martedì 28 febbraio 2012
Il Sol dell'Avvenire
Vi invito a leggere i più recenti attacchi bigotti all'evoluzionismo comparsi nell'ultimo mese su L'Avvenire ad opera del signor Giorgio Liverani.
Non mi permetto di mettere in discussione la risposta di Telmo Pievani, che trovo fin troppo garbata; credo che sia utile però tornare ancora una volta ad esaminare in modo più puntuale alcuni degli ossessivi svarioni che i creazionisti ci mettono sotto il naso con esasperante frequenza.
Come primo punto vorrei, io da buon ultimo, rimarcare la confusione che si vuole forzatamente indurre sul concetto di "teoria" presentato al pubblico come ipotesi astratta e non suffragata da fatti.
L'evoluzione è innanzi tutto un fatto, ed è tra i fatti meglio documentati della natura. Si cerca quindi di elaborare una teoria per spiegare i meccanismi attraverso i quali il fatto si è verificato. Se nei 153 anni dalla pubblicazione de L'Origine della Specie ci sono state fasi di dibattito, anche acceso, sulla teoria, nessuno scienziato serio si è mai più sognato di mettere in discussione il fatto dell'evoluzione. Ricorderei che all'inizio del '900 le leggi di Mendel erano viste come una smentita all'impianto darwiniano, poichè minacciavano il gradualismo del cambiamento e suggerivano che nuove specie potessero sorgere solo "a salti" attraverso grosse mutazioni. Si è dovuti arrivare al periodo tra le due Guerre Mondiali per comprendere ed integrare completamente la Genetica all'interno della teoria dell'evoluzione. Negli ultimi quarant'anni il dibattito teorico si è sviluppato principalmente sui tempi e i ritmi del cambiamento evolutivo, ma nessuna delle "fazioni" contrapposte ha mai proposto alcun dubbio sull'evoluzione in sè, ed il frutto di tanta vivacità di idee è una teoria sempre meglio affinata e sempre più adeguata ad interpretare i fatti osservati. Nè più nè meno come in tutti i grandi temi della scienza: l'esistenza di diverse teorie sulla struttura e sull'origine dell'Universo non ci produce alcun dubbio sul fatto che l'Universo esista; e l'esistenza di una "teoria" della gravitazione non implica che si debba dubitare che le mele caschino per terra. Nè le mele hanno smesso di cadere quando la teoria Einsteiniana della gravitazione si è proposta ad ampliare quella di Newton; e mentre fisici, matematici ed astronomi dibattevano sulla adeguatezza o meno del nuovo impianto teorico i pianeti hanno continuato a girare sulle loro orbite come se nulla fosse, ignoranti come capre ed insensibili al progresso scientifico.
I fatti esistono, e le teorie li spiegano: il fatto non è alternativo alla teoria.
Sulla falsità della incompatibilità tra "caso" e "scientificità" non si può che sottoscrivere quanto scritto da Pievani: in realtà niente è più esattamente prevedibile, su grandi numeri, di ciò che è completamente casuale. Aggiungerei che gli ultimi affinamenti della teoria dell'evoluzione, quelli ai quali ho fatto cenno sopra sui tempi e ritmi del cambiamento, in realtà, se proprio vogliamo sottilizzare, tendono ad allentare il vincolo deterministico dell'adattamentismo e semmai possono attribuire alla casualità nella sopravvivenza di certi gruppi rispetto ad altri un ruolo ancora maggiore nel percorso della storia; quindi resterà per ora vana la speranza del povero Liverani di vestire "il lutto per la sepoltura della teoria darwiniana del "caso" e del "più forte".
Vorrei invece portare l'attenzione su queste ultime due paroline buttate lì con indifferenza ed invece rivelatrici di un retroterra culturale ben identificabile. Perchè "il più forte" ? Chi ha mai parlato del "più forte" ? La selezione naturale, posta da Darwin al centro dell'evoluzione come motore del cambiamento, implica la sopravvivenza preferenziale del "più adatto", non del "più forte". Potete capire al volo che non è la stessa cosa.
Eppure è una confusione che viene introdotta spesso nel parlare comune. E, guarda caso, non a caso.
La forza è un qualcosa di, in qualche modo, misurabile: chi è più forte è più forte sempre; una superiorità basata sulla forza sarebbe ineluttabile ed assoluta. Il più adatto deve il suo vantaggio alle circostanze locali a temporanee del "qui ed ora", e può facilmente perdere tale prerogativa domani e un pò più in là, in favore degli svantaggiati di oggi qui.
La falsa retorica della "sopravvivenza del più forte" è stata introdotta, ad arte ed in modo del tutto artificioso, quando, principalmente nella prima metà del '900, ma con pericolosi e frequenti rigurgiti successivi, si è tentato, illegittimamente, di far valere il principio della selezione naturale anche nelle scienze sociali e nell'organizzazione delle civiltà umane ("darwinismo sociale"), allo scopo di far passare la prevaricazione e l'ineguaglianza come leggi di natura, e pertanto ineludibili.
Trovo piuttosto rivelatore che il giornalista de L'Avvenire incorra nello stesso equivoco.
Ed infine, a proposito della spiritosaggine di Liverani di attribuire un ruolo alla volontà, mi piacerebbe allargare il tema "evoluzione e scelte consapevoli", ma ci vorrà un capitolo a parte, che spero di riuscire a mettere insieme nei prossimi giorni. Quindi, a presto per un seguito.
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