giovedì 17 gennaio 2013

Breve riassunto del mondo - Seconda parte


(...segue)

E dunque che facciamo ? Si direbbe nulla.

Dovremmo ridurre drasticamente quello che produciamo e quello che consumiamo, e quindi fare delle scelte: eliminare il superfluo, limitare l'uso dell'energia dando la priorità alla produzione dei beni essenziali: cibo, vestiario (inteso come ciò che serve a proteggersi dal freddo, non le fesserie inutili che ci riempiono i guardaroba di quelle - presunte - graziosità disfunzionali che costituiscono il maggior vanto del "Made in Italy"), conoscenza; investire quanto più possibile nella produzione di energia da fonti rinnovabili; salvaguardare senza compromessi le risorse: suolo, acqua, foreste, oceani, eccetera; poco altro.
Significa meno merci e meno lavoro, che va quindi opportunamente redistribuito; una vita con meno possesso di oggetti (o meno possessione da oggetti) e probabilmente più libertà intellettuale: più povera materialmente ma non necessariamente peggiore.
Siamo capaci di reinventare e ricostrure l'intero apparato economico, fondato sul profitto che a sua volta si fonda sullo spreco e sul superfluo ?
Occorrono decisioni politiche forti.

Vi segnalo questo recente articolino sul sito della rivista Nature, che vi racconta gli esiti di un'analisi teorica elaborata da un gruppo di ricercatori dell'Istituto Federale di Tecnologia di Zurigo.
I ricercatori hanno composto 500 possibili scenari ipotetici, giocando su quattro fondamentali fattori di incertezza nella possibilità di controllare l'aumento di temperatura:
- incertezza "politica" sul tempo necessario a raggiungere un'accordo globale sulla riduzione delle emissioni di gas-serra;
- incertezza "scientifica" sulla quantificazione dell'aumento di temperatura come effetto delle emissioni;
- incertezza "sociale" sull'andamento futuro della richiesta di energia;
- incertezza "tecnologica" sulla disponibilità di strumenti tecnici per ridurre le emissioni.

Da quel che ho potuto capire, l'équipe di ricercatori ha tenuto conto solo dei costi economici dei diversi scenari teorizzati in base a queste variabili; quindi non dovrebbe avere tenuto conto delle perdite ambientali irreversibili, dei conflitti politici, dei malesseri sociali, delle migrazioni, eccetera. Il calcolo dei costi da affrontare è stato puramente monetario (d'altra parte sono svizzeri, che vogliamo farci...).
Ebbene, il fattore che ha la maggiore influenza sulle possibilità di raggiungere un determinato obiettivo di limitazione del riscaldamento globale è il tempo che si impiega a raggiungere una decisione politica sulla riduzione delle emissioni.
In barba a quelli che sostengono che non è il caso che i governi prendano decisioni affrettate che possono fortemente influenzare il nostro tenore di vita, piuttosto che attendere di avere più approfondite sicurezze scientifiche, il modello di Rogelj e colleghi evidenzia che è proprio l'anticipo delle decisioni politiche il fattore più importante che permette di aumentare le probabilità di raggiungere gli obiettivi che ci si prefigge, e con costi inferiori.
Ad esempio, seguendo la stessa falsariga, Steve Hatfield-Dodds (Organizzazione Scientifica e di Ricerche Industriali del Commnwealth di Canberra, Australia) è partito dall'ultimo fallimentare vertice di Doha, dove 195 ignavi governi del mondo hanno vergognosamente rinviato al 2015 la fissazione degli obiettivi per la riduzione delle emissioni a partire dal 2020, per il superamento dell'ormai vecchio Protocollo di Kyoto, con la prospettiva di contenere in 2°C l'aumento di temperatura rispetto all'epoca pre-industriale (2°C vengono fatti corrispondere a "solo" il 50% di probabilità di avere conseguenze catastrofiche: quindi scegliamo di giocarci una catastrofe a testa o croce).
Secondo le stime di Hatfield-Dodds, se i termini fissati a Doha verranno infine rispettati, le probabilità di raggiungere lo scopo del "non oltre i 2°C" saranno del 56%, con un costo di 150 dollari per tonnellata di anidride carbonica in meno. Se si dovesse arrivare ad un ulteriore rinvio delle azioni al 2025, le probabilità di successo scenderebbero già al 34%.
Viceversa, se si anticipasse la limitazione delle emissioni al 2015, le probabilità di riuscire a non superare i 2°C di incremento aumenterebbero al 60%, con un costo, più che dimezzato, di 60 $ per tonnellata di anidride carbonica.

Ne segue, per quanto io sia profondamente convinto che una semplice sommatoria di comportamenti individuali possa determinare esiti decisivi in questo tipo di dinamiche generali, che il ruolo della politica nel destino del pianeta è decisivo e cruciale. Ridurre le emissioni di gas a effetto serra, e quindi il complesso dei nostri consumi è non solo necessario, ma anche orrendamente urgente. E noi quali discorsi sentiamo fare dalla politica ?

(continua...)

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