martedì 28 novembre 2017

Gouldiana: Il pollice del panda nella tecnologia

Qualche settimana fa mi è capitato di citare, in conviviale conversazione, un vecchio e memorabile saggio di Stephen Jay Gould. L'episodio mi ha invogliato a tornare a rileggerlo, e non ho potuto resistere alla tentazione di scriverne un breve sunto dei passaggi essenziali.

Da quando, oltre un secolo e mezzo fa, l'umanità ha raggiunto la conoscenza del fatto dell'evoluzione biologica, si è dovuta mettere faccia a faccia con una serie di verità sgradevoli (che rendono tale fatto tuttora inaccettabile per alcuni gruppi di svalvolati particolarmente ostinati): siamo il frutto di un percorso storico tortuoso e complesso e non del lungimirante disegno di un'entità superiore; non rappresentiamo l'esito ultimo e privilegiato dello svolgimento di una progressione predeterminata e ineluttabile verso la perfezione; non siamo l'apice di una scala lineare di progresso, ma semplicemente un ramo laterale qualsiasi di un fittissimo cespuglio di genealogie; né noi, né la natura che ci circonda siamo mai stati progettati da alcuno, e non siamo affatto costruiti in modo ottimale: siamo il risultato di adattamenti successivi di strutture ereditate da antenati che avevano vite diverse. Non viviamo nel migliore dei mondi possibili, e anche ciò che ci sembra armonico e perfetto, è solo il prodotto contingente di una storia che avrebbe potuto benissimo svolgersi diversamente.
Perché mai indossiamo le scarpe ? Cosa ce ne facciamo di piedi così inutilmente sensibili per camminare sul terreno ? Non potremmo convenientemente disporre di cuscinetti o zoccoli come tanti altri animali che come noi corrono per terra, e lo fanno anche più efficacemente e velocemente ? Una storia di antenati che si arrampicavano sugli alberi ci ha regalato piedi che un tempo erano anche prensili, e sono tuttora troppo sensibili per l'uso che ne facciamo, e ci induce a proteggerli con calzature per muoverci con più agio al suolo.
Stephen Jay Gould chiama questo principio dell'imperfezione "principio del panda", in omaggio al suo esempio preferito, il falso pollice del panda: il simpatico e iconico panda gigante è un orso convertitosi a una dieta a base di bambù; il suo vero pollice anatomico fu destinato dalla storia dei suoi antenati carnivori ai movimenti limitati utili ad artigliare prede, ed è parallelo alle altre quattro dita. La nuova dieta erbivora richiede al panda maggiori capacità di manipolazione, per raccogliere e arrotolare a mò di sigaro i germogli di cui si ciba; ma non si può riprogettare all'improvviso un pollice ormai irreversibilmente da orso, e il panda ha sviluppato un surrogato rimediato alla bell'e meglio: un sesamoide radiale (un osso del polso) particolarmente ingrossato e sporgente, che funziona quasi come un pollice, pressoché rigido, non proprio opponibile: è una soluzione raffazzonata, ma funziona.

Immagine: http://pauldilleinsiam.blogspot.it

In conclusione, non sono le strutture ottimali, gli adattamenti perfetti, ma i rattoppi, gli aggiustamenti, le soluzioni approssimative, i tanti "pollici del panda" che la natura ci mette sotto gli occhi, a contenere i cartelli indicatori della storia.
Ma il "principio del panda" sottende forse qualche regola universale applicabile ai sistemi storici in generale ?
Ad esempio, oltre che all'evoluzione biologica, il principio del panda potrebbe essere applicato all'evoluzione culturale e tecnologica ? A prima vista, dovremmo dire di no, per una serie di buoni motivi: non solo le innovazioni culturali non si propagano solo per via ereditaria, ma si diffondono nelle popolazioni anche trasversalmente, mediante l'apprendimento (e quindi a una velocità enormemente maggiore); ma, soprattutto, cultura e tecnologia sono libere di produrre strutture completamente nuove, senza rimanere vincolate a quanto ereditato da predecessori esistiti in contesti diversi: le automobili hanno rimpiazzato d'un tratto le carrozze a cavalli, e la posta elettronica soppianta lettere e francobolli. L'evoluzione biologica, procedendo per via esclusivamente ereditaria, non può che produrre divergenze successive e progressive tra i diversi gruppi; al contrario, uno dei motori principali dell'evoluzione culturale è la trasmissione e lo scambio trasversale di innovazioni da un gruppo all'altro (checché ne dicano i cultori delle fantomatiche e immaginarie "identità"): abbiamo acquisito dagli amerindi le coltivazioni della patata e del mais, e abbiamo portato in cambio il vaiolo. Di fatto, ogni generazione "sceglie" cosa mantenere e cosa gettare via della cultura della generazione precedente. L'innovazione culturale non ha bisogno di attendere una casuale mutazione favorevole, né si deve accontentare di piccoli cambiamenti purché vantaggiosi, anche se indirizzati su vie diverse da quella ottimale: progetta e procede in modo più o meno mirato. Infine, le forme e la varietà che i sistemi biologici perdono per estinzione sono irreversibilmente irrecuperabili: i cetacei non avranno mai più mani e piedi, e non rivedremo mai né un trilobite né il virus del vaiolo; mentre architetti sopraffatti dal cattivo gusto possono invece, volendo, ritornare ad ornare città attuali con colonne in stile pseudoclassico (e magari in cemento).

Sembra proprio non possa esserci alcun parallelismo operante tra storia biologica e culturale. Eppure, io sto usando proprio in questo momento un esempio lampante del principio del panda in ambito tecnologico: la tastiera QWERTY del mio personal computer.
A nessuno sarà sfuggita l'evidente irrazionalità della disposizione delle lettere sulla tastiera, con molte di quelle maggiormente usate sparpagliate nelle posizioni più marginali e sfavorevoli, la A da battersi con il dito più debole, il mignolo sinistro, e nessun'altra vocale sulla fila centrale meglio accessibile.
Ovviamente, la tastiera del PC è la pedissequa traslazione su dispositivi elettronici della tastiera su cui generazioni di dattilografi hanno battuto a macchina; e il sistema QWERTY era quello in uso nei paesi anglofoni, poi diventato norma universale per chiunque usi l'alfabeto latino: chi ha ancora in casa una macchina per scrivere sufficientemente vecchia, può verificare che la tastiera destinata al mercato italiano era in realtà QZERTY (e vai a capire il perché). In inglese, più del 70% delle parole si scrivono con le sole lettere DIATHENSOR: di queste, solo la H è in posizione centrale sulla tastiera, e la maggior parte è destinata a dita della mano sinistra; la lettera più comune in inglese, la E, non si trova sulla fila centrale più comoda, ed è a sinistra.


Come ebbe origine una norma tanto disfunzionale, e soprattutto come ha potuto essere conservata ?
Chi, come il sottoscritto, è abbastanza vecchio da avere utilizzato una macchina per scrivere meccanica, ha constatato che uno degli inconvenienti più frequenti prodotti da ritmi di battitura troppo veloci o non costanti era l'accavallamento e l'incastro delle leve dei martelletti: in questi frangenti, qualsiasi nuova battuta spingeva di nuovo sulla carta il martelletto incastrato più in basso, riscrivendo sempre la stessa lettera. La disposizione delle lettere più comuni in punti marginali e sfavorevoli serviva proprio a RIDURRE la velocità massima di battitura, costringendo le dita a spostamenti (mediamente) più ampi. Dover intervenire manualmente per svincolare le leve dall'incastro in effetti annulla i vantaggi di aver battuto a una velocità maggiore; ma il problema era in realtà molto più importante sulle prime macchine per scrivere, dotate di una meccanica meno raffinata che l'età di nessuno di noi consente di aver incontrato (il primo brevetto di Sholes è del 1867): non c'era un rullo su cui avvolgere il foglio di carta; questo veniva fissato su un supporto piano e disposto a faccia in giù, con i martelletti che picchiavano dal basso in alto: non c'era modo di leggere ciò che si stava scrivendo, se non sollevando il supporto, e non ci si accorgeva degli incastri di leve. Solo al termine della vostra ispiratissima pagina di prosa avreste potuto constatare il risultato: "Quel ramo del lago di Comm mmm mmmmm m..."
La disposizione QWERTY emerse dunque come un soddisfacente compromesso per limitare i guai di una velocità di battitura eccessiva (e un racconto in bilico tra storia e leggenda attribuisce lo spostamento della R nella riga superiore al vantaggio per i venditori di poter fare bella figura nelle dimostrazioni scrivendo con fluidità ed eleganza il nome dell'apparecchio TYPE WRITER utilizzando tasti tutti sulla stessa riga).
Ma, almeno all'inizio, la posizione del sistema QWERTY non era affatto dominante, e molti altri tipi di macchine e tastiere si contendevano quel mercato ancora piccolo ma in rapida espansione. Fu una serie di circostanze ad incanalare il corso successivo della storia. La Remington iniziò a produrre una macchina di Sholes con la sua tastiera QWERTY; questa associazione con una grande industria aiutò la diffusione del sistema, ma non poté essere determinante: i concorrenti erano pur sempre numerosi ed agguerriti. La Remington iniziò a promuovere scuole di dattilografia che utilizzavano, ovviamente, il QWERTY, e altrettanto fecero le industrie concorrenti con altre tastiere; nel 1882 una certa Ms.Longley fondò una sua scuola di stenografia e dattilografia a Cincinnati, e scelse tastiere QWERTY: un'opzione tra le tante possibili, ma Ms.Longley fu la prima ad insegnare la battitura con otto dita ancora oggi usata dai dattilografi professionisti. Infine, avvenne un episodio particolare che fu probabilmente determinante. Nel 1888, la Longley e il suo metodo furono sfidati pubblicamente da un altro insegnante, Louis Taub, che usava macchine non-QWERTY con sei file di tasti, senza un tasto per le maiuscole e quindi due tasti per ciascuna lettera, e prediligeva l'uso di sole quattro dita. Le due scuole presentarono alla contesa il proprio migliore allievo, e l'evento ebbe ampia risonanza sui giornali. Il campione di Ms.Longley era un certo Frank McGurrin che, a quanto pare, fu il primo interprete di una tecnica innovativa: aveva imparato a memoria la tastiera e batteva senza dover guardare i tasti, come oggi fanno tutti i dattilografi esperti. Grazie a McGurrin, la scuola di Longley sbaragliò quella di Taub; agli occhi del pubblico (e delle scuole di dattilografia che continuavano a fiorire), il sistema QWERTY aveva dimostrato la sua superiorità, anche se abbiamo molti motivi per pensare che non fu il tipo di tastiera a determinare il successo di McGurrin: scuole e manuali adottarono la tastiera QWERTY, sebbene già dal 1890 comparissero le prime macchine con punto di battuta pienamente visibile, iniziando ad erodere i motivi per cui il QWERTY aveva avuto origine e i suoi eventuali vantaggi; i produttori di macchine per scrivere via via si adeguarono, e agli inizi del '900 una norma industriale sbagliata era ormai di uso generale. Il fatto che sia sbagliata non è solo un'opinione: nel 1932 fu proposta la DSK (Dvorak Simplified Keyboard), e da allora tutti i record di velocità in dattilografia sono stati stabiliti con DSK, non con QWERTY; ma ormai era troppo tardi, e la posizione dominante di QWERTY non fu più scalfita.
La storia della tastiera su cui sto scrivendo contiene quindi almeno due principi spesso fondamentali nella storia naturale e, forse, nei sistemi storici in generale: quello di posizione dominante (incumbency) - il fatto che una posizione dominante faciliti il proprio stesso mantenimento per emarginazione dei possibili concorrenti - e quello di contingenza (contingency), per cui la scelta di un'alternativa tra altre simili, apparentemente banale o di poco conto all'inizio di un processo complesso, porta conseguenze grandi e non prevedibili a priori negli esiti a lungo termine.
Se Sholes non si fosse accordato con la Remington, se Ms.Longley avesse insegnato il metodo con otto dita su un altro tipo di tastiera, se il primo dattilografo ad adottare la battitura cieca avesse imparato da qualche altra parte, se McGurrin quel giorno avesse avuto mal di pancia, se si fosse organizzato un vero campionato di dattilografia con sfide incrociate con tastiere e metodi diversi... non vuol dire che la storia si possa fare con i se e con i ma, né tantomeno che tutto avviene a caso; vuol dire semplicemente che i fatti si svolgono una volta soltanto, e ad ogni passaggio si è verificata una sola tra più alternative ugualmente possibili. Non possiamo riavvolgere indietro il film, e se potessimo farlo ripartire da capo, sarebbe ogni volta un pò, o del tutto, diverso.
Noi mammiferi abbiamo passato ben più di metà della nostra esistenza - più di 100 milioni di anni - come animaletti notturni delle dimensioni e aspetto di ratti, nella sola nicchia ecologica che i grandi rettili che allora dominavano l'ambiente terrestre ci permettevano di occupare; e tale occupazione di posizione dominante avrebbe potuto benissimo protrarsi indefinitamente, se un evento contingente che più occasionale non si può, la caduta di un grosso meteorite 65 milioni di anni fa, non avesse provocato un'estinzione di massa rimescolando le carte.
Possiamo non essere soddisfatti di essere discendenti di altri primati, di antichi mammiferi, di pesci lontani nel tempo, di qualche ignoto verme che strisciò attraverso il confine del Cambriano 540 milioni di anni fa, di ancor più remoti esseri unicellulari e di una lunga genìa di primordiali batteri, anziché prodotti del magniloquente impeto elettrizzante di una creazione una volta per sempre. Tante circostanze contingenti hanno tracciato il nostro passato, senza un progetto e non sempre per il meglio, e tante volte le cose avrebbero potuto andare diversamente. Ma, in fondo, sapere qualcosa di più della storia della natura aiuta forse a comprendere un pò più in profondità la natura della storia.

Tratto da: Stephen Jay Gould - Il pollice del panda nella tecnologia - In: Bravo Brontosauro - Feltrinelli, 1992 pp. 57-73.

lunedì 27 novembre 2017

Il finguello 5110 e le trame di Satana 2- il ritorno e il successo: speciazione avvenuta

Ci sono delle soddisfazioni, di tanto in tanto: giusto otto anni fa avevo raccontato qui le vicende del fringuello 5110 dell'isola di Daphne Major e della eventualità di un rapido evento di speciazione per ibridazione.

Ebbene, ecco fatto: dopo appena due generazioni, quella nuova specie di fringuelli ha avuto origine. Qualcuno lo dica ai Testimoni di Geova.

domenica 20 agosto 2017

Italian Style


- Ooohh, cara... non mi dire ! Ti sei rifatta...

- Sììì !

- Ti sei rifatta il naso da Giorgio Varani ! Ti sarà costato un botto !

- Eh, certo, un chirugo estetico così non è economico, ma lo desideravo tanto...

- Ma i soldi che hai speso li vale tutti, lo stile è inconfondibile, è così trendy, appena ti ho visto ho detto "maddài la mia cara Saragièi lo ha fatto davvero", poi mi sono avvicinata e ho visto il logo GV stampigliato sulla narice... è proprio uno stile attualissimo, complimenti davvero, sei uno schianto.

- Grazie Daiana, mi fa piacere, sei sempre tanto cara.

- Ma lo sai che pure io sto pensando a farmi qualcosa che sia un pò alla moda, però sono tanto indecisa... dammi qualche consiglio tu.

- Che ti piacerebbe ?

- Ma guarda, sono incerta... tra quei famosi lifting bio-ottimizzati di Lino Chelone, che ha uno stile, delle linee che mi fanno impazzire, quel modo di tirarti i lineamenti in modo così moderno, tutto un pò asimmetrico, che sembra proprio naturale... hai presente ?

- Ma certo, è l'ultimo grido, Chelone fa delle cose bellissime.

- Ecco, quello lì, oppure sai quei coordinati occhi - naso - labbra di Sauro Lacerta ?

- Wow, il massimo ! Se ne è fatto uno la mia tricostilista, non ti dico...

- Chi ?

- Hai presente quella che ha il negozio di parrucchiera dietro casa mia ? Quella all'angolo della piazza, adesso è tricostilista.

- Ah, ha cambiato lavoro ? Ma era brava...

- No no, praticamente è uguale, solo che adesso si chiama così. E ti dirò: con il coordinato viso Sauro Lacerta sembra un'altra, però nello stesso tempo è sempre lei, sai quello stile...

- Eh, sì, che ti cambia completamente ma che ti lascia il tuo modo di essere, mi piace tanto; e poi diciamocelo: quando ci hai la lucertolina di Sauro Lacerta sullo zigomo, ti guardano tutti in un altro modo, eh...

- Embè, ci mancherebbe, mica ti fai rifare da uno qualsiasi, quello che è firmato...

- Ma pure col lifting di Chelone, gli ultimi modelli sono da urlo, eh... Hai visto che se lo è fatto pure Ruby Rubacuori, quella che conduce "Vita privata di calze e collant" il giovedì sera su Canale 22 ? Quella ormai ci avrà più di quarant'anni, e adesso ha un viso che sembra nuovo di zecca. Quanto mi piacerebbe averne uno uguale ! Tu che mi consiglieresti ?

- Come no, quello è il mio programma preferito e lei la a-do-ro. Senz'altro il lifting di Chelone ti costa meno, ti dà un qualcosa in più, però non è detto che ti duri tanto come il coordinato di Lacerta; però dovere pure cambiare tra un pò potrebbe essere un vantaggio: come si fa a sapere quali saranno le nuove tendenze dei prossimi anni ? E' difficile. Anch'io voglio aspettare un attimo prima di decidere che stilista scegliere per l'arrotondamento delle nautiche, e quello pure è una cosa che devo fare, 'ste chiappe che ho adesso ormai sono fuori moda, sono anni che sono sempre le stesse.

- Natiche, senza la u.

- Sicura ? Io ho sempre detto nautiche.

- Sicurissima, natiche.

- Ma và ? Ero convinta che si chiamavano nautiche perchè poi, dopo l'operazione, quando vai al mare o in piscina galleggiano. Nel senso: tu ci spendi un sacco di soldi, e poi d'estate, quando si devono notare, tante volte stai in acqua, e se nessuno le vede diventa un pò uno spreco. Invece sono nautiche, stanno a galla, così rimane in vista il logo del chirurgo estetico che te le ha fatte; no ?

- No, si chiamano natiche, ma non so per quale motivo. Certo, anche lì ci sono tanti stili, tante linee, più arrotondate, più asciutte, è una scelta importante per il look che ti vuoi dare. Per quelle cose lì il mio preferito è Ally Gatore; però, certo, tutto deve essere in sintonia con il resto: non puoi mettere insieme stilisti con concetti della moda che non vanno d'accordo fra loro. Tu poi, con tutti i ritocchini che ti sei fatta al viso, al seno, alle cosce, devi scegliere qualche cosa che sia in linea con tutto il resto. Il tuo ormai è uno stile troppo personale per potere scegliere una rotondità di natiche a caso.

- Eh, sì te l'ho detto, vorrei tanto ma ci sto pensando bene.

- A proposito, sai che qualche giorno fa c'era un servizio in televisione che ha fatto vedre un quadro, un ritratto di signora, che quando l'ho visto ho subito pensato a te, di un pittore che ci aveva un nome italiano, tipo Bigazzi, qualcosa del genere, ma non era italiano, mi sa francese. E' quello che ha dipinto pure le ragazze di Vignone, Vignone non è in Francia ?

- Picasso ?

- Eh, forse proprio quello lì.

- Allora mi sa che era belga. Una volta ho letto la Storia della Pittura su Cosmopolitan e ho imparato che ormai i pittori moderni sono tutti belghi. Van Gogh, Van Dik, Rembràn, tutti. Oddìo, non è che l'ho letta tutta perchè era un pò pesante; ma mi sa che 'sto Picasso sarà pure lui di quelle parti lì.

- Embè che vuoi, ciascuno ci ha le sue eccellenze: noi ci abbiamo il meglio degli stilisti della chirurgia estetica, e loro ci hanno i pittori; sempre grandi firme sono. Ma quel ritratto... quant'era realistico ! Era proprio tale e quale a te. Quanto erano bravi i pittori di una volta. Pareva 'na fotografia !

domenica 18 giugno 2017

La Santa Marcescenza


Colonie di Serratia marcescens in scatola Petri (By de:Benutzer:Brudersohn - German Wikipedia: http://de.wikipedia.org/wiki/Bild:SerrmarcKol.jpg, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=732821)

Oggi la Chiesa cattolica celebra, all'insaputa, credo, della maggior parte dei suoi stessi fedeli, la festa del Corpus Domini.
L'astruso argomento teologico della festività, che immagino altrettanto ignoto alla maggioranza dei frequentatori di chiese, sacrestie, oratori e siti limitrofi, è la transustanziazione, ossia la trasformazione reale e materiale (o forse non materiale, ma reale sì, per via di arzigogoli nei quali mi addentrerò per il minimo indispensabile più avanti) dell'ostia e del vino nel corpo e nel sangue di Cristo.
Pare che la Chiesa abbia cominciato a parlarne intorno al 1150, ma la transustanziazione compare ufficialmente con il quarto Concilio Lateranense (1215), suscitando subito aspri conflitti teologici sul fatto che l'ostia consacrata contenesse concretamente la sostanza del corpo di Cristo: si configurava un atto di cannibalismo (non facciamoci domande su atomi che si slegano e si ricombinano in molecole diverse, carbonio in eccesso che si riconverte nell'azoto mancante, cose allora ignote ma che dovrebbero comunque avvenire, ma nemmeno perchè il sapore e l'aspetto rimangano uguali, e così via: nelle dispute teologiche possibilità e plausibilità delle cose non sono argomenti che godano di qualche considerazione), con immancabile schieramento contrapposto di domenicani e francescani.
Come sempre quando i teologi si accapigliano sul nulla, la contesa è estremamente aspra, tanto che soltanto tre secoli dopo il Concilio di Trento (1545-1563) riuscirà a metterla a tacere adottando una definizione che più melensa non si può: «quella mirabile e unica conversione di tutta la sostanza del pane nel corpo e di tutta la sostanza del vino nel sangue, rimanendo tuttavia le specie del pane e del vino, la quale conversione la Chiesa cattolica chiama con grande opportunità transustanziazione».
Quindi si trasforma la "sostanza", ma rimangono le "specie" del pane e del vino. Spettacolare esempio di tortuosità retorica rinascimentale ma, oggi che si può, si dovrebbe pretendere una spiegazione rigorosa, con tanto di formule e disegnini, in termini chimici e chimico-fisici: che cosa avviene dunque nelle ostie e nel vino ? Mi rifiuto di capire altro, e sull'argomento teologico mi fermo qui.
Ritorno invece a quel clima conflittuale del XIII secolo. La diocesi di Liegi istituisce la festa del Corpus Domini nel 1247, per fare dispetto a Berengario da Tours che sosteneva che la presenza del corpo di Cristo nell'ostia fosse puramente simbolica e non reale (e chi non vorrebbe fare un dispetto a uno che si chiama Berengario da Tours ?).
Un povero prete praghese, tale Pietro, che non ci capiva più niente, andò fino a Roma per cercare di farsi chiarire le idee sull'argomento. Tornando indietro, nel giugno 1263, ancor più dubbioso di quando era partito, celebrò messa nella chiesa di Bolsena e... miracolo ! Vide le ostie che sanguinavano.
(I cattolici devono sempre essere mantenuti tristi nella loro religiosità: le madonne piangono sempre, i cristi sanguinano. Mai un moto di allegria, mai una botta di vita. Solo e sempre lacrime e sangue. Al massimo lacrime di sangue. Vi siete mai chiesti perchè ?)
Ma infine, il sanguinamento era la prova che toglieva ogni dubbio: Pietro da Praga di ritorno da Roma partì di corsa da Bolsena per andare a Orvieto dove stava in quel momento il papa per mostrargli le ostie rivelatrici.
Il papa Urbano IV certificò il miracolo in quattro e quattr'otto, e dal 1264 istituì la festività del Corpus Domini per tutta la Chiesa cattolica.
Ormai rassicurato sulla transustanziazione, Pietro da Praga di ritorno da Roma che partì da Bolsena lasciò Orvieto e tornò a Praga che al mercato suo padre comprò.
Attorno alle ostie, divenute sacre reliquie, si costruì, con la consueta sobrietà, una modesta custodia: il Duomo di Orvieto.
Va bè, direte voi, un miracolo così eclatante può anche meritare un pò di spreco. Vogliamo lesinare pure sulle eritropoiesi mistiche ?
Epperò, però, però: il sangue che sgorga da cibi ricchi di amido non era mica una novità. Ce ne sono tracce storiche in narrazioni dell'antichità. E non era nemmeno la prima volta che sanguinavano le ostie, anzi: episodi simili venivano sfruttati dagli stessi cristiani per aizzare all'odio contro gli ebrei, accusati di pugnalare le ostie per uccidere Gesù come già avevano fatto in carne ed ossa.
E a proposito di cibi ricchi di amido, dobbiamo ora fare un gran salto, fino a Padova e intorno al 1820, ai primordi della batteriologia, quando, esaminando una polenta che si era colorata di rosso, il farmacista Bartolomeo Brizio identificò il batterio Serratia marcescens.
S. marcescens cresce in luoghi caldi e umidi, su una grande varietà di substrati, specialmente se molto energetici (come zuccheri, amido o grassi) o ricchi di fosforo, e produce un pigmento tripirrolico rosso-arancio, chiamato, con tutta la doverosa dose di sarcasmo, "prodigiosina". Trovate spesso le sue colonie rossicce anche intorno ai rubinetti o nelle fughe tra le mattonelle nei punti più umidi del bagno o della cucina (sono ottimi substrati grassi anche i residui di sapone, shampoo, ecc.). E' comunissimo e generalmente innocuo, ma diventa occasionalmente responsabile di infezioni contratte negli ospedali, soprattutto a carico di vie respiratorie o urinarie: quando sonde o cateteri, per qualche ragione, smettono di essere sterili come dovrebbero, uno dei contaminanti accidentali più probabili che possano capitare è questo batterio.


Serratia marcescens su pane (By Dbn - Own work, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=32456976)

E grazie alla S. marcescens, a partire dagli anni '90 del XX secolo, il "miracolo" di Bolsena è stato felicemente riprodotto in laboratorio più e più volte. La Chiesa, da parte sua, ha sempre negato il permesso di esaminare le ostie-reliquie conservate nel Duomo di Orvieto.
Oggi la Chiesa cattolica celebra una festa che se il parroco di Bolsena, nella calura di giugno del 1263, avesse conservato le sue ostie in un posto un pò meno umido, potrebbe non essere tale.
Noialtri scientisti relativisti miscredenti possiamo invece, con tutte le ragioni, celebrare la festa della Serratia marcescens, umile e banale batterio salito agli altari (letteralmente !) della Storia come protagonista, nientemeno che di un miracolo.

martedì 13 giugno 2017

Il Grande Azybcxydewvfguthisrjkqplmon



L'Immenso Azybcxydewvfguthisrjkqplmon, il Grande Dio nilotico delle parole, vi sorveglia, sappiatelo.
Dagli altipiani e dalle praterie dell'Africa Orientale, dove tutto ebbe inizio, dove le prime sparute popolazioni di Homo sapiens iniziarono ad articolare una ignota protolingua ancestrale, il Dio delle parole veglia sul destino del suo dono, ascoltando e leggendo.
Egli ha creato tutte le parole di tutte le lingue del mondo, ed è lui che ce le ha offerte legate insieme nella ragnatela lucente del significato, fatta di fili sottilissimi e preziosi.
Il Grande Azybcxydewvfguthisrjkqplmon danza solenne nelle armonie vocaliche dei turchi; piange accorato nel vedere lentamente scomparire, una per una, le migliaia di lingue delle verdi ed aspre valli della Nuova Guinea; colora di arcobaleno le pirotecniche combinazioni sillabiche dell'Asia Orientale; fresa e forgia nel fumo e nelle scintille le ferree catene di consonanti degli arabi.
Egli è buono e generoso, ci offre le parole sue creature perchè possiamo servircene, ma Azybcxydewvfguthisrjkqplmon non conosce pietà nè misericordia. Egli vi ascolta e vi legge, e non tollera soprusi.
Egli vi punirà per le vostre costruzioni sconclusionate.
Egli non lascerà scampo alle vostre coniugazioni a vanvera.
Sappiate che non potrete evitare le fiamme degli inferi quando pubblicherete un titolo che non corrisponde al testo.
Il fulmine che vi incenerirà sarà infinitamente più veloce dei vostri "cmq" e "xkè".
Il girone buio dell'Ade degli afasici con cuffiette di orrenda musica a palla "punz-punz-punz" attende chi appiccica abusivamente un complemento oggetto ad un verbo intransitivo. Ma per i casi più gravi, come "Bisogna agire delle azioni" (voi umani potreste non crederci, ma io l'ho sentito, ripetuto più volte, nella remota galassia del Politecnico di Milano, da ingegneri. Ingegneri gestionali, una genìa aliena considerata, non a caso, come razza inferiore da tutti gli altri ingegneri, che pure non è che siano poi tutto 'sto gran che), allora il "punz-punz-punz" può persino essere sostituito dal neomelodico napoletano.
Ogni volta che direte: "Salutate Aristide, che lo vedete là in fondo", pagherete ogni particella pronominale in eccesso con diarree persistenti.
Ma al contrario, se continuerete a pretendere, nella vostra lingua sciatta e oscura, che ad essere evacuate siano le persone anzichè i luoghi, la giusta punizione saranno settimane e settimane di mancate evacuazioni: e le vostre budella impareranno prima di voi la sostanziale differenza.
Il Grande Dio nilotico della parola stramaledice la vostra "tipologia" usata come sinonimo di "tipo".
Ma soprattutto, Egli, Azybcxydewvfguthisrjkqplmon, l'Assoluto, Il Verbo (alla lettera) ogni volta che userete "piuttosto che" come disgiuntivo con lo stesso significato di "oppure", piuttosto che come avversativo come or ora si è mostrato, vi condannerà all'eterno ascolto dei discorsi di Scilipoti.
Pentitevi dei vostri peccati.
Le parole sono preziose, e Azybcxydewvfguthisrjkqplmon il Generoso è il loro Dio. Abbiate rispetto per le parole.

giovedì 1 giugno 2017

Mamma Informata

"... e le regine del 'tua culpa' affollarono i parrucchieri."


- "Signora, suo figlio ha la poliomielite !"
- "Oh, santo cielo, dottore ! E' grave ?"
- "Può essere molto grave. Può non accadere nulla, e anche se il virus entra in circolo i sintomi possono non essere molto pesanti. Ma se il virus si insedia in qualche punto del sistema nervoso, come capita circa nell'1 % dei casi, può provocare paralisi flaccide a seconda dei nervi interessati, spesso alle gambe; e ci può essere morte per soffocamento se viene paralizzato il diaframma."
- "Oh, dottore, che spavento tutte queste malattie strane che stanno venendo fuori adesso, appena se ne scopre una nuova subito ne compare un'altra ! Sarà sicuramente colpa di tutti quei glifosati che ci mettono nelle verdure. Noi mangiamo tante verdure, perchè sa, adesso è così di moda, è un pò la nuova tendenza nell'alimentazione e non voglio fare la figura di quella che non si aggiorna, che non sta al passo, capisce, a me piace essere sempre informata sulle nuove tendenze, ma io mica mi fido tanto di tutti questi fertilizzanti chimici che ci mettono..."
- "Signora, il glifosate è un erbicida, un diserbante, il più utilizzato al mondo. C'è qualche sospetto che possa avere effetti cancerogeni, ma la questione è ancora controversa. Questa invece è una malattia virale: tutta un'altra cosa, si trasmette esclusivamente da uomo a uomo attraverso l'ambiente, quindi anche per via alimentare, ma l'inquinamento chimico non c'entra nulla. La poliomielite non è nuo..."
- "Ecco, un virus ! Sono tutti questi mussulmani che ci portano le malattie dall'Africa ! Dottore, lo vede anche lei, ci stanno invadendo, ci vogliono uccidere tutti e ci portano tutte le loro malattie. Ma lo sa che ormai sono più di noi ? Lo sa che oramai c'è il 30 % di mussulmani in Italia ? La razza bianca scomparirà, mi sono informata."
- "Signora, in Italia le persone nate all'estero non arrivano al 10 %; quelle di religione musulmana non raggiungono il 4 %, e faccio fatica ad associare credenze religiose a frequenza di malattie. Le razze umane scientificamente non esistono, la nostra storia è tutto un continuo di migrazioni e rimescolamenti. Quello che volevo dirle prima che mi interrompesse, è che la poliomielite non è affatto una malattia nuova. Ha avuto una diffusione veloce e preoccupante tra la fine dell'Ottocento e la prima metà del Novecento, proprio in corrispondenza..."
- "Sono gli Africani che ce l'hanno portata !"
- "No ! La malattia è comparsa in Europa e Nordamerica, proprio in conseguenza..."
- "Dei glifosati ! I glifosati provocano un sacco di malattie ! L'ho letto su 'dionidream', perchè io mi informo, sa."
- "...si è diffusa ad inizio '900 proprio in conseguenza del miglioramento delle condizioni igieniche generali: fognature, acqua potabile, ecc. Come le ho detto all'inizio, nella maggior parte dei casi il virus non provoca nessun sintomo particolare. Quindi, prima di quell'epoca, con tanti portatori sani, i bambini venivano facilmente a contatto con il poliovirus finchè erano ancora protetti dagli anticorpi materni, e sviluppavano la propria immunità duratura senza ammalarsi, ed è così ancora oggi in molte parti del mondo, dovremmo dire purtroppo. Ma con condizioni igieniche migliorate, i bambini piccoli non avevano più occasione di incontrare precocemente il virus e immunizzarsi, e la poliomielite è esplosa. Fino alle generazioni nate negli anni '50 - '60, si ricorderà persone in sedia a rotelle, o con le stampelle, con la muscolatura delle gambe atrofizzata: quelli erano i sintomi più frequenti."
- "Ah, quelle gambine fine fine ?"
- "Esattamente. La poliomielite aumentò di frequenza fino agli anni '50, quando sono cominciate le vaccinazioni di massa, prima con il vaccino Salk, che era parzialmente efficace, poi con quello di Sabin, che in Italia venne adottato con colpevole ritardo; dagli anni '60 la poliomielite è stata pressochè eradicata."
- "Vaccinazioni ?"
- "Sì, certo. Lei non ha fatto vaccinare suo figlio, temo ?"
- "Ma non sono mica matta ! Io mi informo, sa ? E' l'ultima tendenza del salutismo: I vaccini provocano l'autismo. Così, adesso è tanto trendy non far vaccinare i figli... Lei non le segue le mode ? Si informi !"
- "E' una balla, un articolo del 1998, poi ritirato perchè i dati erano stati falsificati (raggruppati scorrettamente); l'autore, Wakefield, è stato radiato dall'Ordine dei Medici. Wakefield stava brevettando un nuovo vaccino suo, che avrebbe potuto sostituire quello (pertosse-morbillo- rosolia) messo fraudolentemente sotto accusa, quindi era in evidente conflitto di interessi. Tutti gli altri studi successivi non hanno mai trovato nessuna correlazione tra vaccinazioni e autismo. No, non seguo le mode, io seguo la mia testa, signora."
- "E poi c'è il mercurio ! E c'è l'alluminio ! I metalli pesanti ! E ci sono le microparticelle ! E le multinazionali ci fanno un sacco di soldi ! Si informi !"
- "Signora, ha idea della quantità di mercurio che viene introdotta in una serie di vaccinazioni a causa di un antimicrobico organomercurico presente per l'1 % nel volume del vaccino ? Ha un'idea dei volumi in gioco ? Comunque quel conservante è stato eliminato, con costi supplementari, proprio per non alimentare le vostre fobìe irrazionali. Le industrie fanno profitti, ovviamente, ma guadagnerebbero molti più soldi vendendo farmaci per curare le malattie, piuttosto che vaccini per prevenirle."
- "Ma quali fobìe irrazionali... dottore, tutte le mie amiche non hanno fatto vaccinare i figli. E' la tendenza del momento. E' trendy, capisce."
- "Signora, suo figlio ha la poliomielite."
- "Gli verranno le gambine fine fine, dottore ?"
- "Spero di no, ma potrebbe capitare."
- "Gli potrebbero andare quei pantaloni tutti belli attillati attillati che stanno tornando di moda adesso ?"

domenica 16 aprile 2017

Pasqua dove vuole (il padrone)


La questione delle aperture degli esercizi commerciali nei giorni festivi è un caso esemplare, se vogliamo divertirci ad esaminarlo.
Possiamo assumere che le persone non mangiano e non bevono di più, nè consumano più calzetti, se i negozi sono aperti un giorno in più ?
Se accettate questo presupposto, ne consegue che la quantità totale di merci che ciascuno di noi acquista in una settimana (o, se preferite, in un anno), a parità di altre condizioni, è sempre la stessa.
Dunque, quando il primo supermercato decide di rimanere aperto in un giorno festivo, esso si guadagna il monopolio del pubblico che gradisce passare le feste nei centri commerciali, che, per quanto costituito da una manica di pervertiti, è pur sempre una fetta di mercato, e con questo si avvantaggia sulla concorrenza.
Ne consegue che tutti gli altri supermercati sono costretti a fare la stessa cosa, per non perdere quote di clientela. E nel momento in cui tutti sono aperti nei giorni festivi, nessuno ha più nessun vantaggio sugli altri.
Risultato finale: ciascuno vende esattamente la stessa quantità di merce di prima, con in più il costo aggiuntivo di stare aperti un giorno in più (se non altro bisogna pagare il personale). Costo aggiuntivo che inevitabilmente si scaricherà sui clienti. Quindi il bilancio netto è un danno per tutti.
Il paradosso è che, anche una volta constatato il danno, nessuno può più permettersi di tirarsi indietro, perchè perderebbe clientela a vantaggio dei concorrenti.
Alla fine, lasciando ciascuno libero di decidere secondo il proprio interesse, abbiamo ottenuto una situazione che danneggia tutti, ma da cui nessuno può uscire.
Alla faccia di quelli che ancora credono alla favoletta che il libero mercato è in grado di correggersi e regolarsi da sè, che la libera concorrenza conduce inevitabilmente alle condizioni migliori possibili, e che se si lascia ciascuno libero di perseguire il proprio interesse si ottiene invariabilmente il meglio nell'interesse collettivo.
L'unica soluzione, ovvia, è la vecchia cara REGOLA: orari e giorni stabiliti, che tutti devono rispettare, altro che libero mercato.
se si lascia ciascuno libero di perseguire il proprio interesse, si produce un danno per tutti.