lunedì 12 febbraio 2024

12 febbraio - Darwin Day

 


Uno dei luoghi comuni più diffusi e più difficili da estirpare sull'evoluzione biologica è che essa contenga una necessaria ascesa verso la perfezione, nella quale “successivo” è sinonimo di “migliore”.

Lo stesso Darwin ebbe un atteggiamento non del tutto coerente rispetto a questo principio: era perfettamente consapevole che la selezione naturale agisce a vantaggio di adattamenti ad ambienti locali mutevoli, e quindi il significato del “più adatto” è sempre relativo al qui ed ora, e poiché gli ambienti possono modificarsi in modo casuale in qualsiasi direzione, non può esistere alcuna tendenza cosmica nel cambiamento evolutivo. D' altra parte, volle mantenere un'idea generale di progresso immaginando ecosistemi affollati in cui nuove specie riescono a scalzare quelle preesistenti grazie a qualche tipo di superiorità intrinseca.

In una visione più matura, dopo quasi due secoli di dibattito (festeggiamo oggi i 215 anni dalla nascita del padre dell'evoluzionismo), possiamo riconoscere che se una tendenza complessiva esiste nell'evoluzione biologica, è quella verso la diversificazione; quello che aumenta nel tempo è la diversità dei viventi, più che la loro complessità. Oggi il modo più probabile di essere vivo è essere un batterio, proprio come tre miliardi e mezzo di anni fa. Se siete vivi e non siete batteri, potete considerarvi delle stravaganti eccezioni. Ecco, l'evoluzione non è una scalata verso un apice immaginario e non definibile, è esplorazione di possibilità.

Ma a noi l'idea della tendenza verso il meglio piace molto, perché non sappiamo resistere alla tentazione di individuare in noi stessi l'apice del progresso, una vetta necessaria e prevedibile, con la nostra coscienza e la nostra intelligenza. Quasi quattro miliardi di storia trascorsi con l'unico scopo di arrivare fino a noi, 200mila anni fa. Come pensare che la Tour Eiffel sia stata costruita allo scopo di alloggiare la pennellata di vernice antiruggine sulla punta.

Ma noi non siamo altro che un ramo tra i tanti di questa immensa diversificazione, e il nostro grande cervello e le nostre grandi capacità di elaborazione sono una delle tante possibilità che l'evoluzione ha esplorato; non c'è dubbio che queste qualità ci abbiano dato dei notevoli vantaggi, e la grande proliferazione numerica della nostra specie dimostrano che hanno funzionato bene.

Hanno funzionato bene fin qui e finora.

Siamo una specie giovane, 200mila anni sono niente; pressoché tutte le specie che sono esistite si sono estinte, e la persistenza di specie di vertebrati terrestri si misura, in generale, sulla scala di alcuni milioni di anni. E alcune qualità che possono assicurare un buon successo nella scala di tempo dell'evoluzione sono, ad esempio, la capacità di auto-limitare la propria capacità riproduttiva in funzione della condizioni ambientali e dell'affollamento; o anche la parsimonia nell'utilizzare le risorse ambientali da cui dipende la sussistenza. Specie fortemente “dissipative” rispetto a questo genere di parametri si estinguono molto facilmente dopo effimeri successi iniziali.

Abbiamo usato la nostra straordinaria intelligenza per sfruttare al meglio, e al massimo, la disponibilità di risorse di quasi ogni tipo di ambiente sulla Terra. Ma abbiamo fallito completamente nella capacità di limitare la nostra riproduzione e i nostri consumi.

E' del tutto probabile che il nostro meraviglioso cervello finirà infine nel cestino degli esperimenti falliti di cui pullula la storia della vita.


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