Vi invito a leggere e a divulgare presso i vostri conoscenti negazionisti:
http://www.lescienze.it/news/2013/09/27/news/rapporto_ar5_ipcc_clima_2013-1825082/
lunedì 30 settembre 2013
giovedì 26 settembre 2013
Vizio Capitale
Ci vuole poco a rendersi conto che il liberismo capitalista viene ormai adorato in modo del tutto irrazionale come un totem, con tutte le liturgie insensate e le contraddizioni logiche interne proprie delle religioni, per pura adesione convenzionale a miti e false credenze, senza alcuna relazione plausibile con il mondo fisico.
Nel primo mistero glorioso si osservano tutti i sacerdoti del libero mercato che piangono e implorano poichè il Paese non riesce ad attrarre investitori stranieri amen.
E di qua puniscono i lavoratori beceri e cattivi, e impongono penitenze per essi peccatori che hanno avuto troppa paga e troppi diritti; e di là invocano la Legge perchè liberi Sua Santità l'Impresa da tutti i lacci e lacciuoli imposti da un Satana malefico, che impediscono, per esempio, di scaricare liberamente i rifiuti direttamente nei fiumi, per cui il buon imprenditore - santo subito ! - non guadagna abbastanza miliardi, e quindi la sua Impresa, sempre sia lodata, non fa gola agli investitori stranieri amen.
Nel secondo mistero glorioso si osserva un imprenditore straniero che arriva e fa un investimento comprando un'impresa italiana, e tutti i sacerdoti del libero mercato piangono e si stracciano le vesti perchè l'impresa italiana non è più italiana amen.
Nel terzo mistero glorioso si osservano i Teologi del libero mercato che espongono ai fedeli e ai credenti e a tutti gli uomini di buona volontà e telespettatori di ortodossa osservanza, il Sacro Dogma della Privatizzazione amen.
Il Sacro Dogma della Privatizzazione ci rivela che non c'è una soluzione per ogni problema, bensì una soluzione per tutti i problemi: privatizzare. Tutto funziona meglio, rende di più ed è anche un pò più bellino quando è privato: privatizzare l'elettricità, il gas, l'acqua, le strade, la neve, la cultura, la scuola, i teatri, l'aria, la spazzatura, le ferrovie, i telefoni, le compagnie aeree, il suolo, i temporali, è la panacea per tutti i mali: niente più inondazioni se i fiumi saranno privatizzati, e niente più terremoti se sarà privatizzato il sottosuolo. Per salvare gli orsi polari dall'estinzione basta privatizzarli, e se i congiuntivi fossero privatizzati tutti li adopererebbero a puntino amen.
Nel quarto mistero glorioso si osserva che una rete telefonica che fu privatizzata già da quel dì, e sia beata all'improvviso dall'apparizione di un investitore straniero che, avvolto in un alone di mistica luce, se la compra, non deve finire in mani straniere perchè è strategica, in quanto potrebbe dare accesso ad informazioni riservate che metterebbero in pericolo la sicurezza Nazionale amen.
E allora, mistero supremo ed imperscrutabile, cosa accidenti l'hai privatizzata a fare, se è così strategica, o sommo sapiente Teologo del Libero Mercato, possa il martello di Thor abbattersi sui tuoi augusti testicoli amen ?
E, mistero ancora più sommo del sommo, laddove la nostra finitezza umana impedisce di comprendere la trascendente sommitudine... sommità... sommezza... va bè; perchè mai il privato imprenditore straniero che avesse accesso ad informazioni tanto riservate dovrebbe mettere in pericolo la sicurezza nazionale più del privato imprenditore italiano che forse in quelle informazioni potrebbe trovare interessi personali ancora più diretti amen ?
Il privato italiano che accede ad informazioni golosamente riservate non ne approfitta, bensì si tappa occhi e orecchie per pudore ? O per patriottismo ? E quello straniero invece ? Fa ancora parte di quella famosa cospirazione pluto-giudaico-massonica, mi dite ? Amen.
Non abbiamo avuto giusto pochi anni fa un esemplare caso di dossieraggio illegale messo in atto proprio nell'impresa privata italiana che tale rete telefonica gestiva ? Non ne è forse uscito uno dei più illustri Teologi della Libera Imprenditoria Italica, Coraggioso Capitano Sua Eminenza Tronchetti Provera, miracolosamente incolume dalla galera, grazie ad una pronta iscrizione al vasto partito dei viventi a propria insaputa; che possano Brahma, Siva e Visnù metempsicosizzare tutti i suoi averi terreni, facendoli reincarnare in mezzepunte scadenti in maglia nerazzurra ? Eh ? Già fatto ?
Amen.
mercoledì 25 settembre 2013
Bellezze al bagno
Continuando a parlare di conservazione: Nelle settimane scorse si è verificato un evento che definire inconsueto è poco: la nascita di tartarughe marine in un tratto di spiaggia in piena area urbana a Roseto d’Abruzzo, in mezzo ad ombrelloni e bagnanti, e lontanissimo dai pochi e riservatissimi luoghi di nidificazione conosciuti della specie, quasi tutti sulle isole. Personalmente, ho vissuto la vicenda attraverso la stampa a centinaia di kilometri di distanza, ma posso contare su fonti di informazione ben affidabili in loco. La resident expert in fauna protetta per Il villaggio gallico è una dei volontari che si sono dedicati alla sorveglianza del nido, ed alla quale ho estorto una testimonianza di prima mano (e in aggiunta, le ho anche fregato la fotografia).
Domenica mattina mi sveglia una mia collega cosi: “Hanno trovato un nido di Caretta caretta a Roseto al lido La rosa dei venti !” Mi prende una tale gioia e frenesia che il tempo di salire in macchina ed ero già sul luogo ! Questi i controversi eventi (ogni ente o persona fornisce la sua versione dei fatti): Sabato mattina alcuni esemplari di Caretta caretta sono stati avvistati a girovagare su un tratto di spiaggia libera di Roseto, tra il lido Papenoo e La rosa dei venti. Questo è ciò che testimoniano i bagnanti che occasionalmente si trovavano al mare in una delle ultime giornate calde della stagione. Le reazioni davanti agli animali (secondo quanto riferito da testimoni, post su facebook e voci sparse) sono state diverse e più o meno coscienziose: una delle tartarughe è stata portata alla Capitaneria di Porto e l’esemplare in seguito a non si sa quale stress subito è stato dichiarato morto, un altro esemplare è stato portato a casa da una signora che lo ha scambiato per una tartaruga di acqua dolce… al mare, e che secondo alcune voci sarebbe anche essa morta poco dopo, una terza è stata portata dalla famosa signora Giulia de Nigris al veterinario rosetano Settimio Mordente perché anche qui scambiata per un animale più comune e in difficoltà mentre altre sono state aiutate e indirizzate verso l’acqua dai titolari dello stabilimento e altre ancora rilasciate al largo. Quel giorno il mondo era a Roseto: noi volontari, Centro studi cetacei, WWF, Area marina protetta Torre del Cerrano, capitaneria di porto, vigili urbani, stampa, tv e immancabile il sindaco di Roseto, venuto più che a conoscere la situazione, a scattare qualche foto di rito. La settimana è passata lenta, tra nottate a sorvegliare il nido sotto la pioggia e giornate a rispondere alle domande di curiosi, bambini e assessori vari. Quello che ho ricavato da queste giornate spese è stata gioia si, i primi giorni e poi tanta poca chiarezza. Subito davanti a me hanno iniziato a delinearsi trame politiche, bisticci tra i vari enti per chi dovesse essere il PROTAGONISTA e si è perso un po’ l’ obiettivo di puro e semplice rispetto e salvaguardia della natura. Non si è più pensato all’evento storico di una nidificazione in Adriatico e soprattutto così a nord rispetto alle zone usuali (Reggio Calabria, Lampedusa, Linosa…) e ci si è concentrati su come ricavar soldi da questa nascita. Oltre le 15 tartarughe del primo giorno se ne sono schiuse via via altre fino ad arrivare ad un totale di 24 di cui 21 viventi almeno fino alla messa in acqua più le 3 poverine citate sopra. Sabato 21 è stato raggiunto l’apice con la manifestazione organizzata dall’ area marina protetta in onore di Giulia (non la signora ma la tartaruga da lei “salvata” che porta il suo nome) e il suo cosi è stato definito “battesimo dell’acqua”. La tartaruga è passata dalle mani del sindaco a quelle di questo o quell’assessore e ci è mancato poco che le emittenti e i giornalisti accorsi non la intervistassero, infine ha fatto una bella sfilata nella sua bacinella sotto il sole per essere ammirata dalle persone urlanti che tentavano di scavalcare le transenne con buoni risultati. Io non so se lei e le altre creaturine se la caveranno nel profondo mare blu ma di certo noi non le abbiamo aiutate. Spero che le persone si stanchino presto di loro e che le altre possano nascere e vivere lontane dai riflettori.
Domenica mattina mi sveglia una mia collega cosi: “Hanno trovato un nido di Caretta caretta a Roseto al lido La rosa dei venti !” Mi prende una tale gioia e frenesia che il tempo di salire in macchina ed ero già sul luogo ! Questi i controversi eventi (ogni ente o persona fornisce la sua versione dei fatti): Sabato mattina alcuni esemplari di Caretta caretta sono stati avvistati a girovagare su un tratto di spiaggia libera di Roseto, tra il lido Papenoo e La rosa dei venti. Questo è ciò che testimoniano i bagnanti che occasionalmente si trovavano al mare in una delle ultime giornate calde della stagione. Le reazioni davanti agli animali (secondo quanto riferito da testimoni, post su facebook e voci sparse) sono state diverse e più o meno coscienziose: una delle tartarughe è stata portata alla Capitaneria di Porto e l’esemplare in seguito a non si sa quale stress subito è stato dichiarato morto, un altro esemplare è stato portato a casa da una signora che lo ha scambiato per una tartaruga di acqua dolce… al mare, e che secondo alcune voci sarebbe anche essa morta poco dopo, una terza è stata portata dalla famosa signora Giulia de Nigris al veterinario rosetano Settimio Mordente perché anche qui scambiata per un animale più comune e in difficoltà mentre altre sono state aiutate e indirizzate verso l’acqua dai titolari dello stabilimento e altre ancora rilasciate al largo. Quel giorno il mondo era a Roseto: noi volontari, Centro studi cetacei, WWF, Area marina protetta Torre del Cerrano, capitaneria di porto, vigili urbani, stampa, tv e immancabile il sindaco di Roseto, venuto più che a conoscere la situazione, a scattare qualche foto di rito. La settimana è passata lenta, tra nottate a sorvegliare il nido sotto la pioggia e giornate a rispondere alle domande di curiosi, bambini e assessori vari. Quello che ho ricavato da queste giornate spese è stata gioia si, i primi giorni e poi tanta poca chiarezza. Subito davanti a me hanno iniziato a delinearsi trame politiche, bisticci tra i vari enti per chi dovesse essere il PROTAGONISTA e si è perso un po’ l’ obiettivo di puro e semplice rispetto e salvaguardia della natura. Non si è più pensato all’evento storico di una nidificazione in Adriatico e soprattutto così a nord rispetto alle zone usuali (Reggio Calabria, Lampedusa, Linosa…) e ci si è concentrati su come ricavar soldi da questa nascita. Oltre le 15 tartarughe del primo giorno se ne sono schiuse via via altre fino ad arrivare ad un totale di 24 di cui 21 viventi almeno fino alla messa in acqua più le 3 poverine citate sopra. Sabato 21 è stato raggiunto l’apice con la manifestazione organizzata dall’ area marina protetta in onore di Giulia (non la signora ma la tartaruga da lei “salvata” che porta il suo nome) e il suo cosi è stato definito “battesimo dell’acqua”. La tartaruga è passata dalle mani del sindaco a quelle di questo o quell’assessore e ci è mancato poco che le emittenti e i giornalisti accorsi non la intervistassero, infine ha fatto una bella sfilata nella sua bacinella sotto il sole per essere ammirata dalle persone urlanti che tentavano di scavalcare le transenne con buoni risultati. Io non so se lei e le altre creaturine se la caveranno nel profondo mare blu ma di certo noi non le abbiamo aiutate. Spero che le persone si stanchino presto di loro e che le altre possano nascere e vivere lontane dai riflettori.
venerdì 13 settembre 2013
Io sto con i brutti
Possiamo ragionevolmente pensare che se il WWF avesse scelto come proprio emblema qualche specie di lumaca o di polipo sull'orlo dell'estinzione, avrebbe avuto un pò meno successo nella raccolta di fondi per la protezione della natura. Come minimo, ci sarebbe voluto uno sforzo supplementare di comunicazione per fare comprendere l'importanza e l'utilità della salvaguardia di molluschi o celenterati a rischio, il loro ruolo nell'ecosistema e la gravità del danno della perdita di specie.
Eppure, l'allegro ed attraente panda gigante che occhieggia simpaticamente su magliette, cappellini e persino confezioni di prodotti commerciali (con appeal sicuramente superiore a quello che potrebbe avere un Gasteropode), trovandosi all'apice di una catena alimentare (oltretutto molto semplice), tutto sommato potrebbe anche estinguersi senza procurare gravi contraccolpi al proprio ambiente. Non mi propongo affatto di voler fare il controcorrente a buon mercato prendendomi il gusto gratuito di ferirvi con un simile luttuoso auspicio, che mai avrei intenzione di fare.
Vorrei solo spingervi a pensare per un attimo all'altissimo numero di specie di animali e di piante "brutti", poco appariscenti, poco simpatici, un pò schifosetti, o di cui semplicemente ignoriamo del tutto l'esistenza, la cui tutela ha un peso ben più significativo per la salvaguardia di interi ecosistemi, e che invece possiamo mettere a rischio di estinzione senza particolari sommovimenti emotivi.
E' stato chiamato "effetto Bambi": il Panda è così simpatico, così ciccioso, così coccolabile, così mammifero... perchè non dovrebbe venirci più voglia di proteggere lui, piuttosto che qualche oscuro, anonimo e molliccio invertebrato marino (che magari edifica intere barriere coralline che offrono alloggio e nutrimento a migliaia di altre specie) ?
Si può iper-banalizzare il principio ricorrendo al classico discorso da massaia: inorridiamo all'idea che ci sia al mondo qualcuno che mangia cani e gatti, ma consideriamo una sacrosanta tradizione le costolette di agnello per Pasqua; e una succulenta fiorentina alta quattro dita ci fa venire l'acquolina in bocca in qualsiasi stagione.
Per dirla in modo meno petulantesco: siamo vittime di una sistematica "distorsione tassonomica", quando consideriamo le altre specie che condividono con noi questo straordinario pianeta seguendo irrazionalmente i nostri criteri umani di affinità e simpatia.
Ben venga dunque il dolce orsacchiotto, se è utile ad attrarre l'attenzione di un pubblico sempre troppo distratto sul tema della conservazione delle specie e degli ecosistemi; male, invece, se le risorse, inesorabilmente scarse, a disposizione venissero monopolizzate da progetti di protezione delle specie più esteticamente "glamour", a scapito di altre meno appariscenti ma magari ecologicamente più importanti.
Vedendo per la strada questo manifesto della Lega Anti-Vivisezione, ho avuto un'evidenza lampante che l'"effetto Bambi" può essere sfruttato anche al contrario.
Un problema speculare e complementare alla conservazione è quello della diffusione delle specie alloctone invasive (alloctone = originarie di altri luoghi). Quando una specie viene importata più o meno accidentalmente in territori lontani da quello di origine, nella maggior parte dei casi non è adatta al nuovo ambiente, i pochi colonizzatori difficilmente sopravvivono, non lasciano discendenti, e la questione finisce lì.
Ma più raramente, i nuovi arrivati incontrano condizioni favorevoli, magari un habitat privo dei nemici naturali che ne limitano la popolazione nella propria area di provenienza, e prosperano, diventano invasivi e determinano forti squilibri nell'ecosistema recipiente, spesso mettendo a repentaglio l'esistenza di altre specie, o per eccesso di predazione o di parassitismo, o per competizione tra specie affini. L'intensificarsi degli spostamenti e dei commerci umani negli ultimi secoli ha fortemente ampliato questi problemi, e la lista di casi osservati in tempi storici potrebbe diventare facilmente lunghissima, anche andando solo a memoria: da cani e maiali che divoravano facilmente le uova che il dodo deponeva a terra a Mauritius, portandolo all'estinzione nel XVII secolo, alle devastazioni provocate dai conigli portati dagli europei in Australia; dall'arrivo a metà ottocento dall'America del fungo Phytophthora infestans, agente della peronospora della patata, circa un secolo dopo l'inizio della coltivazione in Europa di piante mai selezionate per resistenza a tale malattia, all'importazione in Olanda, con carichi di legname dall'Asia tropicale, di fungo ed insetto vettore della grafiosi, malattia che ha condotto alla quasi estinzione dell'olmo europeo nel '900; dall'allevamento, a partire dal 1920 circa, come animali da pelliccia, delle nutrie sudamericane, che oggi in libertà danneggiano argini di fiumi e canali in tutta Europa, all'ambrosia nordamericana, arrivata in Europa con i semi contenuti in alcuni mangimi per uccellini da gabbia, e diventata in pochi decenni una pianta infestante tra le più frequenti cause di allergie; si potrebbe continuare a lungo, con il pesce siluro, la zanzara tigre, la trota iridea nordamericana, introdotta perchè facile e redditizia da allevare, che oggi compete con le trote europee in quasi tutti i corsi d'acqua, eccetera eccetera.
Nel 1948 un diplomatico italiano ricevette dagli Stati Uniti quattro esemplari di scoiattolo grigio americano (Sciurus carolinensis, il tizio a sinistra nel manifesto), ed ebbe la bella idea di liberarli nel giardino della sua villa torinese. Oggi lo scoiattolo grigio, più aggressivo, ha completamente sostituito lo scoiattolo europeo (Sciurus vulgaris, quello a destra) in diverse parti d'Italia, tra Piemonte, Lomabardia, Liguria e Umbria, ed è diventato una minaccia per le popolazioni di scoiattoli autoctone; si sta tentando di eradicarlo, o almeno di contenerne la diffusione, nè più nè meno come si fa con il pesce siluro, con la zanzara tigre o con l'ambrosia.
Le specie alloctone invasive sono un problema, indipendentemente dalla loro bellezza o dalla simpatia che ci ispirano: rassegnamoci ad affrontarle come tale.
Si potrebbe obiettare che in fondo si tratta di processi che avvengono regolarmente in natura: una nuova specie ha origine da una popolazione per lungo tempo isolata, e se infine capita che ritorni a condividere lo stesso areale della specie di origine, se competono ancora per le stesse risorse, una delle due soccombe.
Quando pochi milioni di anni fa si è formato l'Istmo di Panama, migrazioni reciproche hanno interessato due faune, quelle sudamericana e nordamericana, che si erano evolute in modo del tutto indipendente su continenti che erano sempre stati separati e lontani, con conseguente estinzione di moltissime delle specie preesistenti.
Dunque, perchè preoccuparci di conservare una trota o uno scoiattolo piuttosto che un'altra trota o scoiattolo, o dispiacerci per l'estinzione degli olmi anzichè rallegrarci per la propagazione di un fungo parassita ? L'evoluzione farà il suo corso e tra qualche decina di migliaia di anni si sarà raggiunto un nuovo equilibrio tra le specie presenti, che saranno comunque numerose e diverse.
Perchè tra qualche decina di migliaia di anni non ci saremo noi ad osservare quelle meraviglie. A noi interessa salvaguardare il NOSTRO ambiente di OGGI. Quello futuro sarà ugualmente splendido, ma non sarà nostro. E' sempre una questione di scala temporale. Tra diecimila o centomila anni i nostri problemi attuali di conservazione di specie ed ecosistemi saranno senz'altro risolti, in un senso o nell'altro, e avranno lasciato spazio a nuove specie, altre migrazioni di quelle attuali, estinzioni magari oggi inaspettate, ed alla composizione di nuovi ecosistemi affascinanti ed inediti. Ma noi non saremo lì a vedere questi nuovi panorami. Ogni specie vivente è un'entità unica ed irripetibile, e la sua conservazione un'esigenza per la salvaguardia del nostro presente, senza nessun tentativo di condizionare futuri lontanissimi ed irraggiungibili per la nostra personale scala dei tempi: un atto del tutto legittimo di egoismo del nostro presente locale verso l'immensità del tempo geologico che procede comunque per conto suo, indifferente a noi, ai nostri sforzi, ed alle bellezze che a noi soltanto è dato di apprezzare.
Eppure, l'allegro ed attraente panda gigante che occhieggia simpaticamente su magliette, cappellini e persino confezioni di prodotti commerciali (con appeal sicuramente superiore a quello che potrebbe avere un Gasteropode), trovandosi all'apice di una catena alimentare (oltretutto molto semplice), tutto sommato potrebbe anche estinguersi senza procurare gravi contraccolpi al proprio ambiente. Non mi propongo affatto di voler fare il controcorrente a buon mercato prendendomi il gusto gratuito di ferirvi con un simile luttuoso auspicio, che mai avrei intenzione di fare.
Vorrei solo spingervi a pensare per un attimo all'altissimo numero di specie di animali e di piante "brutti", poco appariscenti, poco simpatici, un pò schifosetti, o di cui semplicemente ignoriamo del tutto l'esistenza, la cui tutela ha un peso ben più significativo per la salvaguardia di interi ecosistemi, e che invece possiamo mettere a rischio di estinzione senza particolari sommovimenti emotivi.
E' stato chiamato "effetto Bambi": il Panda è così simpatico, così ciccioso, così coccolabile, così mammifero... perchè non dovrebbe venirci più voglia di proteggere lui, piuttosto che qualche oscuro, anonimo e molliccio invertebrato marino (che magari edifica intere barriere coralline che offrono alloggio e nutrimento a migliaia di altre specie) ?
Si può iper-banalizzare il principio ricorrendo al classico discorso da massaia: inorridiamo all'idea che ci sia al mondo qualcuno che mangia cani e gatti, ma consideriamo una sacrosanta tradizione le costolette di agnello per Pasqua; e una succulenta fiorentina alta quattro dita ci fa venire l'acquolina in bocca in qualsiasi stagione.
Per dirla in modo meno petulantesco: siamo vittime di una sistematica "distorsione tassonomica", quando consideriamo le altre specie che condividono con noi questo straordinario pianeta seguendo irrazionalmente i nostri criteri umani di affinità e simpatia.
Ben venga dunque il dolce orsacchiotto, se è utile ad attrarre l'attenzione di un pubblico sempre troppo distratto sul tema della conservazione delle specie e degli ecosistemi; male, invece, se le risorse, inesorabilmente scarse, a disposizione venissero monopolizzate da progetti di protezione delle specie più esteticamente "glamour", a scapito di altre meno appariscenti ma magari ecologicamente più importanti.
Vedendo per la strada questo manifesto della Lega Anti-Vivisezione, ho avuto un'evidenza lampante che l'"effetto Bambi" può essere sfruttato anche al contrario.
Un problema speculare e complementare alla conservazione è quello della diffusione delle specie alloctone invasive (alloctone = originarie di altri luoghi). Quando una specie viene importata più o meno accidentalmente in territori lontani da quello di origine, nella maggior parte dei casi non è adatta al nuovo ambiente, i pochi colonizzatori difficilmente sopravvivono, non lasciano discendenti, e la questione finisce lì.
Ma più raramente, i nuovi arrivati incontrano condizioni favorevoli, magari un habitat privo dei nemici naturali che ne limitano la popolazione nella propria area di provenienza, e prosperano, diventano invasivi e determinano forti squilibri nell'ecosistema recipiente, spesso mettendo a repentaglio l'esistenza di altre specie, o per eccesso di predazione o di parassitismo, o per competizione tra specie affini. L'intensificarsi degli spostamenti e dei commerci umani negli ultimi secoli ha fortemente ampliato questi problemi, e la lista di casi osservati in tempi storici potrebbe diventare facilmente lunghissima, anche andando solo a memoria: da cani e maiali che divoravano facilmente le uova che il dodo deponeva a terra a Mauritius, portandolo all'estinzione nel XVII secolo, alle devastazioni provocate dai conigli portati dagli europei in Australia; dall'arrivo a metà ottocento dall'America del fungo Phytophthora infestans, agente della peronospora della patata, circa un secolo dopo l'inizio della coltivazione in Europa di piante mai selezionate per resistenza a tale malattia, all'importazione in Olanda, con carichi di legname dall'Asia tropicale, di fungo ed insetto vettore della grafiosi, malattia che ha condotto alla quasi estinzione dell'olmo europeo nel '900; dall'allevamento, a partire dal 1920 circa, come animali da pelliccia, delle nutrie sudamericane, che oggi in libertà danneggiano argini di fiumi e canali in tutta Europa, all'ambrosia nordamericana, arrivata in Europa con i semi contenuti in alcuni mangimi per uccellini da gabbia, e diventata in pochi decenni una pianta infestante tra le più frequenti cause di allergie; si potrebbe continuare a lungo, con il pesce siluro, la zanzara tigre, la trota iridea nordamericana, introdotta perchè facile e redditizia da allevare, che oggi compete con le trote europee in quasi tutti i corsi d'acqua, eccetera eccetera.
Nel 1948 un diplomatico italiano ricevette dagli Stati Uniti quattro esemplari di scoiattolo grigio americano (Sciurus carolinensis, il tizio a sinistra nel manifesto), ed ebbe la bella idea di liberarli nel giardino della sua villa torinese. Oggi lo scoiattolo grigio, più aggressivo, ha completamente sostituito lo scoiattolo europeo (Sciurus vulgaris, quello a destra) in diverse parti d'Italia, tra Piemonte, Lomabardia, Liguria e Umbria, ed è diventato una minaccia per le popolazioni di scoiattoli autoctone; si sta tentando di eradicarlo, o almeno di contenerne la diffusione, nè più nè meno come si fa con il pesce siluro, con la zanzara tigre o con l'ambrosia.
Le specie alloctone invasive sono un problema, indipendentemente dalla loro bellezza o dalla simpatia che ci ispirano: rassegnamoci ad affrontarle come tale.
Si potrebbe obiettare che in fondo si tratta di processi che avvengono regolarmente in natura: una nuova specie ha origine da una popolazione per lungo tempo isolata, e se infine capita che ritorni a condividere lo stesso areale della specie di origine, se competono ancora per le stesse risorse, una delle due soccombe.
Quando pochi milioni di anni fa si è formato l'Istmo di Panama, migrazioni reciproche hanno interessato due faune, quelle sudamericana e nordamericana, che si erano evolute in modo del tutto indipendente su continenti che erano sempre stati separati e lontani, con conseguente estinzione di moltissime delle specie preesistenti.
Dunque, perchè preoccuparci di conservare una trota o uno scoiattolo piuttosto che un'altra trota o scoiattolo, o dispiacerci per l'estinzione degli olmi anzichè rallegrarci per la propagazione di un fungo parassita ? L'evoluzione farà il suo corso e tra qualche decina di migliaia di anni si sarà raggiunto un nuovo equilibrio tra le specie presenti, che saranno comunque numerose e diverse.
Perchè tra qualche decina di migliaia di anni non ci saremo noi ad osservare quelle meraviglie. A noi interessa salvaguardare il NOSTRO ambiente di OGGI. Quello futuro sarà ugualmente splendido, ma non sarà nostro. E' sempre una questione di scala temporale. Tra diecimila o centomila anni i nostri problemi attuali di conservazione di specie ed ecosistemi saranno senz'altro risolti, in un senso o nell'altro, e avranno lasciato spazio a nuove specie, altre migrazioni di quelle attuali, estinzioni magari oggi inaspettate, ed alla composizione di nuovi ecosistemi affascinanti ed inediti. Ma noi non saremo lì a vedere questi nuovi panorami. Ogni specie vivente è un'entità unica ed irripetibile, e la sua conservazione un'esigenza per la salvaguardia del nostro presente, senza nessun tentativo di condizionare futuri lontanissimi ed irraggiungibili per la nostra personale scala dei tempi: un atto del tutto legittimo di egoismo del nostro presente locale verso l'immensità del tempo geologico che procede comunque per conto suo, indifferente a noi, ai nostri sforzi, ed alle bellezze che a noi soltanto è dato di apprezzare.
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