martedì 30 giugno 2009

Seconda appendice alla costola di Adamo

Se Dio esiste, probabilmente è un errore di traduzione.

Sulla scelta della costola come escamotage qualsiasi per definire una continuità fisica, una volta che ci si è cacciati nel pasticcio di volere per forza l'uomo creato prima della donna, ho trovato un approfondimento sul blog "L'orologiaio miope" (www.lorogiaiomiope.com, molto ben fatto, consiglio una visita a tutti coloro che fossero interssati a curiosità e stranezze del mondo animale): l'autrice riferisce un'interpretazione data da Scott. F. Gilbert e Ziony Zevit (troverete colà tutte le referenze), secondo cui, poichè la parola ebraica per costola è tzela, che può significare anche promontorio, sporgenza, trave di supporto, in realtà la costola sarebbe frutto una troppo pudibonda traduzione dall'ebraico al greco. Che le costole siano in numero uguale tra uomini e donne doveva essere già ben noto anche agli estensori della Bibbia, mentre un osso che negli uomini manca e che è invece presente nella maggior parte degli altri mammiferi (compresi i nostri "fratellini" gorilla e scimpanzè) è il baculum, l'osso del pene: certamente qualcosa di più vicino all'idea del generare, e che può corrispondere ai significati alternativi della parola originale (in senso generico, senza voler per forza puntare sul roboante "trave di supporto"). A rafforzare l'ipotesi, ma aumentando la confusione, si aggiunge che un ulteriore eccesso di pudicizia fa sì che in ebraico non esistesse una parola per "pene" ed il più o meno prezioso oggetto veniva indicato con dei giri di parole che potrebbero avere generato, anzichè un'Eva, una traduzione scadente.

E del resto, sulle traduzioni balorde che generano miti, ci sarebbe da aprire un vasto capitolo. Ricordo Erri De Luca, il quale oltre che essere un grande poeta e scrittore è un cultore della lettura della Bibbia in lingua originale, che in un'intervista televisiva lamentava quanto la Bibbia sia stata massacrata dai traduttori. Lui citava ad esempio il famoso "partorirai con dolore", dicendo che la stessa parola è presente sei volte nella Bibbia (e non chiedetemi che parola ebraica sia, l'ho sentita pronunciare una volta in televisione mesi fa), e cinque volte su sei è stata tradotta con "fatica" o "affanno", e solo a proposito del parto della donna con "dolore".
Nei vangeli il caso più celebre è la traduzione dal greco al latino (a memoria direi che l'autore del misfatto sia stato San Girolamo, ma temo di sbagliarmi) della parola "Kamel" che significa gomena, grossa fune per l'ormeggio delle navi, ed è anche all'origine della voce dialettale genovese "camallo", scaricatore di porto. E l'immagine "è più facile che una grossa fune passi attraverso la cruna di un ago.." un significato ben chiaro ce l'avrebbe. Ma San Girolamo o chi per lui si è lasciato ingannare da quel "Kamel", ed ha consegnato alla posterità il paragone più insensato della storia. Poi il latino è diventato la lingua ufficiale della chiesa, le versioni latine dei vangeli sono diventate quelle "vere", e non c'è più stata possibilità di correzione.
Anche Richard Dawkins, nel 2° capitolo del suo famoso "Il gene egoista", nello spiegare in termini extra-genetici l'accumulazione di variazione in copie che si generano da altre copie, cita il caso della errata traduzione dell'ebraico almah, che significa "giovane donna, fanciulla" nel greco parthenos, che assume generalmente il significato di "vergine" (tuttora in linguaggio tecnico partenogenesi è la generazione di prole da una femmina non fecondata), mentre la parola ebraica per "vergine" sarebbe stata betulah, e non almah. Qui potreste pensare che dall'errore sia scaturito qualcosa di veramente grosso, se non fosse che si tratta "solo" della profezia di Isaia sulla nascita di Emanuele. Però è anche vero che la profezia di Isaia viene ripresa pari pari (nella versione farlocca greca) dall'evangelista Matteo, ed è molto probabile che la storia della nascita di Gesù sia stata interpolata a posteriori in modo da far apparire come avverata la profezia tradotta sbagliata.

E' un peccato che Dawkins non si sia tenuto questa cartuccia da sparare per un suo libro successivo, "L'orologiaio cieco", sarebbe stata una perfetta chiusura del cerchio.

2 commenti:

  1. http://dallaragioneallafede.blogspot.com/2010/02/gli-atei-insultano-e-si-allontanano-dal.html

    ...Vediamo quanto "siamo" aperti al dialogo vero e non solo a "tesi" proclamate...

    MacchiaNera

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  2. Spiacente di avere "scoperto" così in ritardo il tuo commento, MacchiaNera. La pagina del link mi sembra più che altro un autogol: la scienza non può (non deve) essere finalistica, altrimenti non è scienza. Per definizione.
    E si può essere scienziati atei o credenti, se si tiene ben presente questo punto.
    Ma sono, invece, molti credenti a commettere l'errore di pretendere di usare la Bibbia come libro di testo di Storia Naturale, non viceversa.

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