giovedì 13 gennaio 2011

Il clima si deteriora


Due sondaggi paralleli tenuti in Gran Bretagna e negli Stati Uniti nella primavera 2010 hanno dato risultati pressochè identici: in Gran Bretagna le persone convinte che la temperatura della Terra stia aumentando sono passate dal 91 % al 78 % nei cinque anni dal 2005 al 2010; in California la percentuale è passata, nello stesso periodo, dall' 84 % al 74 %. Si trattava dei primi sondaggi condotti dopo il fallimento del vertice di Copenhagen; i ricercatori britannici attribuirono parte del calo al fatto che nell'inverno 2009-2010 si erano verificate alcune abbondanti nevicate (quello che in precedenti discorsi sull'argomento abbiamo definito "ragionamento della massaia": bastano due giorni di freddo in paese per dire: "e vengono a raccontarci tutte quelle balle sul riscaldamento globale"). Ma mi sembra un'interpretazione insufficiente, e ci tornerò sopra alla fine.
Invece, i dati della Nasa appena pubblicati dicono che il 2010 è stato l'anno più caldo della storia dei rilevamenti meteorologici, dal 1880 ad oggi; supera, di 0,01°C, il precedente record del 2005. Il fatto più impressionante, però, per farsi un'idea della tendenza generale, è la graduatoria dei primi sette anni più caldi, sempre dal 1880 ad oggi: 1) 2010; 2) 2005; 3) 1998; 4) 2002; 5) 2003; 6) 2006; 7) 2007.

Intanto, il falso accordo scarabocchiato all'ultimo momento a Copenhagen, che pone l'obiettivo di non incrementare di più di 2°C la temperatura del pianeta, senza indicare modi e vincoli per raggiungerlo (e un incremento di 2°C corrisponde, nei vari modelli previsonali possibili, ad una probabilità del 50% di non avere conseguenze catastrofiche; quindi, se l'obiettivo fosse raggiunto, significherebbe guadgnarsi la possibilità di giocarsela a testa o croce), viene già messo da parte dagli sudiosi, che cominciano a prevedere scenari di riscaldamento anche di 4°C entro questo secolo, niente affatto lontani dalla realtà, vista la perdurante inerzia dei governi del mondo nell'impegno a ridurre le emissioni di CO2.

Quindi, quando sentite raccontare la triste barzelletta che per superare l'attuale fase di crisi economica occorrono misure per rilanciare i consumi, non vi viene da piangere ? In questo, bisogna riconoscere che c'è una moltitudine di Capi di Governo di tutto il mondo perfettamente allineati al nostro clown.
La cecità, qui, è doppiamente colpevole: si aggiunge il non vedere che il collasso attuale dell'economia di mercato non è una fase ciclica a cui possa seguire una ripresa, ma è una crisi di saturazione, e pertanto irreversibile, e le ricette neoliberiste sono la malattia e non la cura; oltre al non volere tenere conto delle conseguenze meno immediate (ormai non si può più neanche dire a lungo termine) del perseverare nella corsa ai consumi. Quest'ultimo è probabilmente un limite molto pericoloso insito nei sitemi democratici: nessun Governo investe la propria popolarità per questioni che vadano oltre la prossima scadenza elettorale.
Tale limite potrebbe essere superato solo in presenza di una cittadinanza consapevole ed informata; ma (e ritorniamo ai sondaggi iniziali) è molto più semplice far sparire dalle coscienze i problemi tenendo sotto controllo l'informazione, che mettersi a progettare un futuro diverso.

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