Avete la sensazione che le signore dall'apparenza più benestante siano quelle più propense, nei supermercati, ad imboscare la confezione di crema notte rigenerante mani-viso sotto il bel soprabitino del modello reso obbligatorio dalla moda corrente ? Avete la sensazione che i guidatori di automobili molto costose siano quelli più
E tanto per fare del facile qualunquismo, trovate che l'idea originale dei padri della nostra democrazia rappresentativa, di fornire i parlamentari, ed in genere gli alti funzionari pubblici, di retribuzioni piuttosto laute per metterli al riparo dalle tentazioni di corruzione e avidità, fosse un'idea razionalmente sensata ma dagli esiti pratici del tutto opposti ?
Ebbene, a quanto pare non sono solo sensazioni o osservazioni casuali: gli psicologi dell'Università di Berkeley Paul Piff e Dacher Keltner hanno condotto negli ultimi anni una serie di studi che sembrano proprio confermarlo: più si sale nella scala sociale, più si diventa gretti, insensibili, avidi, egoisti, imbroglioni e amorali.
Sulla base di indicazioni già presenti in letteratura, Keltner e Kraus nel 2009 avevano condotto uno studio che dimostrava che le persone di status sociale più elevato (misurato in base a reddito ed educazione) sono quelle meno disponibili a prestare attenzione quando messe ad interagire brevemente con un estraneo (al punto che, viceversa, i loro gesti di inconsapevole dimostrazione di distrazione e disinteresse diventavano significativamente veritieri nel predire il loro status socioeconomico nella prova inversa).
In una serie di studi pubblicati nel 2011, il tema è stato approfondito.
Osservatori piazzati ad un incrocio molto trafficato e accanto a un passaggio pedonale hanno rilevato la prevalenza statistica di automobili grosse, lussuose e costose tra quelle che tagliano la strada alle altre senza rispettare la precedenza (indipendentemente dal sesso del guidatore, dall'orario e dalla congestione de traffico) e che non rallentano avvicinandosi alle strisce, pur in presenza del pedone in procinto di attraversare.
In situazioni costruite in laboratorio, gruppi di persone di rango sociale elevato (per reddito, istruzione e posizione lavorativa) presentavano maggiore tendenza a mentire durante una trattativa, appropriarsi indebitamente di oggetti, e in una specie di lotteria a premi con numeri casuali generati da un computer (impostato dagli sperimentatori in modo da non fornire mai un totale superiore a 12), in cui il soggetto stesso doveva dichiarare il punteggio ottenuto, i benestanti erano quelli che con maggiore frequenza dichiaravano di aver fatto 13 o più punti, rispetto al gruppo dei meno abbienti.
In un altro esperimento gruppi socialmente meno elevati dimostravano una maggiore differenza di reazione emozionale di fronte a due filmati concepiti allo scopo. Per i più abbienti, osservare un video con le istruzioni per montare una veranda da giardino ed uno sui bambini malati di cancro suscitava reazioni emotive significativamente meno differenziate.
Un altro studio ancora dimostrava che le persone di ceti sociali più bassi hanno maggiore accuratezza nel percepire e valutare le emozioni e i sentimenti degli altri.
Ma se l'avidità e l'egoismo fossero una causa e non un effetto dello status sociale elevato ? Se i ricchi fossero diventati ricchi appunto perchè sono meno altruisti ? Sarebbe una pezza d'appoggio fuori tempo massimo per gli ultimi sostenitori di quella sciocchezza forgiata circa un secolo fa sotto il nome di "darwinismo sociale".
Per rispondere a questo interrogativo, Piff e Keltner hanno escogitato un esperimento per "manipolare" la classe sociale dei loro campioni sperimentali. Due gruppi di persone, omogenei ed assortiti a caso, sono stati messi a colloquio e confronto per un pò di tempo, l'uno con soggetti di reddito ed istruzione inferiori ai propri, e l'altro con persone più abbienti delle cavie. In questo modo gli psicologi ritengono di avere indotto nel primo gruppo una percezione monentanea di status socioeconomico elevato, e viceversa nel secondo, indipendentemente dalla loro condizione sociale REALE.
All'uscita dai colloqui, ai soggetti veniva offerto di prendere caramelle e dolcetti a volontà da un contenitore, dicendo loro incidentalmente che i dolciumi avanzati sarebbero poi stati distribuiti ai bambini partecipanti ad un altro studio nel laboratorio di fianco.
Ebbene, quelli che "si sentivano ricchi" si prendevano più caramelle, lasciondone meno per i bambini, rispetto a quelli che "si sentivano poveri".
Ma non dovremmo ragionevolmente immaginare che sia la scarsità di risorse ad indurre a comportamenti egoisti (e magari anche a barare), e che invece chi ha già molto per sè sia più disposto a pensare anche agli altri e comportarsi lealmente e disinteressatamente ?
L' ipotesi di Piff e Keltner è che la ricchezza ed il benessere producano in noi un senso di autonomia ed indipendenza dagli altri; e meno sentiamo di avere a che fare con gli altri più centriamo le nostre attenzioni ed i nostri interessi su noi stessi, fino ad ignorare la situazione altrui e giustificare la nostra avidità.
Non so se questo quadro sia del tutto completo, e non so fino a che punto i risultati di questi esperimenti condotti negli Stati Uniti siano trasferibili tali e quali nel tessuto sociale e culturale europeo ed italiano; però, se così fosse, chiediamoci se questi meccanismi possano incidere nelle scelte di politiche sociali invariabilmente ispirate al liberismo economico più sfrenato ed incontrollato, destinate ad allargare il divario tra i pochi sempre più ricchi e masse sempre più ampie sempre più distanti dalle élite di privilegiati; specialmente se quelle politiche sono determinate da una classe dirigente di cosiddetti "tecnici", economisti non a caso professori universitari che da quelle élite provengono e che ai figli di quelle élite insegnano. Rappresenteranno l'interesse della collettività e saranno davvero finalizzate al bene comune ? O non saranno piuttosto bombe ad orologeria di cui, a quanto pare, quasi nessuno riesce ancora a comprendere il potenziale ?
Non occorre neanche restringere la visuale alle sole peculiarità italiane: un pò in tutto il mondo occidentale il censo è sempre più determinante per l'accesso alla politica "alta"; per non parlare di quegli organismi privi di qualsiasi controllo democratico e che hanno ormai poteri decisionali superiori a quelli di qualsiasi Governo nazionale: FMI, WTO, OCSE, ecc.
Forse ormai sarà il caso di buttare alle ortiche tutto questo buonismo compromissorio da riformisti che ci ha ammorbato negli ultimi trent'anni con il suo polveroso grigiore socialdemocratico. Se la via per una società più giusta e solidale passa attraverso il combattere la povertà tanto quanto il combattere la richezza, tornare a respirare un pò di sano fumo delle barricate potrebbe riuscire salutare.
Bello e interessante. Sei forte.
RispondiEliminaPerò, quel finalino sulle barricate...
Vogliamo pensarci su un po' meglio, magari?
Ti segnalo una pagina sul tema "La prossima rivoluzione francese":
www.webalice.it/gangited/_D/Insurrection.html
Ciao, e grazie per quello che scrivi
Dimitri
Grazie Dimitri. Non penso di transigere sulle barricate. Temo (e sottolineo: temo) che saranno presto necessarie.
RispondiEliminaMa tu hai scritto che sarebbero salutari: non sembra un timore, piuttosto un auspicio.
EliminaPoi aggiungi che saranno necessarie: cioè utili a qualcosa o a qualcuno?
Bada bene: queste obiezioni ti arrivano dalla tua sinistra ed è da questa posizione che ti propongo un tema di riflessione: leninismo e anarchismo sono davvero incompatibili? Finora non hanno funzionato: possiamo inventare qualcosa che meriti di essere chiamato "metodo" cioè che non sia soltanto ideologia?
In altre parole: siamo condannati a rimanere per sempre idealisti verniciati di materialismo (come il sig. Coupat), o possiamo sperare di diventare materialisti davvero?
Dimitri
E' salutare anche una cura dolorosa, caro Dimitri, ed il conflitto sociale non fa bene di per sè, ma si rende utile in prospettiva e pertanto necessario.
RispondiEliminaRispetto al tuo tema di riflessione, meriterebbe di essere sviluppato in modo più ampio, e mi riprometto di farlo in futuro (combinazione, sto leggendo Bakunin in questi giorni, ed è un'esaltante altalena di schemi di pensiero tra un passato improponobile ed un'attualità modernissima).
Se ti accontenti di un abbozzo di risposta molto stringato, niente altro che il materialismo può essere il "metodo". L'idea a cui tendere è oggi molto più complessa, ed al tempo stesso molto più necessaria rispetto alle elaborazioni ideologiche "tradizionali", proprio perchè oggi siamo di fronte a dei limiti giustoappunto "materiali" determinati dai limiti fisici e di disponibilità di risorse del pianeta su cui abitiamo; limiti dei quali nessuno schema ideologico "classico" si è mai posto il problema.
Come disegnava Altan: "Abbiamo predicato per quarant'anni il necessario crollo del capitalismo, e adesso che crolla ci facciamo trovare impreparati."
Mi accorgo di essermi espresso male e ti chiedo scusa. Naturalmente il metodo può essere solo materialista, e su questo non si discute (tutti i "metodi" degni di questo nome sono materialisti).
EliminaCiò che avevo in mente era un particolare metodo per affrontare la questione politica (quindi un'applicazione specifica di principi generali, quindi il rifiuto intransigente di ogni approccio ideologico alla questione politica).
Bakunin commise quest'errore e Marx lo rimarcò ("la volontà, non le condizioni economiche, è il fondamento della sua rivoluzione sociale". )
Ma da quale pulpito veniva la predica? E come mai Marx assassinò la Prima Internazionale? Lasciamo perdere.
Sono gli stessi errori che la cosiddetta "sinistra", con il suo sedicente "materialismo", sta continuando a commettere da quasi due secoli e che la borghesia e la Chiesa non hanno commesso mai, o quasi mai.
Per correttezza, debbo dirti che la tua teoria delle barricate continua a non convincermi; ma qua siamo arrivati e qua, per il momento, ci pianterei un chiodo. Spero che tu riesca a mantenere i tuoi buoni propositi di sviluppare il tema; poi magari ne riparleremo.
Dimitri