martedì 16 ottobre 2012
Appendice ai Campi Flegrei
Charles Lyell trattò dunque molto estesamente il vulcanismo del Golfo di Napoli in cerca di argomentazioni a supporto del suo unformismo e gradualismo, proprio all'interno dello scenario più catastrofista possibile.
Ma la sua incursione in territorio nemico era stata addirittura temeraria: Lyell stuzzicava l'orsacchiotto ignorando la presenza di mamma orsa alle sue spalle. Per le conoscenze di allora, infatti, non poteva sapere che l'intera area dei Campi Flegrei è un enorme cratere di una gigantesca e catastrofica eruzione esplosiva avvenuta circa 40000 anni fa, rispetto alla quale il Vesuvio non è che un foruncolo secondario e marginale, e le 44 bocche eruttive visibili nell'area, e lo stesso bradisismo puteolano, con i suoi lenti sollevamenti e sprofondamenti che tanto gratificarono il padre della geologia moderna, non sono che i sintomi residuali.
L'evento ebbe testimoni ma non cronisti: Homo sapiens era giunto in Europa dall'Africa, via Medio Oriente, da non molto tempo (circa 15000 anni prima), e coesisteva con la specie sorella Homo neanderthalensis, che aveva seguito la stessa via oltre 300mila anni prima, e si sarebbe estinta circa 10000 anni dopo quella super-eruzione.
Ma l'attualismo e l'uniformismo di Lyell rappresentarono un successo intellettuale per l'epoca ed esercitarono una profonda influenza sugli scienziati contemporanei. Un altro punto a favore per i sostenitori di questa concezione fu portato, nel 1842, dalla pubblicazione di The Structure and Distribution of Coral Reefs, con la prima esposizione della teoria esplicativa (in gran parte corretta) sulla formazione degli atolli corallini a laguna centrale. I coralli crescono nelle acque poco profonde alla periferia di una preesistente isola centrale, poi sommersa per un fenomeno di subsidenza che non può essere altro che lento e graduale, tale da consentire ai coralli di continuare a crescere in acque sempre poco profonde.
Fu quella la prima pubblicazione scientifica del giovane Charles Darwin che, reduce da un lungo viaggio intorno al mondo, aveva ormai iniziato a rimuginare a modo suo sull'estensione degli effetti di piccole modificazioni, cumulati sull'immensità del tempo geologico. Darwin fu fortemente influenzato dall'attualismo di Lyell, e nella esposizione della teoria dell'evoluzione si legò mani e piedi al gradualismo, anche contro il parere di alcuni dei suoi amici e sostenitori, non convinti della necessità di tale vincolo: Thomas Henry Huxley gli scrisse "Ti sei caricato di una difficoltà inutile abbracciando Natura non facit saltum senza riserve".
Le ragioni filosofiche di questa impostazione originaria ostinatamente gradualista porterebbero questo discorso troppo lontano, ma Darwìn stesso si rendeva conto delle difficoltà, poichè la galleria dei fossili, per quanto allora molto più sfornita rispetto ad oggi, manifestava già piuttosto evidenti discontinuità nelle successioni di faune.
Ed infatti non pochi problemi e fraintendimenti hanno ostacolato lo sviluppo e la comprensione della teoria dell'evoluzione a causa di tale presunta necessità di continue piccole modificazioni graduali.
Il paradigma attualista di Lyell può ancora essere abbastanza valido, per una crosta terrestre che può fratturarsi, sollevarsi o sprofondare, comprimere roccce e sedimenti, ma i cui componenti non si riproducono. Ma l'evoluzione biologica non ha alcuna necessità di procedere a ritmi costanti: perchè è invece una storia di discendenze, e non esclude affatto "punti caldi" di diversificazione e cambiamento, quando si tratta di riempire ambienti "vuoti" e, in assenza di concorrenza, quasi tutte le varianti possono funzionare piuttosto bene. Fu così quando, dopo 3 miliardi di anni di storia, per quanto combattuta ed avvincente, di soli microbi, 540 milioni di anni fa i primi vermiciattoli pluricellulari entrarono nel Cambriano e i loro discendenti sperimentarono una varietà mai più eguagliata di diversità di piani di organizzazione anatomica, di fronte ad una modalità di vita mai provata prima e liberi da vincoli storici di architettura corporea.
Ma fu così anche quando, più volte, immani catastrofi causarono grandi estinzioni di massa, liberando la possibilità di colonizzare ambienti, prima saldamente occupati, per quei pochi superstiti privi di speciali pregi adattativi, salvo l'avere in mano il biglietto vincente della lotteria.
E così, ad esempio, se 65 milioni di anni fa quel meteorite non avesse colpito la Terra spazzando via la gran maggioranza delle specie allora esistenti, forse oggi potrebbe esserci al mio posto un sauro di media taglia a digitare su una tastiera ergonomicamente sagomata per esigenze rettiliane.
E il mio alter ego squamato, discettando di evoluzionismo, tratterebbe legittimamente come piccole bizzarrie alquanto curiose quegli animaletti notturni pelosi, che allattano i loro piccoli, ineluttabilmente relegati ad occupare nicchie ecologiche tutto sommato marginali.
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