mercoledì 12 ottobre 2011

Anniversari - 12 ottobre 1492 (1)

"Per un triste Re cattolico - le dice - ho inventato un regno
e lui lo ha macellato su una croce di legno.
E due errori ho commesso, due errori di saggezza:
abortire l'America e poi guardarla con dolcezza.
Ma voi che siete uomini sotto il vento e le vele
non regalate Terre Promesse a chi non le mantiene."





"Quando Cristoforo Colombo, chioma fluente e piede sicuramente fetente, sbarcò in America, non la trovò certamente disabitata": cito a memoria un passaggio di un breve discorsetto introduttivo all'esecuzione di "Fiume Sand Creek" durante un concerto di Fabrizio De Andrè (avrete colto la nonchalance nella produzione di rime); sempre a memoria, poteva essere il 1991, nell'imminenza del cinquecentenario.
E dunque, proseguiva il discorso, non ha senso parlare di scoperta. L'America era stata scoperta, almeno almeno 15000 anni prima, da popolazioni asiatiche provenienti dalla Siberia. Il 12 ottobre 1492 l'America non fu "scoperta", ma esposta agli appetiti conquistatori degli europei.
Colombo mise il suo fetente piede da qualche parte nell'arcipelago delle Bahamas, o in quello immediatamente più meridionale di Turks e Caicos, e un piccolo mollusco gasteropode avrebbe potuto raccontarci esattamente dove, ma questa è un'altra storia.
E difatti non trovò quelle isole disabitate: "...giunsi al Mare delle Indie, dove trovai molte isole assai popolate, delle quali, fatto il bando in nome del felicissimo nostro Re e spiegate le bandiere, nessuno opponendovisi, presi possesso." (1)
Non ci è dato sapere quanto numerosa sia stata l'audience per tale rituale, prodotto, si suppone, in lingua spagnola, ma la popolazione che ebbe la discutibile fortuna di assistere alla curiosa ed incomprensibile cerimonia inscenata dall'ultimo stravagante venuto, senza manifestare segnali di opposizione, fu quella dei Taìno, che era distribuita su tutte le Bahamas, le Grandi Antille e le più settentrionali delle Piccole Antille.
Nel suo diario di bordo, l'Ammiraglio sottilineò la timidezza, la benevolenza e la gentilezza di coloro che chiamò indiani: "Non portano armi, e nemmeno le conoscono: mostrai loro le spade ed essi prendendole dalla parte del taglio, per ignoranza si tagliavano. Non hanno alcuna specie di ferro." Ma non c'era alcuna ammirazione nè intento elogiativo nelle considerazioni sulla loro indole pacifica, solo progetti sulla facilità di prevaricazione: "Con una cinquantina di uomini [le Altezze Vostre] li terranno tutti sottomessi e potranno far di essi quel che vorranno".
I Taìno praticavano l'agricoltura, il loro alimento base era una specie di pane fatto con la farina di cassava, e curiosamente non di mais, che pure allevavano; coltivavano inoltre zucche, fagioli, peperoni, arachidi, ananas, oltre a tabacco e cotone: quasi tutte queste piante erano sconosciute in Europa. Ma Colombo non fu minimamente interessato alla cultura ed agli usi degli indigeni, se non per il fatto che amavano ornarsi con ninnoli d'oro, unica cosa che attrasse la sua curiosità. Domandò con insistenza da dove provenisse l'oro, come si procuravano l'oro, dove veniva estratto l'oro, e null'altro.
Il 13 ottobre, al suo secondo giorno in America, scrisse sul diario di bordo: "Venni per gesti a sapere che navigando verso Mezzogiorno si poteva andare dov'era un re che possedeva grandi vasi e molti pezzi d'oro."
La sua ricerca dei ricchi regni dell'Oriente raccontati da Marco Polo, il Catai (la Cina) ed il Cipango (il Giappone), si riduceva alla necessità di portare in Spagna dell'oro per dimostrare il successo della sua impresa. Man mano che, di isola in isola, veniva presentato a cacicchi via via più potenti e sempre più riccamente adornati, la sua avidità si auto-alimentava, frustrata dalla continua mancanza di indicazioni su dove l'oro venisse estratto.
Si procurò (= catturò) delle guide Taìno con cui si intendeva meglio e sentì parlare di una grande isola vicina, Colba (Cuba), che interpretò come Cipango. Una volta sbarcato lì, seppe che si trovava dell'oro a Cubanacan (= il centro di Cuba) che gli suonò come "El Gran Khan", facendogli credere di stare per raggiungere la Corte Imperiale; infine, in dicembre, ebbe notizia di oro a Cibao, il nome locale di Hispaniola (ancora il Cipango). Non furono gli unici esiti tragicomici delle pretese che i Taìno avessero familiarità con lo spagnolo: nelle Piccole Antille vivevano i Caribe, nemici storici dei Taìno: quando fu chiesto cosa ci fosse più a sud, alla risposta "Caribe", gli spagnoli intesero che ci fossero i cannibali.
Ma ad Hispaniola l'avidità incontrò il suo premio, e si trovò un giacimento aurifero. Il destino dei Taìno era segnato.
A partire dal suo secondo viaggio (1493), Colombo pretese dei tributi dalle popolazioni assoggettate alla corona spagnola: ogni adulto (dai 14 anni in su) doveva versare un campanello da falconeria ripieno d'oro (le unità di misura opinabili sono un fenomeno ricorrente in questa storia) ogni tre mesi o, in alternativa, 12 Kg di cotone. Gli evasori fiscali erano puniti con il taglio delle mani e lasciati morire per dissanguamento (...mmhhmmm... entusiasmante per noi, ma crudeltà inaudita al di là delle Alpi).
Le nuove miniere di Hispaniola richiedevano grandi quantità di manodopera, e man mano che i nativi dell'isola morivano per le fatiche che gli spagnoli imponevano loro, si dovette reclutare manovalanza dalle isole vicine: la Giamaica era popolosa, ma le sue montagne offrivano rifugi da cui sarebbe stato difficile stanare i Taìno; identico e maggiore problema poneva Cuba. Le Bahamas invece erano isole relativamente piccole e piatte, prive di nascondigli, dove i futuri minatori potevano essere acchiappati senza troppe difficoltà.
Le posizioni dei cattolici verso la schiavitù erano, come sempre, ambigue. Voci come quella di Bartolomè de las Casas si levarono alte, chiare e inascoltate a richiedere un trattamento umano per i nativi, ma l'accomodamento prevalente giocava sull'ipocrisia che il premio per il lavoro coatto era quello di ricevere un'istruzione sulla lingua spagnola e sulla religione cattolica, e di solito gli schiavi venivano battezzati, mediocremente consenzienti. Si provvedeva dunque alla salvezza delle loro anime.
Mentre le anime si salvavano, i corpi non se la passavano tanto bene: nel 1512, vent'anni dopo il primo contatto del piede fetente, nessun Taìno viveva più nelle Bahamas.
Anche nelle altre isole, le loro terre coltivate erano diventate proprietà degli spagnoli o di indiani fidelizzati agli occupanti, ed i Taìno erano stati resi schiavi anche come agricoltori; dovevano produrre cibo per la crescente popolazione europea. Già nella stagione 1495-96 rinunciarono a raccogliere e a seminare, pagando, nella conseguente carestia, con 50000 morti il rifiuto di nutrire i propri aguzzini.
Si suicidavano col veleno, si impiccavano, uccidevano i propri figli perchè non vivessero da schiavi. Ci fu una rivolta organizzata nel 1511, e un'altra negli anni '20. Ma nel frattempo, sulle navi che traversavano l'Atlantico, un passeggero clandestino era giunto dall'Europa in America a compiere il grosso del lavoro sporco: il virus del vaiolo.
Così, per tutte le Antille, in 30 anni la popolazione di Taìno era declinata dell' 80-90 %, e poco tempo dopo il primo popolo americano a conoscere gli europei fu anche il primo ad estinguersi. Molte altre popolazioni americane seguirono presto lo stesso destino.

Gli europei colmarono il vuoto di manodopera importando nuovi schiavi dall'Africa.
L'Isola di San Salvador rimase disabitata per quasi 300 anni, salvo forse qualche temporaneo insediamento di pirati, finchè la rivoluzione americana non portò alcuni fedeli alla corona britannica a rifugirsi lì con i propri schiavi africani. I discendenti di quegli schiavi fecero rifiorire una cultura autoctona del tutto nuova e diversa; fino a qualche decina di anni fa le Bahama più esterne rimanevano ancora piuttosto incontaminate anche nei confronti dell'industria turistica, e gli insediamenti si limitavano a piccole locande ben integrate nell'ambiente e nella cultura locali. Ma ormai il mito dello sbarco di Colombo ha portato anche a San Salvador i Club Mediterranèe e le colate di cemento al servizio del turismo soggiogato ai gusti occidentali. Colombo e i suoi 90 marinai avviarono la distruzione della cultura dei nativi, ma la sua ombra continua ancora, dopo oltre cinque secoli, a far seccare ogni nuovo germoglio di cultura locale in favore dell'omologazione eurocentrica.



Oggi, se cercate in rete informazioni su "Taìno Bahamas", troverete quasi solo richiami ad un Taìno Beach Resort di Grand Bahama, una vomitata di cemento a quattro stelle sulla spiaggia, l'ultimo servizio all'esotismo kitsch del turista occidentale (che probabilmente ignora l'origine del nome), l'ultima beffa agli uomini che morirono di fame per non coltivare la terra in favore dei futuri vacanzieri in camicia hawaiana, panama e sigaro.


(1) Lettera in cui Cristoforo Colombo, molto benemerito dell'età nostra, descrive le isole delle Indie oltre il Gange, di recente scoperte, dove fu inviato il 3 agosto 1492 sotto gli auspici e col denaro degli invittissimi Ferdinando ed Elisabetta, Reali di Spagna; e da lui indirizzata all'illustre Don Gabriele Sanchis, tesoriere dei suddetti Serenissimi Re, tradotta dalla lingua spagnuola nella latina per opera del nobiluomo e letterato Leandro de Cosco il 30 aprile 1493, primo anno del pontificato di Alessandro VI.

(per fortuna nei secoli successivi il modo di intitolare gli scritti ha presentato una lodevole tendenza alla maggior brevità).

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