martedì 13 novembre 2012

Determinanti selettivi nelle tendenze filetiche all'incremento o decremento dimensionale della pasta ripiena



In una recente e piacevole occasione conviviale, la notevole qualità dei tortelloni mi ha richiamato alla mente alcune osservazioni di economia domestica, suggeritemi qualche tempo addietro non ricordo più da chi. Ma prendendo il discorso un pò alla lontana, lo si può rendere ancor più interessante.

In zoologia, la Regola di Bergmann, formulata nel 1847, afferma che, tra animali affini, quelli che vivono in ambienti più freddi tenderanno ad avere dimensioni maggiori dei loro simili abitanti in climi più caldi: ad esempio, l'orso polare è più grande degli altri orsi che vivono in ambienti più temperati; il pinguino imperatore Aptenodytes forsteri, la specie di pinguino di maggiori dimensioni, è quella con l'areale di distribuzione più vicino al Polo Sud, mentre Spheniscus mendiculus, il pinguino delle Galapagos, in pieno Equatore, è la specie più piccola; e così via.
Il fondamento fisico della Regola di Bergmann è che, a parità di forma generale, ad un aumento di dimensioni corrisponde una diminuzione del rapporto superficie/volume: approssimando il nostro ipotetico animale ad una sfera, ed immaginando di poterne aumentare le dimensioni, la superficie aumenterà in proporzione al quadrato del raggio, ed il volume in proporzione al cubo del raggio. Quindi il rapporto superficie/volume sarà proporzionale a 1/r: aumentando r, il rapporto diminuisce.
La relazione con la temperatura ambientale è altrettanto semplice: il calore prodotto dall'attività metabolica dell'organismo è, approssimativamente, proporzionale al volume corporeo; mentre il calore che viene disperso nell'ambiente (sia acqua o aria) è più o meno proporzionale alla superficie.

Quindi, animali grandi sono facilitati nel trattenere il calore corporeo, mentre animali piccoli lo disperdono più facilmente.
La regola di Bergmann è una di quelle leggi di natura ricavate empiricamente che, pur con qualche notevole eccezione, funzionano in linea generale abbastanza bene.

Animali di grossa taglia che vivono in climi molto caldi presentano adattamenti di vario tipo per agevolare la dispersione del calore in eccesso: ad esempio gli enormi padiglioni auricolari dell'elefante africano funzionano come dei radiatori, e sono, in ultima analisi, uno stratagemma per aumentare un rapporto superficie/volume altrimenti sfavorevole, ove il surriscaldamento sia un problema maggiore dell'infreddatura.
Figurarsi il valore che possono avere strutture idonee alla regolazione della temperatura corporea per animali pecilotermi (cosiddetti "a sangue freddo"), come i rettili. Una notevole opportunità in tal senso si presentò nel Mesozoico ad un grande sottordine dei dinosauri Saurischi, i Teropodi, che assunsero andatura bipede: l'esponente più celebre del gruppo è il terrificante Tyrannosaurus rex, ma i Teropodi comprendevano un gran numero di specie, molte delle quali di piccole dimensioni (e quindi particolarmente esposte alle fluttuazioni termiche). Una prima innovazione, idonea al controllo della temperatura, comparsa in questo gruppo di dinosauri furono le piume, dapprima semplici e filamentose, poi via via più perfezionate e complesse (e presenti anche su un animale di oltre una tonnellata di peso il cui fossile è stato recentemente scoperto, Yutyrannus). Ma, come noi stessi abbiamo appreso circa cinque milioni di anni fa, diventare bipedi (al prezzo di qualche mal di schiena dovuto alla contrarietà della colonna vertebrale al lasciarsi impunemente mettere in verticale) offre campo libero all'uso che si può fare degli arti anteriori: per i piccoli dinosauri bipedi piumati, presumiamo che le zampe anteriori poterono diventare ottimi radiatori regolabili: da tenere chiusi aderenti al corpo quando fa freddo, o spalancati in caso di calura eccessiva. E siccome, una volta che il radiatore è utile, più è grande più è efficace, raggiunte che siano le dimensioni sufficienti per planare, ad esempio, da un albero all'altro, il gioco è fatto: basta solo sviluppare qualche muscoletto pettorale per passare al volo battuto.
Da un gruppo di piccoli Teropodi, i Maniraptora, discesero gli Uccelli. Vi eravate mai chiesti come abbiano potuto evolversi le ali ? Gradualmente ? E quale vantaggio potrebbe mai dare al suo portatore il 5 % di un'ala, che non serve assolutamente a nulla ai fini del volo ?
Il salto di funzione di strutture originatesi per una particolare (o anche nessuna) utilità e che diventano poi cooptabili per tutt'altro uso è una delle chiavi dell'evoluzione, e non dovremmo "fossilizzarci" troppo sulle funzioni attuali per comprendere l'origine storica delle strutture anatomiche.
Non vi sarà sfuggito, di passaggio, che se le ali degli Uccelli ebbero origine come radiatori per la regolazione della temperatura corporea, proprio come le grandi orecchie degli elefanti, ecco che Dumbo potrebbe rappresentare un esperimento evolutivo molto meno bislacco di quanto possa apparire.
Ma a spiccare il volo furono i discendenti di Teropodi piccoli, non l'enorme Tirannosauro; nè, tra i mammiferi, i Proboscidati attuali (bensì i piccoli pipistrelli). Ancora una volta entrano in gioco i rapporti tra superfici (in questo caso portanti) e volumi (e quindi pesi) da sostentare. Ali troppo smisurate sarebbero necessarie e, per quanto affascinante possa essere l'idea, i simpatici pachidermi non voleranno mai.

Come si vede, i rapporti tra superfici e volumi hanno effetti tutt'altro che banali sulla nostra esistenza, al punto che potremmo produrre un'estensione in base economica della Regola di Burgmann, da applicarsi a quei tortelloni (che buoni !) da cui avevamo iniziato il discorso.
Dovremmo immedesimarci in un'Emilia rurale di qualche decennio fa: a parità di forma generale, nel tortellino il ripieno, a base di carne e prosciutto, ha un valore economico considerevole; ed il ripieno costituisce, in prima approssimazione, il volume, mentre la pasta, a base di farina e uova più a buon mercato, è la superficie: e il tortellino è piccolo, con un elevato rapporto superficie / volume. L'impegno di manodopera della zdàura, che deve ripiegare un gran numero di piccoli gioielli di gastronomia con le sue amorevoli manine, era considerato, nelle società contadine, un costo trascurabile.
Ma al diminuire del valore economico del ripieno, passando dalla carne a ricotta e spinaci, ecco che anche l'impegno della massaia può essere alleggerito, e si giustifica il salto dai tortellini ai tortelloni, con un più basso rapporto superficie/volume, consentito da un maggiore equilibrio tra il valore della pasta e il valore del ripieno.
Quando infine il valore del ripieno decade forse persino al di sotto di quello della pasta, le dimensioni del manufatto possono essere ulteriormente aumentate, e la nostra (eroica) donna di casa potrà permettersi di ripiegare sbrigativamente pochi, grandissimi, cappellacci di zucca (ma che buoni anche quelli !), per poter dedicare più tempo a tutte le altre faccende domestiche che comunque su di lei incombono.

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