucca, di pecora, maiale, pollame ecc.; e ancora legname, fibre, ecc.; e dovrebbe avanzare ancora lo spazio per ospitare le industrie che trasformano i prodotti primari della terra. Ultimo ma non ultimo, ci sarà anche lo spazio per lo smaltimento dei nostri rifiuti, comunque esso vengga condotto. Proviamo a pensare a tutto quello che consumiamo individualmente in un anno e immaginiamo che tutto debba provenire da una superficie inferiore a quella di un campo di calcio.
Ma non è ancora finita: dobbiamo sbattere il muso su quello che abbiamo fatto finta di ignorare per più di un secolo: abbiamo bisogno anche di una superficie forestale che riassorba con la fotosintesi tutta l'anidride carbonica prodotta dalle combustioni che forniscono energia ai nostri processi.

E così, asfaltato un ettaro di terreno fertile per costruire un supermercato, avremo fatto la felicità della signora culona che si aggirerà sfarfallando gaiamente con il suo carrello tra i banchi e mediterà soppesando pensosa le offerte (e quanto si medita meglio abbandonando il carrello di traverso in mezzo alla corsia !)
Poi, tra i variopinti scaffali dell'ortofrutta, si scandalizzerà vedendo i peperoni importati dalla Romania. L'impeto del consumatore patriottico non potrà trattenersi: "Ma dovrei dunque comprare dei peperoni che arrivano dalla Romania e chissà come sono fatti ?" (sono fatti da piante di peperone, supporrei io). E chioserà, con impostazione di voce, diciamo, risorgimentale (immaginiamo anche un accenno di vibratino sull'interrogativa): "Io voglio comprare solo peperoni italiani ! Ma dove sono i peperoni italiani ?"

Ci sei sopra.
Sono sotto l'asfalto.

1 commento:

  1. Peperoni italiani, e magari anche a gennaio :-)
    Purtroppo gran parte dei nostri connazionali non percepisce più che la vita si svolge nel mondo reale, e non alla TV o sui blog.
    Per far rinsavire la gente ci vorrebbe una sana zappa e un sano orto in ogni casa.

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