domenica 3 giugno 2012

Montezuma e Norma


Coltivare frequentazioni con gli antichi compagni di scuola anche a distanza di molti kilometri e diversi decenni è piacevole in qualsiasi caso; se poi qualcuno di questi ha l'abitudine di scovare luoghi non banali da visitare e ti ci porta, c'è qualche motivo di gratificazione in più.
Norma è più un nido che un paese, sistemato in cima ad una rupe verticale, da dove si domina con la vista la piana dell'Agro Pontino, con la massa del Monte Circeo laggiù in fondo a sinistra, e nel mezzo, lì in basso, la sgradevole sagoma squadrata della torre di Latina sembra un gessetto conficcato nel terreno. Da lassù l'orizzonte è talmente ampio e lontano che si ha la sensazione di doverne uscire semplicemente spiccando il volo.
Ma anzichè il Museo del Condor, Norma ospita il Museo del Cioccolato, per iniziativa di un produttore poco più che artigianale che ha il merito di non sottomettersi a vendere attraverso i grandi canali distributivi.

Il cacao (Theobroma cacao) è un albero di una famiglia affine alle Malvacee, che cresce in una ristretta fascia intorno all'Equatore. Oggi viene coltivato principalmente in Africa (la produzione mondiale è nelle mani di due sole multinazionali: la Nestlè e la franco-belga Barry Callebout), ma è originario del continente Americano.

I primi semi vennero portati in Europa nel 1504 da Cristoforo Colombo al ritorno dal suo quarto ed ultimo viaggio, e chissà cosa se ne fece Isabella di Castiglia; ma poco dopo, il primo Europeo potè assaggiare la "bevanda degli dei", il chocoatl, direttamente sul luogo.


Nel 1519 Hernàn Cortès intraprese la sua spedizione nel Messico, e tra il 1520 ed il 1521 intraprese le prime schermaglie diplomatiche con l'Imperatore degli Aztechi Montezuma II: tutti e due sapevano di stare per combattere, ma non era la stessa guerra.
Gli Aztechi non coltivavano il cacao, poichè il loro impero si estendeva troppo a nord; lo importavano dal Sud, dal Tabasco e dal Guatemala, territori che qualche secolo prima avevano visto il fiorire dell'impero Maya; ed i semi erano considerati un bene di lusso: bere il loro infuso era un privilegio dei nobili.
Dopo molti tentennamenti, Montezuma si risolse ad accogliere gli spagnoli con tutti gli onori nella sua capitale Tenochtitlàn, oggi Città del Messico, e nel corso del ricevimento offrì loro il chocoatl, semi di cacao macinati disciolti in acqua calda con vaniglia, zucchero, cannella ed altre spezie, servito in coppe d'oro.
Montezuma II, imperatore degli Aztechi al quale la sola presenza del suo ospite attribuiva ineluttabilmente l'aggettivazione di "ultimo", rimuginava sull'eventualità che quelli fossero davvero gli inviati, tornati dall'Est, del dio Quetzalcoatl, il serpente piumato, determinati a punirlo e a deporlo per avere millantato di avere da lui ereditato il potere.
Hernàn Cortès, il primo Europeo ad assaggiare il cioccolato, di Quetzalcoatl non sapeva nulla e pensava: "Yoouuummm ! Quasi quasi gli frego l'argenteria."

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