martedì 24 luglio 2012
Perchè no
Si avvicina l'inizio del grande spettacolo delle Olimpiadi, e nell'atletica leggera c'è grande curiosità per la presenza di Oscar Pistorius, il ragazzo con entrambe le gambe amputate, che parteciperà, se non ci sono cambiamenti rispetto alle ultime informazioni che ho letto, alla staffetta 4x400 nella squadra sudafricana.
Parteciperà comunque anche alle Paralimpiadi, e la sua ammissione alle gare per normodotati era stata oggetto di forti controversie fin dai tempi delle Olimpiadi di Pechino del 2008; alla fine ha prevalso un discutibile senso di "umanità" (o di ricerca dell'audience) e le autorità sportive hanno preso la decisione più premiante per le vicissitudini e la forza di volontà del giovanotto, e sbagliata.
Quest'uomo che ha avuto la sfortuna di perdere entrambi gli arti inferiori, e non si è rassegnato a rinunciare a correre merita tutta la nostra ammirazione, e le sue gesta sportive sono encomiabili e valgono le nostre attenzioni; altro discorso è metterlo in competizione a confronto diretto con gli altri atleti.
Le sue protesi, a differenza dei nostri piedi, sono progettate appositamente per la corsa, costruite con materiali che assicurano la più appropriata risposta elastica in funzione del suo peso e della sua forza, sono sagomate in modo da minimizzare in ogni fase del passo la superficie di appoggio sul terreno e quindi l'attrito, e di passare dall'appoggio, davanti al corpo, alla spinta, dietro il corpo, sviluppando attrito volvente, quindi molto ridotto, come una ruota.
Con questi strumenti, disegnati appositamente per supplire alla sua terribile perdita, dovrà misurarsi contro avversari i cui piedi non corrispondono alla realizzazione di alcun progetto, sono anzi pietosamente inadatti alla corsa veloce sul terreno. Gli altri atleti non hanno zoccoli, come i cavalli, che tanto utili sarebbero per andare veloci sul terreno piano e solido del tartan; ma neanche dei qualsiasi cuscinetti ad assorbimento degli impatti, come quelli delle zampe del vostro cane. Si devono muovere su piedi adeguatamente lunghi per mantenere una posizione eretta stabile, ma esageratamente lunghi per correre velocemente; in tale spropositata lunghezza non ci sono parti in grado di attenuare l'attrito rendendolo volvente; ciò che può andare più vicino al rotolamento sono articolazioni che piegano un segmento alla volta; piedi sprovvisti di qualsiasi apparato di aiuto e protezione nell'appoggio in corsa, anzi inutilmente sensibili (altrimenti perchè si sentirebbe l'esigenza di indossare le scarpe ? Potete porre la questione ai Testimoni di Geova la prossima volta che tenteranno di appiopparvi le loro sciocche rivistine): piedi raffazzonati con pochi adattamenti da quelli che servivano a nostri antenati neanche troppo lontani per arrampicarsi sugli alberi.
Mentre dovevamo rassegnarci a mal di schiena ed ernie del disco come prezzo da pagare per tenere dritto uno scheletro da quadrupedi ed avere le mani libere, come primo passaggio per avvicinarci alle meraviglie di Usain Bolt abbiamo rinunciato all'alluce opponibile; tuttavia, con i nostri miserevoli piedi, un minimo di capacità di arrampicarci sugli alberi l'abbiamo conservata, pur con qualche goffaggine. Pistorius non dovrebbe poter gareggiare nella corsa, perchè con le sue protesi ipertecnologiche non riuscirebbe mai ad arrampicarsi su un albero.
giovedì 19 luglio 2012
domenica 15 luglio 2012
Il mercato delle vacche
Vecchia passione giovanile, il calcio da molti anni a questa parte ha fatto di tutto, riuscendoci, per suscitarmi disinteresse e distacco.
Tuttavia ho diversi colleghi più giovincelli ancora appassionatissimi, e mi stupisco spesso dell'inascoltabilità delle loro discussioni. Sembrano molto più interessati alle chiacchiere, alle voci di corridoio e ai pettegolezzi sui possibili trasferimenti di giocatori che al gioco in sè. Forse non guardano nemmeno le partite, ma non si perdono una notizia del tipo "Oh, hai visto ? Adesso la Sanremese prende Luis Paquito, il centrocampista della Jeunesse d'Esch..." e via a fantasticare dei risultati che il nuovo arrivato consentirà alla squadra nel prossimo campionato, grazie alle mirabili giocate deducibili da un minuto di filmato visto in televisione.
Sembra che quel che realmente avviene sul campo non abbia alcun interesse: l'attenzione è sempre rivolta ad un contnuo domani costruito sulle evanescenti aspettative di cambiamenti e rimescolamenti continuamente in corso. Quand'ero ragazzino, le società erano PROPRIETARIE del tesseramento dei giocatori, ed i trasferimenti erano una compravendita vera e propria che aveva luogo in un folkloristico "mercato delle vacche" concentrato in pochi giorni dell'anno. Oggi, trattative, contatti e pettegolezzi consentono agli appassionati di esercitare in continuo l'immaginazione di un torneo futuribile, parallelo e del tutto indipendente dalla realtà.
Comunque sia, sentire i loro discorsi mi fornisce qualche aggiornamento non richiesto su questa evanescente materia.
Da giovincello, il calcio mi fornì il primo approccio alla conversione delle unità di misura: la prima domanda che uno si pone è infatti: perchè la porta è larga m 7,32 ed alta m 2,44 ? non si potevano usare cifre un pò più tonde ? Ed in qualche modo, non devono essere nemmeno numeri buttati lì a caso, poichè sono uno il triplo dell'altro. Ed è così che si fa mente locale che quasi tutti i giochi di squadra oggi praticati ebbero origine nelle prurigini dell'Inghilterra vittoriana, ove giammai si sarebbe potuta mostrare una gamba, e poichè tutto ciò che avesse nome e funzione di gamba avrebbe potuto stimolare pericolose fantasie, si vestivano di stoffa anche le gambe dei tavoli. E nei college dove la migliore gioventù britannica cantava le lodi del Signore e studiava (in ordine di importanza), gli insegnanti, che di solito avevano la qualifica di Reverendo, si ingegnavano ad inventarsi ventagli di nuove attività sportive affinchè i propri studenti dissipassero una quantità di energie da non dedicare ad attività più peccaminose. Possiamo dubitare dell'efficacia reale di tale prevenzione, ma nel compiacimento dei bempensanti, si sa, conta l'apparenza, mica la sostanza. Ed ecco quindi che scovai le cifre tonde nelle misure delle porte: 8 yarde di larghezza per 8 piedi di altezza.
Le vicende del calcio di più stretta attualità frullano tutta questa lunga premessa in un minestrone confuso, nel quale si riconoscono qua e là i diversi componenti: abbiamo un giovane virgulto che ha deciso, ohibò, di ricandidarsi alle elezioni: nascondersi dietro Alfano non funziona, e rischierebbe di trovarsi con una pletora di servitori disposti ad usare il Parlamento per i suoi interessi personali troppo esigua e ininfluente.
Prometterà un milione di posti di lavoro e di abolire l'IMU; nessuno gli chiederà come, e raccoglierà un sacco di voti.
Sappiamo per certo, dall'understatement che sottende le barzellette che racconta, che non ha mai frequentato un college britannico (però, tra le mille cazzate raccontate, c'era anche quella di avere studiato alla Sorbona); e quanto al dissipare energie in attività peccaminose... lasciamo perdere.
Per dare un piccolo argine di facciata (conta l'apparenza, mica la sostanza) alla risata che lo seppellirà, deve fare qualche gesto formale di ripulitura, e quindi si pongono due problemi:
1) Convincere la capo-dissipatrce Nicole Minetti ad interrompere la sua fulgida carriera politica e dimettersi dal Consiglio Regionale della Lombardia;
2) Però, una Minetti non più distratta dalle cure della Regione, e delusa per la privazione di prospettive di carriera, potrebbe essere propensa a ricordarsi qualche dettaglio in più quando si troverà davanti al giudice nel processo per prostituzione minorile.
Ed ecco che ci tornano d'aiuto i vacui discorsi sul mercato dei calciatori, ed ancora una volta il gioco più bello del mondo ci offre l'opportunità di imparare qualcosa sulla conversione delle unità di misura.
Si tratta stavolta di un'equazione piuttosto empirica, ma possiamo immaginare che: il problema 1) costa all'incirca un Thiago Silva; e il problema 2) costa grossomodo un Ibrahimovic.
martedì 10 luglio 2012
Acculturato come un Orango
Dopo lungo tergiversare, nella calura che ottunde i pensieri, riprendo, allo scopo di parlare poi di tutt'altro, un lungo articolo ("Allo specchio delle altre specie") apparso su il manifesto il 15 giugno, scritto (secondo me anche piuttosto male, con qualche concessione di troppo alla ricerca dello stupore nelle scelte lessicali) da Roberto Marchesini sulla storia del concetto di "animalità" nella nostra filosofia.
L'articolo si sviluppa sulla illustrazione di diverse correnti di pensiero emerse negli ultimi anni, tendenti a smontare l'approccio antropocentrico nel confronto tra uomo e animali che ha pervaso tutta la storia della cultura umanistica, dal mito di Prometeo ed Epimeteo in avanti.
Fino a tutto il novecento, la visione di sè dell'uomo è rimasta tutta tesa a
sottolineare la propria discontinuità rispetto al mondo animale, identificandosi in una finalizzazione ultima e speciale di un progetto della natura, la quale all'uomo andava sottoposta come bassa risorsa da sfruttare.
Il mondo animale era un insieme variegato ma indistintamente accomunato da una "mancanza di" (anima, capacità tecnica, cultura, soffio divino, ecc.).
Anche lo sfaldamento della cultura rurale nel secolo appena passato non ha sostanzialmente modificato questa nettezza di separazione, se non apparentemente: sia le antropomorfizzazioni disneyane, sia il destino di molti animali da appartamento urbani, "abbambinati" e accuditi come membri della famiglia, ma che si vorrebero in modalità stand-by come giocattoli spenti una volta messi a cuccia, sono generose concessioni di vicinanza alla superiorità umana e non riconoscimenti di un'alterità ugualmente dignitosa.
L'umanesimo occidentale, fin dalla Grecia classica, ha individuato nella cultura, nella capacità di tramandare conoscenze e tradizioni (etiche e politiche) e nella capacità di dominare la natura (uomo debole ed inerme, ma in grado di governare, apprendere e tramandare la tecnica: il fuoco di Prometeo) una discontinuità tra uomo e animali.
Solo negli ultimi anni, dopo lunghissime resistenze allo scomodo ribaltamento di visione imposto da Darwin, sembra che la tendenza degli umanisti sia invece quella di esplorare il continuum che ci lega agli altri esseri viventi.
Fin qui la filosofia. Nei fatti, se vogliamo cercare qualche traccia evidente di continuità, la troveremo più facilmente tra i più prossimi a noi: ci sono un paio di studi di pubblicazione recente che possono funzionare come apriscatole interessanti.
Nel più recente (1) un gruppo di ricercatori del Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia ha esaminato le abitudini di popolazioni adiacenti di scimpanzè della Costa d'Avorio rispetto agli strumenti scelti come martelli per aprire le noci del genere Coula, una leccornia locale. In assenza di sostanziali differenze ecologiche (disponibilità di pietre, durezza delle noci. ecc.), nè genetiche (per quelli che danno retta a tutte le panzane della stampa sulla determinazione genetica dei comportamenti: scoperta del gene del divorzio, del gene dell'alcolismo, del gene dell'omosessualità, del gene della depressione, del gene della genialità, del gene del liberalismo, ecc... piccolo campionario di "vere" notizie uscite sulle pagine scientifiche dei giornali: ne riparleremo, promesso): tra le popolazioni esaminate c'è un ampio tasso di migrazione di femmine mature, che riduce di molto la già minima variabilità genetica; le popolazioni confinanti di scimpanzè hanno sviluppato abitudini diverse nelle tecniche di apertura delle noci: scelta di martelli di legno piuttosto che di pietra nella stagione secca, quando le noci sono più dure e fragili (meno elastiche), pietre di dimensioni diverse a seconda delle dimensioni e della durezza delle noci, e così via... Si tratta, secondo i ricercatori, di usanze locali di tipo CULTURALE, trasmesse di generazione in generazione attraverso l'apprendimento.
In una pubblicazione precedente (2), Michael Krutzen, antropologo dell'Università di Zurigo, e colleghi, avevano preso in esame un ventaglio di dati comportamentali vasto come mai prima in nove popolazioni di orang-utan di Sumatra e del Borneo, evidenziando che le differenze di schemi comportamentali tra le popolazioni andavano spiegate sulla base di innovazioni locali trasmesse per via culturale.
Le popolazioni dei nostri parenti più stretti nel mondo animale sono quindi in grado di differenziarsi per ciò che potremmo tranquillamente chiamare "usi e tradizioni locali": vale a dire la capacità di sviluppare forme proprie di evoluzione culturale che non ci permettono di confinarle al rango canonico di "bestie" governate ineluttabilmente solo dai propri istinti innati.
(1) Lydia V. Luncz, Roger Mundry, Christophe Boesch. Evidence for Cultural Differences between Neighboring Chimpanzee Communities. Current Biology, 2012; DOI: 10.1016/j.cub.2012.03.031
(2) Michael Krützen, Erik P. Willems, and Carel P. van Schaik: Culture and Geographic Variation in Orangutan Behaviour, in: Current Biology, Volume 21, Issue 21, first published online: October 20, 2011, doi:10.1016/j.cub.2011.09.017
mercoledì 4 luglio 2012
Il potere delle masse
Dopo pluridecennali ricerche, è stato individuato il fantomatico bosone di Higgs, la particella che fa sì che i costituenti della materia abbiano la loro massa.
Finalmente ho qualcuno a cui dare la colpa per i 10 Kg di troppo che la bilancia mi attribuisce da qualche anno a questa parte.
Maria Stella Gelmini è pronta a giurare di avere personalmente finanziato il tunnel Ginevra - Higgs.
lunedì 2 luglio 2012
Esci da questo porco
Ha fatto il giro delle televisioni con tanta insistenza ieri che me ne sono accorto persino io, il video di Monsignor Gemma, vescovo emerito di Isernia, che ha suscitato polemiche a seguito della protesta dei genitori di ragazzi affetti dalla sindrome di Down, di cui ormai saprete già tutto.
Non avendo particolari necessità di dovermi sforzare di mantenere serietà e distacco, sottolinerei l'intreccio di caratteri farseschi della vicenda, che avrebbero molto di comico se non sapessimo che nel 2012 c'è ancora gente che ci crede davvero.
Intanto, apprendo che esiste una televisione gestita dalla Conferenza Episcopale Italiana; voglo dire: un'altra, che non è RaiUno. E ci possiamo fare un'idea dell'attenzione che tale emittente riceve, se per una trasmissione (dal titolo "Vade Retro": Triplo Yuk !) andata in onda il 9 giugno, il putiferio ha rumoreggiato ieri.
Da tale autorevole pulpito, l'ingioiellato porporato ha tentato di descrivere quello che secondo lui avrebbe dovuto essere un posseduto dal demonio, usando termini di paragone a tutti comprensibili, ma scelti con un tatto quantomeno maldestro. A seguire il discorso con un pò di attenzione, ci sarebbero da cogliere una gran quantità di gag esilaranti, ad esempio il fatto che a vedere un indemoniato non si direbbe affatto che quello è un indemoniato, potrebbe essere facilmente scambiato per una persona con tutt'altri problemi (ma và ?)... ma per fortuna ci sono gli esperti esorcisti, che scovano il diavolo anche lì dove meno ci si aspetterebbe di trovarlo. Un pò come se io volessi spiegarvi che gli ippogrifi esistono, solo che capite, benedetti figliuoli, quando vedete un ippogrifo il più delle volte non vi rendete conto che si tratta di un ippogrifo, e magari lo scambiereste per un pony qualsiasi, se non ci fossi qua io a raccontarvi che quello è un ippogrifo, fortunelli che siete !
Ma fuori bersaglio è anche la protesta dei genitori di ragazzi Down: "I nostri figli ... non sono simili a degli indemoniati." E chi mai, o cosa mai, è simile ad un indemoniato ? I nostri figli non sono simili a qualche cosa che, se esistesse, potrebbe assomigliare a chiunque ? Usare una categorizzazione arbitraria come strumento per confutare una categorizzazione arbitraria è un'impresa logica che ha pen poche possibilità di successo. Si sono offesi per un accostamento rozzo e di cattivo gusto, ma che in fondo non aveva un gran che di insultante, piuttosto che per la derisione dell'umana ragione.
Ma la vera perla del racconto del Monsignor Gemma (nomen est omen) era il finale, con l'indemoniato che, una volta sottoposto alle "cure" dell'esorcista diventava aggressivo e cercava di menarlo.
Ebbene, vi farò una confessione: se mi si avvicinasse qualcuno sostenendo che di mestiere fa l'esorcista, che il diavolo esiste veramente ed entra nelle persone, e che la sua specializzazione professionale consiste nel convincerlo ad uscirne, una irresistibile tentazione di prenderlo a calci nel culo verrebbe anche a me.
(immagine miracolosamente scovata su smalltownfoggia.net)
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