venerdì 30 novembre 2012
Meglio tardi che mai
Pur se solo come "Stato osservatore", la Palestina ha ottenuto il
riconoscimento dall'ONU.
Alla memoria.
domenica 25 novembre 2012
Non ti pago
Le imprese producono merci e servizi e cercano di venderli a qualcuno il cui reddito non sia pagato da loro.
Se la massa mondiale di imprese dovesse vendere le merci e i servizi prodotti alla massa mondiale di propri lavoratori o fornitori, è ovvio che il potere d'acquisto complessivo, e quindi la massa dei ricavi, sarebbe perfettamente pari alla massa dei pagamenti, cioè delle uscite. Il totale netto dei profitti di impresa sarebbe zero.
E infatti è prprio così.
Marchionne licenzia i suoi operai italiani retribuiti a sufficienza per poter acquistare un'automobile, e quindi troppo, per far produrre le sue macchine a lavoratori serbi o polacchi pagati talmente poco da non potersi permettere di acquistare le merci che producono. E poi si arrovella perchè non riesce a capire come mai non riesce a vendere a nessuno le sue automobili. L'esempio è puerile, ma ha una funzione puramente esplicativa.
Per potere vendere tutte le merci e i servizi che le imprese producono, occorre che ci sia una massa di potere d'acquisto sufficiente per assorbirli; e tale potere d'acquisto può essere generato solo da quanto le imprese stesse retribuiscono i propri dipendenti e fornitori. Ma se così fosse, nessun profitto sarebbe complessivamente possibile, perchè il gioco sarebbe inevitabilmente a somma zero.
E infatti è proprio così.
Un buon sistema per far crescere fittiziamente il potere d'acquisto, e quindi i profitti delle imprese, è il debito pubblico.
Lo Stato si indebita permettendo alle imprese di vendergli merci e servizi al di sopra della somma dei poteri d'acquisto individuali dei cittadini, e quasi sempre si tratta di cemento e asfalto, purtroppo.
Inoltre, lo Stato si indebita per retribuire una massa di dipendenti superiore alle reali necessità, permettendo loro di spendere e consumare. Ma attenzione: i dipendenti pubblici non devono produrre servizi in misura proporzionale al proprio costo del lavoro: i dipendenti pubblici DEVONO essere messi in condizione di essere poco produttivi, al di là della propria buona volontà, altrimenti i profitti delle imprese ne risentirebbero. Infatti, se le scuole fossero pienamente efficienti, le scuole private non potrebbero lucrare; se la sanità fosse attrezzata e funzionale, cesserebbero i profitti di tutto il magmatico verminaio delle cliniche private; se le poste funzionassero non ci sarebbe spazio per la pletora dei corrieri privati; se i trasporti pubblici fossero efficienti si venderebbero meno automobili, e così via.
Quindi i debiti pubblici degli Stati sono, in buona misura, quello che tiene in piedi quel falso idolo chiamato Libero Mercato, oggi da quasi tutti adorato come un totem incontestabile.
Sembra che nessuno dei nostri brillanti economisti se ne sia ancora accorto, visto che le ricette che propongono per risolvere il problema sono invariabilmente ultraliberiste ed ultramercantiliste, e quindi pretendono di usare il veleno come medicina, eppure è proprio così.
Ma, evidentemente, non si può andare avanti a debito all'infinito. Arriva infine il giorno in cui il debito deve essere ripianato.
"Chi paga ?" Non è una domanda interessante, perchè ha una risposta troppo ovvia. Genera più curiosità andare a vedere chi non paga.
Voi ed io paghiamo l'IMU. Ciò sembra non bastare a finanziare l'assistenza a malati gravi, ad assicurare il diritto alla pensione di chi ha accettato di lasciare il lavoro sulla base di accordi che la pensione l'avrebbero assicurata per le leggi allora vigenti, per finanziare dignitosamente il funzionamento della scuola, eccetera. A quanto pare non basta proprio, siamo davvero miseri e disperati; eppure, l'associazione per delinquere finalizzata alla propaganda di assurde superstizioni dell'antichità, raffigurata nella foto, in buona sostanza, l'IMU continuerà a non pagarla.
Si tratta del patrimonio immobiliare più cospicuo del Paese, ed al mancato introito si aggiungeranno 3,5 miliardi di sanzione dell'Unione Europea per l'aiuto di stato alle attività economiche dell'associazione a delinquere in questione. Per questo, evidentemente, i soldi bastano. Tra i falsi idoli esiste qualche forma di soldarietà di classe, beati loro.
martedì 13 novembre 2012
Determinanti selettivi nelle tendenze filetiche all'incremento o decremento dimensionale della pasta ripiena
In una recente e piacevole occasione conviviale, la notevole qualità dei tortelloni mi ha richiamato alla mente alcune osservazioni di economia domestica, suggeritemi qualche tempo addietro non ricordo più da chi. Ma prendendo il discorso un pò alla lontana, lo si può rendere ancor più interessante.
In zoologia, la Regola di Bergmann, formulata nel 1847, afferma che, tra animali affini, quelli che vivono in ambienti più freddi tenderanno ad avere dimensioni maggiori dei loro simili abitanti in climi più caldi: ad esempio, l'orso polare è più grande degli altri orsi che vivono in ambienti più temperati; il pinguino imperatore Aptenodytes forsteri, la specie di pinguino di maggiori dimensioni, è quella con l'areale di distribuzione più vicino al Polo Sud, mentre Spheniscus mendiculus, il pinguino delle Galapagos, in pieno Equatore, è la specie più piccola; e così via.
Il fondamento fisico della Regola di Bergmann è che, a parità di forma generale, ad un aumento di dimensioni corrisponde una diminuzione del rapporto superficie/volume: approssimando il nostro ipotetico animale ad una sfera, ed immaginando di poterne aumentare le dimensioni, la superficie aumenterà in proporzione al quadrato del raggio, ed il volume in proporzione al cubo del raggio. Quindi il rapporto superficie/volume sarà proporzionale a 1/r: aumentando r, il rapporto diminuisce.
La relazione con la temperatura ambientale è altrettanto semplice: il calore prodotto dall'attività metabolica dell'organismo è, approssimativamente, proporzionale al volume corporeo; mentre il calore che viene disperso nell'ambiente (sia acqua o aria) è più o meno proporzionale alla superficie.
Quindi, animali grandi sono facilitati nel trattenere il calore corporeo, mentre animali piccoli lo disperdono più facilmente.
La regola di Bergmann è una di quelle leggi di natura ricavate empiricamente che, pur con qualche notevole eccezione, funzionano in linea generale abbastanza bene.
Animali di grossa taglia che vivono in climi molto caldi presentano adattamenti di vario tipo per agevolare la dispersione del calore in eccesso: ad esempio gli enormi padiglioni auricolari dell'elefante africano funzionano come dei radiatori, e sono, in ultima analisi, uno stratagemma per aumentare un rapporto superficie/volume altrimenti sfavorevole, ove il surriscaldamento sia un problema maggiore dell'infreddatura.
Figurarsi il valore che possono avere strutture idonee alla regolazione della temperatura corporea per animali pecilotermi (cosiddetti "a sangue freddo"), come i rettili. Una notevole opportunità in tal senso si presentò nel Mesozoico ad un grande sottordine dei dinosauri Saurischi, i Teropodi, che assunsero andatura bipede: l'esponente più celebre del gruppo è il terrificante Tyrannosaurus rex, ma i Teropodi comprendevano un gran numero di specie, molte delle quali di piccole dimensioni (e quindi particolarmente esposte alle fluttuazioni termiche). Una prima innovazione, idonea al controllo della temperatura, comparsa in questo gruppo di dinosauri furono le piume, dapprima semplici e filamentose, poi via via più perfezionate e complesse (e presenti anche su un animale di oltre una tonnellata di peso il cui fossile è stato recentemente scoperto, Yutyrannus). Ma, come noi stessi abbiamo appreso circa cinque milioni di anni fa, diventare bipedi (al prezzo di qualche mal di schiena dovuto alla contrarietà della colonna vertebrale al lasciarsi impunemente mettere in verticale) offre campo libero all'uso che si può fare degli arti anteriori: per i piccoli dinosauri bipedi piumati, presumiamo che le zampe anteriori poterono diventare ottimi radiatori regolabili: da tenere chiusi aderenti al corpo quando fa freddo, o spalancati in caso di calura eccessiva. E siccome, una volta che il radiatore è utile, più è grande più è efficace, raggiunte che siano le dimensioni sufficienti per planare, ad esempio, da un albero all'altro, il gioco è fatto: basta solo sviluppare qualche muscoletto pettorale per passare al volo battuto.
Da un gruppo di piccoli Teropodi, i Maniraptora, discesero gli Uccelli. Vi eravate mai chiesti come abbiano potuto evolversi le ali ? Gradualmente ? E quale vantaggio potrebbe mai dare al suo portatore il 5 % di un'ala, che non serve assolutamente a nulla ai fini del volo ?
Il salto di funzione di strutture originatesi per una particolare (o anche nessuna) utilità e che diventano poi cooptabili per tutt'altro uso è una delle chiavi dell'evoluzione, e non dovremmo "fossilizzarci" troppo sulle funzioni attuali per comprendere l'origine storica delle strutture anatomiche.
Non vi sarà sfuggito, di passaggio, che se le ali degli Uccelli ebbero origine come radiatori per la regolazione della temperatura corporea, proprio come le grandi orecchie degli elefanti, ecco che Dumbo potrebbe rappresentare un esperimento evolutivo molto meno bislacco di quanto possa apparire.
Ma a spiccare il volo furono i discendenti di Teropodi piccoli, non l'enorme Tirannosauro; nè, tra i mammiferi, i Proboscidati attuali (bensì i piccoli pipistrelli). Ancora una volta entrano in gioco i rapporti tra superfici (in questo caso portanti) e volumi (e quindi pesi) da sostentare. Ali troppo smisurate sarebbero necessarie e, per quanto affascinante possa essere l'idea, i simpatici pachidermi non voleranno mai.
Come si vede, i rapporti tra superfici e volumi hanno effetti tutt'altro che banali sulla nostra esistenza, al punto che potremmo produrre un'estensione in base economica della Regola di Burgmann, da applicarsi a quei tortelloni (che buoni !) da cui avevamo iniziato il discorso.
Dovremmo immedesimarci in un'Emilia rurale di qualche decennio fa: a parità di forma generale, nel tortellino il ripieno, a base di carne e prosciutto, ha un valore economico considerevole; ed il ripieno costituisce, in prima approssimazione, il volume, mentre la pasta, a base di farina e uova più a buon mercato, è la superficie: e il tortellino è piccolo, con un elevato rapporto superficie / volume. L'impegno di manodopera della zdàura, che deve ripiegare un gran numero di piccoli gioielli di gastronomia con le sue amorevoli manine, era considerato, nelle società contadine, un costo trascurabile.
Ma al diminuire del valore economico del ripieno, passando dalla carne a ricotta e spinaci, ecco che anche l'impegno della massaia può essere alleggerito, e si giustifica il salto dai tortellini ai tortelloni, con un più basso rapporto superficie/volume, consentito da un maggiore equilibrio tra il valore della pasta e il valore del ripieno.
Quando infine il valore del ripieno decade forse persino al di sotto di quello della pasta, le dimensioni del manufatto possono essere ulteriormente aumentate, e la nostra (eroica) donna di casa potrà permettersi di ripiegare sbrigativamente pochi, grandissimi, cappellacci di zucca (ma che buoni anche quelli !), per poter dedicare più tempo a tutte le altre faccende domestiche che comunque su di lei incombono.
martedì 6 novembre 2012
Occhio al cervello
Oggi vorrei invitarvi a dare un'occhiata a questo articolo sul sito di Le Scienze, tradotto da Scientific American, per due motivi:
il primo è farsi un'idea di quali meccanismi estremamente semplici possano trarci in inganno nel valutare l'autenticità delle informazioni che riceviamo, se non rimaniamo sempre vigili a ragionare sulla credibilità di quello che vediamo e sentiamo;
il secondo, più o meno parallelo, è quanto, altrettanto facilmente, un traduttore, presumibilmente anche abbastanza esperto, possa a sua volta lasciarsi fuorviare da parole che si somigliano, se dimentica di ragionare sul loro significato (che pure magari conoscerebbe perfettamente, facendo mente locale).
Mi lasciava perplesso il passaggio sull'occhio dell'ostrica più grande del cervello, poichè entrambi gli organi sono persino difficili da definire nei Molluschi Bivalvi: cellule sensoriali sparse sensibili alle differenze luce-ombra, e gangli nervosi di animali detti Acefali per mancanza di differenziazione, per l'appunto, di una regione cefalica, rendono piuttosto improbo dire cosa sia un occhio e cosa un cervello in un'ostrica, figurarsi mettere in rapporto le dimensioni.
Ma nell'ostrica ho trovato la perla quando mi è tornata in mente la risaputa curiosità zoologica dello struzzo, che ha, ed è vero, lui sì, l'occhio più grande del cervello. E se il traduttore non ragiona su quello che sta leggendo e scrivendo (struzzo = ostrich, in inglese), la frittata (bella grossa, trattandosi di struzzo) è fatta.
E l'originale su Scientific American conferma lo svarione.
il primo è farsi un'idea di quali meccanismi estremamente semplici possano trarci in inganno nel valutare l'autenticità delle informazioni che riceviamo, se non rimaniamo sempre vigili a ragionare sulla credibilità di quello che vediamo e sentiamo;
il secondo, più o meno parallelo, è quanto, altrettanto facilmente, un traduttore, presumibilmente anche abbastanza esperto, possa a sua volta lasciarsi fuorviare da parole che si somigliano, se dimentica di ragionare sul loro significato (che pure magari conoscerebbe perfettamente, facendo mente locale).
Mi lasciava perplesso il passaggio sull'occhio dell'ostrica più grande del cervello, poichè entrambi gli organi sono persino difficili da definire nei Molluschi Bivalvi: cellule sensoriali sparse sensibili alle differenze luce-ombra, e gangli nervosi di animali detti Acefali per mancanza di differenziazione, per l'appunto, di una regione cefalica, rendono piuttosto improbo dire cosa sia un occhio e cosa un cervello in un'ostrica, figurarsi mettere in rapporto le dimensioni.
Ma nell'ostrica ho trovato la perla quando mi è tornata in mente la risaputa curiosità zoologica dello struzzo, che ha, ed è vero, lui sì, l'occhio più grande del cervello. E se il traduttore non ragiona su quello che sta leggendo e scrivendo (struzzo = ostrich, in inglese), la frittata (bella grossa, trattandosi di struzzo) è fatta.
E l'originale su Scientific American conferma lo svarione.
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