martedì 29 maggio 2012

Anniversari - 29 maggio 1953



"Perché voglio scalare l'Everest? Perché è là."
George Leigh Mallory

La risposta è tanto ovvia quanto autentica: il salire in alto, l'arrampicarsi, è una fatica gratificante e quasi istintiva; il solo guardare una montagna fa sorgere il desiderio di arrivare in cima anche a un qualsiasi zombie di città uso a deambulare solo per le corsie degli ipermercati.
Andare in su cambia il nostro atteggiamento, ogni passo faticato in salita è come un pezzettino di un nuovo incontro, un pò semplicemente con noi stessi, e un pò con le infinite varietà di osservazioni che la natura ci offre: ad ogni nuova altezza raggiunta un orizzonte diverso del mondo in cui viviamo si apre, e racconta qualcosa, almeno a chi ha sensi per percepirlo.
Dall'alto tutto si vede meglio.
Le cime delle montagne non sono mai particolarmente belle. La cosa più straordinaria che si incontra lassù è la propria soddisfazione.

Il 29 maggio 1953 lo sherpa nepalese Tenzing Norgay ed il neozelandese Edmund Hillary raggiunsero il punto più alto della Terra.
Non sappiamo se furono i primi ad arrivare sulla cima dell'Everest; furono i primi a tornare indietro.
Tra le tante spedizioni non riuscite, quasi trent'anni prima, nel giugno 1924, avevano tentato gli inglesi George Mallory ed Andrew Irvine, che furono visti per l'ultima volta circa 250 metri sotto la vetta. Il corpo di Mallory fu ritrovato, conservato dal ghiaccio, nel 1999; non è mai stata recuperata la loro macchina fotografica, quindi probabilmente non sapremo mai se caddero durante la salita o durante la discesa.

Nel 1978 Reinhold Messner fu il primo a raggiungere quegli insuperabili 8848 metri senza bombole di ossigeno; nel 1980 fu il primo senza ossigeno e in solitaria, aggiungendo ulteriore nudità alle capacità dell'uomo di rapportarsi con quelle altitudini per noi terrestri estreme.

Ma le gesta quasi eroiche si deteriorano quando diventano accessibili a troppi. Come avere l'autoadesivo di Capo Nord sulla Renault 4, arrivare in cima all'Everest è diventato un prodotto turistico da esibire; se non proprio di massa, in qualche modo acquistabile per ascensionisti sufficientemente capaci.
Tra le sensazioni non descrivibili che Messner certamente provò nella sua salita, ce ne fu una perfettamente esprimibile che non potè fare a meno di raccontare a noialtri delle terre basse: il percorso per l'Everest è disseminato di rifiuti.
Dopo Hillary e Tenzing molti altri erano arrivati e, salvo una piccola minoranza di sfortunati, tornati indietro; ma con gli ascensionisti erano arrivate tende, bombole, resti di accampamenti, lattine, corde, che non tornano indietro poichè trattasi di peso inutile dopo l'uso.
In questi quasi 60 anni, sono circa 4000 le persone che possono andare giustamente orgogliose di avere scalato l'Everest, avendo realizzato un'impresa straordinaria che probabilmente era il sogno della loro vita. Ma sono ormai tonnellate e tonnellate i rifiuti disseminati in quello che è probabilmente l'unico vero luogo mistico del pianeta, lasciati da coloro che dovrebbero esserne i sacerdoti.

"Bandiere sulle montagne non ne porto: sulle cime io non lascio mai niente se non, per brevissimo tempo, le mie orme che il vento ben presto cancella."
Reinhold Messner

Nessun commento:

Posta un commento